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Diritti audiovisivi: Appunti di Diritto dello sport Pag. 1
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La figura dell’organizzatore sportivo e quella dell’emittente televisiva si collocano su due piani

diversi del mercato dei diritti televisivi, l’uno attinente all’offerta, l’altro alla domanda. Tra gli

acquirenti di diritti televisivi vanno distinte le emittenti in chiaro, che offrono gratuitamente la

visione del programma televisivo e quelle in criptato, ovvero pay tv in senso stretto, pay per view,

near video on demand.

Il mercato della televisione a pagamento costituisce un mercato differente rispetto a quello in

chiaro, diverse sono le parti che entrano in gioco. Nell’ipotesi di programmazione televisiva in

criptato, il rapporto contrattuale, che ha ad oggetto la trasmissione dell’evento sportivo, si instaura

tra l’emittente televisiva e lo spettatore, il quale, dietro corrispettivo, acquista il diritto alla visione

del programma. Nell’ipotesi invece di programmazione televisiva in chiaro, l’emittente televisiva

instaura un rapporto contrattuale con gli inserzionisti pubblicitari, i quali assumono il costo della

trasmissione dietro corrispettivo di spazi televisivi da utilizzare a fini di promozione pubblicitaria. Lo

spettatore anche in questo caso è sempre parte dell’operazione economica guardata nel suo

complesso, ed anzi è il soggetto su cui ricade in via indiretta il costo finale dell’operazione stessa: il

prezzo delle inserzioni pubblicitarie, che rappresenta il corrispettivo pagato dagli inserzionisti

all’emittenti televisive, perché queste siano in grado di offrire la trasmissione televisiva, viene

caricato sul prezzo del prodotto alla vendita, e, dunque, viene in ultima analisi pagato dallo

spettatore, allorchè questi, indotto dalla promozione pubblicitaria, diviene consumatore di quel

prodotto.

Può dunque operarsi una tripartizione di livelli di mercato dei diritti televisivi. Al primo livello di

mercato si collocano i titolari originari dei diritti televisivi, che si identificano negli organizzatori degli

eventi sportivi, oggetto di trasmissione televisiva. La qualifica di organizzatore, nel mondo del

calcio, spetta alla società sportiva che disputa la partita “in casa”, cosicchè a tale soggetto va

riconosciuta la titolarità originaria dei diritti televisivi. Talvolta, per specifici singoli eventi, come

nelle gare in cui sia impegnata la rappresentativa nazionale di una data disciplina sportiva, la

titolarità dei diritti televisivi è attribuita alla federazione sportiva rappresentativa. In alcuni casi, la

qualifica di organizzatore dell’evento sportivo spetta a soggetti che non fanno parte

dell’ordinamento sportivo istituzionalizzato, come ad esempio la Société du Tour de France

(ciclismo) o la R.C.S. organizzatrice del giro d’Italia. Al secondo livello di mercato si collocano le

emittenti televisive, che rappresentano la domanda dei diritti sugli eventi sportivi. Una volta

acquistati a monte i diritti televisivi dai titolari originari, le emittenti producono la trasmissione

televisiva, che viene quindi venduta a valle quale prodotto distinto dall’evento sportivo, che ne è

l’oggetto. La trasmissione televisiva viene configurata come opera d’ingegno, con la conseguente

applicazione della tutela prevista in materia di diritto d’autore. Al terzo livello di mercato si

collocano i consumatori, i quali sono direttamente o indirettamente coinvolti nel rapporto

commerciale con l’emittente televisiva. O in quanto acquirenti della trasmissione televisiva (pay tv)

o in quanto acquirenti del prodotto al quale si riferisce l’inserzione pubblicitaria, tramite la quale si

finanzia la trasmissione stessa. Nella realtà commerciale, accanto ai soggetti appena indicati,

operano altri intermediari quali i brokers (acquista i diritti televisivi dagli organizzatori e li rivendono

alle emittenti televisive) e le concessionarie di pubblicità (che acquistano gli spazi pubblicitari dalle

emittenti televisive per rivenderli alle agenzie pubblicitarie).

In Italia la Lega Nazionale Professionisti (che riunisce le società professionistiche di calcio di Serie

A e B affiliate alla F.I.G.C.) decise di troncare il rapporto commerciale esclusivo sino ad allora

intercorrente con la televisione pubblica e di bandire una gara per l’assegnazione al migliore

offerente dei diritti di trasmissione televisiva delle partite dei campionati di calcio di Serie A e B per

il triennio 1996-1999. In quell’occasione, per la prima volta nella storia della televisione, l’emittente

pubblica perse il monopolio dello sport calcio. L’asta vide vincitrici per la trasmissione in criptato la

società Telepiù e per la trasmissione in chiaro, nonché per i diritti radiofonici la società C.G.C. del

gruppo Cecchi Gori (che però non provvide a depositare la fideiussione bancaria per l’importo di

615 miliardi di lire a copertura del prezzo pattuito) e alle concorrenti RAI e Mediaset, a seguito di

una battaglia giudiziaria che si risolse con un accordo in via transattiva.

