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Linguaggio verbale
- totale mancanza o ritardo del linguaggio parlato;
- difficoltosa comprensione di domande semplici, istruzioni, scherzi;
- compromessa capacità di iniziare o sostenere una conversazione;
- strutture grammaticali immature;
- monotonia del ritmo e del tono;
- accentuazioni di tipo interrogatorio in frasi affermative;
- forte metaforicità;
- eccentricità (uso di neologismi);
- stereotipie e ripetizioni.
Intellettività
Circa il 75% dei bambini con Disturbo autistico funzionano a un livello ritardato, di solito di entità modesta (QI: 35-50).
Condotte inadeguate
- Iperattività;
- scarsa tenuta dell'attenzione;
- impulsività;
- aggressività, eccessi di collera, autolesionismo;
- stereotipie;
- rigida sottomissione a inutili abitudini o rituali specifici;
- irragionevole insistenza sulle routines;
- manierismi motori stereotipati e ripetitivi;
- intenso attaccamento a oggetti inanimati;
- persistente.
- eccessivo interesse per parti di oggetti
- persistente eccessivo interesse per parti di oggetti che ruotano
- ecolalia
- insistente imitazione reiterata di condotte o modelli
- comportamento uguale e ripetitivo
- resistenza e malessere ai cambiamenti banali
- anomalie nell'alimentazione
- anomalie nel sonno
Decorso. Il decorso è continuo e può dare luogo a particolari recuperi in alcune aree, tuttavia solo in parte si perviene ad una vita autonoma. I soggetti adulti mantengono problemi nell'interesse sociale, nella comunicazione e negli interessi/motivazioni.
Eziologia. La probabile eziopatogenesi polimorfa e la pluralità degli approcci teorici rende molto lontana una delimitazione del disturbo autistico. Ciò malgrado, lo stato attuale della ricerca e dell'esperienza tendono ad accreditare la tesi della natura organica di tipo neurologico, mentre minoritarie restano le posizioni interpretative di segno psicologico ecc.. L'impiego di
Strumentazioni di nuova generazione (PET, RMN) hanno consentito evidenze scientifiche in varie direzioni, anche se prive di ampie conferme statistiche, rilevando alterazioni morfologiche non specifiche a carico del metabolismo generale del sistema limbico (amigdala e ippocampo) e del cervelletto. Lesioni a tali livelli cerebrali possono essere connesse a disfunzioni delle attività emotive e relazionali per un verso (amigdala) e delle attività mnestiche e cognitive per l'altro (ippocampo). Ancora in ambito neurologico, si registrano tesi sul mancato funzionamento del sistema di pianificazione e controllo del pensiero attribuito a danni ai lobi frontali e/o prefrontali. In presenza di danni in tali aree si assiste a forme di comportamento disorganizzato, privo di linearità e pertinenza, quindi azioni e parole scoordinate, gesti afinalistici etc... Di crescente rilievo è anche il fronte delle strutture biochimiche che regolano il funzionamento corticale.
La carenza di dopamina può disturbare la neurotrasmissione tra le aree corticale e tra queste zone subcorticali, generando disfunzioni alle facoltà percettive, attentive, motorie, coordinative ed emozionali. Quello genetico appare tuttavia il campo di ricerca a maggiore accelerazione e di più promettente sviluppo, sia per le approfondite indagini sulla trasmissione dei caratteri, per cui sembra accreditarsi una persistenza familiare dell'autismo intorno al 20%, sia per le sorprendenti scoperte odierne in materia di mappa genetica individuale (si pensa a un'anomalia del cromosoma 16 oppure del 7).
Ipotesi psicogena. Il primo rilevante atto scientifico a orientamento analitico, in materia di patologie psichiche infantili, si deve all'inglese Margaret Mahler la quale, a partire dal 1946, correla i processi di strutturazione patologica dell'Io a quelli delle normali fasi dello sviluppo psicologico umano. Concentrandosi sui primi tre anni di vita.
l'autrice distingue una prima fase autistica normale, durante le prime settimane di vita. In cui vi è un'assenza totale di investimento sul mondo esterno. Il neonato dorme quasi tutto il giorno e si sveglia quando la tensione per la fame (o per altri bisogni) diventa eccessiva; non appena è liberato da tali tensioni ripiomba nello stato di sonno. Dal secondo mese di vita (fino all'incirca all'ottavo mese) inizia la fase simbiotica, durante questa fase la soddisfazione dei bisogni comincia a non essere più "incondizionata e onnipotente", ma il neonato comincia ad avere la consapevolezza dell'"oggetto" che li soddisfa. Ora egli si comporta come se lui e la madre fossero un sistema onnipotente, "un'unità duale racchiusa entro uno stesso confine comune" (da ciò il termine simbiosi). A questo meccanismo può regredire l'Io successivamente, nel caso di disturbi gravi dell'individuazione: lacosiddetta psicosi simbiotica infantile. Autismo primario e simbiosi sono considerati i requisiti preliminari per la comparsa di un normale processo di separazione-individuazione, a conclusione del quale si ha la nascita psicologica del bambino. Con il potenziamento del linguaggio e la stabilizzazione del camminare, cresce il senso dell'autonomia e il bambino prova periodi sempre più lunghi di separazione dalla madre mantenendone il ricordo e la rappresentazione mentale, processo che perviene all'individualità e alla consapevolezza della propria separatezza. Dunque da una fase caratterizzata da fusione simbiotica con la madre procede lo sviluppo psichico individuale che tuttavia, per una serie di motivi connessi alla cattiva relazione madre-bambino, può rendersi difficile, ovvero impedire la nascita psicologica e la conseguente differenziazione tra le due unità personali. Possono pertanto darsi, per la Mahler, due diverse tipologie di psicosi.
