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IL PROCESSO AMMINISTRATIVO
11. La giurisdizione amministrativa
11.1 Il nuovo codice del processo amministrativo
La riforma operata con D.Lgs. 7 luglio 2010, n. 104 - Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo, tende ad una codificazione
esaustiva del processo amministrativo.
Precedentemente a tale corposo intervento, altre riforme avevano inciso sul sistema di giustizia
amministrativa. Tra queste, senza dubbio, la più importante è rappresentata dalla L. 21-7-2000, n. 205,
intervenuta a modificare molte delle disposizioni di cui alla L. n. 1034/1971.
L'intervento del legislatore, ha riguardato, in particolare, la fase cautelare, nonché i riti speciali ed accelerati.
Tra le più rilevanti novità introdotte dalla L. n. 205/2000, si ricordano:
– la modifica dell'istituto dei motivi aggiunti che devono oggi essere utilizzati per impugnare tutti i
provvedimenti adottati successivamente all'instaurazione del giudizio e connessi con il provvedimento
impugnato, in luogo di un autonomo ricorso;
– l'introduzione delle misure cautelari atipiche, che si vanno ad aggiungere alla possibilità di chiedere al
giudice amministrativo la sospensione degli effetti dell'atto impugnato;
– la possibilità di definire il giudizio con una sentenza in forma semplificata che può essere adottata solo in
presenza di determinati presupposti legislativamente definiti;
– la previsione, nelle materie di cui all'art. 23 bis D.p.r. 1034/1971, di un rito acceleratorio giustificato dalla
peculiarità di talune controversie necessitanti di una disciplina processuale di carattere differenziato al fine di
garantire uno strumento di tutela adeguata alla situazione di fatto nella quale intervengono;
– il potere accordato al giudice amministrativo di delibare anche tutte le questioni relative all'eventuale
risarcimento del danno, potendo lo stesso accordare anche la reintegrazione in forma specifica, e la tutela,
formulata in termini generali, di accertare e condannare alla soddisfazione delle pretese legate agli altri diritti
patrimoniali consequenziali;
Val bene ricordare che nella Relazione introduttiva al Codice si legge che, «pur prendendo le mosse dalle
codificazioni settoriali nel campo del diritto amministrativo, è stato predisposto un "codice processuale“ che
si affianca ai quattro tradizionali codici.
Il decreto legislativo contiene le norme di approvazione del Codice e quattro allegati: il primo costituisce il
Codice del processo: nel secondo vi sono le norme di attuazione; il terzo le norme transitorie; il quarto, le
norme di coordinamento e le abrogazioni. Sotto il profilo processuale si assiste, nel contenuto nella
codificazione, all’omologazione, restando ferme le peculiarità dettate dalla natura della tutela di fronte al
Giudice Amministrativo, al codice di procedura civile fonte dei fondamentali principi processuali. Ciò
rappresenta un pregio, in ragione della coerenza sistematica tra codici e sottostanti situazioni giuridiche che
emergono, esigendo tutela, nella fase contenziosa. Vi è quindi una codificazione, che seppur autonoma
rispetto a quella di procedura civile, rende proprie le regole di quest'ultima che sono espressione di principi
generali.
Ciò è aderente alla nuova conformazione dell’interesse legittimo, inteso non più come situazione giuridica
consistente in senso lato nella pretesa alla legittimità dell’azione amministrativa, e giurisdizione sull’atto, ma
giurisdizione sul rapporto, con la possibilità, anche in sede di giurisdizione di mero annullamento del
provvedimento, di conformare, alla stregua di un giudizio di ottemperanza, la futura azione
dell’amministrazione.
Di particolare rilievo è la più ampia possibilità, in sede di accertamento giudiziale, di accedere al fatto, e di
potersi avvalere dell’istituto della testimonianza e della consulenza tecnica.
Benché già rinvenibili nella Costituzione, (art. 24, 101, 102, 103, 111) e nella giurisprudenza comunitaria
della la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nei primi
tre articoli il codice prevede i seguenti principi:
1. Principio di effettività;
2. Principio del giusto processo;
3. Motivazione e sinteticità dell’atto. Con il principio di effettività si è rappresentato l’intento di definire un
rinnovamento delle forme di controllo di legittimità del potere amministrativo, affinché la pronuncia
giudiziaria produca un effetto sostanziale in capo alla sfera giuridica del privato. Il Giudice amministrativo è
obbligato ad adottare una pronuncia pienamente satisfattiva dell’interesse sostanziale del ricorrente.
