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Cromatografia chirale
Gli isomeri che possiamo incontrare sono:
1. Isomeri strutturali: proprietà chimiche e fisiche diverse, separati con fasi stazionarie già viste
2. Steroisomeri: si dividono in
2.1 Diasteroisomeri: proprietà chimiche differenti e possono esser separati con più difficoltà rispetto
agli isomeri strutturali con le fasi stazionarie achirali.
2.2 Enantiomeri: immagine speculare l’uno dell’altro, hanno proprietà chimiche e fisiche identiche in
un mezzo achirale, ma differenti in uno chirale, come ad es. i fluidi biologici. Dal punto di vista
farmacologico sono considerati come due molecole differenti poiché possono avere attività
differenti e dunque uno dei due dovrà esser presente in quantità < 0.5% o anche meno se ha
proprietà tossiche.
Molto importante è dunque avere un metodo analitico che permetta di separare gli enantiomeri (non si
possono usare dunque le fasi stazionarie achirali già viste).
La Talidomite è stata commercializzata come miscela racemica, ma solo l’enantiomero R ha attività
ipnotica, mentre quello S è teratogeno, dunque per ovviare questo problema era necessario
commercializzare solo l’enantiomero R, ma questo problema venne fuori troppo tardi; altro esempio è il
Propanololo che è commercializzato come racemato anche se la forma S è attiva come β-bloccante mentre
quella R è inattiva, dunque per risparmiare denaro si preferisce utilizzare anche la forma R poiché non
tossica. L’incidenza della chiralità nel “pool” farmaceutico è la seguente: nel 1999 su 1398 farmaci, 398
sono naturali o semisintetici (di cui 3 achirali e 395 chirali, dunque la natura sintetizza in maniera chirale e
di queste 391 sono enantiomeri singoli e 4 sono racemati), mentre 1000 sono sintetici (390 chirali e 610
achirali); la chiralità molecolare riguarda tutte le classi di farmaci.
Possiamo separare due enantiomeri con un approccio intramolecolare che prevede la formazione di
diasteroisomeri che hanno un legame stabile verso un legame covalente, elettrostatico ecc. si prende una
miscela scalenica (ossia quando il rapporto tra gli enantiomeri non è 1:1) e si fa reagire con una molecola
chirale ad elevatissimo eccesso enantiomerico, si formano i due sali dei due diasteroisomeri e si separano
mediante distillazione, cromatografia, cristallizzazione ecc. Questo approccio però non è indicato per i
nostri scopi perché:
1. Per avere eccessi enantiomerici alla fine dobbiamo utilizzare un derivatizzante chirale in teoria al 100%
(che non lo è mai), l’impurezza dell’altro enantiomero presente verrà ritrovata nel prodotto finale che
andremo a separare.
2. Prevede 3 step: il 1° consiste nella preparazione del diasteroisomero, 2° separazione dei due
diasteroisomeri, 3° rigenerazione dell’enantiomero, però in questo caso può avvenire racemizzazione
(si perde quello che avevamo ottenuto col processo di purificazione, è l’inconveniente di questo
“approccio intramolecolare”)
L’ideale è utilizzare un “approccio intermolecolare” che consiste nella formazione di diasteroisomeri
transienti, ossia instabili, che si formano durante il processo di separazione o aggiungendo nel mezzo un
agente chirale o meglio ancora, legando con un legame covalente, sulla superficie di una fase stazionaria,
una molecola chirale (questa molecola chirale fa il suo lavoro mentre gli analiti passano in colonna ed
escono separati come enantiomeri e non come diasteroisomeri, quindi non abbiamo più nessun
inconveniente). Per applicare questo concetto si possono impiegare le tecniche cromatografiche:
- Gascromatografia: la fase chirale è la fase stazionaria
- SFC ed HPLC: o fase mobile chirale e fase stazionaria achirale oppure fase stazionaria chirale e fase
mobile achirale oppure entrambi chirali ma ciò sarebbe superfluo.
In questo caso siamo in grado con una tecnica cromatografica, con fase stazionaria chirale (è l’ideale perché
fase mobile chirale vuol dire aggiungere continuamente agente chirale alla colonna e buttarlo).
