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Maastricht del 1992 che, come sappiamo, è stato ufficialmente denominato

TUE nel 1993. (Come collegamento ricorda che il trattato di Maastricht ha

introdotto la struttura dei tre pilastri dell'UE) Chiaramente, per giungere

all'istituzione della cittadinanza europea, si è dovuti passare per un lungo

processo che è stato avviato fin dalla istituzione della comunità economica

europea mediante il trattato firmato a Roma nel 1957; tale trattato ha

introdotto il diritto di circolare e di soggiornare liberamente per le persone sul

territorio della comunità europea; quando si parla di persone, ovviamente si

intendono i cittadini degli stati membri, che però venivano presi in

considerazione da parte dei trattati non tanto come individui ma come

soggetti lavoratori, quindi come soggetti economicamente attivi, e quindi

come soggetti che ponevano in essere un'attività economica, intendendosi

per attività economica un lavoro dipendente, un'attività autonoma oppure la

prestazione di servizi. Da ciò quindi possiamo dedurre che il diritto di

circolazione e soggiorno su tutto il territorio della comunità venne riconosciuto

prima di tutto ai soggetti intesi come soggetti lavoratori, cioè a tutti quei

soggetti che avessero come requisito il fatto di esercitare una vera e propria

attività lavorativa. (da ricordare principalmente che l'eliminazione tra gli stati

membri degli ostacoli alla libera circolazione è stata dovuta all'instaurazione

di un vero e proprio mercato comune.) Questo è più o meno quello che è

successo negli anni Cinquanta, perchè poi successivamente ulteriori passi

sono stati effettuati, inevitabilmente. Infatti proprio nella metà degli anni

Settanta la Corte di giustizia ha svolto un'opera di progressivo chiarimento di

quali fossero i diritti che derivavano dallo status di lavoratore ospite,

affermando e sottolineando il divieto di qualsiasi discriminazione diretta o

indiretta nei confronti del lavoratore stesso, ma allo stesso tempo

mantenendo sempre ben saldo il presupposto che venisse svolta un'attività

economica, seppur in senso lato; per attività economica poteva intendersi

anche un semplice lavoro parziale o stagionale (ma ripeto, sempre

mantenendo ben saldo il fatto che i beneficiari del diritto di libera circolazione

potessero essere solo soggetti che ponessero in essere una attività

lavorativa).

Un passo successivo venne effettuato, sempre grazie al grande lavoro della

Corte di giustizia, a partire dagli anni Ottanta, anni in cui quest'ultima ha

esteso l'ambito dei fruitori della libertà di prestazione dei servizi a tutti quei

soggetti che si limitassero ad avvalersi di servizi offerti in un paese diverso da

quello della loro residenza abituale, e quindi comportando inevitabilmente

un'estensione del diritto di circolazione nell'UE ad altre categorie di soggetti

(basta vedere la sentenza Cowan del 1989 che ha permesso di

ricomprendere anche la categoria dei turisti per quanto riguarda i soggetti che

potessero usufruire del diritto di libera circolazione). Con il grande lavoro

della Corte di giustizia, quindi, la libertà di circolazione è arrivata a

comprendere un numero rilevante di cittadini degli stati membri, praticamente

tutti coloro i quali si spostavano a qualunque titolo per un periodo di tempo

compatibile con la fruizione o lo svolgimento di un'attività economica; ne

deduciamo che essere un fattore produttivo, cioè essere un lavoratore,

rimaneva ancora un requisito essenziale.

La svolta però la si ebbe nell'anno 1990, in quanto vennero adottate da parte

del Consiglio ben tre direttive che avevano esteso la libertà di circolazione e

soggiorno in uno stato membro che fosse diverso da quello di origine, anche

oltre il periodo di tempo normalmente coperto dalla libera prestazione dei

servizi, diritto che fu esteso agli studenti. La seconda direttiva estese la

libertà di circolazione e soggiorno anche a tutti quei soggetti che avessero

cessato di svolgere un'attività salariata o autonoma e che disponessero di

una pensione; terza direttiva che estese la libertà di circolazione e soggiorno

anche ai cittadini degli stati membri che non ne godessero (di tale diritto) a

nessun altro titolo, questa era la cosiddetta categoria residuale (c'è da

rilevare che la condizione comune posta da queste tre direttive era che i

soggetti in questione fossero in possesso di un'assicurazione sanitaria e di un

reddito sufficiente ad evitare che divenissero un onere e quindi un peso per i

servizi assistenziali del paese ospite). In tal modo si era arrivati a cambiare la

natura del diritto di circolazione e soggiorno, che era diventato non più

funzionale allo svolgimento di un'attività economica, ma esercitabile da

chiunque, anche se non lavoratori, purchè cittadini di uno stato membro e nel

rispetto delle condizioni minime poste a garanzia di uno stato ospite.

Importante poi è stato anche il trattato di Amsterdam del 1996 (vedere se

aggiungere).

