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SILENZIO-ASSENSO
Quindi è il Consiglio ad avere l'ultima parola sulle spese obbligatorie.
Quanto agli emendamenti del Parlamento riguardo alle spese non obbligatorie, il Consiglio può modificarli ma la sua decisione non è definitiva. Esso infatti deve trasmettere il progetto modificato al Parlamento e se questi entro 15 giorni dalla comunicazione dell'ultimo progetto da parte del Consiglio, non si pronuncia il bilancio viene definitivamente adottato SILENZIO-ASSENSO. Quindi per le spese non obbligatorie l'ultima parola è del Parlamento.
Se invece il bilancio non viene adottato entro il 1° gennaio, le spese vengono erogate secondo il regime dei dodicesimi, in base al quale le spese effettuate mensilmente non possono superare un dodicesimo dei crediti aperti nel bilancio dell'esercizio precedente, né un dodicesimo di quelli previsti nel progetto di bilancio in preparazione.
Una volta che il bilancio sia stato approvato, la sua esecuzione...
,e cioè l' erogazione delle spese e la riscossione delle entrate, è di competenza della Commissione che lo esegue sotto il controllo finanziario della Corte dei conti.
L'adozione degli atti comunitari
Il secondo procedimento interistituzionale è quello relativo all'adozione degli atti comunitari o procedimento "legislativo".
Le procedure di adozione degli atti comunitari, in linea di principio, possono essere 3: procedura di consultazione, procedura di cooperazione, procedura di codecisione. Questa classificazione si fonda sul differente ruolo che le tre istituzioni politiche svolgono nell'ambito di ciascuna procedura.
La proposta della Commissione
Tutte e 3 le procedure sono accomunate dal fatto che prima di procedere, ci deve essere una formale proposta da parte della Commissione, in assenza della quale non è possibile avviare nessun tipo di procedura decisionale. La proposta della Commissione è preparata non solo dopo
delle riflessioni della stessa commissione, ma anche dopo segnalazioni, sollecitazioni, dialoghi con gli ambienti sociale e gruppi di interesse, che gli consente di tenere conto delle reali esigenze, delle aspettative degli ambienti sociali nei quali gli atti comunitari sono destinati a produrre effetti. Il potere esclusivo di proposta della Commissione è rafforzato dalla disposizione dell'art 250, par 1, la quale fa notare che il Consiglio, può si respingere la proposta della Commissione, laddove non si formi però, nello stesso Consiglio, la maggioranza richiesta per l'adozione in atto, ma LA SUA, MODIFICAZIONE da parte del Con. non è possibile, a meno che non si deliberi all'unanimità. Anche il par 2 rafforza il potere della Commissione nella fase di proposta in quanto le consente di modificarla, ovviamente per cercare di avere il consenso delle altre due istituzioni, Parlamento e Consiglio, che con lei, sono competenti nel processo decisionale.Commissione può anche ritirare la proposta laddove dopo aver rivalutato gli interessi della Comunità ritenga la stessa superflua.LA PROCEDURA DI CONSULTAZIONE
Tale procedura è caratterizzata dalla partecipazione del Parlamento a titolo consultivo. Una volta formulata la proposta, questa viene trasmessa al Consiglio, il quale chiede in proposito il parere del Parlamento. Emesso tale parere il Consiglio decide o meno se adottare l'atto. Ci sono casi in cui però non è prevista la consultazione del Parlamento, come per esempio:
- nell'attuazione del mercato interno
- nella definizione della tariffa doganale comune
- in disposizioni circa la navigazione marittima e aerea o anche nelle misure sui movimenti di capitali con Paesi terzi.
IL Trattato prevede invece più spesso, casi in cui la CONSULTAZIONE È OBBLIGATORIA per l'adozione di provvedimenti contro le discriminazioni, in materia di diritti elettorali o in materia di...
politicaagricola comune. L'obbligo di consultazione al Parlamento comporta che, in caso di mancata consultazione, l'atto eventualmente emanato dal Consiglio sia considerato illegittimo per "violazione delle forme sostanziali", comportando quindi la nullità dell'atto considerato da parte della Corte di giustizia. Importante è che l'obbligo di cui si parla non deve esaurirsi alla sola richiesta di parere del Consiglio al Parlamento, ma è necessario che, prima di emanare un atto, il Consiglio attenda che il Parlamento abbia effettivamente espresso la sua opinione, della quale bisogna tenere conto. La procedura di parere obbligatorio implica ancora che, qualora il Consiglio o la Commissione modifichi la proposta in modo sostanziale e cioè quando essa viene realmente mutata rispetto a quella già esaminata, deve essere richiesto il parere del Parlamento.
