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La filosofia di Hume e la scienza della natura umana
Alla base della filosofia di Hume vi è il progetto di costruire una scienza della natura umana su base sperimentale. Per Hume la natura umana costituisce la "capitale" del regno del sapere e che quindi una scienza che se ne occupi risulti più basilare e urgente delle altre. Egli ha una tendenza empiristica e anti-metafisica (non posso esperire Dio, il mondo ecc... solo ciò che vedo).
Quello di Hume si configura come un empirismo moderno, puro, secondo cui l'esperienza è alla base della conoscenza e secondo cui è necessario un rifiuto delle idee metafisiche in quanto non possono produrre conoscenza certa, necessaria e universale, visto che non ne possiamo fare esperienza (es- Dio). Egli critica la possibilità del sapere scientifico, il quale si basa sul principio di causalità; non la condanna, però, ritiene utili le conoscenze possibili!" moderato, probabilistico=possiamo conoscere solo ciò che è probabile.
La sostanza (universale, certa, mutabile, necessaria, sempre vera) non esiste, inquanto non si può conoscere. Dobbiamo bruciare i volumi di teologia o di metafisica, ovvero volumi che non contengano verità che si basano su ragionamento astratto quindi deduzioni logiche. Inoltre dobbiamo considerare i libri di matematica, geometria, filosofia e scienza naturale in quanto contengono verità di fatto derivate dall'esperienza, ragionamenti sperimentali (astratti) su questioni di fatto e di esistenza. Hume divide le percezioni della mente in due classi, che si distinguono per grado diverso di forza e vivacità con cui colpiscono lo spirito: 1. IMPRESSIONI: passioni, sensazioni, ciò che provi immediatamente, forte e vivido. Penetrano con maggior forza nella coscienza. Tutto ciò che è contenuto nella nostra mente, frutto dell'esperienza. 2. IDEE: immagini illanguidite delle impressioni, si basano sul ricordo e sono più blande (memoria=disposizione naturale innata, non ragionamento). La differenza è la stessa che intercorre tra il dolore provato e il ricordo di questo dolore: l'idea non può mai raggiungere la vivacità e la forza dell'impressione e, quindi, ha meno valore conoscitivo. Ogni idea deriva dalla corrispondente impressione e non esistono idee o pensieri di cui non si sia avuta precedentemente l'impressione. L'uomo può senza dubbio comporre le idee nei modi più arbitrari e fantastici, e spingersi con il pensiero fino agli estremi limiti dell'universo, ma non farà mai un realmente un passo al di là di sé (mai avanti verso conoscenza oggettiva, necessaria, universale), perché non avrà mai in suo possesso altre specie di realtà che quelle delle sue impressioni (empirismo puro). Hume risolve totalmente la realtà nel molteplice delle idee attuali e nulla ammette al di là di esse (non c'è nulla).
"che non passi dalla percezione). Per spiegare la realtà del mondo edell'io, egli ha a sua disposizione le impressioni, le idee e i loro rapporti. Ogni realtà deve,per lui, risolversi nei rapporti con cui si connettono tra loro le impressioni e le idee."%&'()*")'+),)-.*/"0'12/"+*+"0&2"1-&(3-1'","4*+5,1'"6'"1',6)7"'(,8-+,)'/"8,"(*6*","1-(*6.'16'"+'-"6*1*"'6'8'+)-"*1-9-+,6-:"6,"3*+36&(-*+'"(3'))-3,";"-+'.-),<-6'!"#"io posso mettere insieme idee mase non si nutrono di esperienza questo ragionamento non porta una conoscenza certa,universale e necessaria.Hume nega le idee astratte, affermando che non esistano; esistono unicamente ideeparticolari, assunte come segni di altre idee particolari a esse simili. Per spiegare lafunzione del segno,
Cioè la capacità di un'idea di richiamare un gruppo di idee simili tra loro, gli umani ricorrono al principio dell'abitudine = disposizione innata connaturata agli uomini, non è ragionamento. Quando abbiamo scoperto una somiglianza tra idee che per altri aspetti sono diverse adoperiamo un unico nome per indicarle; si forma, così, in noi l'abitudine di considerare in qualche modo unite tra loro le idee designate da un unico nome, =, "sicché il nome risveglierà in noi l'abitudine che abbiamo di considerarle assieme!" 4&+>-*+'" 0&1,8'+'") 6*9-3," 5'6" ('9+*" 3*+3'&,6'") 5-.'+)," 3*(?/" 0'1" @&8'/" &+"
La disposizione naturale a connettere le idee è detta immaginazione (non libera). Questa connessione è garantita da una forza, detta principio di associazione, delle idee: le idee si attraggono, non c'è un ragionamento, l'uomo è portato naturalmente a generalizzare. Questadolce forza di attrazione opera secondo tre criteri fondamentali:- somiglianza (impressioni simili)
