Diritto amministrativo - nozioni generali
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ESTRATTO DOCUMENTO
Estinzione
Di regola il rapporto di lavoro si estingue per dimissione, decadenza, dispensa dal servizio,
collocamento a riposo. Con l’estinzione del rapporto di lavoro nasce un diritto patrimoniale,
quello al trattamento di quiescenza, consistente nella indennità di buona uscita e nella pensione.
Organi di gestione
Gli organi di amministrazione del personale sono di carattere generale e di carattere speciale.
Il rapporto di lavoro subordinato a termine. L’impiego pubblico a contratto
A titolo di esempio il conservatore dei registri immobiliari poteva assumere copisti e pagarli con
i diritti di scritturato. La cosa si spiegava con la particolare posizione dei conservatori, la cui
autonomia li ha fatti considerare assimilabili ai Giudici. Queste forme di lavoro vennero
raggruppate sotto la denominazione di impiego pubblico a contratto.
Disciplina normativa del rapporto di lavoro a termine
La scelta del dipendente avviene intuitu personae e il rapporto sorge con atti variamente
denominati come chiamata, incarico, ecc.. Le prestazioni sono manuali, esecutive o tecniche. Il
dipendente ha diritto a retribuzione e al trattamento previdenziale e ha anche aumenti retributivi,
ma non una carriera. L’estinzione avviene per decorso del tempo; in particolari casi è ammesso
anche il licenziamento.
Il personale non professionale:
rapporti di mandato, di lavoro autonomo, di prestazione professionale
Il personale non professionale, detto anche in passato, onorario perché non retribuito,
comprende coloro che prestano la propria opera senza vincolo di subordinazione a vario titolo,
di mandato, di prestazione professionale, di lavoro autonomo. Larga parte del personale non
professionale è costituito da funzionari. Ma esso non è dipendente, perché non ha un rapporto di
lavoro subordinato, ma svolge tutt’al più e solo in alcuni casi, un’attività di collaborazione
coordinata e continuativa. Una particolare categoria di personale non professionale è quella dei
notai, che sono professionisti preposti ad un ufficio pubblico.
Costituzione del rapporto
La costituzione del rapporto è del tutto diversa da quella del personale professionale. Tra i modi
con i quali costituirla l’elezione diretta o indiretta, seguita da proclamazione, di regola da parte
dello stesso organo eletto; designazione per lo più vincolante, da parte di un corpo o
un’associazione privata, seguita dalla nomina da parte dell’amministrazione pubblica
controllante. Altro modo è la nomina (ad esempio da parte del Governo). Un funzionario
onorario infine può essere tale anche ratione officii per il fatto di essere titolare di altro ufficio:
in tal caso si dice che esso fa parte di diritto dell’organo.
A regolare questo genere di rapporto sono poste cause di ineleggibilità e incompatibilità: le
prime invalidano la preposizione o elezione mentre le seconde impongono solo l’obbligo di
scegliere tra i 2 uffici incompatibili tra loro.
Prestazioni delle parti
L’attività è svolta senza vincoli di subordinazione; non esiste né è configurabile carriera. In
origine non era previsto compenso.
Estinzione del rapporto
L’estinzione del rapporto è retta dalle norme più diverse. Vi sono casi in cui il rapporto ha una
durata determinata, casi nei quali esso può rinnovarsi per un’eguale durata per un infinito
numero di volte e casi nei quali può rinnovarsi per un’eguale durata per un numero limitato di
volte (Presidenti degli Enti pubblici limite di 2 rielezioni, Governatore della Banca d’Italia
anche a vita).
La dirigenza
Una posizione particolare è quella dei dirigenti categoria individuata dal decreto del Presidente
della Repubblica n. 748 del 30 giugno 1972 per lo Stato.
Il decreto legislativo n. 29 del 1993 dispone ora che i dirigenti siano ordinati in 2 fasce; nella
prima sono inquadrati i dirigenti di uffici dirigenziali generali, nella seconda gli altri.
Disciplina della dirigenza statale
L’accesso alla qualifica di dirigente (seconda fascia) avviene a seguito di concorso per esami.
Alla prima fascia accedono i dirigenti della seconda che abbiano ricoperto incarichi di direzione
di uffici dirigenziali generali per almeno 5 anni con risultati positivi. Gli incarichi di direzione
degli uffici sono conferiti a tempo determinato, per una durata non inferiore a 2 anni e non
superiore a 7. Possono essere rinnovati e revocati. Possono, nel limite del 5%, essere conferiti
con contratto a tempo determinato ad estranei all’amministrazione.
Il dirigente di uffici dirigenziali generali ha 3 ordini di compiti: quelli funzionali all’attività del
ministro, quelli funzionali all’ufficio direzione generale, di regola, dei ministeri e quelli relativi
a rapporti con organi consultivi e giurisdizionali.
I dirigenti sono ora regolati anche essi da contratti collettivi. Da notare come in Inghilterra l’alta
amministrazione è in grado di reclutare i migliori laureati di Oxford e Cambridge.
Il rapporto di lavoro con gli enti pubblici economici
Rapporti di lavoro di stampo privatistico.
Il personale non professionale e non volontario
La pubblica amministrazione può valersi anche di personale le cui prestazioni sono
autoritativamente imposte (la prescrizione obbligatoria).
LA FINANZA
I mezzi dell’azione amministrativa: dai beni alla finanza
Per lungo tempo, per mezzi dell’azione amministrativa si sono intesi, quasi esclusivamente, i
beni pubblici, in particolare quelli immobiliari. Più tardi le entrate patrimoniali sono andate
riducendosi (oggi rappresentano meno dello 0,5 del totale delle entrate). Quella moderna è
dunque una finanza da tributi, non una finanza da patrimonio. Se tra i molti mezzi di cui si vale
l’amministrazione ce n’è uno che ha un posto determinante questo è composto dalle risorse
finanziarie, costituite a loro volta di beni, come il denaro. Le pubbliche amministrazioni centrali
sono divenute i maggiori intermediari finanziari; basti dire che la quota della spesa pubblica sul
reddito nazionale era nel 1910 del 15%, oggi circa del 50%.
Il sistema finanziario pubblico.
Accentramento delle entrate e decentramento delle spese
La caratteristica principale del sistema finanziario pubblico italiano è costituita
dall’accentramento delle entrate ed il decentramento della spesa (per l’esattezza da un
decentramento territoriale, a favore di Regioni, Province e Comuni e da un decentramento per
servizi, a favore di enti pubblici nazionali). Quasi tutte le entrate tributarie sono percepite dagli
uffici centrali e periferici dello Stato ed affluiscono al Tesoro dello Stato. Le spese invece, oltre
che dai ministeri e dagli uffici periferici da essi dipendenti, sono decise e poste in essere anche
da enti nazionali, da Regioni, Comuni, ecc.. Il divario tra accentramento delle entrate e
decentramento delle spese tuttavia si è andato attenuando per ciò che riguarda Regioni ed enti
locali sul finire del secolo in corrispondenza con i trasferimenti di compiti alla periferia e con il
riconoscimento di maggiore autonomia agli enti locali.
