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I COLORI

Il colore oro fa molto spesso da sfondo sul quale poi si pongono le varie figure. Esso indica la luce pura, è il simbolo della presenza del divino. Il bianco in passato simboleggiava la divinità, ed è ancora adesso simbolo di purezza e di calma, di innocenza e gioia delle grandi feste liturgiche. Il blu rappresenta l'ineffabilità divina, Gesù è spesso vestito di blu, e Maria anche in seguito alla morte di Gesù. Il rosso richiama la vita, il verde è il simbolo della terra, della natura. Il giallo spesso sostituisce l'oro nel fondo della tavola, il rosso porpora è il colore del mantello che copre la tunica della vergine. Il rosso fuoco è simbolo dell'amore divino, e il nero rappresenta la notte, l'assenza della luce e gli inferi.

Noi usiamo un criterio di metodo, il metodo della fedeltà all'oggetto. Per capire, dobbiamo andare più a fondo, dobbiamo chiederci quale sia.

concretamente l'oggetto in questione. Si tratta di un oggetto d'arte sacra, non è un oggetto di arte religiosa. Se consideriamo le icone e il loro contenuto, possiamo sviluppare l'idea di uno strumento per la concezione di una nuova realtà, ben lontana dalle nostre abitudini. Lo strumento in questione sono le fonti, alle quali attingono gli iconografi. La fonte per eccellenza è la bibbia, ma non solo i libri canonici, le biografie dei santi, le cronache e la liturgia. Se non conosciamo bene le fonti, il contenuto delle icone non può essere analizzato. I testi dei padri orientali sono uno degli elementi fondamentali della cultura russa antica, nutrita dalla cultura patristica, in costante contatto con i centri bizantini. L'unione dell'uomo con Dio, che appare inafferrabile, si rappresenta con la bellezza. L'icona è antinomica e divino-umana per eccellenza. Con il primo termine si indica il tentativo di esprimere concetti che inizialmente.

Superficialmente, possono sembrare contraddittori. Con l'icona però si supera la contrapposizione classica del divieto di fare immagini. Dall'altra parte però, l'uomo ha una tendenza naturale nel fare immagini, ed entra così in gioco l'iconografia. Essa unisce il divieto di fare immagini all'esigenza dell'uomo di rappresentare la stessa. Non si tratta di un nero equilibrio, di una sintesi tra trascendenza e l'immanenza. Si tratta invece di un modo di considerare sia l'una che l'altra perché in Cristo abita una luce inaccessibile che nessuno può vedere, e con egli la grazia si è manifestata a tutti gli uomini. Dio è invisibile, si è rivelato e si è fatto uomo. E l'icona si basa su ciò, sull'unione tra divino e umano. Si tratta di un vero e proprio mistero, parlare di Maria come madre di Dio era molto difficile ai tempi. Come si può avere un figlio?

restando vergine? È proprio da questa trascendenza indicibile che Cristo si fa uomo per la nostra salvezza. Dio, totalmente inaccessibile per essenza, si comunica completamente per grazia. Questa è l'idea dell'antinomia. Arriviamo a essere partecipi della natura di Dio, nonostante essa ciresti inaccessibile. Tale idea è il frutto del passare dei secoli e della controversia dalla iconoclastia. Gli iconoclasti sono credenti, teologi, imperatori che sostenevano che l'icona fosse eretico: rappresentare Dio violava l'autenticità dell'entità religiosa. Sono sostanzialmente gli avversari dell'icona. Gli iconoclasti non accettano l'icona, e si chiudono in una specie di circolo vizioso per cui l'icona è assolutamente eretica. Sostengono che la natura divina non sia rappresentabile. Di conseguenza, l'icona può rappresentare l'umanità (portano a una separazione nestoriana delle due nature) oppure,

attraverso la natura umana si rappresentano le due nature, implicando una confusione monofisita. Gli iconoclasti sostengono che non serve rappresentare le immagini, sarebbe idolatria. C'è già un'immagine presente, che è l'eucarestia. A quel punto i difensori delle icone capiscono che i veri eretici sono gli iconoclasti: se l'eucarestia è un'icona, non è della stessa natura del prototipo. Ma se l'eucarestia non ci fa più partecipare sostanzialmente a Cristo, noi non possiamo più comunicare con Dio, e di conseguenza la salvezza ci è preclusa. E se ciò succede, significa che l'uomo non è veramente assunto. Gli iconoclasti insistono particolarmente sulle nature e sui loro rapporti, toccando la questione della natura divina contrapposta a quella umana. Non capiscono però che tali nature sono unite nell'unica ipostasi di Cristo. Ciascuna delle due nature mantiene il suo modo d'essere.

