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Estratto del documento

Paradossalmente i disastri militari portarono la Prussia e l’Austria a intraprendere un cammino di

riforme della macchina statale dando un impulso nuovo a sentimenti nazionali, e fu proprio questo

risveglio delle coscienze che sancì il destino di Napoleone.

Il portogallo che era rimasto alleato alla Gran Bretagna fu l’ago della bilancia; Bonaparte decise di

inviare delle truppe per conquistarlo ma il passaggio dell’esercito in terra spagnola non piacque

alla corte spagnola, che era divisa tra i pretendenti. Quando Napoleone si intromise facendo

sedere sul trono il fratello Giuseppe, iniziarono a scoppiare delle ribellioni sia nell’esercito che nelle

campagne tutte con l’obbiettivo di far sedere sul trono il legittimo erede.

Le voci sul il mito del condottiero imbattibile iniziarono a incrinarsi, l’Austria riprese coraggio e ci

furono delle battaglie ma vennero nuovamente sconfitti dai francesi, e con il trattato di pace

seguente venne imposto agli austriaci di entrare nel blocco contro gli inglesi. In realtà malumori

vennero anche dalla Russia, che iniziava ad essere scontenta e soprattutto danneggiata dalle

mosse di Napoleone, lo zar decise di aprire i porti alle navi inglesi, aprendo di conseguenza le

ostilità con i francesi.

L’esercito francese era imponente, e Napoleone preparò molto bene la campagna definendo quella

come la battaglia finale, nel 1812.

Il problema è che Napoleone pensava ad una battaglia campale, invece la tattica russa fu quella

divenuta storica, di ritirarsi lasciando al nemico terra bruciata.

Solo dopo tanti km Napoleone riuscì ad affrontare i russi in campo aperto, ma pur infliggendoli

gravi perdite, non riuscì a sconfiggerli. Con l’inverno alle porte non rimase altro che ritirarsi ma

l’esercito francese stremato, infreddolito e con i continui attacchi russi fu decimato fino all’osso.

Napoleone intanto era tornato a Parigi ma la situazione era tragica perché anche Austria e Prussia

si allearono con la Russia in favore della Gran Bretagna, e Bonaparte, anche se alla testa di 150

mila soldati, pagò innanzitutto questa forte coalizione che avevano lo stesso obbiettivo di

ripristinare lo status quo antecedente a Napoleone, ma pagò anche il prezzo di un esercito riunito

troppo in fretta e venne sconfitto.

La vittoria della coalizione riportò al trono tutti i vecchi sovrani in molti stati tedeschi e per la prima

volta la Francia si trovò minacciata sul suo suolo. Napoleone rifiutò un trattato di pace che

attribuiva alla Francia i confini naturali dei Pirenei e del Reno, così facendo un esercito di 200 mila

soldati attraversò il Reno e iniziarono duri scontri. Anche se Napoleone dà ancora prova delle sue

abilità riscontrando alcuni successi, la coalizione ha la meglio e il trattato che ne conseguì non fu

severo, senza indennità da pagare né disarmo la Francia manteneva i suoi territori e con a capo

Luigi XVIII dopo che Napoleone venne destituito. Quello che

Bonaparte raccogliendo questi dissensi, spinto da un ultimo sussulto di orgoglio fugge dall’isola

d’Elba e con 1500 soldati entra con entusiasmo popolare a Parigi costringendo il re alla fuga.

La coalizione colma di rabbia si riunì per un ultima volta con l’intento di bandire per sempre

Napoleone e nel 1815 a Waterloo si svolse la battaglia decisiva, dapprima Napoleone investì

l’esercito di Wellington ma in seguito le sorti della battaglia andarono in favore della coalizione con

l’intervento dei rinforzi prussiani. Napoleone fu costretto nuovamente ad abdicare e fu mandato in

esilio sull’isola di Sant’Elena dove morì nel 1821, mentre la Francia con un secondo trattato di

pace subì pesanti conseguenze con la perdita di due territori e un alta indennità da pagare.

L’età della Restaurazione

Il nuovo assetto dopo la definitiva sconfitta di Napoleone fu deciso nel congresso di Vienna nel

1815 e rispecchiò gli indirizzi delle due maggiori potenze, Gran Bretagna e Russia.

C’era una teoria che riscosse molto successo all’epoca, ovvero il principio di legittimità che

indicava la restaurazione dei vecchi sovrani per diritto divino, ma fu subordinato al vecchio

principio di equilibrio, cioè all’obiettivo di ricostruire un sistema internazionale bilanciato che

evitasse il predominio di qualcuno.

A tutela di questa lo zar costituì assieme a Prussia e Austria la Santa Alleanza, santa perché i tre

sovrani anche se di ramificazioni diverse erano comunque cristiani.

Più incisiva però si dimostrò la quadruplice alleanza, fra gli stessi stati e l’Inghilterra nel 1815, che

li impegnava per venti anni a risolvere ogni disputa con la diplomazia e a convocare regolarmente i

congressi.

Si è parlato per questo di pace dei cento anni, il periodo cioè tra 1815 e 1914; ma non è esatto

perché in quegli anni ci sono state comunque forti tensioni e guerre ricorrenti localizzate, ma

effettivamente quel trattato servì a non generalizzare i conflitti.

Se gli stati della santa alleanza avevano ribadito il proprio pensiero assolutista, in altri stati fu

concessa una costituzione e alcune innovazioni da codici napoleonici vennero lasciati.

