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Nella risposta a Guillon, Foscolo sottolinea che non si può accettare che personalità
illustri e dignitose e che hanno tao tanto per la patria possano giacere nelle tombe
simili a quelle di chi la infangato o ingannato la patria. Questo, è un chiaro attacco
all'Editto di Saint-Cloud.
Questa precisazione introduce nel carme un principio essenziale, ripreso poi in
seguito: affinché una vita sia duratura, deve esprimere valori ed ideali e l'uomo
riuscirà a sconfiggere la morte solo se vivrà e perseguirà consapevolmente alti
ideali.
(51-61): Con un'ulteriore transizione, si passa dunque dall'immagine poetica all'editto
di saint-Cloud e il poeta cita un personaggio illustre e virtuoso, Giuseppe Parini,
che giace senza tomba. L'immagine del Parini ci viene donata con un'immagine
poetica del poeta che adornava nella sua casa l'immagine di Talia (musa della
poesia satirica, ispiratrice di Parini) con foglie di alloro e lei ricambiava la gentilezza
ornandogli i versi con il suo riso, quei versi che attaccavano e accusavano la vita
dell'esponente dell'aristocrazia lombarda.
(62-77): Così, mentre parla di Parini, Foscolo invoca Talia, si interroga sulla sua
presenza, perché non sente più l'odore del tiglio che dovrebbe indicarla.
"tu venivi e sorridevi sotto quel tiglio", scrive il poeta, quel tiglio che ora piange
perché non può coprire la tomba di Parini. Lo stesso tiglio di cui è fatto il boschetto in
cui Ortis incontra Prini. Ancora, egli scrive "forse tu vagolando fra le tombe dei
plebei, guardi.." ma non cercarlo, gli dice. Perché Milano, la sua città, non ha
lasciato né una pietra né una parola in suo ricordo probabilmente le sue ossa sono
mischiate alla testa mozza e alle ossa di qualche criminale.
nota importante (32): Foscolo sostiene che la morte riconcilia tutti gli estinti ma chi
vive non si riconcilierà mai con l'idea che il proprio caro sia sepolto con un
malfattore.
(78-90):(grazie ad un'altra transizione, si apre un altro passaggio in cui Foscolo fa
una sorta di omaggio alla poesia sepolcrale del tempo (ce ne sono infatti tutti gli
elementi): assenza della luce, lamenti delle cagne, ùpupa.
L'ambientazione è un cimitero di notte che funge non solo a mostrare gli effetti della
diavanza morale (resti disumani insepolti, tumuli incurati, animali che cercano cibo)
ma anche come premonizione di un futuro, con l'immagine delle tombe dimenticate.
Ritorna poi, Parini, nei versi "ma invano, o dea.." preghi che possa cadere la rugiada
sulla tomba del tuo poeta.
Si chiude con questi versi la denuncia e l'attacco e si apre un terzo blocco che
racconta tutti i riti che, nella storia hanno accompagnato il culto dei morti.
(91-103): grazie ad un'altra transizione, il discorso si sposta dal singolo a tutta la
collettività. Abbiamo un richiamo a Vico e dunque alla concezione meccanicistica
della storia. Inoltre, il valore della tomba oltre ad essere, come nell'antichità solo ed
esclusivamente testimonianza dei fasti, acquistano un valore civile e dunque si
capisce che bisogna sotterrare il corpo del defunto per proteggerlo dalla malvagità
della Natura.
nota importante (34): il Guillon attribuisce a questi versi solo il simbolo
dell'eccentricità del poeta, il quale risponde che il patto sociale ha fatto in modo che
gli uomini non fossero più belve, dune, la sepoltura acquista da lì un valore civile.
(104-114): Parte dunque una ricognizione storica che testimonia gli usi civili delle
sepolture. Le prime lapidi hanno origini dal Medioevo. Foscolo scrive che non
sempre le tombe hanno fatto da pavimento ai templi, né sempre gli odori dei
cadaveri si mischiavano all'incenso durante le messe, né sempre le città erano
rattristate dalle immagini degli scheletri né le madri dei bambini dovevano
tranquillizzarli in quanto erano impauriti dal piati figurato dei morti e da ciò che
vedevano durante la sepoltura.
(114-129): Si cambia quadro, dal Medioevo descrive il mondo classico dunque, dal
terrore e dall'oscurità medievale si passa ai cipressi e agli zefiri che gettano ombra e
odori sull'urna e il pianto dei vivi veniva raccolto in enormi vasi.
E la favilla dei colori verdi del giorno è continuata di notte da una fiamma "rapita
dagli amici" dell'estinto che di notte gli tiene compagnia. Come se l'uomo prima di
morire cercasse uno spiraglio di luce del Sole.
Il quadro poetico è così suggestivo che sembra possibile coglierne colori ed odori (la
luce del Sole, le fontane, le viole, il limbo, il latte per chiacchierare con l'estinto).
(130-136): Passaggio dalla descrizione del rito classico a quello moderno in
particolare il rito delle giovani donne vergini inglesi che vanno a parlare con la tomba
delle madri e pregano il "prode" Nelson. Al rito funebre inglese viene dato un
notevole rilievo in quanto insiste sul valore della patria. Un Inghilterra attiva e Viva.
(137-145): Foscolo passa, così. alla descrizione dei riti italiani sostenendo che è un
paese dorme lo spirito patriottico d'ispirazione delle tombe, le quali rappresentano
solo un'apparenza esteriore senza valore civile in quanto, ad esempio, i dotti e gli
intellettuali che dovrebbero dare decoro all'Italia, sono già morti da anni perché non
assolvono al loro compito e la loro vita è sostanzialmente insulsa. Dunque,
un'immagine di un'Italia passiva e morta, in contrapposizione con l'Inghilterra
sopracitata.
