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Il ricorso di ottemperanza

Il ricorso può essere proposto da coloro che furono parti nel giudizio concluso con la sentenza da ottemperare. Legittimata passiva è l'amministrazione che fu parte nel giudizio.

La parte deve previamente notificare un atto di messa in mora all'amministrazione (diffida ad adempiere), avvertendo che in mancanza di esecuzione si procederà alla proposizione del ricorso di ottemperanza. Questo adempimento non è ritenuto necessario nei casi in cui l'amministrazione abbia espressamente dichiarato di non voler eseguire la sentenza ovvero abbia adottato l'atto dichiaratamente in esecuzione della sentenza.

Una volta trascorso il termine di trenta giorni dall'atto di messa in mora, il ricorso deve essere proposto entro il termine decennale di prescrizione ordinaria. Non è previsto che il ricorso sia notificato ad altri soggetti, non assicurando il contraddittorio tra le parti. La giurisprudenza ha riconosciuto la necessità del ricorso di ottemperanza.

rispetto del contraddittorio anche nella fase dell'ottemperanza mediante la notificazione del ricorso all'amministrazione intimata e al soggetto che originariamente rivestiva la qualità di controinteressato. Si ritiene che la sentenza del giudice, previo accertamento dell'inadempimento, nel caso in cui accoglia il ricorso, possa volta a volta annullare o revocare gli atti posti in violazione della statuizione, ordinare di porre in essere gli adempimenti necessari per dare esecuzione, ordinare interventi sostitutivi, ovvero addirittura direttamente sostituirsi all'amministrazione. Spesso il giudice, allo scopo di far adottare in via sostitutiva l'atto, procede contestualmente o meno alla fissazione all'autorità di un termine per ottemperare, alla nomina di un commissario ad acta (solitamente si tratta di un funzionario di livello superiore della stessa amministrazione o di un altro ente). Ad avviso della giurisprudenza le pronunce del Tar sulricorso di ottemperanza sono appellabili se contenenti statuizioni aberranti o esorbitanti dalla funzione dell'ottemperanza, costituita dalla sostituzione dell'amministrazione mediante l'adozione di misure attuative: in pratica, allorché il giudice abbia risolto questioni di tipo cognitorio – pronunciando sulla regolarità del rito, sul ricorrere delle condizioni soggettive e oggettive dell'azione, nonché sulla fondatezza della pretesa azionata – è consentito l'appello, mentre non sono suscettibili di essere impugnate le sentenze contenenti misure meramente attuative della pronuncia. Teoricamente ammissibile è il ricorso in Cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione; la giurisprudenza ha invece affermato l'esperibilità dell'opposizione di terzo. Commissario ad acta Spesso il giudice, allo scopo di far adottare in via sostitutiva l'atto, procede contestualmente o meno alla fissazione.all'autorità di un termine per ottemperare, alla nomina di un commissario ad acta (solitamente si tratta di un funzionario di livello superiore della stessa amministrazione o di un altro ente). Si discute se si tratti di un organo straordinario dell'amministrazione, di organo ausiliario del giudice oppure ancora di organo misto, in parte ausiliario del giudice, in parte organo dell'amministrazione. Seguendo la prima tesi i suoi atti dovrebbero considerarsi veri e propri atti amministrativi impugnabili in sede di giurisdizione di legittimità e annullabili in via di autotutela da parte dell'amministrazione. Secondo la giurisprudenza peraltro i provvedimenti del commissario non sono impugnabili in via autonoma ma contestabili con un ricorso integrativo davanti allo stesso giudice dell'ottemperanza, il quale conserva il potere di intervenire ad istanza delle parti e può disattendere le conclusioni cui sia pervenuto il commissario. Ogni contestazioneche provenga invece da soggetti terzi deve essere proposta in un nuovo giudizio di cognizione. In sintesi, accogliendo la tesi dell'organo ausiliario del giudice, si consente all'amministrazione di impugnare l'atto del commissario, si esclude che la stessa possa esercitare poteri di autotutela e si apre la via al giudizio di ottemperanza che rientrando nella giurisdizione di merito, permette di esaminare anche l'opportunità dell'atto del commissario. La tesi dell'organo ausiliario non è compatibile con la condivisibile opinione della Cassazione secondo cui il commissario sarebbe legato all'amministrazione da un rapporto di servizio ai fini della configurabilità della sua responsabilità amministrativa per danni causati nell'esercizio delle proprie funzioni. Il rito avverso il silenzio Il rito avverso silenzio è disciplinato dalla l. 205/2000, che ha introdotto l'art. 21 bis l. Tar. Tale norma dispone che iricorsi avverso silenzio dell'amministrazione sono decisi in camera di consiglio con sentenza succintamente motivata entro trenta giorni dalla scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori delle parti che ne facciano richiesta. La decisione è appellabile entro trenta giorni dalla notificazione o, in mancanza, entro novanta giorni dalla comunicazione della pubblicazione. Nel giudizio di appello si seguono le stesse regole. Trattasi dunque di un rito camerale in cui vengono comunque rispettati i principi del contraddittorio e del doppio grado di giudizio. La legge non prevede un termine di costituzione per l'amministrazione, la quale potrebbe quindi costituirsi anche all'udienza camerale. La circostanza che si parli di sentenza succintamente motivata consente di accostare la fattispecie in esame a quella delle decisioni in forma semplificata. Il comma 2 dispone che in caso di totale o parziale accoglimento del ricorso di primo grado, il giudiceprovvedere.

