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REGOLE D’IMPRESA ALIMENTARE

1.0 Regolamento 178/2002

Le novità per i giuristi e le imprese, riguardano soprattutto i soggetti e i metodi usati per la nuova

regolazione.

L’intero 178/02 si mostra come elemento rappresentativo di questo cambiamento.

Come disse anche la Corte Costituzionale nel 2001, il primo problema da risolvere riguarda

l’individuazione della “materia”, dove non tutti gli ambiti materiali possono fungere da materia,

poichè di competenza legislatoria con più materie.

L’alimentazione, appunto, non essendo collocabile facilmente nelle partizioni abituali, è

espressione di integrazione, bisogni ed interessi.

2.0 I soggetti

Per quanto riguarda i nuovi soggetti, bisogna fare riferimento ai nuovi poteri della Commissione,

che non riguardano solo emergenze e crisi, ma concorrono a configurare la collocazione precisa

del soggetto.

I soggetti privati, protagonisti del 178/02 sono i consumatori e le imprese.

I consumatori non sono una categoria nuova nel diritto alimentare (già nell’art. 33 del Trattato e nel

100/A), tanto che è stato il diritto comunitario a riportare tutto sotto il profilo della tutela collettiva,

uniformando gli interessi collettivi dei consumatori.

Resta però assente una definizione di consumatore nel diritto comunitario.

Nel Codice del Consumo invece, s’intende per consumatore la persona fisica che agisce per un

uso estraneo alla propria attività professionale.

Il Regolamento 178/02 introduce alcune novità, dove si fa riferimento al consumatore finale, definito

“consumatore finale di un prodotto alimentare che non usi tale prodotto in un attività o impresa del

settore alimentare”.

Già la direttiva sull’etichettatura e la relativa pubblicità avevano parlato di consumatore finale,

facendo riferimento anche a due altri termini:

- Estomac

- Norriture

La destinazione finale è l’Estomac, quindi l’ingestione del prodotto a fini nutritivi, mentre l’elemento

funzionale è la Norriture, ovvero la la nutrizione. Insieme, assumono il valore distintivo della

disciplina .

Due ulteriori elementi devono comunque essere segnalati in relazione alla definizione di

consumatore finale.

Nel 178/02 non compare un richiamo preciso alla persona fisica come unico consumatore.

Questo succedeva anche nella direttiva sull’etichettatura dove non si faceva riferimento alla

persona singola e fisica, ma anche ai prodotti destinati a soggetti collettivi, come ristoranti, mense,

etc.

Si affaccia così una nozione più ampia di consumatore che va al di là della persona fisica.

Il secondo elemento distintivo prevede la non considerazione del soggetto nella nozione di

consumatore, se acquisiti o usi un prodotto per fini professionali.

Al contrario nelle direttive sull’etichettatura, è compreso quel soggetto collettivo che acquisti o usi il

prodotto in ambito della loro impresa pubblica o privata.

Nel 178/02, invece, la mozione di consumatore comprende qualunque consumatore finale di un

prodotto alimentare che non usi il prodotto in ambito di un operazione o impresa alimentare.

Si può quindi concludere che il consumatore privato rientri nella direttiva del regolamento 178/02, e

quindi chi usa un prodotto alimentare per un operazione o impresa che non si configuri tale,

sarebbe incluso nella tutela in favore del consumatore finale di alimenti.

Secondo la Corte, il consumatore è comunque una parte economicamente debole di questa

catena, ma fortemente attivo. Ne potrebbe derivare un ampliamento degli strumenti in mano al

consumatore, per rimediare.

Da una parte coloro che assumono responsabilità di soggetti attivi per l’impresa collettiva, dall’altra

colore che fanno riferimento a quel soggetto singolo inteso come “persona”.

3.0 Impresa alimentare

La definizione di impresa alimentare aiuta a definire anche il ruolo del consumatore ai fini della

sicurezza alimentare.

La definizione di impresa non coincide con ciò che si dice nel codice civile. In questo modo

comprende:

- strutture che non sono considerate imprese dal diritto interno

- struttura che sono considerate professioni liberali dal diritto interno

La novità per eccellenza sta però nella definizione:

Impresa alimentare = nel 178/02, è impresa alimentare ogni soggetto pubblico o privato, con o

senza fine di lucro, che svolge una qualsiasi attività connessa ad una fase di produzione,

trasformazione e distribuzione degli alimenti.

Per fase di produzione, trasformazione e distribuzione, s’intende una qualsiasi fase a partire dalla

produzione primaria fino al magazzinaggio, trasporto, vendita, importazione.

La legislazione comunitaria si è da tempo interrogata sui destinatari della disciplina igienica dei

prodotti alimentari, attraverso alcune definizioni.

In particolar modo nella direttiva del ’93 si affermava che:

- Igiene dei prodotti alimentari: tutte le misure necessarie per garantire la sicurezza e l’integrità dei

prodotti. le misure comprendono tutte le fasi successive a quella primaria (preparazione,

trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito, trasporto, distribuzione, vendita)

- Industria alimentare: impresa, pubblica o privata che, a scopo di lucro o no, esercita una sola o

tutte le seguenti attività: preparazione, trasformazione, fabbricazione, confezionamento, deposito,

trasporto, distribuzione, vendita.

