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Il diritto del paziente di essere informato

Il paziente ha il diritto ma non il dovere di essere informato, infatti l'articolo 20 afferma che l'infermiere rispetta la volontà del paziente di non essere informato se la sua è una scelta consapevole ed esplicita. Sempre nell'art. 20 viene posta l'eccezione che l'informazione non sia di pericolo per sé o per altri, quindi si rientra nel campo delle malattie infettive, in questo caso al paziente devono essere spiegati i comportamenti che possono nuocere agli altri.

L'art. 23 si occupa del problema dell'informazione ai minori, perché questi non hanno ancora la capacità di agire (si acquisisce con la maggiore età), ma in qualsiasi caso il parere del minore è preso in considerazione in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, in linea con quanto fu stabilito nella Convenzione di Oviedo del 1997.

L'articolo 24 indica un riferimento alle cure palliative, definendole come...

L'insieme di interventi terapeutici, diagnostici e assistenziali, rivolti sia alla persona malata che al suo nucleo familiare, finalizzati all'acura attiva e totale dei pazienti, la cui malattia è caratterizzata da una prognosi infausta e non risponde a trattamenti specifici. Inoltre, l'infermiere sostiene i familiari nel momento della perdita e nell'elaborazione del lutto.

La legge 38 del 15/03/2010 trasforma il progetto dell'ospedale senza dolore in territorio senza dolore, stanziando fondi per la formazione del personale, stabilisce l'obbligo di rilevare il dolore almeno una volta a turno e stabilisce che le cure palliative e la terapia del dolore sono obiettivi prioritari del Piano Sanitario Nazionale.

Gli artt. 19 e 27 richiamano alla riservatezza e al segreto professionale.

Il termine accanimento terapeutico è in contrasto con il significato di terapia, che mira alla beneficilità; vi è la proposta di abbandonare il termine.

Accanimento terapeutico perché ha un carattere negativo, che viene identificato come un'ostinata continuazione delle cure anche quando appaiono inutili.

Il codice deontologico del FNOPI specifica che l'infermiere tutela le volontà dell'assistito di porre limiti agli interventi che non siano proporzionati alla condizione clinica e coerenti con la concezione da lui espressa della qualità di vita.

Precedentemente si parlava di cure ordinarie e straordinarie, ma poiché molti mezzi considerati straordinari oggi sono ordinari, si parla di mezzi proporzionati e mezzi sproporzionati.

Più complessa è la definizione di accanimento terapeutico, perché la sua definizione è complessa dato che vi sono diverse visioni che lo definiscono, arrivando a precisare che tutto ciò che non è richiesto dal paziente è accanimento terapeutico.

Relativamente all'eutanasia nel codice del 2009 se ne parlava nell'art. 38.

