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Decisione Cons. Stato, sez. V, 1 marzo 2003, n.1137
Per ovviare a tale inconveniente, la decisione Cons. Stato, sez. V, 1 marzo 2003, n.1137 aveva affermato che il termine per la proposizione del ricorso incidentale dovesse essere comunque calcolato in sessanta giorni dalla notifica del ricorso principale, giacché il termine per il deposito del ricorso principale dovrebbe considerarsi ben dimezzato, ma solo ed unicamente ai fini del suddetto adempimento processuale e non anche al fine di determinare il termine per la proposizione del ricorso incidentale. Veniva cioè proposta l'operatività di una sorta di "doppio binario" con riferimento al termine del deposito del ricorso introduttivo del giudizio: il dimezzamento varrebbe, per le ragioni indicate, solo per il ricorrente principale e non anche per il ricorrente incidentale, restituendosi così una posizione di perfetta parità alle parti processuali. - La decisione non è stata tuttavia seguita dalla giurisprudenza successiva,
che come si è detto ha invece ribadito in maniera unanime come, nel rito speciale previsto dall'articolo 23-bis, il termine che occorre computare per la decorrenza del termine di trenta giorni per la notifica del ricorso incidentale sia quello ordinariamente assegnato al ricorrente per il deposito del ricorso principale, ossia quello ridotto a quindici giorni. Ad un intervento dell'adunanza plenaria, la n. 5 del 18 marzo 2004, si deve ancora poi la soluzione di un'ulteriore questione che era insorta in giurisprudenza con riferimento alla operatività o meno del dimezzamento dei termini processuali riguardo al ricorso per regolamento di competenza. La ratio acceleratoria che caratterizza i giudizi cui si applica il rito dell'art. 23 bis ben può riconoscersi anche con riferimento alle fasi incidentali o eventuali del giudizio, qual è quella che si apre a seguito della proposizione del regolamento di competenza; né si potrebbe ritenere.che il termine (dimezzato) di dieci giorni dalla data dell'acostituzione in giudizio sia un termine eccessivamente breve per la proposizione del considerazione del fatto che "il ricorso in questione, in medesimo termine comincia a decorrere dopo il decorso di almeno venticinque giorni dalla notifica del ricorso principale (in considerazione della riduzione alla metà dei termini ordinari di trenta giorni e di venti giorni previsti per il deposito del ricorso principale e per la rituale della parte resistente)". Ai costituzione in giudizio suddetti principi si è, naturalmente, uniformata l'unanime giurisprudenza successiva: sicché anche questa questione può considerarsi sicuramente chiusa. Tutt'altro che chiusa, viceversa, deve ritenersi essere la questione che riguarda l'applicabilità o meno della dimidiazione del termine al ricorso per motivi aggiunti ex art. 1 l. n. 205/2000 per l'impugnazione di nuovi che sia stato.propostoprovvedimenti sopravvenuti e connessi con l'oggetto del giudizio già pendente. In un primo momento, infatti, era parsa prevalere sul punto la tesi dell'interpretazione dell'eccezione alla regola del dimezzamento secondo canoni di rigida tassatività che aveva ritenuto che anche in questo caso si dovesse applicare la diminuzione del termine per la proposizione del ricorso in quanto a tale regola il legislatore avrebbe introdotto "un'unica espressa eccezione per il solo termine di proposizione del ricorso... (che) non è stata esplicitamente estesa all'istituto dei motivi aggiunti, seppure al medesimo, come accennato, la novella legislativa ha una nuova configurazione". D'altra parte, "dinanzi incisivamente riservato parte alla logica acceleratoria che permea l'intero provvedimento legislativo, l'eccezione al dimezzamento dei termini va interpretata secondo canoni di rigida tassatività,tantopiù che, nel caso dei motivi aggiunti, non sussiste la necessità di dare seguito a quelle esigenze di tutela del diritto alla difesa in settori nevralgici, finalizzate a concedere al privato cittadino ed al soggetto imprenditoriale il tempo necessario per imbastire ed articolare la propria difesa con l’assistenza ed il patrocinio ritenuti più idonei, atteso che tra l’altro, nella specie, si può fare a meno di affidare un nuovo mandato al difensore “. La tesi ha incontrato, peraltro, notevoli critiche nella dottrina, ed esse hanno trovato seguito nella giurisprudenza successiva, la quale è giunta ad opposte conclusioni, rilevando come lo strumento dei motivi aggiunti previsto dall’art. 1 della legge n.205/2000, finalizzato all’impugnazione di nuovi provvedimenti sopravvenuti e connessi con l’oggetto del giudizio già pendente, costituisca applicazione di un processo; ma “lafondamentale principio diconcentrazione connessione delle azioni, voluta dal legislatore nell'ottica della speditezza procedimentale, non priva lestesse dei caratteri di autonomia dei quali siano eventualmente dotate, con la conseguenza che, ove con i motivi aggiunti sia censurato, come nella specie, un nuovo e distinto provvedimento rispetto a quelli originariamente impugnati, non v'è ragione (ricorrendo la eadem ratio) per sottrarre tale impugnazione al medesimo regime della proposizione del ricorso originario, il cui termine è rimasto fissato, anche nel rito abbreviato di cui all'art. 23 bis, in sessanta giorni dalla data della avvenuta conoscenza. Oltre a ciò, in successive decisioni, si è rilevato come, essendo stato configurato dal legislatore come meramente facoltativa, per il ricorrente, l'utilizzazione dello strumento della proposizione dei motivi aggiunti previsto dall'art. 1 della legge n. 205/2000 per l'impugnazione di nuovi econnessi provvedimenti sopravvenuti nel corso del giudizio, la tesi della dimidiazione del termine “porterebbe risultato che … nel caso al singolare in cui la parte decida di intentare un ricorso autonomo si applicherebbe il termine ordinario, mentre se si applicherebbe quello dimezzato” avvalesse del rimedio dei motivi aggiunti si: il che appare veramente irragionevole. Né d’altra parte decisivi potrebbero ritenersi gli argomenti fondati sul dato letterale, giacché la disposizione in questione fa salvi i termini per la proposizione del ricorso sicché, come già si è ammesso per il ricorso incidentale, ben potrebbe la norma che prevede l’eccezione applicarsi anche al ricorso per motivi aggiunti di impugnazione di nuovi atti sopravvenuti e connessi. Così come neppure potrebbe considerarsi dirimente, in contrario, il fatto che non sarebbero coinvolte, in questo caso, le esigenze di
Garantirei tempi necessari per la compiuta articolazione delle difese, essendo il giudizio già pendente ed avendo il ricorrente già scelto il proprio difensore: giacché si è potuto facilmente replicare che "anche nei motivi aggiunti sussistono quelle medesime finalità di garanzia e tutela del diritto difesa che costituiscono la ratio della eccezione medesima ... (strumentali migliore impostazione della causa ... tanto più ove sia alla) consideri che la rinnovata configurazione dell'istituto dei motivi aggiunti consente, attraverso gli stessi, di impugnare provvedimenti distinti da quelli gravati con il ricorso principale".
Su queste basi, le posizioni giurisprudenziali erano apparse in via di definitivo consolidamento nel senso della non operatività del dimezzamento del termine per la proposizione dei motivi aggiunti, quanto meno nel caso in cui, attraverso tale strumento, si fosse inteso impugnare un nuovo provvedimento.
sopravvenuto econnesso all'oggetto del giudizio già pendente.
Le descritte conclusioni erano state ritenute valide in generale, ossia anche conriferimento a quelli che potremmo chiamare i motivi aggiunti “tradizionali”,finalizzati a far valere nuovi vizi nei riguardi del provvedimento già impugnato, inquanto conosciuti solo successivamente alla proposizione del ricorso principale ,ritenendosi sussistenti anche in questo caso le ragioni che inducono a negare cheoperi la regola del dimezzamento dei termini processuali.
Senonché, l’orientamentoincline a ritenere dimezzato il termine per la proposizione dei motivi aggiunti (diimpugnazione di nuovi provvedimenti sopravvenuti e connessi) veniva nuovamenteribadito, oltre che da una parte della giurisprudenza dei TAR , ancora nella decisioneCons. Stato, sez. V, 8 marzo 2006, n. 1199, nella quale si è insistito sul suppostodecisivo argomento della tassatività dell’eccezione.
prevista dal legislatore "nell'ottica acceleratoria che permea l'intera legge n. 205/2000", oltre che sul fatto che "la già assistita da un difensore", sicché non sussisterebbe "la parte è necessità di mantenere il termine intero (che si riscontra invece) in sede di prima proposizione, intermediario legale". Laddove la parte deve avere il tempo di rivolgersi al necessario, questo è l'argomento decisivo che dovrebbe indurre la giurisprudenza amministrativa ad assestarsi, infine, su posizioni inclini all'operatività della regola della dimidiazione dei termini, quanto meno, per la negare proposizione del ricorso per motivi aggiunti finalizzato all'impugnazione di provvedimenti sopravvenuti e connessi a quelli già impugnati con il ricorso principale. Dall'ampiezza delle considerazioni fin qui svolte sul punto, il terreno sulquale si è dovuta particolarmente impegnare la giurisprudenza amministrativa, nell'opera di razionalizzazione del modello di rito speciale delineato dall'art. 23-bis, è stato dunque quello relativo alla definizione dell'ambito di applicazione della regola del dimezzamento dei termini processuali posta dal comma 2, con l'eccezione più volte rammentata. Ferme restando le considerazioni che ordine all'effettiva utilità, in chiave acceleratoria, verranno svolte in conclusione in della regola della dimidiazione dei termini processuali, si può fin d'ora rilevare come, tuttavia, la parte di disciplina che può essere considerata più importante al fine di addivenire alla rapida soluzione della controversia pendente in uno dei c.d. settori comma 2 dell'art. 23-bis sensibili non sia posta, in effetti, nel quanto, probabilmente, nei successivi 3, 4 e 5 della medesima disposizione di legge. Essi prevedono, infatti, che il T.A.R.,laddove sia chiamato a pronun