infantili. L'autismo infantile, quale prolungamento della fase autistica, sua fissazione o regressione allo stato autistico normale di indistinzione del sé dall'ambiente. Il bambino sembra qui mantenere e consolidare quella "barriera allucinogena negativa" propria della prima settimana di vita, mediante la quale tende a difendersi da una troppo viva stimolazione sensoriale connessa al nuovo ambiente di vita, per effetto della quale egli rifiuta la percezione della madre e dell'esterno.
La psicosi simbiotica si manifesta invece quando, per motivi intervenuti, si dissolve o incrina il legame essenziale con la madre; a fronte di ciò il bambino tende a rifiutare le esperienze di separazione e a mantenere e rinforzare quella relazione simbiotica, rinforzando condotte e tendenze dipendenti dalla madre.
Negli anni '60 il neuropsichiatra infantile Bettelheim fonda la sua lettura del fenomeno autistico in senso integralmente psicodinamico, come desiderio di
"fuga dalla realtà" dovuto a precocissime esperienze negative. Pertanto la vita psichica assume i tratti di una "fortezza vuota" in cui il soggetto è prigioniero. Ma che cosa può determinare in un bambino apparentemente normale un desiderio di fuga così estremo dalla realtà? Secondo Bettelheim questo sarebbe determinato dall'"interpretazione da parte del bambino dell'attitudine negativa con la quale gli si accostano le figure più significative del suo ambiente". Il bambino proverebbe una sorta di forterabbia che provocherebbe a sua volta un'interpretazione negativa della realtà, la quale non sarebbe confutata da esperienze benigne data la scarsità di tali esperienze in età precoce. In pratica, il neonato, interpretando negativamente i sentimenti e le azioni della madre, si distaccherebbe da lei progressivamente, provocando anche un distacco della madre da lui. A questo punto si genera
un'angoscia sconvolgente per il bambino che si trasforma presto in panico provocando l'interruzione del contatto con la realtà. Per arrivare a questo punto è necessario che il bambino percepisca la fonte dell'angoscia come immodificabile. Il sentimento negativo percepito dal bambino è il desiderio dei suoi genitori, e della madre in particolare, che egli non esista. Bettelheim non esclude che possano esistere altri fattori che facilitano l'insorgere dell'autismo, come alcune lesioni organiche, ma resta il fatto che a scatenarlo è il sentimento di annientamento che percepisce intorno a sé. Il trattamento indicato dallo psichiatra austriaco è di tipo psicoterapeutico esteso però oltre il setting professionale, alle situazioni di vita, quindi al vissuto delle angosce protratto nella quotidianità. Secondo la teoria di Donald Winnicott, in età precocissima il bambino percepisce il timore di disintegrazione e didiscontinuità dell'esistenza, ovvero del senso di annientamento del sé, a fronte del quale può soccombere oppure reagire attivamente con una condotta di tipo psicotico. La psicosi infantile, quindi, non deriverebbe da un crollo delle difese rispetto all'angoscia di annientamento ma da una difesa attiva dalla paura di tale crollo. In tale vissuto intrapsichico, funzioni fondamentali sono svolte dall'ambiente; fattore decisivo in tale condizione attiene al venir meno della funzione di tutela svolta dalla "madre non sufficientemente buona", e dalla sua assente o insufficiente "preoccupazione materna primaria", che non le consente di percepire i bisogni del bambino, di corrispondere loro e di promuovere in lui il "sentimento di continuità dell'essere". In normali condizioni il bambino dà avvio ad un processo di interiorizzazione di un'immagine positiva della madre e su questa base costruisce una sanarealtà psichica interna. Lo sviluppo del sé è dunque un processo relazionale, da un sè integrato a un sè separato, che coincide con il superamento dell'allattamento, lungo un percorso in cui la madre "disillude" il bambino che comincia a costruire il proprio Io differenziato. Se questo non avviene (per scarsa qualità dell'Io materno) può determinarsi la psicosi infantile. Dalla scuola psicoanalitica inglese deriva l'opera di Frances Tustin, per la quale il disturbo autistico comunque si riconnette alla relazione con la figura materna, soprattutto in quelle situazioni che vedono una madre affettivamente inadeguata rispetto al figlio e un figlio con particolare fragilità affettiva. Ciò, tuttavia, non impedisce all'autrice di rilevare le interazioni che la patologia autistica comporta anche con la dimensione biologica e con le condizioni ambientali. L'iniziale e intensa relazione madre-figlio, fin
dall'allattamento è osservata da Esther Bick, che vi