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RITRATTO DI ANDREA SPERELLI
Questo è il momento in cui viene presentato Andrea, ultimo rampollo di un’antica
famiglia nobile, di cui segue le tradizioni. Egli è un raffinato, predilige gli studi insoliti,
è un esteta. Non ha avuto insegnanti ma è stato il padre a educarlo secondo il
concetto di vita come opera d’arte. Il padre era un uomo passionale: si è sposato con
la madre di Andrea travolto dalla passione ma una volta esaurita si separa da lei,
tenendo con sé il figlio. Andrea ha imparato ad abbandonarsi ai sensi e vive appieno la
vita. D’altra parte non ha ritegno morale. Egli si ispira al gioco delle apparenze: cura
solo ciò che appare, vive di menzogne.
LE VERGINI DELLE ROCCE
Questo romanzo ruota intorno a Claudio Cantelmo e al suo progetto di generare colui
che egli immagina come il futuro re di Roma, riportando l’Italia al suo antico splendore.
Egli è un aspirante superuomo che però non riesce a operare la scelta della compagna
ideale per realizzare il suo progetto.
Socrate reinterpretato in chiave estetizzante è il maestro ideale cui Guido Cantelmo si
rivolge a trarre ispirazione e forza ideale per la sua impresa.
Sarà forse lui a generare il futuro re di Roma restauratore della grandezza e della
raffinatezza latina.
Claudio si rende conto che sono pochi gli eletti. La maggior parte degli uomini rivelano
invece la loro volgarità. Vivendo nella capitale ha modo di osservare l’impossibilità
politica del momento.
La prosa è ridondante e forte.
LA SERA FIESOLANA p. 522
Questa poesia è stata composta a Settiniano il 17 febbraio 1899 ed è la prima
composizione poetica dell'Alcyone in senso cronologico. E' ambientata nella campagna
di Fiesole, cittadina che si trova su un colle che domina la valle di Firenze. Il paesaggio
che caratterizza questo componimento è quello tipico collinare toscano, in cui vi sono
olivi, vigneti ecc. e la vallata è percorsa dal fiume Arno.
D'Annunzio descrive una sera di giugno dopo la pioggia, in cui è in compagnia della
donna amata e contempla l'immagine della sera.
In occasione della prima pubblicazione (1899), le 3 strofe erano accompagnate
ciascuna da un sottotitolo esplicativo:
• la natività della luna (in questa strofa viene descritta la sera in cui compare la
prima luna)
• la pioggia di giugno (riproduce l'immagine di una sera di giugno durante la quale
cade una pioggia leggera)
• le colline (il poeta si sofferma sulla descrizione delle colline che si stagliano contro
il cielo e sembrano labbra che non possono aprirsi per rivelare il mistero della vita a
causa di un divieto)
Ognuna delle 3 strofe è composta da 14 versi (suddivisi in settenari, novenari,
endecasillabi) e si chiude con un verso quinario. Le strofe sono alternate a 3 laudi di 3
versi ciascuna e anch'esse terminano con un quinario.
Il poeta si avvale costantemente dell'enjamblement (per cui le immagini si succedono
rapidamente), gioca molto con le rime, usa assonanze, onomatopee, metafore e
sinestesie.
Nella prima strofa D'Annunzio riesce a far osservare come, prima ancora che la luna
sorga, si diffonda nell'anima una luce d'argento che cambia i tratti del paesaggio ed è
proprio di fronte a questa luce che il poeta e la sua donna si immergono in
un'atmosfera di pace.
Introduce poi l'immagine del contadino, descritto come un lavoratore alacre, serio ma
al contempo lento poiché vuole procedere nel migliore dei modi.
Le lodi alla sera ricalcano invece il cantico delle creature di San Francesco.
Nella terza lode la sera si dilegua e cede il passo alla notte che rappresenta l'ultima
parte della vita, ovvero la morte. Per quanto riguarda l'immagine delle colline
D'Annunzio si riferisce agli interrogativi esistenziali che l'uomo si pone costantemente.
Tutti i temi che D'annunzio accenna nel componimento vengono sviluppati in maniera
più intensa nel componimento “La pioggia nel pineto” (esempio più elevato del
panismo dannunziano).
PARAFRASI
Ti procurino freschezza le mie parole in questa sera
come il fruscio che fanno le foglie
del gelso nella mano di chi le raccoglie
silenziosamente (il contadino), e ancora indugia nel proprio lavoro che procede
lentamente
sull'alta scala che a poco a poco diventa scura (mentre scende la sera)
appoggiata al tronco che diventa color argento
con i suoi rami nudi,
mentre la luna è vicino ai confini azzurri del cielo (sta per sorgere) e sembra che
davanti a sé distenda un velo
dove il nostro sogno d'amore si abbandona (si rivolge all’amata).
E sembra che la campagna tutt'intorno già si senta
sommersa da lei (dalla luna) nel fresco notturno
e sembra che da lei assorba la pace desiderata,
benchè non sia ancora visibile.
Oh sera, tu sia lodata (forma arcaica di lodare – riprende il cantico delle creature di S.
Francesco)) per il tuo viso color di perla e per i tuoi grandi occhi umidi dove si
raccoglie l'umidità della notte (pioggia).
Le mie parole ti giungano dolci (si rivolge all’amata) in questa sera
come la pioggia che crepitava
tiepida e passeggera,
saluto commosso della primavera (che cede il posto all'estate).
