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Estratto del documento

VIII d'Este come fanno i corsari con le schiave, dimostrando che l'avarizia ha del tutto soggiogato i

Capetingi. Il culmine di tali empietà sarà raggiunto da Filippo il Bello, che manderà i suoi emissari

ad Anagni a oltraggiare papa Bonifacio VIII: Cristo sarà catturato e deriso nella persona del suo

vicario, ucciso nuovamente tra due ladroni. Il penitente profetizza ancora che Filippo, nuovo Pilato,

porterà le sue vele nel Tempio (scioglierà cioè l'ordine dei Templari). Gli Angiò sono i veri nemici 26

politici di Dante perché questi sono il braccio armato della Chiesa contro l’imperatore prima, e

dopo contro i Ghibellini e sono i grandi capi del partito guelfo nero.

Ugo Capeto invoca per tutti costoro la vendetta e l'ira divina; profetizza un episodio che accadrà da

li a pochi anni (settembre 1303): ad Anagni entrerà il giglio (simbolo del re di Francia) e vede Cristo

nuovamente catturato nella persona del suo vicario, cioè il papa; vede Cristo che viene deriso

come era già accaduto durante la sua passione; vede che gli danno ancora aceto e fiele; vede che

lo uccidono tra due ladroni. Praticamente rivede la passione di Cristo, ma applicata al vicario di

Cristo (Bonifacio VIII) e ciò che Capeto profetizza è l’episodio famoso in cui Bonifacio VIII, in

contrasto con il re di Francia, teorizzava la superiorità del potere spirituale su quello temporale.

Contrasto tanto duro che ad un certo punto l’inviato del re di Francia in Italia, insieme ad un

esponente della famiglia Colonna, si recano ad Anagni e catturano il papa. Non muore in

quell’occasione, ma un mese dopo Bonifacio VIII muore dopo aver subito tale oltraggio. Bonifacio

VIII è il nemico per eccellenza di Dante, infatti Dante lo manda all’Inferno; ma in questo caso,

Dante si scaglia contro coloro che avevano oltraggiato Bonifacio VIII, perché quest’ultimo è il

vicario di Cristo. Una cosa è criticare la politica temporale del papa, un’altra è mandare all’Inferno i

papi, altra cosa è, invece, toccare il vicario di Cristo, perché Dante essendo ortodosso disprezza si

la figura di Bonifacio VIII, ma non disprezzerebbe mai la figura del papa.

Nel canto XVIII si trovano gli accidiosi (accidia=depressione). Virgilio si rivolge ai penitenti e li

definisce anime mosse da un acuto fervore che supplisce alla loro negligenza in vita, quindi

dichiara che Dante è ancor vivo e desidera salire alla Cornice seguente appena ci sarà di nuovo la

luce del sole, per cui li prega di indicar loro il passaggio. Uno degli spiriti risponde invitandoli a

seguirli, poiché essi sono pieni di buona volontà e non possono fermarsi. Egli si presenta come

l'abate di San Zeno a Verona, al tempo di Federico Barbarossa che fece distruggere Milano; un

tale che è prossimo alla morte (Alberto della Scala, signore di Verona) si pentirà di aver avuto

potere su quel monastero, poichè vi ha posto come abate suo figlio, menomato nel corpo e nella

mente, al posto del prelato che avrebbe dovuto ricoprire quella carica. Alberto della Scala era

riuscito a far sospendere la norma del diritto canonico e aveva nominato un suo figlio illegittimo

(Giuseppe) abate di san Zeno. Alberto della Scala era il padre di Bartolomeo e Cangrande della

Scala. Dante scrive questo canto del Purgatorio molto prima di essersi recato a Verona ospite di

Cangrande; Bartolomeo sarà ricordato come grande protettore in un altro canto del Purgatorio.

Cangrande, diventato Signore di Verona, nomina abate di San Zeno il figlio illegittimo dell’abate

Giuseppe, a sua volta illegittimo. Dante non colpisce solo il padre, ma anche il suo operato.

Probabilmente, il grosso dei canti politici del Purgatorio siano anteriori alla discesa di Enrico VII in

Italia, proprio perché al centro si trova il lamento dell’assenza del potere imperiale.

Nel Paradiso, Dante prende le distanze sia dai Guelfi sia dai Ghibellini e si concentra sulla Chiesa;

c’è sempre l’impero sullo sfondo ma ciò che domina nell’interesse di Dante è la riforma della

Chiesa. Dante si è convinto che il vero problema si ha principalmente se non si riesce a riformare

la Chiesa, la ricostituzione dell’autorità imperiale non è possibile.

Dante inizia a sentirsi portavoce dell’intera umanità: i primi segnali si colgono in quell’epistola

che lui manda ai cardinali italiani, riuniti in conclave per eleggere il nuovo papa dopo la morte di

Clemente V. Un’epistola (primavere 1314), nella quale, Dante intima i cardinali ad eleggere un

papa italiano, di far uscire la Chiesa dalla prigionia di fatto in cui si trovava sotto il controllo del re di

Francia, e lo fa con toni di tipo profetico. Dante si presenta investito da una missione profetica e

si presenta così nei canti finali del Purgatorio (molto probabilmente l’ha scritto nell’autunno del

1314). In questi canti, il pellegrino Dante, dopo aver compiuto tutta la salita del monte del

Purgatorio, finalmente purificato entra nel Paradiso terrestre in compagnia di Virgilio e Stazio.

