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DIRITTO AMMINISTRATIVO EUROPEO
Prima del livello delle fonti primarie abbiamo il diritto europeo e quello internazionale. La legge del
parlamento, quando la costituzione era flessibile, era la fonte apicale del sistema.
Dal secondo dopoguerra abbiamo avuto una costituzione rigida, per cui la legge deve rispettare la
costituzione: la legge, quindi, non sarebbe più fonte primaria, anche se si continua a chiamare così
nonostante questa abbia sopra di se la Costituzione.
Dopo il 1948 vi è stata l’istituzione delle Comunità Economica Europea (CEE), poi poco a poco,
con il funzionamento sempre più consolidato di questa istituzione europea, si è giunti al principio
di primazia del diritto europeo sulla legge italiana.
Attualmente, quindi, il quadro delle fonti vede la Costituzione al primo posto, poi il diritto europeo, e
al terzo posto la legge ordinaria.
Il diritto europeo, con la sua evoluzione, ha finito per affermare un principio del primato europeo sul
diritto nazionale; questo è un principio ovvio, nonostante ci abbia messo molti anni per affermarsi:
l’affermazione di questo principio viene giustificata dalla necessità di soddisfare l’omogeneità,
l’uniforme applicazione del diritto europeo in tutti gli stati.
Il senso di questi enti sta nel fatto che il diritto da essi prodotto si applica in maniera omogenea,
uniforme e effettiva: il diritto europeo ha senso se tutti lo applicano.
La conseguenza è che il diritto europeo prevale su quello nazionale. Quindi, il principio del
primato del diritto europeo è insito nel fatto stesso che il diritto europeo esista, perché un diritto
che lascia liberi i sistemi nazionali di decidere quello che vogliono non è un sistema europeo.
Dopo che questo principio è stato affermato dalla Corte di Giustizia della CE, è stato accettato da
tutti gli stati membri. La corte costituzionale italiana ha accettato questo principio con la sent.
170/1984 (affinché questo principio venga scritto in Costituzione si dovrà aspettare fino al 2001).
L’art. 117 Cost., dopo la riforma costituzionale del 2001, introduce varie novità: a noi interessa il
1°comma: “la potestà legislativa è esercitata dallo stato e dalle regioni nel rispetto della
Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali”. Noi fino ad ora abbiamo fatto riferimento solo alla CEE, poi divenuta Comunità
europea (CE) e poi UE (abbiamo quindi fatto riferimento solo all’ordinamento comunitario, nato nel
1957 con il trattato CEE). Se però leggiamo il 1°comma dell’art. 117, c’è scritto anche che si deve
rispettare l’ordinamento comunitario, ma anche gli obblighi internazionali, che non sono la stessa
cosa.
L’ordinamento comunitario nasce dal trattato, e poi ha una storia e un’evoluzione diversa rispetto
agli altri trattati internazionali.
L’ordinamento comunitario che nasce nel 1957 con il trattato di Roma istitutivo della CEE ha
una particolarità rispetto agli altri trattati internazionali, perché il trattato stesso istituisce
un’architettura istituzionale simile a quella degli ordinamenti di tipo statuale. Quel trattato CEE ha
una particolarità: istituisce un legislatore, dà un potere legislativo ai propri organi. Rispetto agli altri
trattati, oltre a istituire un legislatore che crea delle norme, istituisce un giudice, cioè la Corte di
Giustizia, che vigila sul rispetto di quelle norme. Nessun altro trattato ha questo potere; quindi, il
trattato CEE ha la particolarità di somigliare ad uno stato.
Tutto il percorso evolutivo dell’ordinamento comunitario è peculiare, perché quell’ordinamento, sin
dall’inizio, è peculiare rispetto alle altre organizzazioni internazionali nate da trattati. Siccome è
particolare e produce diritto, si è arrivati alla preminenza del diritto europeo sul diritto interno.
Gli altri trattati internazionali sono molto diversi da questo, in quanto non istituiscono nessun
legislatore e giudice.
Nel diritto internazionale al regola è quella dell’accordo tra stati; non ci sono degli organi che
hanno il potere di emanare delle proprie norme.
Questo discorso non si poteva fare per gli obblighi internazionali in genere, che fino al 2001 erano
disciplinati dall’art. 10 e 11 Cost.
Vi erano, quindi, due tipi di norme internazionali: quelle stabilite all’art. 10 (con diretta applicabilità)
e art. 11; tutti gli obblighi che l’Italia assume con accordi internazionali come entrano nel nostro
ordinamento? Entrano in forza di una legge di ratifica di un trattato internazionale, avendo però
valore di legge e non valore superiore alla legge.
L’ordinamento comunitario quindi è sui generis, in quanto è stato istituito da un legislatore.
Con la violazione del diritto pattizio non si aveva, prima del 2001, la disapplicazione del diritto
interno in contrasto. Nel 2001 viene modificato l’art. 117 Cost., e viene affermato che la legge dello
stato e delle regioni deve rispettare la costituzione, l’ordinamento comunitario e gli obblighi
internazionali. È dal 2001, quindi, che gli obblighi internazionali prevalgono sulla legge italiana.
Esempio: tema dell’indennizzo dovuto al proprietario nel caso in cui venga espropriato di un
proprio bene immobile; con riguardo a questa materia, nel 2001 si è avuto una rivoluzione.