Il ciclo del bilancio
La seconda caratteristica del sistema finanziario italiano è al contrario della prima, comune a
tutti gli ordinamenti moderni. Essa consiste in un assetto procedurale di tipo circolare con un
flusso continuo di atti. Questi sono, nello Stato, il documento di programmazione economico-
finanziaria pluriennale, il bilancio di previsione pluriennale, la legge finanziaria, il bilancio di
previsione annuale, gli atti amministrativi di programmazione, di impegno, liquidazione,
ordinazione e pagamento della spesa, il rendiconto generale dello Stato.
Le fasi di ciascun ciclo sono in successione necessaria tra di loro, per cui non si può aprire la
seconda se la prima non si è conclusa, né la terza se non si è conclusa la seconda, ecc.. Ad
esempio un ministro non può emanare un decreto di impegno di spesa se il bilancio di
previsione non è approvato e la tesoreria non può provvedere al pagamento se la spesa non è
stata impegnata, ecc..
La finanza come misura effettiva della funzione. La disciplina contabile
Il decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 ha disposto, a decorrere dalla nomina del primo
governo successivo ad elezioni politiche, la soppressione dei 2 ministeri finanziari (finanze e
tesoro, bilancio e programmazione economica) e l’istituzione del Ministero dell’economia e
delle finanze, che svolge le funzioni di ambedue gli apparati precedenti.
La dimensione operativa di un ufficio è misurata dalle risorse di cui dispone e si può dunque
dire che la finanza è in grado di condizionare l’effettività delle funzioni, per cui se ordinamento
delle funzioni e ordinamento funzionario non combaciano il primo è costretto all’inoperatività.
La finanza come mezzo di direzione dell’amministrazione
Gli uffici finanziari dell’amministrazione
Gli uffici finanziari dopo l’unità, erano uffici propri dell’amministrazione attiva, ordinati come
sezioni annesse agli uffici amministrativi e a questi subordinati. Essi però acquisirono presto
una propria organizzazione e vennero denominati ragionerie. Le ragionerie dei Ministeri,
denominate centrali, acquisirono un potere molto grande, operando o come organo istruttorio
del ministro in tutte le attività del ministero o persino come organo di controllo dell’operato del
ministro. L’attività finanziaria, allontanata da quella amministrativa diventò autonoma e
cominciò a sovrapporsi ad essa.
Il passaggio degli uffici finanziari al Tesoro
Nel 1923 la legge De Stefani di disciplina della contabilità dello Stato distaccò le ragionerie
centrali dai ministeri ponendole alle dipendenze della Ragioneria generale dello Stato, ufficio
del Ministero delle finanze (poi del Tesoro). Ulteriori passi furono fatti, successivamente,
ponendo l’ufficio di ragioniere centrale dello Stato su un grado superiore a quello dei più alti
uffici centrali e istituendo ragionerie anche a livello regionale e provinciale. Veniva in tal modo
creato un corpo unico, distaccato dalle amministrazioni ma presente in ognuna di esse e posto
alle dipendenze del Tesoro. Esso ha costituito, dopo di allora e per quasi mezzo secolo, la spina
dorsale dell’amministrazione pubblica.
Finanza funzionale e finanza strumentale
Se si compara la finanza con le funzioni, l’organizzazione e il personale, si nota una differenza:
la finanza è sottoposta a revisione annuale, nel corso di quella procedura che si chiama di
bilancio ma va oltre il bilancio; gli altri elementi dell’amministrazione invece sono
relativamente stabili nel senso che non sono necessariamente sottoposti a revisione periodica.
Spese di funzionamento e spese finali
Le risorse finanziarie si dividono in 2 categorie a seconda che riguardino il funzionamento
dell’apparato amministrativo o gli interventi da esso svolti. La prima è definibile finanza
strumentale, la seconda finanza finale o funzionale. Ora, mentre la finanza funzionale ha un
certo grado di variabilità, la finanza strumentale è fondamentalmente stabile. La prima infatti
varia in proporzione diretta al variare delle funzioni dell’amministrazione mentre la seconda ha
un minore grado di variazione. Le 2 finanze sono distinte ma non separate.
Bilancio e legge finanziaria
La legge n. 468 del 5 agosto 1978 ha codificato la distinzione tra bilancio e legge finanziaria
introducendo proprio quest’ultima. La successiva legge n. 362 del 23 agosto 1988 ha introdotto
il documento di programmazione economico-finanziaria, che definisce la manovra di finanza
pubblica per il periodo compreso nel bilancio pluriennale. Documento di programmazione
economico-finanziaria, legge finanziaria, da un lato, e bilancio annuale di previsione dall’altro,
non hanno la stessa estensione. I primi si limitano alla manovra di politica economica e quindi
hanno ad oggetto solo, o prevalentemente, gli interventi amministrativi. Il secondo include sia
gli interventi amministrativi sia il finanziamento del funzionamento dell’amministrazione. Per
cui il bilancio, pur avendo formalmente ad oggetto anche gli interventi amministrativi,
sostanzialmente è limitato alle decisioni sulla finanza strumentale. Questa differenza di oggetto
si riflette sulla struttura e sull’efficacia dei 2 atti. Quanto alla struttura il bilancio è articolato in
unità revisionali di base mentre la legge finanziaria è ordinata per progetti, nel senso che vi
predominano le funzioni. Quanto all’efficacia con l’introduzione nel 1978 della legge
finanziaria si è mutato l’assetto precedente, nel quale il bilancio costituiva il principale atto di
indirizzo politico. La funzione di indirizzo politico annuale nel nuovo ordinamento è assorbita
dal documento di programmazione economico-finanziaria e dalla legge finanziaria. Il bilancio
invece è stato trasformato in mero atto di indirizzo amministrativo. Si può dunque affermare che
legge finanziaria e bilancio non sono tra di loro in quel rapporto che la successione temporale
suggerirebbe, ma hanno oggetti, struttura ed efficacia diversi. Solo in parte si sovrappongono
ma per quella parte il bilancio si limita a recepire le decisioni prese con legge finanziaria.
I vincoli comunitari
L’art. 104 del Trattato UE stabilisce che gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici
eccessivi (non superiore al 3% e debito pubblico non superiore al 60% del PIL). 2 procedure per
garantire il rispetto di questi vincoli. La prima è una procedura di allarme preventivo prevista
dal c.d. patto di stabilità che prevede preparazione di un programma da parte dello Stato
membro esaminato dal Consiglio UE che può inviare raccomandazioni in merito. C’è inoltre un
patto di stabilità interno, secondo il quale gli enti territoriali debbono concorrere alla
realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica europea indicati dal patto di stabilità esterno. La
seconda è una procedura di sorveglianza prevista dall’art. 104 del Trattato che si articola in una
fase di accertamento e in una di formulazione di raccomandazioni, in una eventuale di
intimazione e in un’ultima, anch’essa eventuale, sanzionatoria.
