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LA PROGETTAZIONE EDUCATIVA
Il lavoro sociale nei contesti educativi
_perché parlare di progettazione dell’educatore professionale?
Il tema della progettazione rappresenta un tema centrale per tutte le professioni sociosanitarie.
Tuttavia, troppo spesso nei servizi educativi si osserva un allontanamento degli aspetti pratici dagli
intervento teorici, privilegiando così l’attuazione di interventi educativi fondati sul fare e
sull’eseguire. Sono interventi che vivono unicamente il tempo dell’urgenza e della routine,
dimenticandosi sia della provenienza e della cause, sia delle attesi, dei desideri, dei cambiamenti.
L’idea centrale dovrebbe essere che ogni operatore dovrebbe recuperare “il tempo del pensare”. Se
si educa per favorire un cambiamento, non si può pensare ad un educatore che nel progettare non
attivi pensieri rivolti al futuro, pensieri che comprendono anche la dimensione del sognare.
1_ La progettazione: aspetti teorici
Il termine “progetto” appare in molti contesti operativi e culturali distinti, per esempio nelle
programmazioni macro-sociali, nelle declinazioni operative quotidiane, nella dinamica della
contrattazione professionale, fino a caratterizzare rapporti di lavoro innovativi e sempre più diffusi.
Nell’agire professionale dell’educatore, si parla spesso di progetti che indicano sia le strategie
macro, cioè di funzionamento dei servizi medesimi, sia gli indicatori micro, ovvero di svolgimento
dell’azione professionale concreta. Di capacità progettuale e di progettualità parlano molte scienze,
ma nel suo significato più ampio, “progettare” significa ideare qualcosa e studiare in rapporto alle
possibilità e ai modi di attuazione, articolandosi in tre momenti: un momento presente di ideazione,
un momento futuro di realizzazione nei limiti delle possibilità e un momento passato da cui
scaturisce l’ideazione. È da sottolineare anche come il termine progettare si avvicini, dal punto di
vista etimologico, al termine proiettare, gettare avanti: la loro distinzione permette di acquisire
strumenti per declinare gli aspetti funzionale della progettazione dell’educatore. La concezione di
progettualità orientata al simbolico tiene presente il senso del mondo, la relazione con l’altro e le
dimensioni di possibilità che sono continuamente considerate. Questa attenzione all’intreccio tra le
domande del mondo richiede un’attività di selezione tra le possibilità e impone ai soggetti la
necessità di fare i conti con le proprie potenzialità, cioè valorizzare le capacità di generare e
trasformare la realtà. La possibilità di progettare si fonda sulle connessioni tra i vincoli e i desideri.
Fare riferimento al passato consente di riconoscersi nelle cose, negli atti che ciascuno ha prodotto e
di ricollocare il tutto in una connessione/disgiunzione con l’attualità; questo significa che ciascuno
richiama le esperienze precedenti accumulate nei contesti di vita e lavorativi, riattualizzando il
passato e costruendo attivamente la storia attraverso la cultura.
Perché è indispensabile progettare: la progettazione per vivere nella complessità.
Il significato si costruisce attraverso un complesso sistema di relazioni e interrelazioni. La
possibilità di costruire senso e significato all’interno della situazione attuale e nei confronti della
realtà emerge da una continua attività di “disambiguazione”, che considera la negoziazione dei
significati sia come un obiettivo del lavoro sociale, sia come uno strumento del lavoro stesso. La
globalizzazione, per esempio, ripropone temi di riflessione che richiedono attività di comprensione
e disambiguazione tra i soggetti per costruire paradigmi condivisi da poter essere elementi che
indirizzano e garantiscono l’agire personale e sociale. In questo contesto articolato, per
comprendere la dimensione di modernità diventa necessario condividerne la lettura nell’orizzonte
della complessità. Morin sottolinea come la complessità, l’incertezza e la necessità di un nuovo
ordine siano gli elementi nodali che caratterizzano le realtà sociali e culturali nell’attuale momento
storico. Elemento rilevante è l’impossibilità di utilizzare solo saperi disgiunti e frazionati nelle
diverse discipline e si pone la necessità di creare costanti nuove connessioni che rendano possibile
“continuare il cammino”. In ambito educativo questa osservazione si sostanzia nell’esperienza
rinnovata dall’educatore della non sufficienza dei modelli per gestire il suo lavoro con le persone
con cui svolge il suo agire professionale quotidiano. L’educatore è quindi sottoposto a costanti sfide
che richiamino la necessità di una rivisitazione delle procedure applicate per una rideclinazione in
dimensione culturale, collegata alla difficoltà nell’uso delle informazioni, alla fatica di rivedere i
temi della competenza e all’utilizzo delle conoscenze. Per l’educatore professionale costantemente
in gioco con le persone, la considerazione delle mancanze e dei limiti del soggetto-utente,
l’attenzione e la considerazione della sua storia, sono le risorse per la comprensione e la
progettazione del percorso “per e con” l’educando. La complessità assunta come paradigma di
comprensione delle realtà sociali costringe a considerare le dimensioni di incertezza e precarietà
costantemente presenti nelle realtà sociali e culturali. L’assunzione della dimensione relazionale è lo
strumento per la costruzione del compito organizzativo complessivo richiesto a atteso dall’azione
dell’EP (educatore professionale) nei contesti di lavoro. La capacità relazionale diventa lo
strumento per presidiare la complessità interpersonale, per attivare la comunicazione nelle varie
direzioni, per negoziare i conflitti, per tener conto delle specificità delle singole persone. Tuttavia
sono presenti anche delle problematiche legate all’agire dell’educatore, come:
-l’iperspecializzazione degli interventi disgiunti nelle singole aree operative, che rende invisibile la
dimensione complessiva della persona/utente;
-la non considerazione delle dinamiche relative alle interazioni e retroazioni tra le parti e il tutto;
-la non attenzione alle entità multidimensionali in cui si vive o si opera;
-la non considerazione dei problemi essenziali che costituiscono il cuore di ogni agire professionale,
cioè l’attenzione al “relazionale” diventa strumento per considerare le dimensioni vitali.
