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TRA DÉCENTRALISATION E SUSSIDIARIETÀ
Fino all'attuale revisione, lo statuto costituzionale delle collettività territoriali era caratterizzato da quello che noi chiamiamo "principio di libera amministrazione": formula magica ma poco esplicita, se non fosse che il riferimento all'amministrazione escludeva chiaramente la loro azione dal campo e dalla gestione degli affari politici. Enunciato dagli articoli 34 e 72 della Costituzione, questo principio non era stato meglio esplicitato dalla legislazione successiva; al più la dottrina faceva osservare che esso non doveva essere confuso con la nozione di "décentralisation". Infatti la décentralisation si riferisce strettamente ai rapporti tra lo Stato e gli enti territoriali, mentre la libera amministrazione comprende anche le relazioni che si stabiliscono tra le stesse collettività territoriali; tanto che lo stesso termine décentralisation non era presente.In Costituzione. In mancanza di altre indicazioni, spettò dunque allagiurisprudenza determinare il senso e la portata del principio di libera amministrazione. Ma, come è stato detto, ilC onsiglio costituzionale ha dato prova, a tal riguardo, di grande prudenza se non addirittura di eccessivo ritegno.Senza pretendere di dare una definizione precisa o un contenuto concreto al principio, esso si è accontentato didelimitare uno spazio, all’interno del quale diverse soluzioni sono possibili e ugualmente conformi a C ostituzione. Perfare ciò il C onsiglio costituzionale ha escluso due soluzioni estreme:- quella dell’autonomia locale (o self-government) perché, in nome del carattere unitario dello Stato, si ritiene che lagestione degli affari locali non rivesta carattere politico. Il prefetto inoltre deve poter esercitare un controllo dilegalità sugli atti delle autorità decentralizzate, investendo, all’occorrenza, il
giudice amministrativo.- quella della gestione centralizzata degli affari locali, stabilendo che «ogni collettività deve disporre di un consiglio eletto, dotato di funzioni effettive», che le elezioni locali devono svolgersi secondo una «periodicità ragionevole» e che le autorità decentralizzate devono disporre di una certa libertà di decisione per il reclutamento dei funzionari territoriali. Ma, in conclusione, il contenuto giuridico del principio di libera amministrazione rimaneva relativamente povero, tanto che il Consiglio costituzionale non era mai stato chiamato a risolvere eventuali conflitti di competenze tra lo Stato e le collettività territoriali. Dunque non sorprende il fatto che nel 2003 il costituente abbia dato al principio un contenuto più sostanziale; la sorpresa viene piuttosto dal fattoche esso abbia deciso di inserire nel corpus costituzionale le due nozioni di "décentralisation" e "sussidiarietà". Questa imprevista associazione non fa che aprire delle prospettive estremamente aleatorie. Un'associazione imprevista Praticamente sconosciuta nell'ordinamento giuridico nazionale, la sussidiarietà vi ha fatto un ingresso degno di nota, con la revisione costituzionale del 2003; e il paradosso della situazione consiste nell'irruzione concomitante della nozione di décentralisation che rientra in una logica giuridica differente. Come giungere a conciliare dei principi che rientrano nel campo di problematiche istituzionali opposte? 1° Il contrasto dei principi Décentralisation e sussidiarietà dipendono da forme istituzionali a priori incompatibili: quella dello Stato unitario da una parte, quella del federalismo dall'altra. La décentralisation poggia su un postulato e suppone unapratica politica volontarista. Il postulato – di solito implicito– consiste nella considerazione che la gestione degli affari pubblici è certamente di competenza dello Stato. Quale incarnazione giuridica della nazione, lo Stato esercita un dominio su tutte le sue componenti e, per far ciò, detiene la totalità delle competenze di cui regola l’esercizio secondo la sua convenienza. Bisogna partire da questa premessa per capire le diverse nozioni di deconcentramento e di décentralisation. Certo, l’una e l’altra implicano un trasferimento di competenze; ma nel primo caso questo trasferimento opera a vantaggio delle autorità designate (come il prefetto) o degli uffici (i rappresentanti locali dei principali ministeri), che agiscono in nome e per conto dello Stato, mentre, nel secondo caso, la devoluzione delle competenze avviene a vantaggio delle collettività territoriali, le quali, si ricorda, sono amministrate attraverso
consigli democraticamente eletti. Tuttavia il trasferimento di competenze resta sempre prerogativa dello Stato; è allo Stato che spetta la decisione sovrana sulla natura e sul livello di esercizio delle competenze pubbliche. E' in questo senso che si può affermare che la décentralisation è un caso di volontarismo politico.
La sussidiarietà fa riferimento ad una filosofia politica e sociale diametralmente opposta e si adatta a pratiche istituzionali diverse. Si tratta di conciliare libertà individuale, giustizia sociale ed efficienza in un'ottica sprovvista di apriori. Dunque, applicato all'organizzazione delle pubbliche istituzioni, il principio non accorda alcun privilegio né particolare favore allo Stato. L'intervento di quest'ultimo non è di certo escluso dalla gestione degli affari sociali ma non è considerato come primario o decisivo, tanto che - ed è questa la dimensione
federalista del principio – gli enti territoriali, che lo costituiscono, spesso preesistono alla sua formazione; essi dunque hanno dei diritti da far valere, che sono anteriori se non superiori a quelli dell'autorità statale. Il principio di sussidiarietà permette, in questo contesto, di armonizzare l'azione degli enti federati e dello Stato federale. Ciò avviene in maniera dinamica, perché l'articolazione del principio permette degli aggiustamenti puntuali e periodici generalmente regolati, al di là del testo costituzionale, attraverso gli interventi della giurisprudenza. Però il costituente francese è riuscito nell'impresa di mantenere l'ambiguità, facendo riferimento ad entrambi i termini nella revisione operata.
