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Walt Disney--> Walt DIsney Co.

Columbia-->Sony

Universal--> General Electric

Le logiche di formazione dei gruppi multimediali

Il sistema dei mass media si divide in tre gruppi principali (i contenuti scritti (testi), i contenuti sonori (audio) e i

contenuti audiovisivi (video)) e in due industrie differenti: quella dei beni culturali in cui i beni prodotti sono

costituiti da contenuti singoli (libro, disco, film) e dalla valenza cultrale; quella dei media in cui i beni prodotti sono

costituiti dall’aggregazione di contenuti (l’articolo del quotidiano, i programmi televisivi e radiofonici).

Ciascuno di questi sei comparti non è indipendente, ma coopera con li altri appartenent alla stessa o all’altra

industria.

Le relazioni e le caratteristiche di ciascun segmento formano un insieme di popolazioni di imprese che si fonda

sull’acquisizione e sull’integrazione di gruppi di imprese appartenenti a comparti diversi.

Nel caso del settore dei media la scelta del mezzo viene prima del contenuto e questo permette una maggiore

fidelizzazione del consumatore. Nel caso dei beni culturali (anche i film), invece, la scelta del contenuto è prioritaria

rispetto al mezzo, quindi ogni singolo prodotto deve costruirsi un pubblico da zero (lo spettatore di un film prodotto

da uno studio, non è detto che guarderà film successivi prodotti dallo stesso studio).

La fidelizzazione dei consumatori è indispensabile in quanto permette alle imprese di sfruttare gli investimenti

passati su un arco di tempo più elevato, oltre a prevedere una maggiore pianificazione finanziaria.

Questo svantaggio dei beni culturali ha creato nuove forme di fidelizzazione fondate su altri elementi, come la figura

dell’artista. Questa logica è stata utilizzata anche nel settore cinematografico con la creazione dello star system

affidando agli attori la funzione di elementi segnaletici orientando così la scelta di consumo. In questo senso, il

settore cinematografico è in grado di contrapporre strategie di contenimento del rischio, fondate dalla possibilità di

attingere a contenuti di altri segmenti, mantenendo inalterato il valore dei beni culturali nel tempo: in letteratura, in

musica e nel cinema abbiamo infatti il fenomeno dei “classici”, opere che mantengono inalterato il loro valore nel

tempo. Inoltre per quanto riguarda il segmento audio-video si tratta di beni a “utilità ripetuta” nel senso che il

consumatore è disposto a fruire più volte lo stesso bene.

Le relazioni tra il settore cinematografico e gli altri segmenti può avvenire in due modi: da un lato abbiamo la

relazione di trasposizione dei contenuti in entrata e in uscita (un libro può diventare un soggetto per un film e

viceversa), dall’altro abbiamo le relazioni di mercato in cui i film vengono distribuiti in altri segmenti come nel caso

della tarsmissione tv.

Il profilo dei gruppi multimediali

Tutti i maggiori studios americani appartengono ad un gruppo multimediale che possiede caratteristiche diverse

rispetto agli altri. Sono tre le tipologie principali: quelli appartenenti a gruppi multimediali ristretti, focalizzati solo

sul comparto audio e video; quelli appartenenti a gruppi allargati che si focalizzano sui comparti video e testo;

quelli appartenenti a gruppi estesi presenti in tutti i comparti, come la Disney.

Escludendo la Columbia (Sony), tutti gli altri sono caratterizzati da una presenza molto intensa nel segmento

video,integrando la produzione/distribuzione cinematografica con il comparti televisivo. Dopo il decreto Paramount

del 1948, che obbligava li studios a dismettere la proprietà delle sale cinematografiche, con l’integrazione del

mercato televisivo negli anni ‘80, viene ricostruita una situazione originaria di controllo sulla distribuzione.

CAP 4. IL BLOCKBUSTER CONTEMPORANEO: L’evento, il prototipo, il franchise e quel che resta della

pirateria

Il film blockbuster come money marker

Il principio del blockbuster, si è imposto come un investimento anti-crisi, quella crisi che stravolgerà il cinema a

partire degli anni’50: produrre pochi film sui quali però vengono investite somme ingenti di capitale. Con gli anni

‘80, il blockbuster si ripsecchiò nelle pratiche di fusione e acquisizione societaria.

Essendo il modello di business all’interno della guerra fredda del budget, non a caso il termine blockbuster si

riferisce ad una tipologia di bombe utilizzate nella seconda guerra mondiale, in attacchi su larga scala. Il blockbuster

si pone come oggetto filmico seguendo una sfida di rilancio.

Blockbuster come film evento

Il botteghino è l’inizio della vita commerciale del blockbuster.

Potremmo definire i prodotti cinematografici che si elevano a film evento degli pseudo eventi mediatici pianificati a

tavolino. Il grado di amplificazione sarà determinato poi dalla copertura mediatica e dal rumore che provocherà.

La finalità di uno pseudo evento è quella di fare breccia nella pianificazione mediale e imporre un nuovo punto di

focalizzazione dell’attenzione, suggerendo un nuovo calendario di impegni e appuntamenti mediatici. Gli scopi sono

molteplici:

1. fare leva sull’evento mediale per monetizzare il più possibile nel primo weekend di programmazione.

2. attivare scelte di consumo con l’assenza di condivisione delle informazioni sulla qualità del prodotto.

3. trasformare l’evento mediale in culto mediale.