IL PROCEDIMENTO
Dall’atto al procedimento
Le funzioni sono articolate in uffici dotati di poteri, ai quali sono preposti titolari ed
attribuite dotazioni finanziarie, allo scopo di raggiungere un risultato, indicato dai fini
in cui le funzioni, tra l’altro, consistono. Molte delle attività dell’amministrazione
servono per ordinare gli strumenti per svolgere le proprie funzioni: ad esempio
reclutano personale, lo trasferiscono, ne regolano la carriera, raccolgono risorse
finanziarie e le distribuiscono agli uffici amministrativi. In secondo luogo
programmano sia la propria sia l’attività dei privati. In terzo luogo regolano l’attività
dei privati, concedendo, vietando, ecc.. In quarto luogo erogano servizi, in quinto
conferiscono somme di denaro (stipendi e pensioni). Tutte queste attività, molto
disparate, hanno elementi in comune. In primo luogo sono parzialmente programmate
nel senso di essere previste da leggi e nel senso che gli uffici ne preordinano il
succedersi. In secondo luogo sono specializzate nel senso che si fondano sulla divisione
del lavoro tra gli uffici. In terzo luogo sono parzialmente sequenziali e cioè si ordinano
in flussi.
L’ordinamento dell’attività in sequenze
Ogni organizzazione complessa (l’amministrazione è l’organizzazione complessa per
eccellenza) ordina la propria attività in flussi. Nessuna decisione si esaurisce in un solo atto.
Disattenzione per il procedimento
Definizioni di procedimento: serie di atti ed operazioni funzionalmente collegati in relazione ad
un unico effetto; in realtà è qualcosa di più di un’attività preparatoria, in quanto esso è il
riflesso, nell’attività, dell’organizzazione. Insomma il procedimento è il profilo dinamico
dell’organizzazione.
Funzioni del procedimento
Il procedimento ha una funzione organizzativa in senso dinamico; completa il disegno
organizzativo, che non può, come invece può fare appunto il procedimento, il posto di ciascun
ufficio nel corso dell’attività. Il procedimento serve in secondo luogo come mezzo di
composizione degli interessi. Il procedimento svolge il compito, per così dire, di superlegge o di
decisione di secondo grado, con funzione di soluzione di conflitti tra interessi collettivi, che,
divenuti pubblici, si riproducono nell’amministrazione. Esso fissa le regole attraverso le quali
dare la prevalenza ad alcuni interessi pubblici rispetto ad altri. In terzo luogo il procedimento
serve a porre limiti all’attività amministrativa, definendo gli effetti degli atti di ogni ufficio, al
fine di rendere verificabile l’attività amministrativa. Attraverso la determinazione
procedimentale il Giudice è in grado di risalire dall’atto impugnato, procedendo all’indietro, agli
atti che hanno contribuito a formarlo
Procedimento e processo. Il procedimento come forma della funzione
amministrativa
E’ stato probabilmente proprio il legame tra procedimento e processo, quello per cui il secondo
controlla il primo, a indurre la scienza del diritto amministrativo verso una configurazione
dell’uno e dell’altro come specie di un genere unico. Così inteso il procedimento altro non è che
la forma di esplicazione della funzione amministrativa.
Tuttavia, la sequenza definita procedimento ha struttura più complessa e varia di quella
processuale, articolata in un’iniziativa, un’istruttoria, una decisione. Non che questi non siano
presenti nel procedimento; ma sono ordinati in sequenze che presentano minor grado di
tipizzazione. E’ vero che l’articolazione nelle 3 fasi indicate è presente anche nell’attività
amministrativa, ma racchiudere in esse la struttura di base del procedimento significa
semplificare la realtà giuridica.
Perchè il procedimento non è assimilabile al processo
Mancano nel procedimento innanzitutto 2 requisiti soggettivi del processo: la terzietà
dell’autorità pubblica procedente e il contraddittorio tra le parti. Ma le differenze principali tra
procedimento e processo stanno proprio nel modo in cui è regolata, nei 2 casi, la sequenza.
Questa ha inizio con l’atto di iniziativa, che può essere di ufficio o di privati (detta in questo
caso, impropriamente, di parte). Tralasciando il primo effetto, quello propulsivo, che è comune,
avendo sia il Giudice sia l’amministrazione l’obbligo di provvedere, quando si passa al secondo
effetto dell’atto di iniziativa, quello di definire l’oggetto del procedimento, si nota che, mentre il
Giudice non può andare, di regola, oltre la domanda dell’attore, la pubblica amministrazione
procedente non è strettamente vincolata all’oggetto definito dall’atto di iniziativa, potendo
ampliarne l’oggetto. Si può quindi rilevare che l’iniziativa non sta al procedimento come
l’iniziativa processuale sta al processo.
Quanto all’istruzione, essa serve ad acquisire gli interessi e a consentire la rappresentanza dei
fatti. All’uno e all’altro nel processo si provvede attraverso l’acquisizione delle prove. Nel
procedimento, i primi vengono raccolti attraverso dichiarazioni di giudizio per lo più definite
pareri, i secondi attraverso dichiarazioni di scienza, quali ispezioni, certificazioni, ecc.. Né gli
uni né gli altri sono atti probatori, dovendo essere soltanto verificati, né sono ordinati rispetto
alla decisione allo stesso modo delle prove. Anche la decisione del procedimento è diversa dalla
decisione del processo. Quest’ultima ha il c.d. effetto di cosa giudicata, la prima ha invece
carattere di imperatività. Infine, oltre a decisioni interlocutorie e provvisorie, nel procedimento
amministrativo sono frequenti decisioni negative, nel senso di decidere di non decidere. In
sostanza, mentre nel processo esiste una regola della decisione (per cui il Giudice deve decidere
in ogni caso ed è determinato il criterio cui deve attenersi nel decidere), nel procedimento la
scelta della regola di decisione fa parte della stessa discrezionalità amministrativa. Si aggiunge,
per concludere, che se il procedimento è una sequenza, non ogni sequenza è poi ordinata come
un processo.
Varietà di strutture procedimentali
Il processo si presenta come una sequenza articolata in relazione al modello diretto a regolare il
gioco tra Giudice e parti. La codificazione processuale civile e penale ha disegnato tale
sequenza in forme unitarie. Il procedimento invece è una sequenza ordinata non secondo un
modello unico ma corrispondentemente a tanti modelli, imposti dagli interessi o fini pubblici o
dalle loro interferenze.
I procedimenti sono di varia natura. Alcuni sono semplici, altri complessi, alcuni hanno un solo
atto con funzione propulsiva, altri hanno più atti di iniziativa. Anche l’istruttoria e la decisione
possono consistere di uno o più atti. Mentre in alcuni procedimenti una articolazione in 3 fasi,
iniziativa, istruzione e decisione, è facilmente discernibile, in altri vi sono articolazioni più
complesse. La ricostruzione di tutte queste sequenze in termini di iniziativa, istruzione e
decisione, nonché in termini di subprocedimenti, per le fasi interne, e di procedimenti collegati
per i procedimenti composti, costituisce in verità una forzatura della realtà giuridica. Il Giudice
amministrativo, in tempi recenti ha anticipato la tutela, consentendo l’autonoma impugnazione
di atti che, secondo il punto di vista suesposto, sono endoprocedimentali.