Nell’orizzonte di vita della complessità è fondamentale essere in grado di contestualizzare
informazioni e conoscenze, affinché diventino strumenti per la preparazione alla vita con
un’attenzione particolare alla scoperta di sé e alla comprensione delle relazioni. Questa assunzione
del paradigma della complessità porta delle conseguenze:
-L’agire e il pensare nella realtà operativa e di lavoro quotidiano come strumento di trasformazione
delle capacità di vita di tutti i membri dell’organizzazione;
-il considerare la crescita come fenomeno complesso che investe tutti i membri e pensarsi sempre in
cammino e in interazione con l’altro;
-il considerare la dimensione di complessità come sfondo per comprendere la rideclinazione dei
compiti di crescita e dei percorsi di cui si occupa l’educatore, aprendo così lo spazio della ricerca e
della costruzione di senso;
-l’ipotizzare e il perseguire l’assunzione di un “vertice” relazionale come indicatore per contenere
l’esperienza derivante dal quotidiano, e quindi per prevedere e ipotizzare luoghi e tempi per la
riflessione e la condivisione dei significati, anche attraverso l’utilizzo di strumanti come la
supervisione e la formazione continua.
Questi elementi evidenziano l’importanza nell’agire educativo sia delle dotazioni tecniche, sia delle
risorse emotive e relazionali intrinseche al lavoro. Diventa quindi fondamentale interrogarsi su
“come fare” per consentire attraverso questa meta-riflessione una produzione di senso che ricada
sulla costruzione di identità di tutti i soggetti dell’organizzazione. Un contributo fondamentale del
sapere del xx sec. è la comprensione dei limiti della conoscenza e la consapevolezza
dell’ineliminabilità dell’incertezza, ed è una vera conquista per la mente umana che ha dovuto
imparare ad affrontare l’incertezza. Morin suggerisce tre modi per viver bene in un mondo incerto:
-sforzarsi a pensare bene, cioè praticare un pensiero che cerchi di contestualizzare le sue info e che
consideri sempre le interazioni e retroazioni;
-la strategia, che prefigura scenari d’azione e ne sceglie uno in base a quello che conosce
dell’ambiente incerto;
-la scommessa, che si pone come conseguenza della strategia e che porta la consapevolezza
dell’incertezza che si dovrà affrontare.
Il progetto: una risposta al problema
Se l’attività di progettare diventa strumento delle persone sia a livello personale che professionale,
per attraversare la complessità si può sostenere che la progettazione si pone l’obiettivo di
prefigurare “il vestito su misura” per l’utente dell’azione educativa. Il progetto in campo educativo
è una costruzione e una realizzazione costante di “vestiti su misura”, che richiedono competenza
professionale. L’idea forte sottesa a questa metafora è che nel lavoro e nell’azione educativa è
fondamentale che gli interventi siano fatti in relazione ai bisogni e alle domande delle persone. Il
progetto educativo personalizzato permette a ciascuno di valorizzare e utilizzare le proprie risorse
specifiche. Generalmente, di fronte a una persona che esprime un disagio assistiamo a due modalità
di intervento: 1- “risposta al bisogno”, cioè si cerca di dare una risposta ai bisogni espressi dagli
utenti, spesso equivalente a una fornitura di prestazioni per intervenire su una situazione critica; in
tale tipo di approccio la relazione educatore-utente si contraddistingue per essere un rapporto
finalizzato più alla sostituzione che alla promozione, l’intervento è per la persona e non con la
persona, analizzando i bisogni in modo standardizzato, facilitando le decisioni operative.
2- “risposta al problema”, si caratterizza dal riconoscimento delle cause che generano la domanda e
dal tentativo di intervenire su di esse; l’analisi delle cause porta a percepire l’utente nella sua
globalità, prendendone in considerazioni le potenzialità e le competenze; ogni operatore deve
contribuire