La CEDU è una convenzione di cui l’Italia fa parte, che è stata firmata a Roma prima del TCEE,
perché viene firmata nel 1950. È importante tenere distinto l’ambito comunitario dalla CEDU: la
CEDU è tra paesi diversi (ad esempio della CEDU fa parte la Turchia, paese non membri dell’UE);
la CEDU è una carta dei diritti che una serie di paesi hanno firmato, e con questi impegni hanno la
garanzia dei diritti. La Turchia aveva aderito sin dall’inizio alla CEDU; recentemente vi è stato un
colpo di stato in seguito al quale Erdoghan ha sospeso nel suo paese l’applicazione della CEDU, e
quindi ha detto di non ritenersi più vincolato dal rispetto degli obblighi assunti in passato. C’è stato
un altro paese che ha ritenuto di non essere più vincolato dagli obblighi assunti in passato della
CEDU e ha sospeso il trattato di Schengen: la Francia.
Nell’art. 117 vengono paragonati i due ordinamenti (comunitario e internazionale), e questo
significa dire che anche gli obblighi internazionali prevalgono sulla legge azionale
(grandissima novità del 2001).
Cosa succedeva prima del 2001? Se una legge italiana violava la CEDU, la CEDU (dotata della
Corte EDU, un giudice), condannava l’Italia: ma un conto è una condanna pecuniaria, un conto è
far venire meno una legge nazionale. L’esito non era che il diritto CEDU prevalesse
automaticamente sulla nostra legge, ma era che l’Italia dovesse pagare una sanzione pecuniaria.
Quindi, la legge italiana sugli espropri continuava a rimanere in vigore anche se la corte EDU, ogni
tanto, imponeva una pena pecuniaria a favore del ricorrente.
Nel 2001 tutto cambia: le sentenze, anche della Corte EDU, assumono nel nostro ordinamento il
carattere di norme che prevalgono sulla legge italiana. Qualunque norma di diritto pattizio va a
prevalere sul diritto nazionale.
La prima affermazione della supremazia del diritto internazionale sulla legge italiana è del 2007,
con le “sentenze gemelle” della Corte Costituzionale.
A partire dal 2007 la Corte costituzionale ha riconosciuto la superiorità del diritto internazionale
pattizio e non solo del diritto comunitario sulla legge italiana. Il riconoscimento della supremazia
avviene sulla materia di determinazione dell’indennizzo in caso di esproprio.
Anche il diritto internazionale generale determina conseguenze nel diritto amministrativo. Questo
è stato un trauma anche per i vecchi amministratori, in quanto il diritto amministrativo è sempre
stato considerato come diritto interno.
Il diritto amministrativo è un diritto strettamente è un diritto strettamente collegato alla sovranità
interna dello stato, tanto è vero che anche nel trattato istitutivo della CEE non si tratta del diritto
amministrativo.
Il TCEE si occupa sostanzialmente di temi economici (i 4 pilastri sono le 4 libertà di circolazione:
dei lavoratori, delle merci, dei servizi e dei capitali, cioè le 4 libertà di carattere economico, non si
occupa del diritto amministrativo nazionale). Non se ne occupa volutamente perché si pensa che al
livello europeo bastino regolamenti e direttive, e che il modo in cui queste vengano attuate nei
singoli stati sia un problema di carattere pratico.
Il trattato istitutivo della comunità economica europea nel 1957 prefigura un’architettura
istituzionale molto completa, però non istituisce un apparato amministrativo a livello europeo,
perché l’idea è quella di non avere bisogno di un’amministrazione diretta, ma che fosse
soddisfacente ricorrere a un’amministrazione indiretta, cioè lasciare le scelte amministrative.
Quindi, secondo l’impostazione originaria, sarebbe stato controproducente creare un apparato
amministrativo europeo; l’attuazione delle direttive andava lasciata agli stati (ognuno utilizzando i
propri apparati amministrativi e secondo le proprie regole di diritto amministrativo, in maniera da
adattarlo alle proprie esigenze locali).
Questo prende il nome di principio di amministrazione indiretta.
LEZIONE 12
Abbiamo fatto riferimento all’art. 117, 1°comma, introdotto nella nostra Costituzione con la riforma
del titolo V del 2001. In questo articolo al 1°comma si pone il principio del diritto internazionale, del
diritto europeo, del diritto sovranazionale sulla legge italiana.
È stato un principio parzialmente rivoluzionario per il nostro ordinamento, perché il primato del
diritto comunitario non è stato introdotto con questa riforma, in quanto il principio del primato delle
fonti prodotte da questo ordinamento rispetto alla legge italiana era già stato affermato sin dagli
anni 70 (la prima sentenza in questo senso era del 1964).
Principio del primato: laddove c’è un atto normativo comunitario che può essere o un
regolamento o una direttiva, ma anche una norma del trattato, e la norma europea si trovi in
contrasto con una norma nazionale, la norma nazionale deve cedere, e quindi si dovrà applicare la
norma europea anziché la norma interna. Quindi, la norma di una direttiva, di un regolamento, di
un trattato, prevale sulla norma italiana tanto dello stato quanto delle regioni.
Questo principio inizialmente non era scritto da nessuna parte: l’origine di questo principio è stata
rinvenuta dalla corte di giustizia