Non sempre la legge fissa il contenuto del provvedimento, limitandosi a determinare le modalità
della sua formazione, e cioè il procedimento. Questo dunque sarà modellato dagli interessi ai
quali deve dare ordine.
Principi giurisprudenziali comuni ai procedimenti
Necessarietà
Il primo principio è quello della necessarietà del procedimento stesso, nel senso che, se
l’esercizio di un’attività è subordinato dalla norma a un procedimento e, nel suo corso, a pareri,
intese o altri atti, la decisione assunta senza aver prima espletato gli adempimenti procedurali
previsti è illegittima. Analogo principio è stato affermato anche nel caso in cui la norma non
disponga espressamente sul procedimento, per cui è principio del procedimento l’obbligo
dell’istruzione, della verifica dei fattori economici intervenienti e della ponderazione degli
interessi.
Esattezza e completezza della rappresentazione dei fatti e degli interessi
Il secondo principio è quello della esattezza e completezza della individuazione e della
rappresentazione dei fatti e degli interessi. Se i fatti risultano inesistenti, o essenzialmente
diversi da come li ha intesi o prospettati l’amministrazione, il provvedimento amministrativo è
illegittimo. Oltre ad essere esatta, l’individuazione e rappresentazione dei fatti deve essere
completa: l’amministrazione deve valutare e definire l’intero contesto formale e materiale,
acquisendo una conoscenza piena ed esauriente delle circostanze relative alla situazione
concreta. Altrettanto vale per gli interessi. Questi principi, fatti valere attraverso le figure
sintomatiche del travisamento dei fatti o dell’errore di fatto o dell’illogicità manifesta,
riguardano in sostanza, gli effetti che l’istruzione produce sulla decisione.
Coerenza e logicità
Il terzo principio è variamente definibile come coerenza, congruità, logicità o ragionevolezza e
trova applicazione in un gran numero di casi. Secondo questo principio deve esservi
corrispondenza tra le premesse dalle quali l’amministrazione ha preso le mosse e il
provvedimento che ne è la conseguenza. In altre parole, la decisione deve essere coerente con i
suoi presupposti. Inoltre, i fatti e gli interessi debbono essere valutati in modo logico e
razionale. Questo principio viene fatto valere attraverso le figure sintomatiche di eccesso di
potere denominate illogicità manifesta, illogicità e contradditorietà, motivazione illogica.
Imparzialità
Il quarto principio è quello della imparzialità. Esso trova il suo fondamento nella Costituzione
(art. 97) e ha numerose applicazioni. Il principio di imparzialità viene fatto valere come
principio del rispetto dei criteri di massima già fissati o dell’obbligo della previa determinazione
dei criteri di massima. Nel primo senso viene inteso come necessità di osservare criteri o regole
adottati precedentemente e seguiti in decisioni comparabili. Nel secondo senso viene enunciato
come obbligo di previa determinazione di standards e criteri generali da adottare nelle
successive decisioni che comportino comparazione o che incidano nelle sfere istituzionali libere
di privati. Questo principio si è affermato a mezzo delle figure sintomatiche della
ragionevolezza, della contradditorietà, della violazione di circolare, nonché, con applicazione
diretta, da parte del Giudice amministrativo, del principio costituzionale stesso.
Trasparenza, proporzionalità e standards
Minor uso è stato fatto finora, da parte dei Giudici, del principio che può dirsi, secondo l’uso
francese, della trasparenza amministrativa o della conoscibilità del procedimento. Si tratta dei
casi in cui viene affermato dal Giudice l’obbligo di motivazione (sempre quando si tratti di
provvedimenti sanzionatori o limitativi della sfera di autonomia dei privati), o si controlla la
sufficienza della motivazione, o viene affermato l’obbligo della esternazione dei presupposti di
fatto e delle valutazioni per ricostruire l’iter logico della procedura.
Appare in corso di formazione un ultimo principio, relativo alla decisione, consistente nel
necessario raffronto tra i vari modi di realizzazione dello scopo e nell’obbligo della ricerca delle
diverse soluzioni.
L’affermazione di standards costituisce uno degli sviluppi più interessanti del diritto
amministrativo e trova la sua origine, così come il procedimento al quale si applica, nel
moltiplicarsi degli interessi pubblici necessari e di quelli comunque presenti nel procedimento.
Le amministrazioni possono variamente comporre tali interessi ma non possono non rispettare
nel far ciò, altri interessi o principi. Questi non possono mai soccombere nei confronti di altri
interessi, quelli primari, perché sono una componente essenziale dell’azione amministrativa. In
questo senso, sono interessi di secondo grado o principi del procedimento.
Cosiddetto giusto procedimento
Il principio del giusto procedimento è stato enunciato dal Giudice costituzionale. Secondo
quest’ultimo, il principio si trae dalla legislazione ordinaria (ciò che no ha impedito alla Corte
costituzionale di farlo valere come regola di rango superiore). Quando il legislatore ordinario
dispone che si apportino limitazioni ai diritti dei cittadini, la regola, che il legislatore
normalmente segue, è quella di enunciare ipotesi astratte, predisponendo un procedimento
amministrativo, attraverso il quale gli organi competenti provvedono ad imporre concretamente
tali limiti, dopo gli opportuni accertamenti e dopo avere messo i privati in condizione di esporre
le loro ragioni, sia a tutela dei propri interessi, sia a titolo di collaborazione nell’interesse
pubblico. Il principio detto del giusto procedimento ha una applicazione limitata solo ad alcuni
procedimenti.
La codificazione del procedimento: aspetti comparati
Austria per prima, nel 1925, adottò 5 provvedimenti legislativi contenenti disposizioni generali
sul procedimento con una impostazione processualistica (introduzione, istruzione, decisione,
impugnazione, esecuzione). Poi l’Administrative Procedure Act statunitense adottato nel 1946.
Infine la legge tedesca del 1978 (più di 100 att.). Vi sono Paesi dove si è preferito non adottare
una legge sul procedimento ma regolare con leggi separate singoli aspetti dell’attività
amministrativa e dei rapporti tra amministrazione e cittadini. E’ il caso della Francia.
Funzioni della codificazione del procedimento
La disciplina legislativa del procedimento amministrativo può avere 3 diverse funzioni:
1) limitare e dare una forma alla discrezionalità amministrativa;
2) limitare il potere dei Giudici;
3) limitare la discrezionalità delle autorità regionali o locali, con l’effetto di centralizzare il
governo dei diritti dei cittadini.