LA PROCEDURA DI COOPERAZIONE
Regolata dall'art 252 e introdotta con
L'Atto unico europeo del 1986 è la seconda procedura, detta di cooperazione. L'inizio della procedura è uguale alla consultazione obbligatoria; una volta ricevuto il parere del Parlamento, il Consiglio non adotta definitivamente l'atto, ma, a maggioranza qualificata, adotta una "posizione comune". Quest'ultima è comunicata, assieme alla posizione della Commissione a riguardo, al Parlamento, il quale è chiamato a pronunciarsi in proposito. Se entro 3 mesi il Parlamento approva la posizione comune, o non si pronuncia proprio, il Consiglio può adottare l'atto; Se al contrario la respinge il Consiglio lo può adottare solo all'unanimità. Ci può essere un terzo caso, oltre alla approvazione o al rigetto, ossia la proposta da parte del Parlamento di alla posizione comune. In tal caso la Commissione è chiamata a riesaminare la proposta in seguito agli emendamenti; quindi.trasmette la proposta riesaminata e il suo parere in merito al Consiglio. Questo provvede ad una seconda lettura. In questa fase il Consiglio può accettare gli emendamenti del Parlamento non recepiti dalla Commissione solo all'unanimità. In definitiva si può dire che questa procedura si differenzia dalla prima in quanto il Parlamento ha il potere di "doppia lettura" - la proposta della Commissione e quindi della posizione comune del Consiglio e il potere di obbligare quest'ultimo a deliberare all'unanimità qualora intenda adottare una posizione comune respinta dallo stesso Parlamento.
LA PROCEDURA DI CODECISIONE - In questa procedura si può notare un allineamento dei poteri del parlamento rispetto al Consiglio. La procedura di codecisione è stata introdotta con il Trattato di Maastricht del 1992 ed è regolata dall'art 251. Essa prevede due fasi nella lettura del testo da esaminare: la prima fase è di
La conciliazione tra il Parlamento e il Consiglio è la fase rappresentante delle due istituzioni in caso di disaccordo e la decisione definitiva che avviene solo se il parlamento e il Consiglio hanno raggiunto un pieno accordo sul medesimo testo. La procedura di codecisione è quella più ampiamente prescritta.
Questa procedura si differenzia molto dalle altre. Parte dalla proposta della Commissione, che è inviata contemporaneamente sia al Parlamento che al Consiglio, così da favorire un confronto tra le due istituzioni. Sulla proposta prima, esprime il suo parere il Parlamento e poi il Consiglio deliberando a maggioranza qualificata. Quest'ultimo può giungere a tre diverse decisioni:
- Può adottare l'atto se approva tutti gli eventuali emendamenti alla proposta contenuti nel parere del Parlamento
- Può adottare l'atto se il Parlamento non ha proposto alcun emendamento
- Nel caso non concordi con il Parlamento, il Consiglio non adotta
Riguarda la competenza della Comunità a stipulare tali accordi, il procedimento di stipulazione, il ruolo che in esso hanno le diverse istituzioni e infine gli effetti giuridici degli accordi nell'ordinamento comunitario.
Per quanto riguarda la competenza della CE a stipulare accordi, i principi normativi sui quali la Corte riconosce tale competenza sono rappresentati:
- dal riconoscimento della personalità giuridica della Comunità europea (art 281);
- dalla teoria dei poteri impliciti;
- dall'obbligo di leale collaborazione tra gli Stati membri e la Comunità.
Dall'art 281, la Corte ha quindi desunto che la Comunità ha la competenza di stipulare accordi sul piano esterno, in tutte le materie nelle quali ha la competenza di adottare atti normativi sul piano interno. Se non si riconoscesse tale competenza, ci sarebbe il rischio che gli Stati membri, stipulando essi stessi accordi con paesi terzi, pregiudichino la normativa comunitaria.
La disposizione che attribuisce personalità giuridica alla Comunità (art. 281) enuncia quindi il principio del parallelismo delle competenze. In virtù di questo principio, ogni qual volta la Comunità ha il potere di adottare una normativa al proprio interno, essa è provvista anche del potere di concludere accordi sul piano esterno, con Stati terzi o organizzazioni internazionali.