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DIRITTO PENALE II
1. Reati contro la persona;
2. reati contro il patrimonio;
3. reati contro la pubblica amministrazione;
4. reati contro l'amministrazione della giustizia.
REATI CONTRO LA PERSONA
Tutela della vita umana
Notazioni preliminari: la distinzione tra omicidio doloso e reati di strage.
L'omicidio è declinato in varie fattispecie, e interferisce anche con altri reati esterni al settore dei
reati contro la persona. Prima di analizzarlo è però necessario evidenziare i punti di differenza
rispetto al reato di strage: questa precisazione ha una valenza specifica perché data la struttura di
quest’ultimo, la distinzione è più problematica di quanto sembri dal linguaggio corrente (anche
perché vi è un punto di contatto che è l’enfatizzazione del dolo, il fine di uccidere).
Il delitto di strage è contemplato in due diverse norma del codice, l'art. 422 (strage) e l'art. 285
(devastazione, saccheggio e strage). Quest'ultimo comprende anche altre figure di reato, e ingloba
il concetto di strage delineato dall'art. 422, pur descrivendo una fattispecie di strage caratterizzata da
una finalità eversiva particolare, quella di attentare alla sicurezza dello stato: ciò che viene in luce è
quindi il particolare dolo specifico, ma strutturalmente resta una strage così come delineata dall'art.
422.
Comunemente con il termine strage si intende indicare un fatto che coinvolge un numero elevato di
persone, ma questo non è il concetto tecnicamente corretto, il quale invece si ricava dall'art. 422
(che va ricostruito dal fondo). Questa norma sembra inizialmente allinearsi al linguaggio corrente
affermando che chiunque, fuori dei casi preveduti dall'art. 285, al fine di uccidere, compie atti tali
da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone,
con l'ergastolo. Al c. 2 però compare il riferimento all'evento morte di una sola persona, per il quale
è prevista la stessa pena di cui al c. 1. Infine leggiamo che in ogni altro caso si applica la
reclusione non inferiore a 15 anni.
Proprio queste ultime parole permettono di individuare quello che è il nucleo fondamentale della
fattispecie: si può avere strage non solo cagionando la morte di una persona (anziché di una
pluralità), ma anche senza che derivi la morte di alcuno. In altre parole, abbiamo un soggetto che
agisce con un dolo particolare (l'intenzione di uccidere) e che si pone nella condizione oggettiva di
commettere atti tali da mettere in pericolo la pubblica incolumità: ciò basta a qualificare una
determinata fattispecie come strage (a prescindere dall’evento morte).
Più analiticamente, l'art. 422 menziona “atti tali da...”: il comportamento da tenere affinché sia
integrata la fattispecie non è ulteriormente tipizzato, ovvero può assumere varie forme, purché sia
idoneo a mettere in pericolo la vita o l'incolumità di un numero di persone non predeterminabile
a priori (si tratta quindi di una situazione pericolosa non polarizzata su un obbiettivo
circoscrivibile, ma con una potenzialità espansiva).
C'è una notevole differenza di disciplina tra la strage “base” (ovvero così come l’abbiamo appena
descritta) e il tentativo di omicidio (essendo perfettamente ammissibile che in un tentato omicidio,
pur non uccidendo nessuno, si metta in pericolo l'incolumità di un numero di persone non
predeterminabile). Per quest’ultimo sappiamo che si considera la pena del reato consumato
abbattendola di 2/3 (essendo l'omicidio punito con un minimo di 21 anni, si scende perciò a 7),
mentre quanto alla strage il minimo è di 15 anni: notiamo quindi che qualificare in un modo o
nell’altro un comportamento dal quale non è comunque derivata la morte comporta conseguenze
rilevanti. Se ad esempio Tizio piazza una bomba, sarà dunque importante capire se si tratta di strage
o di tentato omicidio. A tal fine è necessario guardare al contesto: si tratta di strage qualora quelle
modalità, pur finalizzate ad uccidere Caio, investono la pubblica incolumità (se sistema l'esplosivo
in un'auto presso una zona disabitata, si può parlare di tentativo di omicidio/omicidio; se però la
stessa condotta è tenuta in una pubblica via, emerge il concetto di coinvolgimento della pubblica
incolumità, di coloro i quali potrebbero passare in quel momento, perché scegliendo dette modalità
non ci si può non rendere conto che si sta mettendo in pericolo la pubblica incolumità stessa).
Ed anche quando la morte di qualcuno si verifica, il problema si ripropone: la morte di 4 persone
può definirsi strage o omicidio plurimo? Le conseguenze di una diversa qualificazione della
fattispecie in questo caso sono meno vistose, poiché si rischia comunque l'ergastolo: ma è corretto
dal punto di vista formale non sbagliare imputazione (anche per eventuali ulteriori conseguenze
extra codice). Quindi la strage è un reato più specifico del generico omicidio (il quale la include in
sé), così come la strage dalla quale non deriva la morte di una o più persone è nello stesso rapporto
con il tentativo di omicidio.