Arrivato nel Paradiso terrestre si inoltre in una foresta (l’opposto della selva oscura) e trova la

strada sbarrata da un piccolo fiume (Lete). Nel paradiso terrestre si trovano due fiumi che nascono

dalla stessa sorgente: Lete ed Eunoe, la sorgente è una sorgente miracolosa, non avendo agenti

atmosferici è Dio stesso che alimenta la stessa sorgente e di conseguenza i due fiumi. Il Lete

scorre verso Nord, esso ha la prerogativa di purificare totalmente chi lo attraversa e chi beve la

sua acqua (purifica a tal punto da togliere il ricordo delle colpe); Dante supererà e si immergerà nel

Lete. L’Eunoe (nome costruito sul greco = buonamente), invece, è una sua invenzione; ha la

caratteristica di rafforzare la propensione al bene. Sono invenzioni che hanno forti significati

simbolici; e Dante nell’inventare si ispira a una liturgia del battesimo così come veniva impartito

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ai tempi di Dante: tradizionalmente il battesimo avveniva per immersione perché aveva origine dal

battesimo che Giovanni impartiva nel fiume Giordano. La caratterizza del fiume Eunoe richiama un

altro sacramento, quello che noi oggi chiamiamo cresima, che in origine si chiamava

confermazione. La cresima è appunto un sacramento che fortifica nella disposizione al bene che

si è appreso con il battesimo. Ai tempi di Dante esisteva un’unica cerimonia battesimale: si

svolgeva due volte l’anno, era un rito collettivo e nella stessa cerimonia veniva prima impartito il

sacramento del battesimo e subito dopo quello della cresima. Qui, nel Paradiso terrestre, Dante

prima attraversa il Lete (secondo battesimo simbolico), poi beve l’acqua del fiume Eunoe (come se

veniva venisse confermato la grazia acquisito con il battesimo).

Il Lete scorre verso il nord perché si trova nell’Emisfero meridionale (australe) in cui non ci sono

terre emerse, è presente solo la montagna del Purgatorio; le terre emerse si trovano nell’emisfero

settentrionale che è l’unico emisfero abitato, quindi il Lete scorre verso gli uomini.

Al di là del Lete, gli appare una bellissima donna di nome Matilda, probabilmente non è un

personaggio storico, forse è l’unico personaggio della “Commedia” che non è un personaggio reale

o della letteratura (personaggio inventato da Dante). Matilda fà da mediatrice fra Dante e

Beatrice. Il nome Matilda può essere letto “Ad Letam” (alla Beata), cioè colei che conduce alla

Beata (Beatrice). Insieme si mettono a percorrere il fiume e ad un certo punto il fiume gira verso

Levante (sinistra), da qui arriva una stranissima processione. Una processione allegorica, fatta di

elementi simbolici che compiono delle azioni allegoriche (abbandona la narrazione realista e inizia

una narrazione allegorica/simbolica).

Compaiono prima di tutto sette alberi d'oro, che, una volta più vicini, si mostrano meglio come

sette candelabri (i sette doni dello Spirito santo). Dietro ad essi vengono ventiquattro vecchi

vestiti di bianco (i libri dell'Antico testamento); i candelabri intanto procedono lasciando dietro

di sé scie luminose dei colori dell'arcobaleno. Quando lo spazio di là dal fiume di fronte a Dante è

lasciato libero dai vecchi, si presentano quattro animali con verdi fronde sul capo, che

simboleggiano i Vangeli. Hanno ciascuno sei ali, con le penne "piene d'occhi"; Dante invita il

lettore che voglia capir meglio a leggere nel libro di Ezechiele la descrizione completa. In mezzo ai

quattro animali si trova un carro trionfale a due ruote trainato da un grifone. Questo procede con

le ali alzate, senza fendere le scie colorate lasciate dai candelabri. Le ali si levano tanto in alto da

sfuggire alla vista; il corpo del grifone è d'oro nelle membra di aquila e bianco e rosso nelle

membra di leone. Il grifone rappresenta Cristo, nelle sue due nature, umana (il leone) e divina

(l'aquila). La bellezza del carro trionfale è superiore a quella dei carri trionfali dei grandi condottieri

romani e addirittura a quella del carro del Sole.

Vicino alla ruota destra del carro tre donne danzano: sono le Virtù teologali, distinte dai tre colori:

rossa la Carità, verde la Speranza, bianca la Fede. A sinistra danzano quattro donne vestite di

porpora (sono le Virtù cardinali).

Dietro a questo gruppo compaiono due vecchi, diversi nell'abito ma uguali nell'atteggiamento

dignitoso. Uno sembra un medico, seguace di Ippocrate (potrebbe essere Luca, autore degli Atti

degli Apostoli, al quale si attribuiva la professione di medico); l'altro brandisce una spada aguzza

(come si raffigura comunemente Paolo di Tarso: simboleggia le sue Lettere). Seguono quattro

uomini dall'aspetto modesto (le lettere di Pietro, Giovanni, Giacomo e Giuda).

La processione è chiusa da un vecchio dal viso intenso, che avanza come dormendo

(rappresenta l'Apocalisse, ultimo libro del Nuovo Testamento). Tutte queste figure sono vestite

come i ventiquattro vecchi venuti prima del carro, ma intorno alla testa non hanno corone candide

di gigli bensì corone di rose e altri fiori rossi (allusione allo spirito di carità). La processione si

arresta quando il carro è esattamente di fronte a Dante, sempre dall'altro lato del fiume, e ciò è

stato interpretato come espediente narrativo per creare l'attesa che sarà sciolta nel Canto

seguente, ovvero dell'arrivo di Beatrice che è l'evento centrale del poema. Si assiste ad un dialogo

molto teso tra Dante e Beatrice, in cui Beatrice lo accusa di averla tradita ed essersi dato ad altre;

alla fine Dante confessa di essere colpevole ed a questo punto può attraversare il Lete. Una volta

attraversato il fiume, questa proces

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
34 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher IIFrancyII di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Santagata Marco.