Nell’approccio indiretto, chiameremo “selectands” la coppia di enantiomeri da separare ed agente
derivatizzante chirale la molecola chirale che utilizziamo per preparare diasteroisomeri stabili che poi
separiamo per cristallizzazione, questo approccio non ci interessa.
Quello che si applica è il seguente: abbiamo il selectands (racemato o la miscela scalenica), aggiungiamo un
selettore chirale che non dà legami covalenti o interazioni stabili, ma darà interazioni labili (rappresentati
da 3 linee ondulate poiché servono 3 interazioni direzionali per fare una ricognizione nello spazio in 3
dimensioni, queste interazioni possono essere legami ad H, VDW, dipolo-dipolo) formando diasteroisomero
labile che è separabile con tecniche di separazione. Sono 3 le interazioni per principio, cosiddetta “regola di
Dalgliesh” o “regola dei 3 punti”: sulla superficie della silice ancoriamo con un legame covalente il nostro
selettore chirale che è in grado di interagire con i selectands (due enantiomeri presenti nel campione da
separare) mediante interazione con 3 siti del selettore. Per rigenerare l’enantiomero è sufficiente invertire
la posizione dei due sostituenti, cambierà una delle 3 interazioni (se coinvolge un legame ad H si perdono 3
Kcal) e dunque si avrà energia differente di interazione; questo è il principio dell’approccio diretto che
prevede la formazione di diasteroisomeri transienti (perché differiscono soltanto per quel centro
stereogenico) con diverse stabilità, quello più stabile sarà responsabile dell’enantiomero con maggior
fattore di ritenzione (esce più tardi perché interagisce di più stereoselettivamente con la fase stazionaria). Il
potere discriminante della fase stazionaria chirale è sempre descritto dal fattore di enantioselettività (a).
Possiamo avere fasi stazionarie chirali per gascromatografia (poco impiegata perché limitata a molecole
volatili e termostabili), cromatografia liquida e SFC; queste fasi stazionarie possono essere derivati degli
amminoacidi, di ciclodestrine, per GC enantioselettiva di complessazione; per HPLC possiamo avere: fasi
stazionarie CSP (Chiral Station Phases) che prevedono molecole con P.M. medio-basso, molecole di sintesi,
molecole naturali (amminoacidi, ciclodestrine ecc.) o di natura polimerica (naturali: polisaccaridi, derivati
della cellulosa, proteine; di sintesi: molecole con cavità chirale). Le caratteristiche fondamentali che deve
avere una fase chirale sono:
Ampio campo di applicazione: costano il triplo rispetto alle FS achirali (2500 € contro 600-700 €)
Compatibile con il maggior numero di FM.
Alto livello di enantioselettività, ossia un ampio potere discriminante.
“Loading” elevato, ossia possiamo separare la maggior quantità possibile in ogni iniezione (importante
quando dobbiamo raccogliere il prodotto di due enantiomeri separati che ci servono per fare test
farmacologici, test in vivo ecc.).
Robuste e stabili: hanno dunque una maggior durata lavorativa.
Eluizioni veloci: nel caso delle colonne chirali, tutto quello che abbiamo detto riguardo la transizione tra
HPLC e UHPLC è lo stessa, ossia non è termodinamica, ma cinetica; saranno commercializzate dall’anno
prossimo dal prof, le colonne con FS chirale per UHPLC.
Alta efficienza: alta efficienza è legata allo spostamento della Van Deemter verso velocità lineari più
alte.
Vantaggio di FS di sintesi rispetto a quelle naturali: nel caso della FS chirale è molto importante avere
a disposizione i due enantiomeri per avere due colonne a chiralità opposta (una con FS con
enantiomero R e l’altra con l’S) ciò è possibile solo con FS di sintesi poiché in natura è solo uno
l’enantiomero predominante. Cambiando la chiralità della nostra colonna cromatografica senza toccare
la chimica del sistema (ossia senza cambiare FS) si ottiene l’inversione dell’ordine di eluizione
dell’analita, ciò è importante per il calcolo dell’eccesso enantiomerico che viene oggigiorno sempre
richiesto dagli organi regolatori.
Il primo enantiomero che interagisce con la fase stazionaria avrà un’energia libera di interazione, il secondo
∆