Il legislatore italiano ha per la prima volta posto attenzione alla materia dei diritti televisivi con la

legge 29 marzo 1999\78 che è stata parzialmente abrogata per effetto della legge 9 gennaio

2008\9. La legge 78\1999 prevedeva che la titolarità dei diritti di trasmissione televisiva in forma

codificata spettasse a ciascuna società di calcio di Serie A e B. Si fissava inoltre un limite

quantitativo per l’acquisto dei diritti televisivi in forma codificata in esclusiva, pari al 60% del

complesso dei diritti dei campionati di calcio, calcolato sulla base della somma delle partite che

compongono il singolo campionato. A spingere verso questa soluzione furono due fattori: da una

parte la pressione delle grandi società decise ad ottenere in sede contrattuale tutto quello che il

loro maggior peso in termini di pubblico poteva garantire; dall’altra l’esigenza di scongiurare il

pericolo di un monopolio nl caso in cui una delle piattaforme pay esistenti all’epoca, Telepiù e

Stream, si fosse aggiudicata i diritti criptati del campionato di serie A. Solo le società sportive

potevano cedere attraverso la Lega Nazionale Professionisti i proprio diritti di trasmissione

televisiva in forma codificata acquistabili da un singolo operatore per le partite di serie A. Concesse

alla Lega Nazionale Professionisti di continuare a gestire i diritti in chiaro del campionato di serie A

e di serie B relativi agli highlights, e della Coppa Italia. La norma stabilì inoltre che “nel caso in cui

le condizioni dei relativi mercati determinano la presenza di un solo acquirente il limite indicato può

essere superato ma i contratti di acquisizione dei diritti in esclusiva hanno una durata non

superiore ai tre anni” (Deroga art. 2 comma 1).

Titolarità dei diritti riconosciuta alle singole società, limite quantitativo del 60% calcolato sulla base

della somma delle partite che compongono il campionato (183\306) con possibilità di derogare,

vendita dei diritti decentrata (provvedono le società), durata massima dei contratti pari a tre anni

con prelazione.

Larga parte della dottrina ha espresso forti critiche nei riguardi del limite del 60%, fondato su criteri

di ordine esclusivamente quantitativo e non, come sarebbe stato più opportuno, qualitativo, ovvero

basato sulla valutazione delle singole partite in ragione del coinvolgimento di squadre che

riscuotono maggiore o minore successo di pubblico in termini di audience. Considerato il

campionato di calcio di serie A, organizzato su un complesso di 306 eventi sportivi, la vendita dei

relativi diritti televisivi in forma codificata in esclusiva ad una singola emittente, secondo quanto

previsto dall’articolo 78\1999, sarebbe stata da ritenersi legittima qualora avesse avuto ad oggetto

un numero massimo di 183 partite, anche se le restanti 123 partite avessero riguardato tutte

squadre di scarso, o del tutto assente, interesse nel mercato dei diritti televisivi. Tale normativa

ebbe sicuramente il merito di aver contribuito in maniera decisiva ad assicurare alle società

cospicui introiti che consentirono loro di sostenere costi di gestione molto onerosi e allo stesso

tempo produsse un enorme squilibrio nella distribuzione delle risorse, decisamente a favore delle

società sportive più grandi. Dei 444 milioni di euro versati da Sky per il campionato di calcio di

serie A 2005\2006, 263 andarono a quattro sole società: Juventus, Milan, Inter e Roma, con le altri

che si dovettero accontentare del resto.

La disciplina legislativa in materia di commercializzazione dei diritti televisivi è stata recentemente

modificata per effetto del d.lgs 9\2008 destinato a dispiegare pienamente i propri effetti a partire

dal 30 giugno 2010 conformemente a quanto stabilito nella legge delega 106\2007 (ministri

Melandri e Gentiloni).

Due sono i punti fondamentali della legge delega:

Il primo è il ritorno, a partire dal luglio 2007 alla vendita collettiva in forma centralizzata dei diritti

televisivi. La legge introduce il concetto di con-titolarità dei diritti tv tra la Lega, in quanto

organizzatrice del campionato, e le squadre, a cui resta il diritto esclusivo sulle immagini di archivio

(tanto la squadra di casa quanto quella ospite, condizione di reciprocità).

Il secondo prevede la ripartizione degli introiti attraverso l’attribuzione in parti uguali alle singole

società di una quota prevalente di tali introiti e l’attribuzione della restante parte in base al bacino

d’utenza, ai risultati sportivi unitamente a una quota residua destinata ai viva ai fini di mutualità del

sistema calcistico (sviluppo dei settori giovanili, valorizzazione dello sport dilettantistico,

investimenti strutturali sugli impianti sportivi); è previsto che siano le Leghe a decidere in prima

istanza come ripartire le risorse tra le società partecipanti al campionato. A favore delle piattaforme

emergenti, si è stabilito che i contratti non potranno avere una durata superiore ai tre anni (no

prelazione).

L’attuazione della legge delega 106\2007 con decreto legislativo 9 gennaio n9\2008 segna il

definitivo passaggio ad un nuovo sistema basato sulla contitolarità dei diritti in capo al soggetto

preposto all’organizzazione della competizione e ai soggetti partecipanti alla stessa. Tale riforma si

caratterizza per una serie di nuove regole in materia di commercializzazione dei diritti come:

Il conferimento all’organizzatore della competizione a commercializzare in via esclusiva i diritti

audiovisivi sul mercato nazionale e internazionale;

Il riconoscimento in capo a ciascun organizzatore dell’evento sportivo del diritto di archivio;

La previsione di specifiche regole volte a garantire la trasparenza e la concorrenza nel mercato,

quali quelle in materia di durata massima dei contratti di licenza, di formazione dei pacchetti;

La previsione di una di

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Publisher
A.A. 2013-2014
5 pagine
1 download
SSD Scienze giuridiche IUS/10 Diritto amministrativo

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Zell15 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto dello sport e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Agostinis Barbara.