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IL GIORNO.

Il poema doveva essere composto da 3 parti: Il Mattino,Il Mezzogiorno e La Sera, ma quest’ultimo è rimasto

incompiuto e perciò si è sdoppiato in due: Il Vespro e La Notte. Esso si presenta come un poema didattico in cui

vi è una celebrazione ironica ad opera di un precettore,che narra in prima persona, nei confronti di un ‘’giovin

signore’’ di famiglia aristocratica in cui narra le ‘’leggiadre cure’’ e ‘’le alte imprese’’ che lo devono impegnare

durante la giornata. In realtà le occupazioni sono insignificanti e a volte anche cretine (fare colazione, farsi

pettinare, incipriarsi, conversare, giocare a carte) ma sono presentate con solennità,dipingendo i suoi insulsi

passatempi come atti sublimi, eroici, preziosi. Emerge così il disprezzo del Parini verso una classe inutile per la

società. Un’altra caratteristica tipica del poema è l’andamento lentissimo del tempo della narrazione: minuziose

descrizioni di oggetti, abbigliamenti, gesti, digressioni. Nella Notte il linguaggio raffinatissimo dell’ultimo

Parini evoca un mondo in completo sfacelo,popolato da figure deformi con frenetici tic e assurde manie che

appaiono e scompaiono rapidamente dalla scena, sullo sfondo di un grande ricevimento: la sfilata degli

imbecilli dediti agli hobbies più strampalati.

– IL MATTINO: la voce del precettore descrive i più minuti movimenti personali del ‘’giovin signore’’:

vengono delineate le occupazioni che seguono il risveglio del nobile ozioso, il tempo si concentra in una

monotonia ripetizione.

– IL MERIGGIO: Il poeta tende a passare dalla posizione di precettore a quella di cantore. Qui si ha l'ingresso

sulla scena della donna, e le immagini di conflitto tra le classi sociali sembrano sfumare nel “ Mezzogiorno” , le

figure del signore e della dama si perdono nell'incupirsi del tramonto, che crea una eguaglianza tra ricchi e

poveri.

3. “ Il Vespro” = Rimangono solo alcuni versi, che svolgono soprattutto il tema dell'amicizia.

4. “ La Notte” = Qui si trovano i caratteri più inquietanti, è rimasta incompiuta il suo stile si allontana da quella

complessità sintattica e da quella precisione minuta e ricercata. Parini interrompe il suo poema con

l'identificazione di alcune figure a delle grottesche immagini di animali, riesce a dare un tratto negativo.

VITTORIO ALFIERI (1749-1803)

LA VITA.

Si presenta ai lettori come un uomo in perenne conflitto con se stesso e col mondo, dilaniato da furori selvaggi

e tetre malinconie,ferocemente avverso a ogni limite imposto dalla società all’individuo; quasi come se fosse

quel modello di eroe romantico. Di famiglia ricca e nobile,nasce ad Asti e ben presto la sua infanzia viene

distrutta dalla morte del padre e dalla separazione della sorella. La severa educazione militari e gli obblighi

imposti ai giovani nobili, lo resero intollerante verso le convenzioni sociali, le gerarchie militari e l’assolutismo

monarchico. Gli insegnamenti ricevuti furono tutti esteriori che chiamerà di ineducazione e di non studi, le sue

letture furono scarse e marginali. Il giovane iniziò una serie di viaggi come smania di spostarsi e di fuggire, da

una irrequietezza che lo rende spesso indifferente ai paesi che attraversa. Dopo l’accademia militare viaggia tra

l’Italia e l’Europa intrecciando amori tempestosi che non riescono ad appagare il suo bisogno di passioni

assolute e fugge freneticamente di nazione in nazione. Si infiamma per le Vite parallele di Plutarco,lette e rilette

4 o 5 volte piangendo e urlando che chiunque fosse stato nella stanza vicina lo avrebbe preso per pazzo. Dopo i

primi successi teatrali vuol diventare un tragediografo e incomincia a tradurre autori latini e a leggere i grandi

classici italiani e si trasferisce a Firenze dove incontra il suo grande amore: la contessa d’Albany.

I TRATTATI POLITICI.

Il breve trattato “ Della tirannide” costituisce il manifesto di uno scontro senza quartiere tra l'uomo libero e i

poteri assoluti; il primo libro definisce la struttura della tirannide e dei sentimenti; il secondo i modi di

sopportazione. All'assolutismo che regna viene opposto l'esempio di vita civile dell'antica repubblica romana.

Nel trattato Della Tirannide per Alfieri la libertà è l'esigenza principale di ogni uomo dal «forte sentire» e

rappresenta la chiave della sua esistenza, tuttavia essere liberi in un mondo governato dall'assolutismo conduce

inevitabilmente a un conflitto tragico con il potere. La tirannia delle moderne monarchie assolute del suo tempo

(Austria, Prussia, Russia, Francia, Regno di Sardegna) assegnava all'aristocrazia un ruolo di complicità

cortigiana e la espropriava della sua specifica autonomia. I suoi trattati politico-letterari nascono dallo sdegno e

dal rifiuto del servilismo della nobiltà verso il potere monarchico, ritenuto primo fattore della sua decadenza.

LE TRAGEDIE.

L'autore rispetta il canone aristotelico di unità di spazio e tempo, dando alle sue tragedia compattezza.