provvedere. Si noti che la nomina del commissario avviene – su istanza di parte – già in primo grado: la legge vuole dunque consentire al privato di ottenere una risposta anche ove sussista discrezionalità dell’amministrazione. In sostanza la norma introducendo una fase cognitoria cui segue quella eventuale di ottemperanza, pare aver introdotto una ipotesi che si avvicina in modo rilevante ad un caso di giurisdizione di merito, ancorché sia evidente la preoccupazione di offrire un’ulteriore possibilità di decisione all’amministrazione, evitando comunque che il provvedimento sia adottato in via sostitutiva direttamente dal giudice. Ai sensi della l. 214 il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell’istanza.

Giudizio di conto

Ai sensi dell’art. 45 t.u. Corte dei conti, la presentazione del conto giudiziale costituisce l’agente in giudizio. Il giudizio di conto, avente ad oggetto l’accertamento

della competente sezione e viene dichiarato definitivo. Durante il giudizio di conto, il relatore può richiedere chiarimenti o integrazioni al contabile, al fine di verificare la completezza e la correttezza delle informazioni fornite nel rendiconto. Nel caso in cui il relatore riscontri delle irregolarità nel conto, può proporre delle osservazioni e chiedere al contabile di apportare le necessarie modifiche. Una volta che il conto è stato approvato e dichiarato definitivo, il giudizio di conto si conclude e il contabile è liberato da ogni responsabilità. È importante sottolineare che il giudizio di conto ha un carattere amministrativo e non giurisdizionale, poiché non si tratta di un vero e proprio processo legale. Tuttavia, il suo esito può avere delle conseguenze legali, ad esempio nel caso in cui vengano riscontrate delle irregolarità gravi che possono portare a responsabilità penali o civili per il contabile. In conclusione, il giudizio di conto è un processo necessario per verificare la regolarità delle partite del conto e assicurare la responsabilità del contabile.della sezione condecreto di discarico. In questo caso il giudizio, privo di vero contraddittorio, si accosta ad unprocedimento più propriamente amministrativo.Nel caso in cui invece la relazione concluda per la condanna o l'adozione di altri provvedimentidefinitivi o interlocutori, ovvero esista dissenso tra la relazione del magistrato relatore e leconclusioni del procuratore, su istanza del procuratore stesso viene fissata l'udienza di discussionedal presidente della sezione con decreto notificato alle parti.In udienza il magistrato relatore espone la propria relazione e l'avvocato dell'agente puòintervenire; dopo le conclusioni orali del procuratore la sezione emette la decisione. Può trattarsi diuna decisione di discarico – se si riconosce il saldo del conto – o di condanna dell'agente, previaliquidazione del debito. In tale ipotesi dunque il giudizio di conto assume caratteri propriamentecontenziosi.La decisione diviene trasmessa in forma esecutiva al procuratore regionale, il quale all'amministrazione interessata affinché questa provveda alla riscossione delle somme dall'agente. Ove la proposta del relatore sia nel senso della condanna del contabile e l'addebito non superi i mila euro può trovare applicazione il procedimento monitorio e dunque vi è la possibilità di conclusione del processo che eviti il giudizio della sezione: il presidente può determinare la che il contabile deve pagare a tacitazione del suo debito e il giudizio della Corte ha luogo in caso di mancata accettazione del contabile di tale determinazione entro un termine<12> assegnato. Ove questo accetti la determinazione presidenziale il presidente dispone la cancellazione conto dal ruolo delle udienze e emette ordinanza presidenziale avente valore di titolo esecutivo. Entro trenta giorni dalla notificazione della decisione.e contabile deve essere presentata entro 60 giorni dalla notifica della decisione.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
17 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma Tor Vergata o del prof Pugliese Francesco.