(145-150): il blocco termina, con l'immagine di un poeta che si ribella a tutto questo e
che crede nella patria e nel valore civile della tomba. E si augura, per sé e per tutti
coloro che hanno buon senso di ricevere un'adeguata sepoltura così che gli amici
vivi possano avere l'esempio di uomini virtuosi e di incontaminata poesia.
Terzo blocco di versi (151-164): Il terzo blocco apre una parte del carme
storico-politica. In questi versi Foscolo, in coerenza con il suo pensiero sulle tombe,
sostiene che le tombe dei grandi uomini possono accendere l'animo di chi si accinge
a compiere grandi gesta. Le tombe, inoltre, hanno anche una valenza sociale e
santificano la Terra, la patria e la Nazione.
Egli mette in evidenza il momento in cui visitò nella Chiesta di Santa Croce (firenze)
le tombe di:
Machiavelli (che con la sua celebre opera, il Principe, finge di svelare al principe
come rafforzare il suo potere ma, in realtà, svela alle gente di quante lacrime e
sangue gronda il potere);
Michelangelo (che ha dipinto la cupola della Basilica di San Pietro, innalzando un
tempio a Roma la cui cupola sembra l'Olimpo);
Galileo Galilei (avvalorando la teoria eliocentrica che ha dato uno slancio
all'astronomia), teoria continuata e sviluppata da Newton, cui gli ultimi versi fanno
riferimento.
(165-172): Continuando il discorso iniziato in precedenza, Foscolo (come l'Ortis che
adornava le sepolture di Michelangelo, Machiavelli e Galileo) le celebra, rivolge un
inno a Firenze che potendo ospitare queste tomba si presenta con un'aria
particolare, passionale, addirittura la Luna è lira di stare in quell'atmosfera: i colli
sono ricchi di vita e "festanti" e mandano i loro odori al cielo e il tutto è irraggiato
dalla Luna.
(173-179): Firenze è anche la città che ha dato i Natali a Dante e i genitori e la lingua
a Petrarca, autori notevolmente importanti con cui è nata la lingua, la storia, la
letteratura e la Civiltà italiana. Inoltre, Foscolo idealizza l'amore sensuale ed
edonistico proprio della poesia Greca e Romana.
Ma tutto questo ha una logica precisa, al di là dei versi in se. Logica che viene
chiarita nei versi successivi.
(180-197): Firenze è eccezionale perché è l'unica cittè d'Italia a custodire le glorie
della patria perché le Alpi e i territori italiani sono sempre stati violati dagli stranieri
che hanno tolto tutto all'Italia tranne la memoria di un passato illustre, che ci
proviene dalle tombe del Di Santa Croce.
Ed è da qui che gli uomini gloriosi dovranno prendere auspicio ed ispirazione per un
riscatto civile, politico, e culturale (pone le basi del Risorgimento). Compare Alfieri (il
primo a parlare di libertà) che,andava spesso ad onorare le tombe per trarre
ispirazione dal momento in cui nulla sembrava riuscire ad addolcirgli le pene. Infatti,
scrive il foscolo che anche le sue ossa sono state sepolte lì e "fremono amor di
patria", da queste prende vita un messaggio di rinascita della Patria.
(197-212): Con un volo pindarico/transizione, Foscolo parte dal fatto italiano per
compiere un discorso universale. Da Santa Croce una voce che incita alla libertà, la
stessa che ha spinto i greci a combattere per la loro libertà ed è quello che
dovrebbero fare tutti i popoli.
Si riferisce, poi, ad Ippolito Pindemonte, il navigante che vede non solo le lotte ma
anche l'onda violenta dei cavalli e, infine, sente i pianti dei guerrieri sconfitti, l'inno di
quelli vittoriosi e il canto della Parche che accompagnano i morti alle tombe. Quasi a
rappresentare cinematograficamente la battaglia.
(213-225): Ancora, rivolgendosi a Pindemonte, l'autore mette in evidenza come,
anche Pindemonte, che nei suoi anni giovani poteva percorrere il mare, avrà
sicuramente sentito vecchia leggende, tra onde agitate, le quali portavano sulla
tomba di Ajace le armi di Achille sottostagli astutamente da Ulisse. La morte, infatti è
giusta dispensatrice della gloria al valorosi.
Si riferisce alla leggenda: quando morì Achille vi fu una disputa su chi dovesse
prendere le sue armi: Ulisse (astuto) e Ajace (forte). Vince Ulisse.
Così, Foscolo nei suoi versi immagine che Ulisse le abbia adagiar sulla poppa della
nave e il vento le avesse prese e portar da Ajace in quanto la morta dispensa la vera
gloria agli uomini vittoriosi.
Quarto blocco di versi (226-234): Negli ultimi settanta versi del carme Foscolo rende
centrale l'idea della poesia che ragiona su sé stessa come eternatrice delle vicende
storiche. Gli endecasillabi raggiungono una musicalità ineguagliabile. S'innalza,
dunque, il tono lirico dei versi e questo è dovuto alla presenza diretta dell Muse.
Foscolo, infatti inizia i versi rivolgendosi a sé stesso, sostiene che anche lui vorrebbe
essere chiamato dalle Muse (che descrive sedute sui Sepolcri, che cantano dei
deserti e con il loro canto armonico spezzano secoli di silenzio). Infatti, anche
quando il vento distrugge tutto, esse continuano a cantare, ossia a rendere immortali
gli eroi, con le poesie che hanno ispirate. La poesia dunque assume il ruolo di
te