Contro la funzione di limitare e dare una forma alla discrezionalità amministrativa vengono
solitamente presentati 4 argomenti:
1) amministrazione eccessivamente rigida;
2) troppo diritto è intollerabile,
3) non c’è bisogno di una legge sul procedimento perché il Governo deve dare conto della
sua attività al Parlamento;
4) il Governo può autolimitarsi contenendo volontariamente la sua discrezionalità.
Secondo l’autore nessuno di questi argomenti ha un fondamento.
Contro la funzione di limitare il potere dei Giudici viene usato l’argomento che la legge è
meccanica e uniforme, mentre i Giudici sono elastici, possono adattare il diritto ai singoli casi,
procedono incrementalmente. Ma questo ragionamento non tiene conto del fatto che anche i
Giudici incontrano dei limiti e che vi sono campi nei quali essi non entrano.
Contro la funzione di limitare la discrezionalità delle autorità regionali o locali, con l’effetto di
centralizzare il governo dei diritti dei cittadini si oppone il ragionamento contrario del
decentramento e della sua opportunità. Ma, osserva l’autore, il decentramento si vede e va
applicato da e in altri settori dovendo assicurare uniformità a quello relativo alla forma dei
criteri di adozione dei provvedimenti amministrativi.
Tipi di disciplina legislativa del procedimento
La legge federale degli Stati Uniti è composta di 16 artt.; quella italiana di 31; tedesca 103;
spagnola 143. Nelle leggi dei vari Paesi pur tra differenze di varia natura, vi sono affermati il
principio di imparzialità o di neutralità, quello di pubblicità (o di apertura o di accesso ai
documenti amministrativi), quello di equità o di natural justice (definito anche come diritto di
essere ascoltati), quello di ragionevolezza, quello di proporzionalità, l’obbligo di motivazione.
Una variabile importante è il tipo di tutela giudiziaria assicurata, la sua estensione e la sua
effettività. Le leggi comunque seguono modelli diversi dei quali i più importanti sono quello
giudiziario (austriaco9 e quello della rappresentanza degli interessi (nordamericano).
Effetti della disciplina
Per quanto riguarda il sistema giudiziario le leggi sul procedimento amministrativo hanno un
duplice effetto: da un lato limitano il potere i poteri dei Giudici perché escludono che il
procedimento amministrativo possa essere sottoposto a principi di formazione giudiziaria;
dall’altro ampliano i suddetti poteri perché, alla fine, i Giudici avranno comunque l’ultima
parola sull’applicazione della legge.
Le Costituzioni più recenti (greca 1975, portoghese 1976, spagnola 1978) includono principi
generali sul procedimento amministrativo.
Principi legislativi sul procedimento amministrativo
La legge 7 agosto 1990 n. 241, ha invertito la tendenza precedente stabilendo alcuni principi sul
procedimento. Questa legge non può essere definita legge generale sul procedimento
amministrativo. Essa non contiene una tipologia dei singoli procedimenti né regola tutti i
principi del procedimento, né, quando lo fa, si applica come norma generale.
Motivi della disciplina legislativa italiana
Ciò nonostante, la legge del 1990 costituisce un’autentica rivoluzione amministrativa. Essa, in
primo luogo serve per diminuire il disorientamento del cittadino, poi, via via, per assicurare
all’interno delle amministrazioni un giusto equilibrio, per garantire le situazioni giuridiche
soggettive dei cittadini. D considerare che nel ventennio precedente il 1990 si sono moltiplicati i
corpi amministrativi dotati di autonomia (specialmente statutaria) e indipendenza (dalle Regioni
alle Università) e la giustizia amministrativa ha registrato un grande sviluppo con l’istituzione
dei T.A.R..
I dieci principi della legge del 1990
La legge dettante principi sul procedimento amministrativo non dispone in termini di diritto
amministrativo sostanziale, ma fissa solo alcune forme e procedure per arrivare al
provvedimento. Non vincola a norme sostanziali ma a regole da rispettare. La legge n. 241 del
1990 dunque, stabilisce una decina di principi a carattere generale o residuale.
1) Comunicazione dell’avvio del procedimento (artt. 7 e 8).
Deve essere fatta ai destinatari del provvedimento finale, a coloro che debbono intervenire nel
procedimento e a coloro che possono avere un pregiudizio dal provvedimento. La
comunicazione è fatta in forma personale o mediante forme di pubblicità idonee. E’ esclusa,
oltre che per gli atti normativi, per gli atti amministrativi di pianificazione e di programmazione
e per quelli tributari.
2) Diritto di prendere visione degli atti del procedimento (art. 10).
Ne godono sia i soggetti destinatari della comunicazione di inizio del procedimento, sia
qualunque soggetto portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi
costituiti in associazioni o comitati. Sono esclusi gli atti per i quali non vi è diritto di accesso e
quelli per i quali non vi è obbligo di comunicare l’avvio del procedimento.
3) Intervento nel procedimento e presentazione di memorie scritte e documenti (artt. 9 e 10).
Vi hanno diritto i soggetti sopra indicati. E’ escluso per gli atti per i quali non vi è obbligo di
comunicazione dell’avvio del procedimento. La parola partecipazione va intesa in senso
generico e atecnico, non nel senso stretto e rigoroso del termine.
4) Termine per rendere pareri e valutazioni tecniche (artt. 16 e 17).
Se un termine non è già fissato da leggi o regolamenti, esso è di 90 giorni dal ricevimento della
richiesta. Per particolari motivi, il termine può essere raddoppiato per i pareri. Decorso il
termine, l’amministrazione che ha richiesto il parere può procedere indipendentemente da esso;
quella che ha bisogno di valutazioni tecniche può chiederle ad altri organismi amministrativi, ad
enti pubblici o a istituti universitari.
5) Conferenza di servizi e accordo tra amministrazioni (art. 14, modificato nel 1993, nel 1995
e nel 1997).
Quando occorre ponderare più interessi pubblici o siano prescritti intese, concerti, nullaosta o
assensi, può essere compiuto, anche su richiesta dell’interessato, un esame contestuale in una
conferenza di servizi, che si conclude con determinazioni concordate, che sostituiscono gli atti
predetti. La conferenza di servizi è un mezzo di semplificazione dell’attività amministrativa:
questo risultato è raggiunto non eliminando uno o più atti del procedimento ma rendendo
contestuale la decisione di più amministrazioni. La conferenza di servizi può concludersi con un
accordo unanime. In caso di dissenso, sono previste 2 procedure, una generale e una speciale.
Secondo quella generale, la conclusione della maggioranza è comunicata al Presidente del
Consiglio dei Ministri, o al Presidente della Regione o al Sindaco, a seconda
dell’amministrazione procedente o dissenziente; questo, previa delibera del Consiglio dei
Ministri o del Consiglio regionale o di quello comunale, può, entro 30 giorni, sospendere la
decisione e fare osservazioni. La conferenza può prendere poi entro 30 giorni, una nuova
decisione che tenga conto delle osservazioni. Decorso il termine senza una decisione la
conferenza è sciolta. La procedura speciale si applica quando il dissenso proviene da
un’amministrazione che tuteli l’ambiente, il paesaggio o il territorio, il patrimonio storico-
artistico o la salute. In questo caso l’amministrazione procedente può chiedere direttamente al
Presidente del Consiglio dei Ministri di rimettere la decisione al Consiglio dei Ministri.