4. Conferire una nuova gerarchizzazione mediale dell’evento.

Il film blockbuster come prototipo

Il prodotto cinematografico non presenta uno schema promozionale affidabile e capace di garantire introiti sicuri.

Questa logica diventerà poi il prototipo per il film blockbuster, attraverso le analisi di mercato che si avvalgono di

tre distinte regole:

● POSIZIONAMENTO: processo di costruzione del pubblico potenziale;

● MARKETABILITY: la facilità con cui le principali linee narrative possono essere trasportate nella

promozione del film, stabilendo le possibili partnership promozionali con altre imprese;

● PLAYABILITY: rileva il livello di gradimento derivante dal posizionamento.

Blockbuster come franchise

La pratica del franchise indica un contratto commerciale basato sulla condivisione di un modello di business ed un

brand comune tra diverse parti. Questo termine è entrato a far parte dell’area cinematografica negli anni ‘80 e ‘90 in

relazione all’emergere della forma blockbuster.

Le manifestazioni commerciali di un franchise trovano un loro radicamento nelle manifestazioni testuali:

● overdesign: il concept deve contenere il maggior numero di linee narrative;

● drillability: la possibilità di approfondire alcune linee narrative;

● sharability: la possibilità offerta all’utente finale di divenire parte integrante del processo.

FRANCHISE:

1. è un fascio di relazioni strategiche tra diversi soggetti;

2. da modo a realtà minori di negoziare un proprio spazio di azione;

3. la sua natura innesca pratiche di collaborazione;

4. gli utenti finali agiscono come parte integrante di questo;

5. asseconda relazioni transnazionali e intergenrazionali come un processo di “local innovation”.

CAP 5. PRODUCING A GOOD BACKSTORY: Il caso della Starlight Runner Entertainment

Cinema 2.0?

Senza un’autentica e condivisa fruizione del film, non ci sarebbe l’amore per il cinema e per la sua narrazione. Sul

piano culturale questa è la classica ideologia dell’intellettuale che tenta di distaccarsi dalle insidie

dell’intrattenimento di massa. Sul piano mediale e industriale, invece, ci aiuta a riflettere sui processi di

trasformazione del medium cinematografico.

Le forme di consumo cinematografico si sono riposizionate grazie anche alla “svolta digitale” che ha permesso di

riconoscere il cinema come un dispositivo.

Si parlerà qui di content agency ovvero di quei partner commerciali incaricati dalle divisioni cinematografiche di

progettare piani di sviluppo redditizi.

Swinging Hollywood

Oltre alla dimensione globale, Hollywood può vantarsi di saper garantire tre fondamentali grandezze, tre

determinazioni:

1. Il cinema hollywoodiano come dispositivo. Il cinema viene interpretato in termini di tecnologia capace di creare

una posizione spettatoriale in modo appropriato.

2. Il cinema hollywoodiano come industria. Questa determinazione esalta il vettore produttivo che ha subito vari

cambiamenti all’interno del modello organizzativo in cui, il ruolo del produttore, è sempre stato diviso tra una

responsabilità finanziaria e un intervento di genere creativo.

3. Il cinema hollywoodiano come estetica. Questa sottolinea la specificazione artistico culturale del cinema di

Hollywood. Questa produzione ha sempre puntato a fornire ai prodotti una loro identità di marca.

Questa triangolazione lascia trasperire una doppia strada essenziale: da un lato il passaggio da una produzione di

testi culturali a un sistema industriale multimediale, dall’altro la disgregazione di un aspetto industriale in favore di

un modello di sviluppo collaborativo.

In conclusione: sul piano del dispositivo il cinema riattesta la sua presenza all’interno delle sale, sul piano

industriale riacquista rilievo la figura manageriale del produttore e sul piano estetico il testo cinematografico

mantiene la propria identità abituale.

Creare mitologie

La content agency Starlight Runner Entertainment interviene nelle pratiche di articolazione di alcuni prodotti e

proprietà intellettuali all’interno delle divisioni cinematografiche.

L’agenzia, presieduta da Gomez e da Pensavalle ha ricevuto incarichi di ripetto da parte di clienti prestigiosi, come

la 20th Century Fox e la Walt Disney Co. per operare su importanti movie franchise.

A livello economico produttivo, Gomez è consapevole che l’importanza dovrebbe essere attribuita al ruolo creativo

del produttore in quanto, a partire dalla nascita di internet, i contenuti mediali e di distribuzione devono essere

alimentati e gestiti da professionisti competenti, in quanto dipende da loro la veicolazione presso i consumatori. In

quest’idea ritroviamo un modello di racconto transmediale strutturato secondo la “forma classica”.

A livello artistico culturale, egli considera il suo lavoro in termini creativi e inoltre detta le condizioni perchè un

insieme testuale e mediale possa raggiungere ottimi risultati. Possono capitare casi in cui il lavoro del transmedia

producer sia meno complicato, ciò avviene quando il testo da far decollare presenta tutte le caratteristiche perchè il

suo universo mitologico possa espandersi con estrema facilità.

In questi sensi non è più possibile pensare ad un unico dispositivo di fruizione dei testi mediali: sarà il pubblico del

franchise a permettere l’implementazione delle narrazioni transmediali.

CAP

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
7 pagine
4 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bud1n4 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Dinamiche dei processi intertestuali e intermediali e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Quaresima Leonardo.