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UGO FOSCOLO
Vita e periodo storico
Si tratta di un personaggio che si trova a vivere in un periodo storico di costanti e
continui cambiamenti. Questa dimensione dell’accelerazione della storia è forse
ancora più forte che per Machiavelli. In questo periodo si sente sempre di più il
bisogno di spostarsi. Foscolo nasce in un’isola della Grecia, Zante, che fa parte della
Repubblica oligarchica di Venezia che sta vivendo gli ultimi anni della sua storia.
Foscolo fa in tempo a conoscere la crisi di uno degli emblemi dell’Europa, Venezia
appunto. Si sposterà poi a Bologna, poi a Milano seguendo le tappe delle posizioni
politiche di quegli anni. Durante il periodo napoleonico, fra il ’14 e il ’15, Foscolo
tramava assieme ad altre importanti figure dell’epoca la possibilità di creare uno stato
italiano. Sapendo però di poter essere incarcerato e inquisito dal nuovo stato sotto il
regno austriaco a causa delle sue idee politiche sceglierà l’esilio in Inghilterra. Questa
nazione è molto avanzata dal punto di vista culturale. Fra il 1796 e il 1799 nel
cosiddetto Triennio repubblicano o giacobino un giovane generale è a capo di un
esercito francese e comincia a liberare alcune delle città del nord Italia (Napoleone
Bonaparte). Milano viene liberata ed è instaurata una repubblica basata sugli ideali
che provengono dalla rivoluzione francese. In questo periodo anche l’ex ducato
estense darà vita ad una nuova forma politica: la repubblica Cispadana. Tutti questi
nuclei che si liberano grazie ai francesi si mettono insieme e danno vita nel 1797 ad
una più grande repubblica chiamata Cisalpina. Dal punto di vista della cultura
letteraria avviene in questi anni una trasformazione molto importante: muta e si
trasforma la stessa idea di letteratura. Innanzitutto assume un’importanza centrale un
concetto che è già illuminista e cioè l’idea dell’utilità della letteratura (sta al passo con
l’idea del progresso e si incarica di propagandare anche ciò che ha a che fare con il
progresso). Tutto il Settecento illuminista era stato in realtà il secolo all’insegna della
conversazione. C’erano stati dei luoghi in cui questa civiltà della conversazione aveva
trovato il suo punto più alto, le accademie, dove ci si incontrava e ci si confrontava sui
temi attuali (l’Accademia dei Trasformati in cui a casa di un nobile, Imbonati, si trovano
a discutere vari ministri, dottori, qualche giurista e altre figure tra cui anche Giuseppe
Parini). La conversazione accademica è parte molto importante del dibattito culturale
di questo periodo. Non sono tutti poeti coloro che frequentano questi luoghi ma spesso
la poesia è il punto di partenza per ragionare di cose attuali. Queste conversazioni
erano fatte anche all’interno dei salotti tra cui quelli femminili: ad esempio quello di
Isabella Teotochi Albrizzi. Tra le riviste che circolavano all’epoca c’è anche Il Caffè dei
fratelli Verri e di Cesare Beccaria. Questo giornale in questo periodo riporta proprio le
conversazioni che avvenivano al caffè. Dopo il ’96 i luoghi della conversazione mutano
e dall’accademia si passa alla piazza: il luogo dove si discute non è più l’accademia nel
salotto della famiglia benestante come quella degli Imbonati, ma diventa la piazza con
i suoi riti (si alza l’albero della libertà e sotto si recitano poesie, si fanno discorsi, si
declama, si dibatte,…). Non si cerca più di discutere in un ristretto numero di persone
ma si cerca di ottenere il consenso. Se il governo di uno stato non è più dato da
un’investitura divina ma il potere è un dato storico allora cambia anche il modo di
conquistare il potere e il consenso è fondamentale. Ne consegue che cambi anche la
figura del letterato. Compare un nuovo tipo di poeta, di letterato: giovani tra i 20 e 30
anni appartenenti alla media e piccola borghesia o al basso clero, personaggi pieni di
aspirazioni e cultura che ben comprendono che fino a quel momento non avrebbero
mai potuto trovare luoghi per emergere. Foscolo è uno di questi. È un piccolo
borghese, un uomo che ha studiato ma che prima di questo anno non avrebbe mai
potuto trovare quell’esposizione pubblica che egli in effetti ebbe in un contesto in cui
comincia ad avere un senso quella prospettiva sempre molto ambigua che esiste da
Dante e Petrarca in poi che è quello dell’identità nazionale. Il concetto politico di
nazione viene riconosciuto per la prima volta proprio in questo momento: si comincia a
parlare di una nazione in termini costituzionali. Si parla non solo di un’Italia culturale
ma anche come un’istituzione libera e autonoma. I francesi sono visti come dei
liberatori dagli italiani. Lo stesso Foscolo accoglie Napoleone come un liberatore ma
ben presto comincia a dubitare. Il primo caso è quello della firma del Trattato di
Campoformio con cui la Repubblica di Venezia diventa territorio austriaco. Foscolo si
era molto esposto politicamente contro l’Austria e quindi non può che scappare. Con
questo avvenimento comincia anche la scrittura dell’Ortis nella prima lettera. Foscolo
è un nuovo tipo di intellettuale: non solo un’anima pensate, un educatore, un poeta
raffinato ma una figura di intellettuale militante che non esita anche ad assumersi
nuove cariche come quella del giornalista. Foscolo dirige un giornale, assume una
nuova professione all’interno di un ceto di letterati che proviene dalla piccola
borghesia e quindi non possono mantenersi da soli come fecero in passato Parini o
Monti (P. Aveva una rendita della zia e Monti era un abate). Foscolo sarà anche un
funzionario dell’esercito e assieme a lui anche tanti altri letterati. Per lui essere
nell’esercito è importante perché equivale a dire costruire un esercito nazionale.