6) Responsabile del procedimento (artt. 4, 5 e 6).
Anche questo si applica ove un responsabile non sia già direttamente stabilito per legge o
regolamento.
7) Determinazione del termine per provvedere (art. 2).
La legge dispone che, se non sia già disposto per legge o per regolamento, le pubbliche
amministrazioni determinano e rendono pubblico, per ciascun tipo di procedimento, il termine
entro il quale esso deve concludersi. Se le amministrazioni non provvedono, va rispettato un
termine residuale minimo, stabilito dalla legge stessa (30 giorni). Decorsi inutilmente i termini,
l’interessato può fare domanda all’autorità superiore, perché provveda entro 30 giorni.
8) Obbligo di provvedere, o meglio di concludere il procedimento con un provvedimento
espresso (art. 2).
9) Contenuto necessario del provvedimento: obbligo di motivazione e di indicazione del
termine e dell’autorità alla quale è possibile ricorrere (art. 3). In particolare, il primo riguarda
tutti gli atti amministrativi (non quelli generali, né gli atti normativi).
10) Diritto di accesso ai documenti amministrativi (artt. 22-27).
Chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti (e quindi,
innanzitutto il destinatario del provvedimento amministrativo), ha diritto di accesso ai
documenti amministrativi. Il diritto di accesso è a sua volta procedimentalizzato: occorre fare
richiesta motivata; si attua mediante esame o estrazione di copia. Contro il rifiuto, entro 30
giorni, si può ricorrere al T.A.R., che, entro altri 30 giorni, può ordinare l’esibizione dei
documenti richiesti.
Ambito soggettivo e oggettivo
Esaminiamo ora ambito soggettivo e oggettivo di applicazione dei principi. Quanto al primo, la
legge si applica a tutte le pubbliche amministrazioni (artt. 2 e 4). Essa opera come legge di
principio per le Regioni a statuto ordinario, mentre quelle a statuto speciale e le Province
autonome di Trento e Bolzano debbono provvedere, entro un anno, ad adeguare i rispettivi
ordinamenti alle norme fondamentali della legge (art. 29).
Quanto all’ambito soggettivo, non tutta la legge riguarda ogni tipo di procedimento. I principi
tuttavia valgono per tutti i procedimenti. Però, i principi della conferenza di servizi e del termine
per i pareri e le valutazioni tecniche (art. 14 e artt. 16 e 17) non si applicano alle
amministrazioni che curano interessi relativi all’ambiente, al paesaggio e al territorio, alla salute
dei cittadini.
L’applicazione della legge sul procedimento nella giurisprudenza
Il mancato avviso di avvio del procedimento è stato considerato illegittimo, tanto da rendere
illegittimo il procedimento finale. I Giudici hanno collegato l’avviso di avvio del procedimento
non solo ad un’esigenza di difesa (per consentire il contraddittorio) ma anche alla necessità di
accertamenti e di ottenere, a questo scopo, la partecipazione collaborativa degli interessati.
Hanno dunque fatto valere l’istituto non solo in funzione dell’interesse del cittadino, ma anche
in funzione dell’interesse della pubblica amministrazione.
Il diritto di accesso è stato considerato situazione giuridica soggettiva piena ed autonoma, non
strumentale alla impugnazione del provvedimento finale e infine, l’accesso è consentito non
solo a carico dei concessionari, ma anche di tutti gli altri gestori di servizi pubblici.
La semplificazione e accelerazione
L’art. 2 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, relativo alla semplificazione e accelerazione dei
procedimenti amministrativi, costituisce la naturale continuazione della legge n. 241 del 1990. I
criteri e i principi fissati dalla legge sono:
1) semplificazione dei procedimenti amministrativi, in modo da ridurre il numero delle fasi
procedimentali, il numero delle amministrazioni intervenienti, la previsione di atti di
concerto e di intesa;
2) riduzione dei termini per provvedere;
3) regolazione uniforme dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso diverse
amministrazioni;
4) riduzione del numero e accorpamento dei procedimenti omogenei;
5) unificazione in sede regionale o provinciale dei procedimenti di autorizzazione in
materia di ambiente.
Atti e provvedimenti. Elementi e caratteri. Invalidità
I procedimenti sono composti di atti, di regola individuati dalle norme. La scienza del diritto
amministrativo si è dedicata a lungo alla loro classificazione, distinguendo molte specie, quali
atti unilaterali e convenzionali, atti semplici, complessi, collettivi e accorsi, dichiarazioni di
volontà, dichiarazioni di rappresentazione e dichiarazioni dette di sentimento, atti esterni e
interni, speciali e generali, negoziali e non negoziali, leciti e illeciti, di governo e di gestione,
traslativi, estintivi, punitivi, negativi, nonché concessioni, ammissioni, autorizzazioni,
approvazioni, dispense, decisioni, notifiche, comunicazioni, accertamenti, pareri, proposte, ecc..
Nel procedimento, vengono solitamente distinti atti strumentali, o preparatori, o atti del
procedimento, e atti terminali, definiti, quando a contenuto imperativo, provvedimenti.
Anche il contratto, nel diritto amministrativo, è preceduto da un procedimento, essendo
quest’ultimo la forma necessaria dell’agire amministrativo, sia esso retto dal diritto pubblico, sia
esso regolato dal diritto privato.
Il provvedimento
La funzione e i suoi elementi (materia, attribuzioni e fini o interessi) e l’organizzazione con i
suoi elementi (funzioni, articolazione e poteri), diventano concreti nel provvedimento, perché
vanno a costituire i suoi elementi.
Elementi del provvedimento
Elementi del provvedimento sono: presupposti, motivi, volontà, oggetto, esternazione.
I presupposti sono circostanze di fatto o di diritto, materiali, spaziali, temporali ecc.,
verificandosi le quali l’amministrazione può provvedere. I presupposti vengono definiti dalla
giurisprudenza amministrativa come l’effettiva situazione di fatto e giuridica, l’antecedente
logico-giuridico che consente di adottare il provvedimento. Se il presupposto indicato dal
provvedimento non è conforme alla realtà, il provvedimento è viziato di eccesso di potere per
errore nei presupposti.
I motivi sono costituiti dall’interesse o fine pubblico. Questo si distingue in interesse pubblico
necessario o primario, che è quello curato dall’ufficio che provvede, e in interesse pubblico
secondario, che è costituito dagli altri interessi considerati nel procedimento, attribuiti ad altre
amministrazioni o senza organismo di cura (adèspoti).
Volontà è una scelta nella quale confluisce l’apporto di più uffici, rivolta a produrre un effetto.