In Francia una volta risalito al trono Luigi XVIII si era dovuta varare una costituzione, e garantiva

l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la paura di altre insurrezioni era forte e la condotta

moderata del re ne era la prova. Ma alla morte di Luigi salì al trono il fratello Carlo X, che avendo

perduto il figlio assassinato da un repubblicano, aveva idee assolutiste, atte a favorire nobiltà e

clero.

Ma successivamente venne sconfitto da una forte opposizione.

In Spagna il ritorno al trono di Ferdinando significò l’abrogazione della costituzione fatta poco

prima, in Svezia e Polonia invece riuscirono a mantenere un regime costituzionale.

Nella penisola balcanica invece, una volta che l’impero Ottomano si dissolse si aprì un fonte di

instabilità che dura ancora oggi, la cosiddetta questione d’oriente.

In questo periodo iniziano a venire fuori le prime ideologie politiche, un liberismo borghese dovute

alle nuove esigenze, e tra i progressisti del primo 800 un posto di rilievo ce l’ha anche il

nazionalismo. La rivoluzione americana e francese avevano stabilito un equazione fra nazione,

stato e popolo individuando nell’insieme dei cittadini la sovranità espressa dallo stato. In Italia e

Germania, che avevano subito Napoleone, quell’idea divenne il punto di riferimento e in questa

fase i governi puntarono molto sull’identità nazionale fondata su elementi religiosi, etnici e

linguistici. Come sottolineò lo storico tedesco Meinecke la riscoperta di queste memorie popolari

comuni fu uno dei tratti distintivi del movimento letterario romantico in contrapposizione al

cosmopolitismo proprio dell’illuminismo.

In questo stesso periodo vennero fuori anche idee moto nuove che seppure teorizzate da

Rousseau nel 700, scaturivano dalla duplice rivoluzione e si fondavano sulla critica ai borghesi e al

sistema capitalistico, sull’uguaglianza e giustizia sociale, che presero il nome di socialismo e

comunismo. Accettavano in genere l’industrializzazione ma vedevano nella proprietà privata le

cause della disuguaglianza.

La popolazione europea aumenta grazie ad uno sviluppo economico ripreso dopo la guerra,

migliorano le comunicazioni con l’espansione delle linee ferroviarie e l’invenzione del telegrafo.

Nazioni e Democrazie

I moti degli anni 20 partirono dalla Spagna, la ribellione di una guarnigione, ma poco dopo si

verificarono altre insurrezioni anche in altri paesi come il regno delle due Sicilie, Grecia e

Piemonte. Tutti condividevano il nemico comune nei sovrani, cercando di combatterli attraverso la

nascita di molte società segrete. All’obiettivo di strappare ai sovrani una costituzione, in alcuni

paesi come l’Italia si intrecciò anche l’obiettivo dell’indipendenza nazionale, fra queste società

forse la più famosa fu la Carboneria.

In Spagna dopo quell’evento ce ne furono altri e costrinsero il re Ferdinando a ripristinare la

costituzione, e questo fu di ispirazione negli altri paesi.

In Piemonte infatti dopo alcune insurrezioni, rivendicando la costituzione spagnola, spinsero il re

Vittorio Emanuele ad abdicare in favore del fratello, quest’ultimo riuscì a sbaragliare e poi ad

arrestare molti rivoluzionari.

Il risentimento prese corpo, infatti con il termine Risorgimento si indicano le lotte per la costruzione

di uno stato nazionale italiano che si riferisce al periodo tra la fine del 700 fino all’unità (?).

Ma fu innanzitutto nel campo democratico che si trovò un protagonista, Mazzini che prima aderisce

alla Carboneria ma poi essendo esiliato per attività cospiratorie, fece nasce la Giovine Italia, che si

allontanava da quegli schemi proponendosi come un organizzazione politica e con tanto di

programma sull’indipendenza nazionale e l’unità. La Giovine Italia ha un cammino arduo, prima

viene scoperta e smantellata, poi Mazzini forma la Giovine Europa che ebbe anche un respiro

internazionale, e infine fece rinascere la Giovine Italia ma fu sempre un movimento debole,

fallimentare nelle insurrezioni. Intanto in Piemonte gli esponenti di maggior spicco del pensiero

critico verso le insurrezioni e più favorevole a posizioni moderata furono D’Azeglio, Balbo e Benso

conte di Cavour, tutti d’accordo sul fatto che l’indipendenza andava costruita attorno allo stato

sabaudo e per sua iniziativa.

1848: la rivoluzione europea

Nell’Europa dei primi anni 40 dell’800 le tensioni generate dal contrasto fra un crescente sviluppo

economico, sociale e civile e le strutture anacronistiche della restaurazione erano ormai prossime

al punto di rottura. Questa fu l’unica rivoluzione su scala continentale maturata in tempi di pace ma

anche l’ultima che, pur non risparmiando aree rurali, ebbe il suo epicentro in quelle avanzate. Solo

i paesi come Belgio e Inghilterra ne rimasero fuori, avendo un elevato sviluppo istituzionale e

sociale. Concepito dai contemporanei un unico periodo che andava dal 1789, il 48 così chiamato

fu al tempo stesso un evento unitario e spontaneo.

Questa unitarietà dei moti è data da obiettivi politici comuni, come una costituzione nazionale, ma

sia dal fatto che tra i loro protagonisti c’erano operai e i lavoratori poveri.

Dappertutto nel 48 la rivoluzione vinse e fu battuta con altrettanta facilità, questo dipese dal fatto

che la democrazia venne vissuta come paura, vista come anticamera della rivoluzione sociale,

unendo le forze conservative e moderati contro le posizioni più radicali. Non a caso la rivoluzione

resisté più a lungo in p

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A.A. 2014-2015
23 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher hastur86-votailprof di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Siena o del prof Detti Tommaso.