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PER IL MINORE
OdC e vaccinazioni 26
- Per le vaccinazioni obbligatorie è generalmente negata l’OdC perché manca il requisito
fondamentale ovvero il CARATTERE PERSONALE DELL’OBIEZIONE
- Raramente, inoltre, il rifiuto delle vaccinazioni è realmente legato a convincimenti filosofici o
religiosi perché nella quasi totalità dei casi deriva da DUBBI CIRCA L’EFFETTIVA UTILITÀ o
efficacia delle vaccinazioni
L’OdC per essere riconosciuta dovrebbe recare a proprio fondamento un
o PROFONDO CONVINCIMENTO INTERIORE che non può essere riscontrato
laddove ad essere messa in discussione sia la razionalità di una norma positiva o il
suo convincimento scientifico
Prima del recente revival per molti anni si è assistito ad un RITORNO
o ALL’AUTODETERMINAZIONE individuale in materia di cure
Ultimamente l’art. 32 Cost. è stato letto in modo tale che il diritto
all’indennizzo non trova riflesso nel rispetto della persona umana ma come
una COMPONENTE NECESSARIA DEL DIRITTO ALLA SALUTE
4.5. I limiti all’esercizio del diritto di libertà religiosa in occasione di pratiche
circoncisorie a valenza culturale: il caso delle mutilazioni femminili
Premessa e circoncisione maschile:
- Spesso l’appartenenza dei genitori ad una data religione implica che vengano poste in essere
sui figli interventi lesivi della loro integrità fisica
- Non tutte le pratiche circoncisorie sono vietate dagli ordinamenti occidentali
Ad esempio è accettata la CIRCONCISIONE MASCHILE che in ambito ebraico e
o musulmano affonda le proprie radici non solo nel terreno religioso ma anche in
quello della PREVENZIONE TERAPEUTICA rientra nella libertà di culto ex art. 19
Cost. nei limiti della normativa penale. Esempi di comportamenti puniti penalmente:
Tribunale di Padova (2007): si è pronunciato in un procedimento penale per
concorso in esercizio abusivo della professione medica e lesioni personali a
carico di una donna nigeriana la quale, per ragioni di tipo culturale, aveva
incaricato una conoscente estranea alla professione medica di effettuare un
intervento di circoncisione rituale, a seguito del quale il bambino era stato
ricoverato in gravi condizioni in ospedale
Tribunale di Pavia (2003): truffa aggravata al SSN poiché il medico coinvolto
aveva prospettato la circoncisione come intervento terapeutico addossando i
costi al SSN
Panoramica circoncisione femminile:
- Pratica rituale che trova una matrice religiosa
- Secondo l’OMS se mutilazioni femminili consistono in pratiche di RIMOZIONE TOTALE O
PARZIALE DEI GENITALI FEMMINILI ESTERNI dettate da ragioni culturali ed in assenza di
motivazioni terapeutiche:
SUNNA o circoncisione femminile (forma meno invasiva)
o CLITORIDECTOMIA (rimozione clitoride)
o 27
INFIBULAZIONE (rimozione completa dei genitali e restringimento pressoché totale
o dell’apertura vaginale)
- Il legislatore italiano ha adottato in materia la L. 7/06 recante disposizioni concernenti la
prevenzione ed in divieto delle pratiche di mutilazione femminile con la quale sono state
introdotte all’interno del codice penale due nuove fattispecie di reato al codice (art. 583-bis e
art. 583-ter) Nel 2010 il Tribunale di Verona ha applicato per la prima volta l’art. 583-bis
o condannando per la prima volta una donna nigeriana accusata di aver praticato un
intervento sugli organi genitali di una bimba di 2 mesi, anche perché la donna non
era nemmeno abilitata all’esercizio della professione medica
Accusati di lesioni sia l’ostetrica nigeriana che i genitori
- Le pratiche di mutilazione femminile si pongono nettamente in collisione anche con:
Convenzione di NY sui diritti del fanciullo (1989)
o Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti delle donne (1979)
o Carta dei diritti fondamentali UE (2000)
o L’UE ha invitato gli SM ad introdurre leggi contro la mutilazione femminile e ad introdurre
l’obbligo per i sanitari di registrare i casi di mutilazione femminile riscontrati
4.6. Consenso informato e rifiuto dei trattamenti sanitari salvifici in ragione
dell’appartenenza confessionale
Le trasfusioni di sangue ed i testimoni di GEOVA:
- I testimoni di Geova rifiutano le trasfusioni per motivi religiosi che si ricollegano alle
interpretazioni di alcuni passi biblici tra cui la GENESI
9,4: “non mangerete carne che abbia ancora la vita sua, cioè il suo sangue”
o non vi è problema per i maggiorenni mentre vi sono grossi problemi per i MINORI
o
- Problema affrontato in 2 occasioni dalla CC (1990 e 2008): la CC ha affermato il POTERE DI
DISPORRE DEL CORPO DELL’INDIVIDUO (ex-art. 13 Cost.) può esplicarsi solo in modo
compatibile con il RISPETTO DELLA DIGNITA’ UMANA
Il Caso ONEDA (1982):
- La piccola Oneda era affetta da TALASSEMIA OMOZIGOTE e per sopravvivere avrebbe
necessità di trasfusioni che sono state invece rifiutate dai genitori (testimoni di Geova)
causando la morte della piccola
- La Corte di Appello di Cagliari ha condannato i genitori per OMIDICIO VOLONTARIO
riconoscendo l’attenuante di aver agito per non violare un precetto religioso. Il giudice ha
chiarito che:
“Si è fuori dall’esercizio del diritto di libertà religiosa ogniqualvolta si propongono
o come sua espressione contegni che eludono l’osservanza di quei divieti e di quelle
imposizioni contenute nelle leggi penali e d’ordine pubblico che nell’ambito di una
civilita tutti considerano necessari per un’ordinata convivenza civile”
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Consenso informato:
- Fondamento da ricavarsi in:
Art. 13 Cost. + Art. 32 Cost.