- Alimenti integri: alimenti adatti al consumo umano in termini di igiene

Tuttavia la definizione di impresa presente della direttiva 43 non investiva l’intera filiera, lasciando

fuori la fascia agricola primaria.

Bisogna attendere il regolamento 178/02 per avere una completa visione d’insieme d’impresa

alimentare, comprendendo anche l’attività agricola. Tutto perchè il regolamento si fa voce delle

conseguenze acquisite circa ciò che afferma la food safety.

4.0 Altre regole di produzione e di prodotto

Gli art. 53 e 54 del regolamento 178/02, attribuiscono alla Commissione in potere d’intervenire a

piacimento, sull’immissione o sospensione degli alimenti adottando una misura provvisoria ma

adeguata.

La differenza con i vecchi meccanismi è evidente: prima la Commissione poteva solo imporre agli

Stati Membri l’obbligo di prendere provvedimenti provvisori, am non poteva intervenire

direttamente.

Con il regolamento 178/02 può invece intervenire direttamente senza attività amministrative di terzi,

i quali potranno intervenire solo dopo parola della Commissione, se necessario.

Questa scelta deriva da un grande caso (BSE, polli, diossina) che hanno visto autorità nazionali

restie ad agire a causa di una controversa politica.

Il tutto è ancora in progress nei prossimi anni.

Questi due art. segnano comunque un forte rafforzamento dei soggetti di governo, di fronte

all’inadeguatezza nazionale, di fronte la quale interverrà comunque il regolamento 178, portando

grande novità alla nuova disciplina, anche di fronte allo stesso nuovo sistema europeo di igiene

alimentare detto HACCP.

In questo modo si può dire che nel settore alimentare alle tradizionali regole di prodotto e

produzione, che trattano solo requisiti fisico-chimici del prodotto misurabili in laboratorio, si

alternano anche regole che trattano come fare veramente impresa:

- Regole di organizzazione

- Regole di relazione

- Regole di responsabilità

1) (art. 14-21-17). Il primo elemento da considerare in relazione a queste regole, è che tutte le

imprese sono tenute a seguire le direttive che si ritrovano negli articoli 14 e 21 del 178/02. Le

regole di controllo della qualità diventano regole di diritto, in quanto il non seguirle comporterebbe

la violazione del regolamento.

La rintracciabilità e il principio di precauzione, costituiscono i canoni guida delle regole di

organizzazione, attorno alle quali tutta l’attività s’impresa si organizza. Il principio di regolazione

non regola solo l’attività dei pubblici poteri, ma anche quella delle imprese.

Il fatto nuovo è che non basta più che il prodotto e i luoghi di produzione siano sani e sicuri e le

produzioni corrette, occorre un’intera e attenta organizzazione dell’intera struttura secondo regole

precise. L’art. 17 distribuisce le varie mansioni e competenze agli operatori e agli Stati Membri:

spetta proprio agli operatori alimentari garantire che nelle imprese

tutto sia controllato, dalle fasi si produzione al prodotto terminato. L’operatore deve quindi verificare

che le procedure siano coerenti con quanto dice il regolamento. Per il solo fatto di mancata

organizzazioni, sarà soggetto a sanzioni.

2) (art. 16-19-20). Il principio di precauzione si lega perfettamente con le regole di relazione. Le

regole seguono un prima e un dopo, visto che il legislatore non può occuparsi solo della

produzione, ma anche della distribuzione.

Da qui le regole di relazione insieme agli obblighi di controllo ed eventuale ritiro dei prodotti

immessi sul mercato se il prodotto in questione non è più sotto controllo dell’operatore. Tutto ciò è

successivo alla fase di produzione e per questo l’impresa non può disinteressarsi del prodotto

dopo, ma è tenuta a controllare l’intero mercato in cui opera, relazionandosi con esso, attraverso

regole giuste e vere.

3) (art. 21). Il quadro si chiude con le regole di responsabilità, dove l’art. 21 assicura tutela

costruendo un legame fra la nuova disciplina alimentare sulla sicurezza e la responsabilità del

danno di un prodotto difettoso. Così conferma la natura di una regolazione non collacabile in

schemi ben definiti dal diritto comunitario.

Un’interpretazione letterale dell’art. 21 potrebbe portare a pensare che il 178/02 segna una

delimitazione fra aree di applicabilità seguendo varie discipline specialistiche.

In realtà con l’art. 21 s’intende connettersi con il regolamento dell’85 sempre ad opera del 178/02.

La relazione tra produttore e consumatore, esiste e funziona anche dal verso opposto, dal

consumatore al produttore, accompagnando il controllo insieme agli Stati Membri.

Resta da considerare come intervenire sui prodotti difettosi.

per determinare ciò, occorre tener conto di alcune circostanze:

- Il modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, come viene presentato, le caratteristiche,

etc.

- L’uso del prodotto

- Il tempo in cui è stato messo in circolazione

- Se le tecniche di controllo lo reputano o meno difettoso

- Cosa ha causato il difetto, se le fasi di produzione o di distribuzione

Regole, queste, che comprendono anche prodotti agricoli, materie prime, tramite una vera e propria

base comune di responsabilit&agrav

Dettagli
A.A. 2014-2015
16 pagine
7 download
SSD Scienze giuridiche IUS/03 Diritto agrario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher martina.carnevale.75 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto alimentare e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi della Tuscia o del prof Albisinni Ferdinando.