Può poi succedere che si ponga in pericolo la pubblica incolumità senza che vi sia la finalità di
uccidere: tecnicamente una situazione del genere non è configurabile come strage (perché manca
l'elemento soggettivo del reato), e si dovrà quindi ripiegare sulle varie sfaccettature dell'omicidio.
Possono esservi anche modalità meno consuete: si può pensare ad esempio al caso di un gruppo
che manifestava odio nei confronti di determinate categorie di persone quali i frequentatori di
discoteche, il quale, con l'intento di cagionare la morte di più persone, aveva scatenato incendi in
tali luoghi causando la morte di alcuni clienti. Detto intento era chiaramente manifestato nei
volantini distribuiti dallo stesso gruppo, e ciò ha portato all'incriminazione per strage. Ipotizziamo
invece che l'intento di uccidere non sia manifesto (l’intenzione è solo intimidatoria): in tal caso se
l'incendio esce dal controllo e si verifica la morte non sarà così semplice dare prova dell'effettiva
finalità necessaria perché si possa parlare di strage.
Omicidio doloso.
Ricordiamo innanzitutto che quanto ai delitti, se la norma nulla specifica, si intende incriminare per
dolo (tanto è vero che l'omicidio colposo è disciplinato più avanti nel codice, all'art. 589).
L'omicidio di base è un reato strutturato in maniera molto semplice, e rientra nei reati d’evento a
forma libera causalmente orientati. È disciplinato dall’art. 575 (omicidio), il quale prevede che
chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni 21.
Nel trattare l'omicidio doloso riprendiamo alcuni concetti fondamentali: qualunque condotta che si
rivela causatrice dell'evento è tipica ai fini dell'omicidio (manca una tipizzazione specifica della
condotta), e i rapporti tra condotta ed evento sono quelli classici del nesso di causalità: occorre
riscontrare che la condotta abbia condizionato l'evento senza l’intervento di fattori interruttivi ex art.
41 c. 2 (ai sensi del quale le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono
state da sole sufficienti a determinare l'evento).
Problemi concreti di accertamento del dolo nell'omicidio.
La prova del dolo nell'omicidio non è sempre cosa facile: si tratta di un’analisi effettuata in sede
giudiziaria, dove motivare il punto dolo per un reato grave come questo è estremamente importante.
Come si accerta il dolo di un delitto? È un problema di ricostruzione di un atteggiamento soggettivo
e psicologico (quindi interiore ad un soggetto) che va trasformato in qualcosa suscettibile di fungere
da prova in sede giudiziaria. Servono quindi elementi esterni che permettano di capire cosa pensava
quel soggetto quando realizzava il comportamento che oggettivamente ha causato una certa
conseguenza (ma appunto non è semplice, perché ad esempio chi ha ucciso per mezzo di una pistola
potrebbe affermare che il colpo è partito per sbaglio). A tale scopo vengono usati criteri diagnostici
che si collocano su un duplice versante:
1. elementi di natura oggettiva (i criteri più usuali, preferiti dalla giurisprudenza): possono
rilevare diversi elementi di questo tipo, quale ad esempio il mezzo usato (l'uso di un'arma
da fuoco tendenzialmente fa pensare di più ad un comportamento doloso rispetto alla
condotta tenuta senza armi o con un coltellino/spinta/pugno). Il mezzo in sé tuttavia può non
avere pienezza di significato in tal senso: si pensi al caso in cui il mezzo era sì altamente
lesivo, come una pistola, ma l'episodio non è nitidissimo e non si capisce se il soggetto
voleva la morte della vittima. Risulta allora utile ricorrere ad altri elementi sempre di natura
oggettiva, come la reiterazione o meno dell'uso del mezzo (perché ad esempio la
ripetizione dei colpi dimostra che non possono essere partiti accidentalmente). Tutto ciò può
poi essere incrociato con altri elementi, come la parte del corpo colpita (bisogna però
essere cauti nell'uso di questo criterio: certamente 5 colpi sparati con precisione chirurgica
ad un piede indicano un dolo di lesioni. Se invece i colpi sono alle gambe il discorso si fa
più complesso, perché può venire in gioco il dolo eventuale, che si ha quando il soggetto
non intendeva ottenere la morte, ma se l'è rappresentata, agendo quindi accettando il rischio
di cagionare quell'evento. Occorre quindi distinguere: se la vittima sopravvive,
l'incriminazione non può essere per tentato omicidio; ma se essa muore per dissanguamento
bisogna fare attenzione, perché potremmo avere sia un dolo eventuale che un dolo tout
court. In altre parole non ci si può accontentare di dire che se l’intenzione fosse stata quella
di uccidere il colpo sarebbe stato diretto alla testa, perché allora Tizio potrebbe
tranquillamente sparare alle gambe di Caio in un posto isolato e non raggiungibile dai
soccorsi, e poi sostenere che la sua intenzione non era quella di uccidere.
2. elementi di natura soggettiva, posti su un piano secondario ma non sempre trascurabile, e
nell'utilizzo dei quali bisogna essere più prudenti. Elemento classico di discussione è
rappresentato dal movente, cioè la ragione che spinge a commettere un certo reato: spesso si
tratta di un elemento m