la propria identità trovandosi però unita in un'unica persona. Per l'iconoclasta, la natura divina assorbe quella umana, ma in tal modo la distinzione fra le nature scompare e l'umano è assorbito, annullato nel divino. Proprio per questo si cade in eresia, perché ci si concentra su un fenomeno astratto come se fosse un discorso. Il cristianesimo però non è un discorso, è un incontro. Come si può dipingere la natura che non sia vista in una persona? Il centro di questa vicenda è il personalismo, arte essenziale della cultura russa. Non esistono nature astratte, esiste la natura in un'ipostasi precisa. L'icona non è né un'immagine della sola natura umana, né un'immagine che con una natura ci rappresenta entrambe le nature: è l'immagine che rappresenta la figura di Dio incarnata, e pertanto visibile e rappresentabile. La soluzione di questa contraddizione tra

rappresentabilità dell'umano e non rappresentabilità del divino non è data sul piano delle nature, ma sul piano dell'unità personale di Cristo. In questo senso, la venerazione dell'icona non è solo una questione di ritualità, di tradizione, bensì è una testimonianza resa alla realtà dell'eucarestia. La vittoria degli iconografi non è l'affermazione di un'abitudine religiosa, è un'affermazione del cristianesimo. Gli iconoclasti minacciano il cristianesimo nella sua integralità. In questa teologia dell'icona, si possono cogliere due linee. Una più personalista, la seconda più materialista. Come la persona umana è immagine della persona di Cristo, così le cose si inseriscono in una gerarchia di immagini. Partono dall'immagine consostanziale, e la gerarchia discende fino ad arrivare all'icona. Così, il pittore di icone.non è più l’artista isolato che può fare quello che vuole, è un interprete della tradizione della chiesa. 21/10/2020“La bellezza salverà il mondo”. Attorno al concetto di bellezza di Dostoevskij si aprono molti nuovi temi. Già a partire dal battesimo di Vladìmir, emerge il concetto di una bellezza che comunicava all’uomo un’intimità con il divino, con l’infinito. Vi è un rapporto di comunione, indescrivibile, eppure concreta. La bellezza si vede, si sente, ed è legata all’esperienza salvifica del cristianesimo. Non è un caso che lo scrittore cerchi di poter rileggere tutta la storia della letteratura utilizzando come chiave di lettura quello della bellezza. Nei suoi quaderni di appunti sono presenti studi sulla letteratura antica, una letteratura al servizio del cristianesimo inteso come sistema di pensiero. Sulla letteratura moderna, o della civilizzazione o della disperazione.

E poi una letteratura dell'azione basata sul positivismo e sul progresso sociale. Infine ci sarebbe stata la letteratura della bellezza. Dostoevskij spiega quanto la bellezza sia centrale, ed essa non deve essere confusa con una opposizione alle tradizioni religiose, e non può essere intesa come una riproposizione di un vecchio ideale in cui la letteratura propone l'esperienza religiosa. La bellezza non è una restaurazione, non è il concetto del bello come idea. Il bello nell'ideale è inaccessibile: bisogna passare attraverso fenomeni singoli attenendosi al vero. L'ideale ce l'ha dato Cristo. In questo passo è evidente che il bello sia qualcosa di indescrivibile, ma di esistente, di percepibile attraverso fenomeni singoli. È legata quindi ad una singolarità, che per lo scrittore è Cristo. Attraverso il singolo, si manifesta l'universale. Nel 1854, lo scrittore aveva appena terminato i lavori forzati (a

Causa della partecipazione ad una associazione segreta") e scrive una lettera a una donna che viveva in Siberia. Lespiega come, grazie a cosa è riuscito a resistere ai lavori forzati. Sostiene che non esista nulla di più bello e ragionevole di Cristo. Avere fede significa quindi credere che non ci sia niente di più bello di Cristo. Cristo non è una verità tra le tante, non è neanche LA verità come concetto astratto, ma è la verità incarnata. "Cristo è l'incarnazione della bellezza dell'ideale." È l'ideale della bellezza dell'umanità.

27/10/2020 Ivan Karamasov, ateo, si chiede se vale la pena tollerare la pena per un'armonia futura, se valga la pena pagare un ipotetico paradiso con il sangue e il sacrificio di un piccolo martire. Tuttavia, l'amore e la bellezza di cui Dostoevskij è un'altra. La bellezza, l'amore attivo è definito come

un qualcosa di crudele, che fa paura a tal punto che anche l'umiltà è una forza terribile. La bellezza è una forza con cui si può rovesciare il mondo. È una bellezza assurda, forte, ma non violenta. A causa del suo pensiero, Dostoevskij era soggetto a molte critiche. Mentre protestava, attraverso la sua definizione capisce le motivazioni per cui è stato criticato. L'incomprensione è data da una mentalità molto lontana da quella che ha portato Vladìmir a battezzarsi, molto lontana dalla necessità di rappresentare sulle icone. Tali incomprensioni derivano da una mentalità che ha ridotto il cristianesimo a una teoria astratta, e che vede nel cristianesimo una fede infantile oppure violentemente conservatrice. Una fede sentimentale, o fondamentalista. Lo scrittore suggerisce un nuovo modo di concepire il cristianesimo, che permette di superare la contrapposizione tra fede retrograda e incredulità.

re compresa: "Dio è morto". Il cristianesimo, infatti, non può essere ridotto a un insieme di virtù morali senza la presenza di Cristo. La fede in Cristo è il fondamento stesso del cristianesimo e senza di essa le virtù cristiane perdono il loro significato più profondo.
Dettagli
A.A. 2020-2021
26 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/21 Slavistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fabrizioferro98 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cultura russa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Dell'Asta Adriano.