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L'esperienza di Baudelaire e il declassamento dalla borghesia

L'esperienza di Baudelaire è importante da questo punto di vista: la sua espulsione dalla borghesia, conscia del potere del suo "Fleurs du mal", evidenzia la sua anomalia facendola diventare, al tempo stesso, un segno distintivo dell'autore. Il declassamento di Baudelaire costringe la borghesia a rendersi conto che è fondamentale fondare il proprio potere sulla repressione di qualsiasi eccedenza culturale.

Come dicevano Marx ed Engels nel "Manifesto del Partito comunista" la borghesia ha creato un'epoca completamente diversa da tutte le precedenti. La sua incessante produzione, l'ininterrotto scuotimento sociale che essa causa e l'incertezza dilagante fanno dissolvere tutti i rapporti stabili e le illusioni. La borghesia ha determinato la condizione dell'uomo inquadrandola nella specificità sociale che la contraddistingue, ovvero in relazione con altri uomini, in base ad una condizione di classe. La borghesia produce

La realtà storica e la coscienza di tale realtà, che non è però consapevolezza pura, ma un prodotto sociale che agisce come coscienza della prassi esistente. In realtà la borghesia produce anche la falsa coscienza, così come produce tutti i suoi miti e dunque anche la critica di quei miti. La grandezza sovrastrutturale della borghesia sta proprio in questo: nella capacità paradossale che ha essa di creare e distruggere il mito. Se è stata la borghesia a generare la società moderna e, se generandola essa ha generato una condizione antimitica, possiamo dire che la modernità letteraria si fonda sulla critica radicale della condizione mitica. Nasce così il Dandy di Baudelaire: una figura solitaria oppositrice della borghesia, che non combatte con gli sfruttati, ma che opera la sua critica da un punto di vista declassato. Questa condizione di "disoccupato" (ricordiamo che Baudelaire era stato spogliato del

Il mandato sociale di scrittore gli permette di nutrire fiducia verso gli antagonisti dei borghesi. Questo cantore dell'eroismo della vita moderna e ostinato antifemminista, spregiatore di donne che scrive alcune delle più incantevoli poesie d'amore è innamorato solo della propria madre. Questo dandy mal convertito al giornalismo, questo adoratore della bellezza costretto a misurarsi ogni giorno con le conseguenze della sifilide e della nevrosi, con la povertà, con i debiti, è il primo letterato la cui vita e la cui scrittura sono determinate e modellate dall'oppressione borghese e dal risentimento antiborghese. La critica alla falsa coscienza borghese potrebbe essere anch'essa falsa coscienza se non si distinguesse per il punto di vista. Se la falsa coscienza è un prodotto dell'alienazione generata dalla borghesia, l'assunzione di un punto di vista antagonistico ad essa può garantire una relativa integrità.

All'operazione critica. Questo antagonismo è una contrapposizione, che risulta tanto più decisa e rigorosa quanto più determinato e netto è l'orizzonte politico in cui si inscrive. Risulta dunque evidente che il punto di vista che consente maggiore consapevolezza è il punto di vista antagonistico a quello della borghesia, giacché si fonda su base materiale che ne riduce la fallibilità. Meno consapevole è la critica che parte da situazioni di anomalia sociale, in quanto il loro punto di vista non ha il proprio centro in una condizione di classe. La letteratura non è sempre portatrice di verità, anzi a volte riflette le idee dominanti. Non è compito della letteratura enunciare la verità, il testo letterario deve produrre un senso cioè un'ideologia: questa è la sua funzione. La verità enunciata da un testo è prima di tutto verità linguistica. Il linguaggio elabora

Una struttura che produce un senso. Quest'ultimo ha diversi modi di prodursi: in età classica (conclusasi col Parini) è generato dal punto di vista, anche se spetta al linguaggio costituirlo come forma, mentre in età moderna (iniziata con Alfieri) è il linguaggio e la condizione sociale del poeta a generare il punto di vista. Nel primo caso il linguaggio è la manifestazione del pensiero e nel secondo è la forza che concorre a generare il pensiero.

La negazione e la critica della falsa coscienza borghese si configura in tre forme diverse: antagonismo di classe, antagonismo di declassati, contestazione che si esercita dall'interno.

Esiste però una contestazione di natura linguistica, che potremmo analizzare rivolgendoci a Mallarmé, che più di ogni altro ha patito la crisi di linguaggio da cui è nata la modernità.