La volontà consiste nel contenuto dispositivo del provvedimento. Questo può essere distinto in
una parte necessaria, indicata dalla legge, e in una accidentale, che l’amministrazione può
introdurre, perché dotata di potere discrezionale.
Oggetto è il bene, la situazione soggettiva, il rapporto giuridico, l’utilità al quale l’atto è diretto.
Esternazione è il modo in cui è reso conoscibile all’esterno ognuno degli elementi del
provvedimento. Vi è dunque, la giustificazione (esternazione dei presupposti), la motivazione
(esternazione dei motivi), la dichiarazione della volontà e quella dell’oggetto.
Per una consuetudine che risaliva all’epoca in cui l’amministrazione era apparato servente
dell’esecutivo, fino al 1991, molti provvedimenti amministrativi erano esternati con decreto
presidenziale. E’ stata poi adottata la legge 12 gennaio 1991, n. 13, di c.d.
depresidenzializzazione, che elenca 30 categorie di atti per i quali si deve provvedere con
decreto del Presidente della Repubblica. Per gli altri si provvede con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri o ministeriale. La legge dispone che l’elencazione degli atti di
competenza del Presidente della Repubblica è tassativa e non può essere modificata, integrata,
sostituita o abrogata, se non in modo espresso.
Validità ed efficacia
Quanto ai caratteri, il provvedimento amministrativo ne ha 2, collegati tra di loro: scissione tra
validità ed efficacia e imperatività.
Validità è la conformità dell’atto alla disciplina normativa e, quindi, la sua attitudine astratta a
produrre effetti giuridici.
Efficacia è l’idoneità effettiva, concreta, del provvedimento di produrre effetti giuridici.
L’efficacia, detta anche esecutività, è prodotta dal controllo che viene esercitato sui
provvedimenti amministrativi. Il provvedimento amministrativo, anche se invalido (perché
viziato e quindi annullabile), può essere efficace. La validità e l’efficacia dei provvedimenti
sono 2 effetti prodotti il primo dal perfezionamento del procedimento amministrativo e, il
secondo, dal completamento del procedimento di controllo.
L’atto amministrativo, durante il periodo intercorrente tra la sua emanazione e l’apposizione del
visto di legittimità, si trova in una situazione di pendenza per cui solo nel momento in cui è
apposto il visto di legittimità della Corte dei conti l’atto diventa efficace, nel senso che può
produrre i suoi effetti giuridici. Se il provvedimento non è registrato dalla Corte dei conti, non
occorre che l’amministrazione lo annulli essendo sufficiente che ritiri l’atto inefficace ed emani
un altro provvedimento idoneo a sostituire il precedente atto.
Imperatività
Il provvedimento è dotato di imperatività perché fa nascere, modifica, estingue situazioni
giuridiche soggettive in modo unilaterale, senza cioè il concorso del soggetto al quale il
provvedimento è destinato e prescindendo dalla verifica giudiziale del potere.
Esecutorietà
L’esecutorietà non costituisce carattere dei provvedimenti. Questa consiste nella dispensa
dell’amministrazione dalla necessità di rivolgersi all’autorità giudiziaria per accertare la
legittimità della propria pretesa e nel conseguente potere di eseguire direttamente e anche
coattivamente le proprie decisioni. Di questa particolare forza peraltro sono dotati solo alcuni
provvedimenti amministrativi, per i quali la legge espressamente prevede l’esecuzione diretta.
Tipicità dei provvedimenti
I provvedimenti amministrativi, a differenza degli atti dei privati (e degli stessi atti
amministrativi non provvedimentali), sono retti dal principio di tipicità, secondo il quale le
pubbliche amministrazioni possono porre in essere solo i provvedimenti espressamente indicati
dalle norme. Il principio di tipicità discende dunque da quello di legalità e trova la sua
giustificazione nei poteri di cui dispone la pubblica amministrazione quando agisce come
autorità.
Il principio di tipicità sta subendo però un’erosione a causa di 3 fattori concorrenti: il primo è
quello europeo dato che la Corte di Giustizia UE ammette atti atipici; il secondo deriva dal
ricorso, sempre più diffuso, al diritto privato da parte delle amministrazioni pubbliche; il terzo
sta nel riconoscimento dell’esistenza di atti amministrativi emanati da privati.
Vizi del provvedimento: irregolarità, illegittimità, inesistenza
Il provvedimento può essere viziato per irregolarità e per illegittimità o invalidità. Ricorre la
prima nel caso di minore difformità rispetto alla legge, tali da non rendere il provvedimento
annullabile e da poter essere sanate (c.d. regolarizzazione). Maggiore importanza assume
l’illegittimità o invalidità, considerata per lo più una difformità dallo schema normativo. In
realtà si tratta di molto di più: mancato rispetto dei principi del procedimento.
Diversa dalla illegittimità è l’inesistenza dell’atto. Quando l’ufficio che emana un atto non è
soggetto della potestà amministrativa, può dirsi che l’atto è adottato in carenza di potere (anche
detta incompetenza assoluta) e si intende come non compiuto (per cui nei confronti di esso si
ricorre all’autorità giurisdizionale ordinaria).
Il vizio di illegittimità viene tradizionalmente distinto in 3 specie: incompetenza, violazione di
legge, eccesso di potere.
Nella incompetenza vengono solitamente fatti ricadere i vizi relativi al soggetto, nell’eccesso di
potere quelli attinenti ai motivi, nella violazione di legge tutti gli altri (suo carattere residuale).
Figure sintomatiche dell’eccesso di potere
1) Contraddizione tra motivi e dispositivo
2) Contraddizione tra provvedimenti
3) Illogicità
4) Ingiustizia manifesta
5) Disparità di trattamento
6) Sviamento di potere
7) Travisamento dei fatti
8) Elusione del giudicato
9) Proporzionalità
10)
Procedimenti strumentali: procedimenti organizzativi. Procedimenti strumentali e
procedimenti finali
I procedimenti possono essere distinti in procedimenti strumentali e procedimenti finali. I primi
attengono al funzionamento interno dell’amministrazione stessa. I secondi invece costituiscono
la forma di esplicazione delle funzioni amministrative verso l’esterno, in quanto regolano
attività private e rendono servizi alla collettività. I primi riguardano l’organizzazione
amministrativa, il personale che vi è preposto e la finanza, e cioè i 3 elementi della pubblica
amministrazione già esaminati dal punto di vista statico ma che qui vanno presi in
considerazione sotto il profilo dinamico. I secondi attengono al raggiungimento dei fini ultimi
dell’amministrazione.
Procedimenti di organizzazione
Il primo gruppo di procedimenti strumentali è quello dei procedimenti di organizzazione. Come
materia l’organizzazione dei pubblici uffici è sottoposta non solo al principio di legalità,
secondo il quale l’attività amministrativa deve svolgersi secondo le disposizioni di legge, ma
anche a quello di riserva di legge, secondo il quale deve esservi una previa disciplina legislativa
della materia, e tale disciplina deve essere sufficiente. L’art. 97 della Costituzione dispone che i
pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge (consente tuttavia alla normazione
secondaria e all’attività amministrativa di regolarne una parte).