Importanti sono le pause e i silenzi, che in Alfieri diventano comunicativi dei sentimenti e delle passioni

interiori. I personaggi, inoltre, sono ridotti all'essenziale. Alfieri riesce a condensare nei suoi drammi

un'approfondita lettura psicologica, rappresentando le più recondite passioni umane. La trama è un fattore

scatenante di queste passioni; Queste passioni sono legate poi al conflitto tra tiranno ed eroe in quasi tutte la

tragedie. Entrambi i personaggi sono uniti dal senso della loro grandezza, ma sono posti in antitesi e in lotta tra

loro. In questa opposizione l'eroe è colui che ama e combatte per la libertà, mentre il tiranno deve opprimere per

scacciare la più forte delle sue paure: quella della morte. La situazione base della tragedia dell'Alfieri può essere

schematicamente riassunta in uno scontro tra ero positivi, che incarnano la virtù politica o eroi negativi, che

schiacciano ogni valore umano sotto la tirannica brama del potere. A queste figure centrali si distinguono figure

machiavelliche. Il tiranno e il suo nemico quasi sempre trascinati da una forza superiore e spesso risulta

indefinito il confine che li separa. Tiranno e uomo libero hanno infatti bisogno l'uno dell'altro, gli stessi uomini

liberi vivono la loro virtù come qualcosa di regale. A tali contrasti si sovrappone una catena di rapporti

familiari, che quasi sempre legano tra loro l'eroe e l'anteriore e chiamano in causa altri personaggi. Il tiranno e

l'antitiranno possono essere fratelli. Tutto l'insieme delle tragedie di Alfieri può essere visto come continua

variazione su una serie di rapporti familiari, sembra che l'autore ruoti intorno a un inquietante nodo personale,

al quale si può fare qualche ipotesi risalendo alla sua infanzia. Il finale di sangue che suggella tragicamente i

conflitti investe con orrore quella rete di rapporti familiari.

SAUL.

Alfieri trae il soggetto del dramma dalla Bibbia, dalla storia della morte del re Saul nella guerra contro i Filistei.

Saul è il re scelto da Dio per salvare Israele, per mano del profeta Samuele. Ma presto si ribella al volere di Dio,

compiendo diversi atti empi, peccando di superbia. Il nuovo campione di Israele scelto da Dio è David, un

giovane pastore, cosa che suscita la gelosia di Saul. I sentimenti del re verso il giovane sono ambigui, da una

parte invidia e gelosia, dall'altra ammirazione. Inoltre David stringe amicizia con il figlio del sovrano, Gionata e

diventa sposo della figlia, Micol. David durante la guerra torna in Israele per aiutare il suo popolo, nonostante il

rischio di essere ucciso da Saul. Il sovrano infatti desidera mettere a morte il giovane, ma dopo un colloquio

con lui si convince ad affidargli il comando dell'esercito. La comparsa di un sacerdote che annuncia

l'incoronazione di David e la condanna di Saul da parte di Dio, porta l'empio sovrano al delirio. Il sacerdote

viene fatto uccidere e David è costretto a fuggire nuovamente. Saul in un incubo terribile prevede la sua morte e

la sconfitta del suo esercito. Il figlio Gionata viene ucciso nella battaglia, i Filistei vincono. Infine Saul,

ritrovata la lucidità, rimpiangendo di aver cacciato David e comprendendo la realtà dei fatti, decide di uccidersi.

MIRRA. La fonte della tragedia, a cui si rifà Alfieri, è il libro X delle Metamorfosi di Ovidio, che tratta appunto

dell' amore incestuoso di Mirra per il padre Ciniro. Mirra consumerà questo amore, anche per vendetta della dea

Venere. Infine la donna, fuggita in Arabia per la vergogna, verrà trasformata in pianta, e cioè la mirra.

Alfieri toglie dalla trama tutti gli elementi fantastici, mitologici e religiosi, lasciando l'amore di Mirra - che non

viene consumato- sul piano dei desideri: una passione innegabile che anima la protagonista. Il dramma è

trasferito, quindi, sulla sfera psicologica senza che venga nominata, tranne all'ultimo, la colpa che segnerà la

protagonista. In questa tragedia contano molto le pause, i silenzi e i gesti. Attraverso la forza emotiva dei

silenzi, l'autore riesce a svelare la passione e la catastrofe che riguardano la protagonista. Personaggio

significativo è la nutrice che si accorge della passione tormentata di Mirra, ma non conosce il destinatario di

questa e soffre in silenzio per la giovane. Mirra non confessa i suoi tormenti, che vengono rivelati solo dai gesti

che compie. Solo nell'atto IV, durante la celebrazione del matrimonio con Pereo, il coro porta Mirra alla follia e

alla fuga di Pereo. Non viene mai rivelato esplicitamente dalla protagonista la causa dei tormenti. L'ultimo atto

è incentrato sul confronto tra Mirra e il padre, che le chiede conto della propria passione. Il confronto mostra

l'abilità stilistica di Alfieri che crea un equilibrio tra i silenzi e i gesti di Mirra e del padre. L'amore di Mirra per

il padre è rivelato implicitamente: viene, infatti, compreso da Ciniro solo dalle reazioni somatiche della figlia.

Solo nell'ultima scena, quando Mirra si getta sulla spada del padre, è infine rivelata la colpa.

LA VITA.

opera dell'ultimo periodo di vita di Vittorio Alfieri. Il racconto è suddiviso in quattro "epoche": puerizia,

adolescenza, giovinezza e virilità. Alfieri nel corso della sua vita, a causa del suo carattere tormentato, irascibile

e malinconico, maturò la percezione di se come qualcuno che può essere compreso solo dai posteri: da qui la

necessità di un racconto autobiografico dedicato al lettore futuro. Egli è molto esplicito nel raccontare anche gli

aspetti negativi della propria personalità. Alfieri insiste in diversi passi sulla sua ignoranza e sugli sforzi e la

fatica che fa per superarla. PRIMO O

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Publisher
A.A. 2018-2019
30 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher de.laviola di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Basilicata o del prof Imbriani Maria Teresa.