Al centro della sua esperienza vi è la nozione di "hasard" (L'

“hasard” compare in un testo come “Igitur” nel 1869 e anche nella lirica giovanile, quando Mallarmé aveva appena 20 anni, in “Le guignon” 1862 ): un’azione che implica il caso il quale contiene l’Assurdo. L’”hasard” mette in crisi uno dei principi su cui si fonda la logica classica, ovvero, il principio di non contraddizione. Se esiste l’ “hasard” non ci sarà possibilità di conoscere e di comunicare, è una vera e propria infezione delle cose, che le rende linguisticamente utilizzabili solo attraverso un ostinato lavoro di abolizione della casualità, che deve essere bandita dall’opera moderna. Lo scrittore non si interroga se sia il caso di scrivere, ma è lo scrivere che si interroga su se stesso. Mallarmè insiste sulla necessità di conservare la condizione essenziale della parola poetica, minacciata dalla mercificazione della

cultura.L'impotenza e la sterilità di cui parla si riferiscono all'effetto pratico del processo di alienazione linguistica causato da una situazione economico-sociale che, da un lato, fa espandere la produzione culturale e, dall'altro, svende l'attività intellettuale. La crisi linguistica, che Mallarmé fronteggia, manifesta l'impossibilità storica di pensare che esista una condizione e una produzione naturale del linguaggio. Il linguaggio letterario non è mai stato naturale. La naturalezza che è venuta meno è quella di cui parlava Marx quando distingueva lavoro produttivo da lavoro improduttivo. Tutti gli scrittori sono stati costretti a diventare produttivi se volevano vivere, continuare a esercitare una funzione sociale e vendere le proprie opere. Quest'idea respinge completamente la posizione del dandy di Baudelaire, completamente disinteressato del denaro, desideroso solo di conservare la propria naturalezza.

A costo di vivere come un declassato e un disoccupato. C'è chi come Hugo e Milton accetta di diventare produttivo, senza opporsi alle idee dominanti e chi come Mallarmé rinuncia a tutto pur di poter vivere la scrittura come puro atto comunicativo. Patisce dunque la solitudine che deriva da tale scelta. La naturalezza che nella modernità viene meno è anche quella che consente di pensare al linguaggio come una naturale forma di rapporto con se stessi. Praticare il linguaggio come scrittura significa anzitutto praticare il linguaggio come impotenza, penuria e assenza di naturalezza.

Dalle prime pagine del "Manifesto" Marx ed Engels asseriscono che in una società in cui nulla è più naturale, poiché sottoposto ad una mercificazione continua, anche il lavoro linguistico dello scrittore, in quanto si configura come una specifica maniera sociale e quindi come merce di scambio, perde la sua naturalezza. La modernità o è

comunicazioneantagonistica (Baudelaire, Rimbaud, Breton, Majakovskij, Joyce, Brecht, Palazzeschi,Sanguineti) o è negazione della comunicazione. Questo secondo comportamento si distingue in: negazione totale della comunicazione (Mallarmé) e in negazione in quanto nella comunicazione ci si affida ad un'idea naturalistica del linguaggio (Eliot, Pound, Proust, kafka, Svevo, Gadda). 13Capitolo Settimo  Che fare dopo Brecht?  Sanguineti paragona l'avanguardia ad una palude ed un museo. Il senso di tali metafore è che la museificazione dell'avanguardia ha il compito di convertirla in una pietrificata biblioteca dalla quale poter uscire una volta terminato il lavoro, e l'idea di palude si riferisce ad un luogo intriso di veleni che è meglio attraversare che aggirare. In una prima fase (soglia) l'avanguardia aspira ad essere una rivoluzione permanente che ha come fine la negazione della normalità linguistica. Nel passaggio dalla prima

alla seconda soglia, siperde quest’idea rivoluzionaria permanente ed entra in crisi la funzione storicadell’avanguardia. Tra la prima e la seconda soglia si manifesta un riepilogo criticodell’avanguardia che converte i multiformi linguaggi elaborati dalla modernità in unamonoglottia stilistica. Si assiste ad una messa in scena parodica del patetico e del tragico,intendendo per patetico non le passioni dell’animo ma le affezioni dello spirito.

Edoardo Sanguineti è stato il solo per il quale l’esigenza di rinnovamento della poesia si èconfigurata come adempimento critico all’avanguardia. Il tempo della fine risuona in ognisillaba di “Laborintus”. In quest’opera egli rappresenta la catastrofe della cultura borghesepiù avanzata, ma raffigurata come disastro linguistico. La putrefazione, messa in lucedall’opera, è metafora di un mondo in disfacimento e, prima ancora, è uno stato dellinguaggio.

Che si rappresenta come crescente corruzione e dissociazione. Il linguaggio, qui, è soggetto e oggetto dell'azione, nel senso che, prima di veicolare contenuti, esso raffigura se stesso e il proprio disfacimento. "Laborintus" va letto come un'opera metalinguistica nella quale il linguaggio esibisce il proprio funzionamento. Esso non è la rappresentazione di una catastrofe, ma è una descrizione in termini dialettici in cui il mondo finisce ma al tempo stesso comincia.

Con "Wirrwar", "Reisebilder" e "Scartabello" Sanguineti conquista un linguaggio completamente nuovo. "Reisebilder" e "Scartabello" costituiscono l'inizio e la conclusione di un lavoro linguistico perfettamente omogeneo. In "Reisebilder" il linguaggio assume tutta la sua forza significativa staccandosi dal carattere di oggettività e di estraneità che era più evidenziato precedentemente e agendo,

invece, come moltiplicatore semantico. Questo significa che la finalità comunicativa, ora, è preminente in Sanguineti. La comunicazione è qui ripristinata come comunic

Dettagli
Publisher
A.A. 2009-2010
16 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ninja13 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Didattica della geografia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof De Vecchis Gino.