o
- In Italia tema caldo fin dalla legge istitutiva del SSN (1978) e dalla legge sui TSO (1978)
- A livello internazionale il CO è contemplato nella CONVENZIONE DI OVIEDO (1997) per la
protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano nei confronti delle applicazioni
della biologia e della medicina
- Giurisprudenzialmente il CO è stato preso in considerazione dalla fondamentale Sent. CC
471/90 La consulta ha riconosciuto il DIRITTO DI AUTODETERMINARSI in ordine agli atti
o che coinvolgono il proprio corpo ha un diretto fondamento costituzionale nel
principio della LIBERTÀ PERSONALE e che esso non è più collegato al solo diritto
alla salute ma è espressione del DIRITTO DI LIBERTÀ DELL’INDIVIDUO rispetto al
quale il consenso informato costituisce il necessario corollario
La Cassazione ha chiarito che un intervento diagnostico-terapeutico realizzato
o contro la volontà del paziente ricade in una delle seguenti fattispecie:
1. Violenza privata
2. Lesioni personale
3. Omicidio preterintezionale
La volontà del paziente deve essere:
1. Espressa
2. Inequivoca
3. Attuale (momento in cui il trattamento deve essere eseguito)
Revoca possibile a meno che l’intervento non lo impedisca
o causando un grave pericolo per la salute e la vita del paziente
Eccezione: PMA (vedi sopra)
o
4. Informata Consenso informato come presupposto di liceita
dell’attività del medico che somministra il trattamento
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Consenso informato e stato di incoscienza
- Nel 2008 la Cassazione ha assolto la USL locale per aver somministrato sangue ad un
testimone di geova che si trovava in stato di incoscienza e che portava un cartellino con la
dicitura “NIENTE SANGUE”
- Il paziente chiedeva risarcimento per danni MORALI, ESISTENZIALI e BIOLOGICI
- La Cassazione ha chiarito che la dicitura niente sangue essendo TROPPO GENERICA non può
essere considerata atta a presumere la capacita del paziente a resistere ad un trattamento
sanitario salvifico al fine di rispettare i propri precetti religiosi
Il paziente dovrebbe in teoria portare sempre con se un’articolata e puntale
o dichiarazione con cui indica l’inequivocabile dissenso a pratiche di emotrasfusione o
indicare un rappresentante ad acta che esprimerà per lui il dissenso
- Nel 2009 il Tribunale di Milano sia in prima istanza che in appello ha accordato un risarcimento
ai familiari di un TESTIMONE DI GEOVA che dopo aver subito una trasfusione era morto per
altre ragioni cospicuo risarcimento del danno
Tuttavia la trasfusione era stata effettuata in un CLIMA SURREALE con
o l’allontanamento dei parenti ed il contenimento del paziente
Vengono in risalto per la prima volta le MODALITÀ CON CUI LA TRASFUSIONE
o VIENE EFFETTUATA
Questione Pregiudiziale CGUE 14 marzo 2017 (CE-157/15) – ACHBITA c. G4S SECURE
SOLUTIONS NV
Domanda : PRONUNCIA PREGIUDIZIALE verte sull’interpretazione dell’art. 2, par. 2, lettera
- a) direttiva 2000/78/CE che stabilisce un quadro generale per la PARITÀ DI
TRATTAMENTO in materia di OCCUPAZIONE e di condizioni di lavoro
- Parti
: La domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra: Sig.ra Samira Achbita
ed Centro per le pari opportunità e la lotta al razzismo, “Centrum”) vs. G4S Secure Solutions
NV, società con sede in Belgio che fornisce, in particolare, SERVIZI DI RICEVIMENTO E
ACCOGLIENZA a clienti sia del settore pubblico che del settore privato
- Questione : divieto posto dalla G4S ai propri dipendenti di indossare sul luogo di lavoro SEGNI
VISIBILI DELLE LORO CONVINZIONI politiche, filosofiche o religiose e di compiere qualsiasi
rituale che derivi da tali convinzioni
- Eventi : Nel febbraio 2003, la sig.ra Achbita, di fede musulmana, ha iniziato a lavorare per
o conto della G4S in qualità di RECEPTIONIST. Ella era impiegata presso
quest’ultima in forza di un contratto di lavoro a tempo indeterminato. All’epoca,
presso la G4S, veniva applicata una regola non scritta in virtù della quale i
dipendenti non potevano indossare sul luogo di lavoro segni visibili delle loro
convinzioni politiche, filosofiche o religiose
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Nell’aprile 2006, la sig.ra Achbita ha comunicato ai propri superiori gerarchici che
o intendeva in futuro indossare il VELO ISLAMICO durante l’orario di lavoro
la direzione della G4S ha comunicato alla sig.ra Achbita che il fatto di
indossare un velo non sarebbe stato tollerato in quanto indossare in modo
visibile segni politici, filosofici o religiosi era contrario alla neutralità cui si
atteneva l’impresa
Il 12 maggio 2006, dopo un periodo di assenza dal lavoro per malattia, la sig.ra
o Achbita ha comunicato al proprio datore di lavoro che avrebbe ripreso l’attività
lavorativa il 15 maggio e che avrebbe indossato il velo islamico.
Il 29 maggio 2006, il comitato aziendale della G4S ha approvato una modifica del
o regolamento interno in forza della quale “è fatto divieto ai dipendenti di indossare
sul luogo di lavoro segni