Una cosa che non ho detto precedentemente è a che cosa mira l'istituzione

della cittadinanza europea, quindi qual è l'obiettivo della sua stessa

istituzione: l'introduzione del concetto di cittadinanza europea mira

principalmente a rafforzare e a promuovere l'identità europea, coinvolgendo il

numero massimo di cittadini nel processo di integrazione europea, cittadini

che grazie allo sviluppo del mercato unico godono di una serie di diritti di

carattere generale in diversi settori, quali quello della libera circolazione dei

beni e servizi, della tutela del consumatore e della sanità pubblica, delle pari

opportunità di trattamento, dell'accesso all'occupazione e alla previdenza

sociale ecc; quindi lo scopo principale era quello di rafforzare la tutela dei

diritti e degli interessi dei cittadini degli stati membri, cercando di considerare

l'individuo non più nella sua veste di lavoratore e quindi di soggetto

economicamente attivo, ma come un vero e proprio individuo cioè come

soggetto politico partecipe e consapevole protagonista del processo di

integrazione. Nonostante ciò, c'è da dire che in molti ritengono che tale

obiettivo non sia stato pienamente conseguito, cioè si ritiene che il processo

di elaborazione di una cittadinanza europea non sia stato concluso e che

manchino ancora sia una vera e propria coscienza condivisa del rapporto di

sudditanza-partecipazione rispetto all'Unione e dei diritti che ne conseguono

sia un reale sentimento di identità europea, emergendo più che altro,

specialmente dalle norme sulla cittadinanza del trattato di Maastricht, un vero

e proprio status di straniero privilegiato più che di cittadino europeo.

Un altro argomento di cui trattare: la stretta connessione tra attribuzione della

cittadinanza europea e il divieto di discriminazione. In particolare, stiamo

parlando di quel tipo di divieto di discriminazione fondata sulla cittadinanza. In

particolare, ciò che ha chiarito la Corte di giustizia è che il diritto derivante

dall'essere cittadini europei consiste soprattutto, oltre che nei suddetti diritti

che ne derivano, nella parità di trattamento dei cittadini stessi; tale status di

cittadino europeo infatti consente a chi tra i cittadini europei si trovi nella

medesima situazione di ottenere il medesimo trattamento giuridico,

indipendentemente dalla nazionalità e fatte salve le eccezioni a tal riguardo

espressamente previste. Quindi, è espressamente vietata qualsiasi tipo di

discriminazione fondata sulla cittadinanza tra cittadini degli stati membri e di

conseguenza grazie a questo diritto ogni cittadino europeo che risiede

legalmente sul territorio dello stato ospite avrà la possibilità di avvalersi di

questo principio (ex articolo 12 TCE e ora articolo 18 TFUE) in tutte quelle

situazioni che rientrino nel campo di applicazione del diritto comunitario. Il

tutto quindi allo scopo di evitare un trattamento discriminatorio fondato sulla

diversità di nazionalità e quindi per evitare differenze di trattamento tra

cittadini degli stati membri. Più in particolare, quei diritti che vengono

espressamente attribuiti in base alla cittadinanza europea vanno interpretati

più che altro come comprensivi delle facoltà necessarie per evitare nel corso

della loro fruizione un trattamento discriminatorio. In sintesi, se un cittadino di

uno stato membro subisce un trattamento discriminatorio rispetto ai cittadini

di un altro stato membro per la sola ragione della sua nazionalità, si incorrerà

nel divieto di discriminazione effettuato in base alla nazionalità (ex articolo 18

TFUE), se si dovesse verificare una tale discriminazione il parlamento

europeo e il Consiglio potranno stabilire regole volte a vietare tali

discriminazioni, deliberando secondo procedura legislativa ordinaria.

L'attribuzione della cittadinanza europea

Le norme relative alla cittadinanza europea e alla sua attribuzione sono state

inserite fin dal principio all'interno del TCE (e non all'interno del TUE o trattato

di Maastricht in quanto lo scopo era quello di rendere le disposizioni relative

alla cittadinanza di competenza della Corte di giustizia, che all'epoca era

priva di giurisdizione sul TUE; il succitato trattato di Maastricht all'articolo 8 e

all'articolo 2 affermava prima di tutto la volontà di istituire tale cittadinanza,

affermando che “è istituita una cittadinanza dell'Unione. È cittadino

dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno stato membro”; poi

successivamente affermava che “cittadino dell'Unione e quindi in possesso

della cittadinanza europea potesse essere solo la persona fisica in possesso

della cittadinanza di uno stato membro”; poi successivamente la

dichiarazione n°2 affermava che, relativamente ai cittadini degli stati membri,

la questione se una persona abbia o meno la nazionalità di questo o di quello

stato membro dev'essere definita soltanto in riferimento al diritto nazionale

dello stato membro interessato, affermando dunque che era di competenza

degli stati membri determinare i criteri di conferimento della cittadinanza

nazionale).

Successivamente però la Danimarca emanò un documento intitolato “La

Danimarca in Europa”, esprimendo una seria preoccupazione su un

particolare inciso della sentenza Micheletti del luglio del 1992 (in cui la Corte

aveva affermato che la determinazione dei modi di acquisto e di perdita della

cittadinanza rientrava nella competenza di ciascuno stato membro,

competenza che doveva essere esercitata nel rispetto del diritto comunitario,

affermando inoltre che un pa

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A.A. 2014-2015
8 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/14 Diritto dell'unione europea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher kalashnikovak47 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dell'Unione Europea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Morviducci Claudia.