che non prevede l'uso di farmaci o altre sostanze attive per provocare la morte del paziente, ma piuttosto consiste nell'astenersi dal continuare le cure terapeutiche quando si ritiene che siano inutili o che prolunghino inutilmente la sofferenza del paziente. È importante sottolineare che l'infermiere non ha il compito di prendere decisioni riguardo all'eutanasia, ma è tenuto a rispettare le leggi e i principi etici che regolano la sua professione. L'infermiere ha il dovere di alleviare la sofferenza del paziente e di fornire cure palliative adeguate, ma non può prendere parte a interventi finalizzati a provocare la morte, anche se richiesti dall'assistito. L'argomento dell'eutanasia è complesso e suscita dibattiti etici e morali. È importante considerare le diverse prospettive e opinioni in merito, ma è fondamentale rispettare le leggi e i principi che regolano la professione infermieristica.attivo,come lo è la decisione di omettere una prescrizione di farmaci.L'eutanasia per commissione si divide in uccisione diretta(aiuto a morire) e uccisione indiretta(aiuto nel morire).L'uccisione diretta si ha quando viene attuata intenzionalmente, anche se per ragioni altruistiche e pietistiche, un esempio è l'overdose per compassione, dove si somministrano analgesici in quantità eccessive; nel caso di uccisione indiretta si somministrano analgesici per alleviare il dolore, ma è il loro cumulo nel corpo a portare alla morte del paziente.Dal punto di vista del paziente si divide in eutanasia volontaria e in eutanasia involontaria; nella volontaria la richiesta arriva direttamente dal paziente, mentre nel secondo caso la richiesta arriva da persone vicine al paziente, che si prendono il compito di interpretarne le volontà.In qualsiasi caso il codice deontologico pone il divieto alla richiesta di porre fine alla vita, anche se la richiestaarriva dall'assistito. L'art. 42 pone l'obbligo al professionista di segnalare quelle circostanze o condizioni che persistono e limitano la qualità delle cure e dell'assistenza. Nella parte finale richiama l'obbligo di segnalazione di situazioni lesive del decoro dell'esercizio professionale. L'art. 44 pone a carico dell'infermiere l'obbligo di segnalare le questioni relative all'abuso della professione riguardo alla tutela della persona. L'art. 49 del codice del 2009 disciplina i rapporti tra l'infermiere e le carenze della struttura in cui opera; le carenze possono essere di carattere organizzativo o strutturale, e dove tali carenze siano eccezionali l'infermiere è obbligato a compensarle. Nel caso in cui le carenze diventino abituali o ricorrenti e pregiudichino il mandato professionale dell'infermiere, questo ha l'obbligo di opporsi alla compensazione. Solitamente le organizzazioni sanitarie.sono caratterizzate da carenza di organico, ma raramente sono dotate di strumenti gestionali di compensazione istituzionali, come i piani di gestione delle assenze improvvisi; in questi casi l'organizzazione richiede compensazioni più o meno volontaristiche e ricorrenti nel tempo. Il consenso informato Il dibattito sul consenso informato in Italia è relativamente recente e si è introdotto con una certa forza, poiché precedentemente vi era l'idea della professione medica permeata da un retaggio ippocratico-paternalistico, ovvero dove il medico non informava il paziente ritenendo di agire per il suo bene e non considerando le sue volontà. Nell'ordinamento italiano la volontarietà di trattamento è sancita dall'art. 32 della Costituzione e stabilisce che nessuno può essere sottoposto a trattamento sanitario se non per disposizione di legge, ma sempre nel rispetto della dignità della persona. Nel nuovo codice diDeontologia medica, del 1998, è stabilito che il medico non può intraprendere attività diagnostica o terapeutica senza il consenso informato del paziente, che appunto per essere prestato tale consenso deve essere informato. Il soggetto preposto a informare e dare le informazioni è il medico, però il paziente ha il diritto ma non l'obbligo di essere informato, così come stabilito dal codice di deontologia medica del 1998; la volontà del paziente di non essere informato deve essere documentata in forma scritta o espressa per testimoni. I caratteri principali dell'informazione sono: - Onesta: deve essere esposta con chiarezza di linguaggio e essenzialità dei contenuti; - Veritiera: il medico non deve sottacere la verità; - Completa: il contenuto dell'informazione deve avere come oggetto i dati essenziali, attinenti alla diagnosi, alla prognosi, alla terapia medico/chirurgica, alle alternative terapeutiche, ai benefici.e ai rischi dell'aterapia, al decorso post-operatorio, ai tempi di degenza, all'incidenza dell'intervento sulla vita futura e il livello di informazione deve essere adeguato alla gravità dell'intervento e alla volontà di conoscenza espressa dalle richieste del paziente. I soggetti che devono prestare il consenso sono: - il maggiorenne; - il maggiorenne incosciente; - il minore; - il paziente inabilitato e interdetto. Nella routine è lo stesso soggetto destinatario del trattamento sanitario a prestare il consenso, a patto che sia maggiorenne e capace di intendere e di volere, quindi il suo consenso informato deve essere attuale e reale. Nel caso di trattamenti in emergenza e indifferibili, in cui il paziente non possa esprimere il proprio consenso, si fa riferimento al consenso presunto o presumibile, quindi si agisce come se vi fosse il consenso da parte del paziente e non è riconosciuto alcun potere ai familiari. Il paziente minore non può155 c.c. in caso di separazione o divorzio la potestà rimane di entrambi i genitori e non esclusivamente di uno solo. - Incombente pericolo di un grave pregiudizio per il minore, in cui il genitore che esercita la potestà può adottare comportamenti urgenti e indifferibili. Nel caso di questioni di relativa importanza il giudice può sentire anche il figlio maggiore di 14 anni. La forma del consenso Il consenso viene espresso in forma libera (scritta o orale), tranne che in certi casi determinati in cui viene espresso in forma scritta. La commissione nazionale di bioetica ha stabilito che il consenso in forma scritto è un dovere morale da parte del medico, e in cui tutti quei casi dove la volontà del paziente deve essere inequivocabile e documentata. Il codice deontologico però stabilisce che il consenso in forma scritta è integrativo e non sostitutivo dell'informazione e del consenso espresso in forma orale. Poiché vige la

La libertà della forma, il consenso può essere revocato in qualsiasi momento dal paziente, con qualsiasi forma (anche un semplice dissenso orale).

Dettagli
A.A. 2020-2021
9 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/03 Filosofia morale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher digiuseppe_leonardo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Deontologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Giunti Rossella.