Quindi lui segue i suoi ideali ma allo stesso tempo deve mantenersi. Grazie alle
riforme avviate anche prima della rivoluzione i lettori, coloro che on sono analfabeti,
sono di più. Nel 1801 scrive una recensione ad una raccolta di novelle in cui afferma
che la storia, la politica sono generi che servono per la classe dirigente, poi vi è la
“grande massa degli idioti che non sono in grado di leggere”. Tra questi due gruppi vi
è però una larga fetta di popolazione che desidera essere coinvolta nella lettura
tramite novelle e romanzi (poco dopo è stato detto che il romanzo è il genere del ceto
medio). Foscolo non solo crede in ciò ma è anche l’autore del primo romanzo mai
scritto: l’Ortis. Le ultime lettere sono scritte proprio fra il ’96 e il ’99. Non riuscendo a
finire il manoscritto verra terminato da Sassoli e poi pubblicato. Solo nel 1802 verrà
pubblicata la prima edizione riconosciuta dall’autore. Sul modello goethiano Foscolo
riscrive la storia in u contesto di profondissima delusione politica: Jacopo non può
amare e no può nemmeno vivere in una terra che non è libera, bensì sottoposta al
giogo straniero. Si tratta di una sorta di pessimismo sociale: non c’è redenzione o
progresso possibile. Nel 1802 giunge a queste sue convinzioni pessimiste a causa della
delusione. Già alla fine del Triennio della Repubblica Cisalpina è un letterato non
allineato, di opposizione, che si esprime con molto coraggio: è un giovane non di
primissimo piano. Scrive addirittura un’ode in cui è presente la dedica a Bonaparte
liberatore anche se non si tratta di una dedica del tutto positiva (SLIDE 4). Con il
Congresso di Lione del 1801 molti intellettuali che si erano esposti politicamente
devono fuggire a Parigi e in particolare a Lione. Qui si darà vita nel 1802 alla
repubblica Italiana il cui presidente è lo stesso Napoleone, che si autonomina (SLIDE
6). Al posto della repubblica verrà poi fondato il Regno d’Italia e Napoleone diventa re
d’Italia. Dal1805 i poi la prospettiva di emancipazione nazionale è una chimera: chi ci
ha creduto non può che riflettere sulla propria sconfitta. La linea verso cui napoleone
si muove è be chiara ed è la linea che porterà al cesarismo e che non dà certo spazio a
quell’autonomia in cui Foscolo credeva. Quando Foscolo nel 1807 comincia a scrivere i
Sepolcri ha dietro questa sconfitta: il testo non si capirebbe se esso non fosse
collocato in questa prospettiva.
I Sepolcri
Nel 1804 in Francia viene imposta la sepoltura nei cimiteri extra-urbani. Nel 1806
l’editto di San Cloud impone questa regola anche in Italia. Forse il primo saggio scritto
su questo tema è “Saggio intorno al luogo del seppellire” di Scipione Piattoli (Modena)
degli anni Settanta del Settecento. Il tema da un punto di vista letterario (morte e
luoghi della sepoltura) è un tema largamente diffuso per tutta la metà del Settecento.
Si vede un certo interesse per l’estetica del lugubre, tema fortunatissimo in questo
periodo (SLIDE 9). Si tratta di opere molto tradotte e diffuse in tutta Europa. Un’opera
sicuramente fondamentale è “Elegy written in a Country-Churchyard” di Gray a cui lo
stesso Foscolo si ispira. Egli afferma che nessuna tomba artisticamente creata da
grandi scultori celebra la vita onesta e laboriosa di chi non ha fatto nulla per emergere
nella cronaca. Eppure essa è l’unico modo per ricordare queste persone. Evidente è
anche il tema della sepoltura lacrimata. Si tratta di una prospettiva filosofica legata
anche ad una sensibilità sociale.
Foscolo non affronta la questione dei sepolcri secondo una prospettiva morale-religiosa
e neppure secondo una prospettiva filosofica. In realtà da dopo il 1800 Foscolo si sta
interrogando sui meccanismi antropologici che costituiscono l’identità di un popolo. Si
chiede come si possa definire un popolo e come esso possa sentirsi unito. La sua
riflessione asce da un bisogno politico di riflettere su un passato remoto per capire
come muoversi nel presente e quello che gli interessa a partire da questa stagione è
quello di capire quali siano i meccanismi antropologici che si basano sui riti e
definiscono una comunità (consuetudini rituali che fanno sì che u popolo si senta tale).
I un discorso che scrive ma non pubblica del 1801 (SLIDE 11) in cui affronta il tema dei
sepolcri in un modo che sembra anticipare proprio la poesia dei sepolcri. Secondo lui
bisogna sostituire la statua del santo con la statua del nome illustre per far sì che il
popolo si dimentichi dei santi perché lo stato diventi l’anima religiosa del popolo. In un
momento in cui molti esponenti del partito patriottico italiano hanno un atteggiamento
ateo di rifiut