Procedimenti organizzativi degli enti pubblici
L’art. 4 della legge 20 marzo 1975 n. 70 dispone che, salvo quanto previsto dagli artt. 2 e 3,
nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge.
Procedimenti degli statuti e degli accordi di programma
I procedimenti organizzativi hanno strutture estremamente semplici. Quasi sempre l’iniziativa e
l’istruttoria sono poste in essere con lo stesso atto e dallo stesso ufficio, si che il procedimento è
in sostanza articolato in 2 fasi, dell’iniziativa e della decisione.
I procedimenti di controllo
Appartiene al genere dei procedimenti organizzativi anche la specie dei procedimenti di
controllo. Infatti il controllo è in funzione organizzativa, perché mira a verificare la funzionalità
di organi, la rispondenza dell’attività svolta in concreto ai canoni legislativi, la corrispondenza
dei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, la congruenza dei
rendimenti ai costi, ecc.. Anche i controlli, come ogni attività amministrativa sono ordinati in
forma procedimentale. La legge n. 20 del 1994 dispone che la Corte dei conti deve definire
annualmente i criteri di riferimento e i programmi del controllo.
Procedimenti di amministrazione del personale
Come l’amministrazione, anche il personale può essere considerato dal punto di vista dinamico,
nel senso dei procedimenti che lo riguardano. Pressochè ogni evento che riguarda il dipendente
pubblico si accompagna o è prodotto da un procedimento. La disciplina dei procedimenti di
amministrazione del personale era contenuta, fino al 1993, in leggi e in particolare nel Decreto
del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, relativo ai dipendenti civili dello Stato. I
procedimenti erano regolati in forma semplice, quando si trattava di disciplinare eventi periodici
ed ordinari (congedo, aspettativa, ecc.), in forme più complesse quando di eventi più gravi
(sanzioni disciplinari, ecc.). A seguito delle trasformazioni del rapporto di lavoro con le
pubbliche amministrazioni, i procedimenti di amministrazione del personale trovano ora la loro
disciplina in parte nelle leggi ma in parte maggiore nei contratti.
Procedimenti finanziari
I procedimenti finanziari fanno parte, per tradizione, di quella che si chiama correntemente,
contabilità di Stato o contabilità pubblica, che è una parte speciale del diritto amministrativo.
L’innesto di procedimenti amministrativi su un procedimento legislativo
I procedimenti finanziari hanno una duplice caratteristica: da un lato si innestano in
procedimenti legislativi, dall’altro sono strumentali a procedimenti amministrativi. Tutti i
procedimenti amministrativi si fondano su leggi; i procedimenti finanziari stanno anche in un
secondo rapporto con la legge; per poter procedere infatti all’impegno e al pagamento di spese
pubbliche, occorre che queste vengano stanziate ì, ciò che viene fatto annualmente con il
bilancio di previsione. Vi è dunque una sequenza unitaria complessiva, composta di 2 parti: la
prima parte si articola nelle c.d. leggi di spesa, nel bilancio pluriennale, nella legge finanziaria e
nel bilancio annuale di previsione; la seconda ha inizio quando il bilancio di previsione è stato
deliberato dal Parlamento e quindi le somme da spendere sono state stanziate. Le 2 parti sono
seguite da una terza dove preminente è ancora il Parlamento: il procedimento di
rendicontazione, che conduce all’approvazione del bilancio o conto consuntivo annuale.
Le fasi del procedimento finanziario
Secondo la scolastica contabilistica, i procedimenti finanziari sarebbero articolati in 4 fasi:
impegno, liquidazione, ordinazione, pagamento. Ma, la seconda non è una fase autonoma
mentre la quarta consiste di operazioni esecutive, più che di atti.
L’impegno
Per le amministrazioni statali l’impegno può avvenire solo su somme assegnate in bilancio, e
cioè stanziate nel bilancio adottato dal Parlamento. L’impegno produce un vincolo di
destinazione dei fondi. L’impegno è sottoposto al controllo dell’Ufficio centrale di bilancio (già
ragioneria centrale), che lo registra entro 10 giorni (trascorsi i quali l’atto è efficace), oppure
restituisce l’atto per irregolare imputazione o perché la spesa eccede la capienza dello
stanziamento di bilancio. Entro lo stesso termine, possono essere preannunciate osservazioni
sulla regolarità della spesa (da inoltrare entro ulteriori 10 giorni) ma resta comunque salva la
facoltà dell’amministrazione di dare esecuzione all’atto. Una volta esaurite queste fasi si
provvede alla liquidazione con l’ordine (detto impropriamente mandato) di pagamento.
Procedimenti finali: procedimenti precettivi
I procedimenti finali costituiscono la forma di esplicazione della funzione amministrativa verso
l’esterno: in quanto regolano attività private o rendono servizi alla collettività, consentono di
raggiungere i fini dell’amministrazione pubblica.
Classificazioni dei procedimenti finali
I procedimenti finali possono essere classificati in modi vari. Nel passato essi venivano ordinati
in relazione al loro contenuto psicologico e si distinguevano dichiarazioni di volontà, di
rappresentazione, di sentimento. In anni recenti è invalso l’uso di distinguere i procedimenti in
relazione all’effetto che producono. E’ una classificazione elementare quella che divide 2
categorie, di procedimenti che ampliano la sfera di autonomia del privato (ad esempio
concessioni) e di procedimenti che la restringono (ad esempio procedimenti ablatori). Un ordine
più elaborato è quello che distingue procedimenti precettivi o prescrittivi (diretti a porre in
essere prescrizioni di carattere generale), di concessione (che concedono l’uso di utilità
riservate), di autorizzazione (che controllano l’esercizio di diritti), ablatori (che estinguono
situazioni soggettive), dichiarativi (che producono certezze giuridiche), di secondo grado
(relativi a decisioni adottate in un precedente procedimento; hanno una funzione quasi
giurisdizionale e consistono nei ricorsi per opposizione, nei ricorsi gerarchici, propri e impropri,
e nel ricorso straordinario al Capo dello Stato), contrattuali (che mirano alla produzione di
effetti giuridici attraverso moduli contrattuali privatistici).
Procedimenti di pianificazione urbanistica
Valevole sull’intero territorio comunale, durata indeterminata, considera tutte le zone (verde,
falde, paesaggistiche, ecc.). Elaborazione degli uffici comunali con collaborazione progettisti
esterni. Successivamente delibera del Consiglio comunale. Deposito del piano per 30 giorni in
segreteria comunale per consentire a chiunque di prenderne visione. Poi per i successivi 30
giorni eventuali osservazioni. Infine piano inviato alla Regione che non si limita ad approvarlo
ma può modificarlo. La legge 30 aprile 1999 n. 236 ha disposto che l’approvazione avvenga
entro il termine perentorio di 12 mesi. Il piano è dunque atto di 2 soggetti. Il piano è depositato
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