E crepitava sui gelsi, sugli olmi, sulle viti
e sui pini, dai germogli rosei
che giocano con l'aria che li attraversa e passa oltre,
e sul grano che non è ancora biondeggiante (maturo)
ma non è neanche più acerbo
e sul fieno che è già stato falciato (patì la falce, è una personificazione, D'Annunzio
vuol far capire che la natura soffre se l'uomo fa violenza contro di lei)
e che per questo ha perso colore,
e sugli olivi, sui fratelli olivi (quest'umanizzazione è un richiamo al cantico delle
creature di San Francesco),
che con la loro santità rendono le colline pallide
e sorridenti.
Che tu sia lodata per le tue vesti profumate (la vegetazione), oh sera, e per la cintura
che ti cinge (la linea dell'orizzonte) come il ramo di salice cinge il fieno profumata.
Io ti dirò verso quali regni
d'amore il fiume Arno ci invita, le cui sorgenti
gorgogliano all'ombra degli alberi antichi
nel sacro mistero/silenzio dei monti;
e ti dirò a causa di quale segreto (questo segreto è l'amore)
le colline si incurvano sul limpido orizzonte
come labbra chiuse per un divieto (il divieto di dire il segreto),
e perché il desiderio di svelarlo
le faccia belle
oltre ogni desiderio umano,
e nel loro silenzio sempre nuove fonti
di consolazione, al punto che sembra
che ogni sera l'anima le possa amare
di un amore sempre più forte. (umanizzazione della natura)
Che tu sia lodata per il tuo semplice svanire nella notte, o sera, per l’attesa (della
notte) che in te fa brillare le prime stelle (quest'ultima strofa è un forte richiamo alla
speranza, infatti nel panismo la morte non è la fine, semmai può essere un nuovo
inizio poiché tutto può avere vita in un'altra forma).
LA PIOGGIA NEL PINETO p.525
Quest'opera risale all'estate 1903 e rappresenta lo sciogliersi dell'uomo nel
paesaggio.
L'immagine che D'Annunzio ci propone è quella di lui stesso che rimane sorpreso dalla
pioggia mentre si trova in una pineta presso Marina di Pisa con la sua donna amata,
Ermione (figlia di Menelao ed Elena).
Egli si concentra sulla diversità dei suoni prodotti dalla pioggia e cerca di ricostruirli in
questo componimento, ottenendo effetti fonici notevoli.
Al di là della bravura di D'Annunzio nel rievocare i suoni, quest'opera è importante
poiché sia il poeta sia Ermione diventano un tutt'uno con la natura (ideale decadente
del panismo) e nella parte conclusiva ciò appare più evidente. L'individuo quindi si
trasfigura in maniera assoluta, così come si trasforma anche la storia d'amore tra il
poeta e la donna amata, i quali si sentono parte del bosco, i loro volti si fanno pian
piano verdi e i loro denti bianchi altro non sono che mandorle.
L'imperativo che D'Annunzio usa non è un ordine, bensì un'esortazione: chiede a
Ermione di tacere in modo da poter ascoltare un linguaggio diverso (il crepitio della
pioggia).
In questo componimento sembra quasi che la passione amorosa non coincida mai e
non coinvolga entrambi gli innamorati: dapprima la passione prende il poeta, poi
investe la sua donna amata (c'è sempre questo momento mancato).
L'amore viene quindi visto dall'autore come una favola, un'utopia e non potrebbe
essere altrimenti.
All'imperativo poi, D'Annunzio sostituisce un interrogativo come se chiedesse ad
Ermione una sorta di complicità sentimentale.
Tutto il componimento s'incentra sulla naturalizzazione dell'umano e nella donna la
trasfigurazione è già cominciata.
E' un'opera simbolista oltre che panista poiché vi è la percezione degli eventi naturali
e perchè il poeta si trova fra 2 mondi: quello terreno e quello della natura; D'Annunzio
si trasfigura definitivamente passando dall'uno all'altro.
Dal pdv metrico vi sono 4 strofe di 32 versi ciascuna che vanno da ternari a novenari.
Le rime sono libere, come le assonanze, e alcune di esse sono interne.
Ogni strofa termina con la stessa rima.
PARAFRASI
Non parlare (il poeta si rivolge a Ermione). Sulle soglie
del bosco non percepisco parole umane; ma sento
parole inconsuete che parlano
e sono gocce e foglie lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove sugli arbusti coperti di salsedine e inaridite,
piove sui pini
con la corteccia ruvida,
piove sui mirti divini (nell’antichità erano sacri a Venere),
sulle ginestre splendenti
di fiori raccolti a mazzetti, sui ginepri folti
di bacche profumate, piove sui nostri volti
che sembrano diventare parte del bosco,
piove sulle nostre mani nude,
sui nostri abiti leggeri,
sui puri pensieri
che l’anima rinnovata fa nascere,
sull’amore che ieri t’illuse,
che oggi m’illude,
o Ermione.
Senti? La pioggia cade
sul vegetazione deserta
producendo un rumore come un crepitio che dura
e cade nell’aria
a seconda della ricchezza delle chiome degli alberi.
Ascolta. Risponde
alla pioggia il canto
delle cicale che
la pioggia portata dall'Austro (vento del sud)
non fa paura
nemmeno al cielo grigio.
E il pino produce un suono,
e il mirto un altro suono,
e il ginepro un altro ancora, sembrano strumenti musicali suonati da tante dita.
E noi siamo immersi
nello spir