2° Il duplice riferimento testuale
Oramai il riferimento alle due nozioni figura in titoli diversi del testo costituzionale; ma il loro inserimento ha suscitato aspre controversie.
Bisognava citare espressamente la nozione di décentralisation in Costituzione, dal momento che, come si è detto, il principio di libera amministrazione, che la comprende e la supera, vi figura già? E nel caso affermativo, dove collocare questo riferimento? La volontà del Governo di inserire tale nozione nell’articolo 1 del testo ha suscitato una grave polemica. In effetti alcuni hanno potuto osservare che una tale iniziativa era inopportuna perché la décentralisation attiene all’organizzazione amministrativa dello Stato; essa dunque non è un valore normativo dello stesso rango «dell’uguaglianza» o «dell’indivisibilità della Repubblica» che sono già presenti nel primo articolo della legge fondamentale. Ma precisamente i fautori della riforma intendevano bilanciare il famoso principio di indivisibilità con le esigenze di décentralisation e dunque il progetto èstato adottato tale e quale; ciò rende ormai molto singolare la formulazione di questo articolo. In esso infatti si legge: «La Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale...La sua organizzazione è decentralizzata (décentralisée)» tanto che: - non si sa esattamente quale sia l'oggetto della décentralisation: la Francia, la Repubblica o lo Stato? - spetterà tanto al giudice costituzionale che al Consiglio di Stato operare la necessaria conciliazione tra l'imperativo dell'indivisibilità e le necessità di décentralisation. Nelle loro future valutazioni, le autorità pubbliche dovranno tener conto anche del principio di sussidiarietà, che fa un ingresso, surrettizio ma molto concreto, nel corpus costituzionale. A dire il vero la sussidiarietà non era completamente assente dal nostro ordinamento giuridico prima del 2003; ma i riferimenti a talenozione non eranomolto significativi. Se ne era fatto uso nella Charte de la déconcentration del 1992 – che dunque non interessavaaltro che le funzioni dello Stato – e in una legge del 1999 sullo sviluppo sostenibile. Quest’ultima tuttavia mirava,nell’ottica comunitaria, ad articolare la politica regionale europea e la politica francese di pianificazione del territoriosenza comportare precise conseguenze sul piano delle competenze e sull’azione degli enti infra-statuali. L’improvvisapromozione a livello costituzionale della sussidiarietà ha dunque provocato sorpresa e dibattito. Quest’ultimocertamente è rimasto confinato nell’ambito degli specialisti ma ha dato luogo ad uno scontro ai più alti vertici delloStato. Mentre il Primo ministro insisteva per l’inserimento della sussidiarietà, il Presidente della Repubblicamanifestava delle riserve non equivoche nei confronti di una tale iniziativa.è dovuto scendere ad uncompromesso: formalmente la nozione di sussidiarietà non sarebbe apparsa nel testo ma ad essa si sarebbe fatto riferimento da un punto di vista materiale. Questo ci è valso la curiosa formula che figura all’articolo 72 (co. 2) della Costituzione: «Le collettività territoriali hanno vocazione (vocation) a prendere decisioni per l’insieme delle competenze che possono essere realizzate al loro livello». La formula è sufficientemente sibillina per lasciar spazio a molteplici applicazioni.
B Prospettive aleatorie
La revisione costituzionale schiude larghe prospettive che sarebbe prematuro racchiudere in un pronostico perentorio. Ma non è proibito sottolineare le incertezze che la circondano e che riguardano, allo stesso tempo, la vaghezza del principio di sussidiarietà e i rischi derivanti dal conflitto con il principio della décentralisation.
www.issirfa.cnr.it/999,949.html 3/713/04/12 ISSiRFA
al fatto che la sussidiarietà è un principio fondamentale dell'Unione Europea, ma spesso viene interpretato in modo vago e ambiguo. La sussidiarietà, infatti, prevede che le decisioni siano prese al livello più basso possibile, in modo da coinvolgere direttamente i cittadini e garantire una maggiore partecipazione democratica. Tuttavia, spesso si assiste a una centralizzazione eccessiva del potere, con decisioni prese a livello nazionale o sovranazionale, senza coinvolgere adeguatamente le autorità locali e regionali. Questo porta a una mancanza di efficacia e di legittimità delle decisioni prese, e a una distanza sempre maggiore tra i cittadini e le istituzioni. Per superare questa vaghezza e garantire una reale attuazione del principio di sussidiarietà, è necessario promuovere una cultura della decentralizzazione e dell'autonomia, valorizzando le competenze e le risorse delle autorità locali e regionali. Solo così si potrà garantire una governance più efficace e vicina ai cittadini, e favorire lo sviluppo di politiche pubbliche più adatte alle specificità territoriali.