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Microarray: una tecnica per l'analisi simultanea di geni

I microarray riguardano una tecnica che per la prima volta venne descritta nel '94 per utilizzare e analizzare più target possibili all'interno di un singolo esperimento fatto con un singolo campione in singola provetta. Quindi per cercare di vedere quanti più segnali possibili di cosa vogliamo analizzare. Dal 2005 in poi si usa anche in microbiologia per vari ambiti come la ricerca di geni resistenti agli antibiotici.

La microarray viene per permettere l'analisi simultanea di migliaia di geni permettendo ibridazione di cRNA o cDNA marcati su un vetrino con migliaia di probe che assorbono questi target, dopodiché si valuta la fluorescenza con un software. Esistono tanti tipi di microarray, ma in sostanza ne dobbiamo immaginare due di base:

  1. Microarray spottati su vetrino che altro non sono che DNA ss o ds pre-sintetizzati e fissati in vetrino e i geni sono rappresentati da singoli frammenti da 50 a diverse centinaia di basi. Quindi amplifichiamo il gene di interesse.

E lo depositiamo nei vetrini e si deposita su probe danoi selezionati e andiamo a valutare poi la fluorescenza. (massimo 23.000 segnali)

2. Microarray con sintesi su vetrino, ovvero si parla di array di oligont ad alta densità, per che questo viene fatto proprio con la sintesi deglioligont in situ, sintetizzando sul vetrino direttamente i singoli oligont sonda tramite processi di fotolitografia. Così facendo, invece di avere un numero limitato di target analizzabili, potrei avere svariate centinaia di target da analizzare. Ed è stata messa a punto da una ditta che si chiama Affymetrix, da cui ad oggi ancora si conserva il nome come tecnologia Affymetrix. (più di 280.000 segnali possibili). Tuttavia è una tecnica più costosa del microarray spottato.

Intanto i presupposti per una microarray di base sono che le biomolecole devono essere immobilizzate mantenendo infatti la propria attività in modo stabile senza staccarsi durante le

reazioni e passaggi o anche lavaggi dell'intero protocollo. Inoltre, le procedure di immobilizzazione delle biomolecole devono immobilizzare con densità ottimali per un efficiente legame. Terza cosa è che bisogna andare a ridurre al minimo l'autofluorescenza, ed infine bisogna anche ridurre al minimo ogni tipo di legame aspecifico, infatti si parla di alta densità su piccola superficie, quindi dobbiamo impedire il legami off target. Altre cose da sottolineare è che il DNA spottato si chiama probe che si sceglie da database o banche online o che ci facciamo noi, e gli array oltre che acidi nucleici possono anche vedere spottate proteine, lipidi, carboidrati. Gli spot nello specifico sono di dimensioni di sempre 150µm, quindi uno spazio piccolissimo e tutte le molecole sia sintetizzate che spottate devono essere sempre anche alla stessa distanza tra loro. E per evitare le cosedette prima, il vetrino, prima di essere usato per questa metodica, deve essere adeguatamente trattato.essere trattato per far si che la superficie sia migliore possibile per legare quello che ci vogliamo mettere, per esempio nel caso di spotting di molecole negative (acidi nucleici) si ricopre di molecoel positive come la polilisina. Tuttavia, la microarray non sempre si usa per un motivo innanzitutto, ovvero il costo, infatti per lavorarci uno deve avere intanto i vetrini, ma poi deve avere tutto quello che serve per fissare le sonde e i probe giusti, poi deve anche avere il lettore, il software e poi bisogna anche avere alte abilità di usare questi programmi. In questo senso. Un esempio di DNA spottato immaginiamo di avere due messaggeri di due geni diversi, di questo mRNA retrotrascriviamo in cDNA e poi marchiamo uno con il fluoroforo verde e uno rosso, allora questi sono spottati come detto ibridizzati su vetrino e poi la fluorescenza si analizza con un software al computer che ci fornisce le quantità relative di tutti i geni spottati. Vediamo allora come si producono ivetrini:
  • fotolitografia, è possbile avere 500.000 probe in uno spazio di 1.28 cm2 e ogni singolo probe è fatto da milioni di oligont identici e ogniarray da 1.28cm2 contiene probe per circa 40.000 geni. Quindi abbiamo il vetrino che ha delle code pronte per legare il primo nt, però non lo lega perché al termine di queste codine abbiamo un bloccante. Allora i raggi UV servono a rompere questo bloccante, ma lo facciamo solo in una parte, quindi per certe codine, quindi queste selezionate vengono rimossi i bloccanti e quidni si aggiunge un nt che a sua volta ha un altro blocco per il quale sopra non si lega nient'altro, finché non si fa un'altra reazione uguale con raggi UV. E via via possiamo continuare andando a creare il nostro pattern di oligont in modo specifico, sempre usando cicli di luce UV e via via aggiungendo i nt di nostro interesse.
  • microspotting, ovvero con un microspotting meccanico, una punta come se fosse una penna,

Nello specifico, in base al tipo di biomolecole che vogliamo spottare, come ad esempio il DNA, i vetrini vengono legati in superficie con dei gruppi che permettono il legame con la biomolecola che vorremmo spottare, sfruttando interazioni di Van der Waals, ioniche, covalenti ecc... Per esempio, nel caso del DNA si usano gruppi per l'interazione del gruppo fosfato, ricco negli acidi nucleici.

Un altro metodo utilizzato è il getto di inchiostro, simile a una stampante.