Vengono evitate pronunce inutili di mero annullamento senza satisfattività per il privato, che può andare
incontro a riedizioni del provvedimento elusive del giudicato. 60
Il codice precisa che sono devolute alla giurisdizione amministrativa le controversie in materia di interessi
legittimi e, quando previste dalla legge, anche in materia di diritti soggettivi. Va puntualizzato che deve
trattarsi di comportamenti, od anche omissioni riconducibili anche mediatamente all'esercizio del potere
amministrativo e posti in essere da pubbliche amministrazioni. Viene, altresì, ribadita l'articolazione della
suddetta giurisdizione in generale di legittimità, esclusiva e di merito, definendone, i rispettivi confini. Non
sono impugnabili gli atti politici o endoprocedimentali salvo che non conducano ad una decisione vincolata,
assumendo quindi efficacia lesiva. Va menzionata la specificazione delle azioni esperibili innanzi al G.A.,
che segue il sistema delle tradizionali azioni di cognizione (costitutive, di accertamento e di condanna). In
particolare, per l'azione di annullamento viene specificata la proponibilità nel termine di 60 giorni, vengono
ribaditi i tradizionali vizi del provvedimento amministrativo che ne costituiscono vizio di legittimità. Quanto
all'azione di condanna, nel Codice è prevista la possibilità di applicarla «quando risulti necessaria, dopo
l'annullamento, una tutela in forma specifica del ricorrente mediante la modificazione della realtà materiale
(condanna ad un facere); o sia rimasta inadempiuta un'obbligazione di pagamento o debba comunque
provvedersi mediante l'adozione di ogni altra misura idonea a tutelare la posizione giuridica soggettiva» (così
la Relazione introduttiva al Codice). Il nuovo codice amministrativo presenta anche altri strumenti
procedurali o di tutela.
Tra queste si menzionano:
– le misure cautelari collegiali, ossia quelle richieste per evitare un danno grave ed irreparabile durante il
tempo necessario a giungere alla decisione nel merito del ricorso;
– le misure cautelari monocratiche, cioè quelle misure provvisorie che possono essere richieste al Presidente
del Tribunale in caso di estrema gravità ed urgenza, tale da non consentire neppure la dilazione fino alla data
della camera di consiglio;
– le misure cautelari anteriori alla causa (ed. ante causam), nel rito processuale in materia di appalti, che
consentono al soggetto interessato, in un momento antecedente alla proposizione del ricorso di merito, in
caso di eccezionale gravità ed urgenza, tali da non consentire la previa notifica del ricorso e la richiesta di
misure cautelari provvisorie, di presentare istanza per l'adozione delle misure interinali e provvisorie che
appaiono indispensabili durante il tempo occorrente per la proposizione del ricorso di merito e della domanda
cautelare.
E’ esaustivamente definita l'azione risarcitoria, tipologia dell'azione di condanna, esperibile contro la
pubblica amministrazione per danni da illegittimo esercizio dell'azione amministrativa (quindi, anche a tutela
di interessi legittimi) nonché, nei casi di giurisdizione esclusiva, per danni da lesione di diritti soggettivi.
Nella previsione codicistica non costituisce più motivo problematico la questione della pregiudiziale
amministrativa, ossia la necessità o meno di impugnare e di ottenere l'annullamento dell'atto amministrativo
prima di poter conseguire il risarcimento del danno derivante dall'atto impugnato, prevedendo la possibilità
che l'azione di condanna, e, quindi, di risarcimento, possa essere esercitata anche autonomamente. Si prevede
che gli strumenti del processo civile assumano valenza universale, quali mezzi di prova utilizzabili nel
processo amministrativo. È inoltre recepita la disciplina della translatio iudicii, alla stregua degli
insegnamenti della Consulta (77/2007) e della Cassazione (40109/2007), istituto che riflette il principio
dell’unità della giurisdizione, assicurando pienamente la salvezza degli effetti processuali e sostanziali della
domanda rispetto al momento in cui essa è stata proposta, anche se erroneamente introdotta dinanzi al giudice
sfornito di giurisdizione.
I mezzi di impugnazione vengono omogeneizzati a quelli previsti dal codice di procedura civile. E’ prevista
una disciplina positiva del rimedio dell'opposizione di terzo nel processo amministrativo, a tutela sia di diritti
soggettivi che di interessi legittimi. 61
11.2 L’evoluzione storico-normativa della giurisdizione amministrativa
in Italia
Il contenzioso amministrativo fu organizzato con quattro leggi del 30 ottobre 1859 (nn. 3705, 3706, 3707,
3708):
– con la legge n. 3705 fu soppressa la Camera dei conti (art. 9); le sue attribuzioni quale giudice di appello
del Contenzioso amministrativo furono devolute al Consiglio di Stato (art. 2);
– l’appello in materia di contabilità così come le attribuzioni non giurisdizionali in materia di contabilità,
furono devolute alla Corte dei conti, istituita con la legge n. 3706;
– con la legge n. 3707 fu riordinato il Consiglio di Stato cui oltre alle funzioni consultive furono date
funzioni giurisdizionali (art. 12).
Alla III Sezione (Sezione del contenzioso) furono attribuite le funzioni giurisdizionali. Oltre alle funzioni di
giudice di appello del contenzioso amministrativo sulle decisioni dei Consigli di Governo (art. 22), al
Consiglio di Stato fu attribuita giurisdizione in unico grado in materia di debito pubblico, di richiami relativi
alla liquidazione delle pensioni a carico dello Stato (art. 23), di miniere, cave e usine (art. 24). Restavano al
Consiglio di Stato le attribuzioni consultive in materia di conflitti di giurisdizione, e il parere doveva essere
dato in assemblea generale (art. 17);
– la successiva legge n. 3708, del 30 novembre, delineò le varie ipotesi di conflitti positivi fra autorità
giudiziarie e fra queste ultime e l’autorità amministrativa; e di conflitti neg