- contiguità (vicinanza) nel tempo e nello spazio
- causalità
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Lo spazio e il tempo (dimensioni della soggettività) sono maniere di sentire le impressioni, modi con cui le impressioni si dispongono dinanzi allo spirito; nello stesso modo sono destituite di oggettività le idee di causa ed effetto e di sostanza materiale (io, Dio e il mondo). Hume distingue che le proposizioni che concernono relazioni tra idee (come le proposizioni matematiche) dalle proposizioni che concernono fatti (come le proposizioni delle Scienze Naturali). Le prime si possono scoprire "per mezzo della sola operazione del pensiero".indipendemente da ciò che è realmente esistente in una qualsiasi parte dell'universo". Si tratta verità di ragione, derivanti da ragionamento logico basato sul principio di non-contraddizione; sono dette proposizioni analitiche in quanto il predicato è già implicitamente contenuto nel soggetto, dal quale può venire razionalmente ricavato per via di analisi. Le proposizioni che concernono relazioni tra idee hanno in sé stesse la loro validità. Le proposizioni, invece, che concernono dati o materie di fatto (verità di fatto) non sono fondate sul principio di non contraddizione, bensì sull'esperienza e producono conoscenza possibile: infatti la proposizione "il sole domani non si leverà" è una posizione non meno intelligibile, né più contraddittoria di "il sole domani si leverà". I ragionamenti che riguardano realtà o fatti si fondano sul
Rapporto causa-effetto: la tesi di Hume è che la relazione tra queste due non può mai essere conosciuta a priori, cioè con il ragionamento, ma soltanto per esperienza. Questo significa che la connessione tra causa ed effetto, anche dopo che è stata scoperta per esperienza, rimane arbitraria (perché non possiamo fare esperienza di tutto) e priva di qualsiasi necessità oggettiva! La presunta necessità oggettiva del rapporto causale scaturisce da una necessità soggettiva, ossia dal fatto che l'uomo, per abitudine, è portato a credere che a un evento seguirà immancabilmente un altro. Causa ed effetto sono due fatti interamente diversi, ognuno dei quali non ha nulla in sé che richiami necessariamente l'altro. Tutte le diverse possibilità non possono essere escluse perché non sono contraddittorie in se stesse: l'esperienza ci dice che una sola di esse si verificherà ma.L'esperienza non ci illumina se non intorno a fatti che abbiamo già sperimentato in passato, senza dirci nulla circa i fatti futuri. Anche dopo che l'esperienza è stata fatta, la connessione tra la causa e l'effetto rimane arbitraria e non potrebbe essere assunta come fondamento in nessuna previsione e in nessun ragionamento sul futuro. Che il corso della natura possa cambiare, che i legami causali che l'esperienza ci ha testimoniato per il passato possano non verificarsi nell'avvenire, è ipotesi che non implica alcuna contraddizione e, quindi, rimane sempre possibile. Tutto ciò che impariamo dall'esperienza è che da cause che ci appaiono simili ci aspettiamo effetti simili: ma questa "attesa" non è giustificata dall'esperienza, è piuttosto il presupposto ingiustificabile dell'esperienza. Se ci fosse qualche sospetto che il corso della natura potesse cambiare e che il passato non servisse da
regola per il futuro, ogni esperienza diverrebbe inutile e non potrebbe dare origine ad alcuna inferenza o conclusione. Queste considerazioni escludono che il legame tra causa ed effetto possa essere dimostrato come oggettivamente necessario, cioè come assolutamente valido: l'uomo lo crede necessario e fonda su di esso l'intero corso della sua vita; la necessità di tale legame è quindi puramente soggettiva e va cercato in un principio della natura umana. Quando abbiamo visto più volte congiunti due fatti o oggetti siamo portati, dall'abitudine, ad aspettarci l'uno quando l'altro si mostra ma l'abitudine spiega la congiunzione che noi stabiliamo tra i fatti, non la loro connessione necessaria. Ogni credenza (si basa sulla fede, la "conoscenza" non derivata da verità logiche o di fatto è credenza), in quanto risultato di un'abitudine, è un sentimento o un istinto, non un atto di ragione; è unaturale che deriva dalla nostra disposizione istintiva a riconoscere la realtà di qualcosa. La conoscenza della realtà, secondo Hume, appartiene al campo della probabilità e non della conoscenza scientifica. Questo significa che Hume intende preservare la distinzione tra credenza e finzione. La credenza, infatti, è un sentimento naturale.