Per avere un'idea, se parliamo di DNA e confrontiamo la PCR e il microarray, possiamo dire che in termini di velocità, nel microarray ci vogliono 8-10 ore, mentre nella PCR bastano 1-2 ore. Se vogliamo utilizzare poco campione, si usano microgrammi nel microarray, mentre nanogrammi o picogrammi nella PCR, quindi ancora una volta vince la PCR. Lo stesso vale se vogliamo analizzare molti campioni contemporaneamente, la PCR è ancora migliore, infatti può analizzare fino a 180 campioni in un'unica analisi, mentre nel microarray ogni chip analizza un solo campione/paziente. Ma se vogliamo analizzare all'interno...

di un campione tanti piu target, nei microarray possiamo arrivare a 40.000 analiti diversi, mentre solo 4 in PCR. In figura sono riassunti tutte le caratteristiche a paragone tra microarray e PCR real-time.
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Detto questo vediamo degli esempi, in un caso dei ricercatori hanno voluto valutare influenza H5N1 come lega un recettore cellulare siccome il legame dell’influenza è acido sialico si sa che questi sono legati con catene di vario tipo oligosaccaridiche, questi ricercatori volevano vedere che tipo di oligosaccaride stava legato all’acido sialico dell’H5N1 per legarlo meglio. Il presupposto di partenza è che i virus umani sono gli H1 e H3, che hanno certe porzioni con una determinata struttura aminoacidica, mentre l’H5 è un virus dell’influenza aviaria, che non infetta ancora l’uomo, allora la domanda era: cosa vuole questo H5 per legarsi bene? Allora presero un microchip, hanno fatto lo stoccaggio in sostanza non di DNA, ma ci
sono stato messi acidi sialici con catene oligosaccaridiche diverse. Allora in un piccolo volume sono state valutate catene oligosaccaridiche diverse. Allora presero il recettore del virus H5N1, lo hanno legato a Ab per avere poi un sistema rilevatore, e queste molecole sono state riversate sul vetrino vedendo se c'era o meno il segnale di fluorescenza ottenendo risultati di vario tipo. Ovvero che usando il virus umano H1 venne visto che in questo modo legava i carboidrati numerati 1, 3, 5 e dal 47 in poi, mentre i tipi centrali non li legava. Mentre nel caso H5 si ha legame con i carboidrati dal 17 al 43. In sostanza venne visto che questo H5 ha una specificità di legame diversa dai virus umani. Anche di recente, nel caso del Covid è stato fatto un altro studio per vedere specificità di legame delle proteine del covid o a Ab o a recettori. In questo caso fu purificata la proteina S spike del nucleocapside di vari coronavirus, sia SarsCov1, SarsCov2 e Mers. E fu visto il

Il legame della proteina S con la proteina target ACE2 può essere utilizzato anche in ambito diagnostico. Ad esempio, è possibile analizzare uno stesso campione tratto da uno stesso paziente per vedere la presenza o meno di alcuni virus e capire quali virus sono presenti.

LAL test - (Lez.6)

Si utilizza da quando gli studiosi hanno capito che un essere vivente, i granchi a ferro di cavallo, presenti in Giappone e California, hanno un sistema di difesa contro le infezioni da batteri gram negativi. Nella linfa di questi granchi è presente un sistema semplice ma efficace che inattiva l'endotossina batterica. Questo sistema è stato utilizzato per sviluppare il LAL test (Limulus Amebocyte Lysate test).

L'endotossina fa parte della membrana esterna dei batteri gram negativi e viene rilasciata quando i batteri muoiono e la loro membrana si rompe. L'endotossina entra quindi in circolo. Le industrie e i laboratori di microbiologia hanno il dovere di valutare la presenza di endotossine nei loro prodotti prima di metterli sul mercato.

e siccome sono dei gram negativi e sono quindi praticamente ovunque, quindi quasi tutto è contaminato di endotossina, dobbiamo essere certi che nella preparazione finale, prima di venderla in farmacia o altrove, ci sia una stima dell'endotossina contenuta, che deve essere inferiore a un certo numero. In origine per vedere questo si usavano animali, con inoculi in modelli animali come conigli, ma nel '77 è stata messa in atto l'idea dall'FDA di usare questo test che prima dava solo negativo o positivo, metodo detto gel clot, oppure oggi è anche un test quantitativo con cromogeni o altre sostanze. In sostanza fino a poco tempo fa si usava questo LAL test, ovvero si usava questo granchio, si buca il carapace e esce il sangue del granchio che è di colore blu. E dentro al sangue ci sono questi amebociti, che sono parti del sangue di questo granchio. Viene poi liofilizzato, messo in provette e venduto per fare questo test. E il test si basa sul fattoche prendiamo il plama, mettiamo l'endotossina che reagisce attivando certi enzimi, questi enzimi fanno si che coaguli che vediamo a occhio nudo come processo. E quando dopo qualche tempo di incubazione, se giriamo la provetta, non cade nulla perché è coagulato e quindi il LAL test è positivo. Vediamo quindi vantaggi e svantaggi del LAL test:
  • Vantaggi:
    • È un test qualitativo
  • Svantaggi:
    • È necessario utilizzare un substrato cromogeno per renderlo quantitativo
    • Richiede materiale endotoxin free
    • Non si utilizza più il granchio a ferro di cavallo
    • Non si utilizza più l'abemocita liofilizzato
Oggi non si usa più il povero granchio a ferro di cavallo, ma si produce la proteina come proteina ricombinante e così non si usa più nemmeno l'abemocita liofilizzato. Inoltre, ci si.accorse che l'endotossina in grande quantità può formare aggregati e può darsi che non si possa misurare tutto il contenuto per questo motivo. Allora per aumentare l'attività e far vedere le singole endotossine presenti si sono sviluppati metodi di assorbimento in fase solida, assorbendo in membrana l'endotossina e poi dopo che è stata
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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ale_fani di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diagnostica microbiologica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Giannecchini Simone.