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CROMATOGRAFIA

La cromatografia può essere vista, almeno concettualmente, come una serie di estrazioni in

controcorrente successive nelle quali si ha una distribuzione ed una equilibrazione continua del

soluto fra la fase mobile e la fase stazionaria.

La fase mobile può essere costituita da un liquido, da un gas o da un fluido supercritico ed essa

fluisce in modo continuo sulla fase stazionaria.

La fase stazionaria è costituita da un liquido che riveste delle particelle solide o da un solido.

La diversa affinità dei soluti per la fase stazionaria e per la fase mobile, misurata dai rispettivi

coefficienti di distribuzione o di ripartizione, permette la loro separazione, come avviene nella

distribuzione in controcorrente. In cromatografia il coefficiente di ripartizione e/o di distribuzione

viene definito in maniera inversa che per la distribuzione in controcorrente. Per un soluto A:

K = [A] /[A] ;

A(controcorrente) m s

K = [A] /[A] .

A(cromatografia) s m

I metodi cromatografici possono essere classificati sulla base dei principi chimico-fisici che

governano i processi di separazione dei soluti, dando luogo così alle seguenti denominazioni:

Cromatografia di adsorbimento - Cromatografia di ripartizione - Cromatografia a scambio ionico

Cromatografia ad esclusione molecolare - Cromatografia per affinità

Cromatografia di adsorbimento

In questo tipo di cromatografia si utilizza una fase stazionaria solida ed una fase mobile liquida

oppure gassosa. Il soluto viene adsorbito sulla superficie delle particelle solide costituenti la fase

stazionaria e trattenuto sulla base di interazioni a corto raggio (interazioni dipolo-dipolo, forze di

van der Waals, etc) . La diversa affinità dei soluti per la fase stazionaria ed i processi di

equilibrazione con la fase mobile consentono la separazione dei soluti.

Cromatografia di ripartizione

In questo tipo di cromatografia la fase stazionaria è costituita da un liquido fortemente adsorbito

su supporto solido o, meglio ancora, chimicamente legato ad esso. La fase mobile è costituita da

un liquido, da un gas o da un fluido supercritico. Ovviamente il liquidi che costituiscono la fase

stazionaria e quella mobile devono avere caratteristiche chimico-fisiche diverse (solitamente la

polarità), in modo da poter dare origine a due fasi distinte. I soluti si ripartiscono fra la fase

mobile e quella stazionaria in funzione dei loro coefficienti di ripartizione.

Cromatografia a scambio ionico

Su una fase stazionaria solida vengono legati chimicamente dei gruppi carichi anionici o cationici

3- 3+

(ad esempio il gruppo solfonico –SO nel primo caso oppure un ammonio quaternario –N(CH )

3

nel secondo caso); questi gruppi sono bilanciati elettricamente da controioni di carica opposta

+ -

come H nel primo caso e OH nel secondo presenti anche nella fase mobile (di soluto una

soluzione acquosa tamponata). La separazione avviene sulla base della competizione fra i

controioni presenti nella fase mobile e fra i soluti ionici da separare per i siti attivi della fase

stazionaria.

Cromatografia ad esclusione molecolare

Diversamente dalle classi precedentemente discusse in questa metodo cromatografico non c’è,

almeno idealmente, alcuna interazione fra la fase stazionaria ed il soluto. La fase stazionaria è

costituita da particelle porose i cui pori hanno un diametro che consente ai soluti di dimensioni

inferiori ad esso di penetrare all’interno delle stesse, mentre i soluti di dimensione maggiori

vengono esclusi e passeranno all’esterno. Di conseguenza, i soluti di dimensioni minori,

attraversando tutti i pori della fase stazionaria, compiranno un percorso più lungo rispetto ai

soluti di dimensioni maggiori ed eluiranno dalla colonna con tempi più lunghi rispetto a questi

ultimi. Ovviamente esiste un intervallo di separazione in funzione delle dimensioni dei pori.

Cromatografia per affinità

Questo metodo cromatografico, che è uno dei più recenti, sfrutta le interazioni specifiche che ci

sono fra le molecole di soluto ed una particolare molecola immobilizzata sulla fase stazionaria.

Ad esempio, la molecola immobilizzata può essere un anticorpo verso una data proteina,

presente insieme ad altri soluti nella fase mobile. Solamente questa proteina resterà legata alla

fase stazionaria tramite l’anticorpo immobilizzato su quest’ultima. Poiché l’equilibrio stabilitosi

fra fase mobile e fase stazionaria dipende dal pH e dalla forza ionica, variando opportunamente

queste grandezze è possibile successivamente ottenere l’eluizione della proteina legata.

Queste classi cromatografiche identificate sulla base dei principi chimico-fisici che regolano

l’interazione soluto-fase stazionaria, possono essere a loro volta convenientemente raggruppate

in due grandi famiglie determinate sulla base dello stato fisico della fase mobile:

Cromatografia in fase liquida

Cromatografia in fase gassosa

A queste due bisogna aggiungerne una terza:

Cromatografia a fluido supercritico

Cromatografia in fase liquida

A questa famiglia appartengono la cromatografia di adsorbimento liquido-solido (LSC) e la

cromatografia di ripartizione liquido-liquido (LLC) a fase normale ed inversa, la cromatografia a

scambio ionico (IC), la cromatografia ad esclusione molecolare (SEC o GPC), la cromatografia per

affinità. Altri metodi che non richiedono una strumentazione e che sfruttano essenzialmente il

fenomeno dell’adsorbimento sono quelli su strato sottile (TLC) e su carta (PC).

L’utilizzo di pompe in grado di esercitare sulla fase mobile liquida pressioni nell’ordine anche di

centinaia di atmosfere identifica i metodi definiti HPLC che è l’acronimo di High Perfomance (o

Pressure) Liquid Chromatography.

Cromatografia in fase gassosa

In questa classe cromatografica la fase mobile è un gas inerte che svolge essenzialmente la

funzione di trasporto dei soluti attraverso la fase stazionaria. Questo metodo cromatografico si

basa prevalentemente sul meccanismo di ripartizione nel quale la fase stazionaria è costituita da

un liquido poco volatile e relativamente altobollente che riveste un supporto solido. Anche il

meccanismo di adsorbimento viene sfruttato in diverse applicazioni.

Cromatografia a fluido supercritico

Questa tecnica è basata sulle proprietà che possiede un gas mantenuto al disopra della sua

temperatura e della sua pressione critica (in un diagramma P-T al disopra del punto critico).

Il fluido che così si ottiene ha densità, viscosità e diffusività diverse sia dal gas che da liquido.

In questo metodo è possibile ottimizzare un numero maggiore di variabili cromatografiche e ciò

consente una maggiore versaltilità e velocità di analisi.

Teoria dei piatti cromatografici

Si può idealmente pensare di considerare il percorso del soluto attraverso una colonna

cromatografica come suddiviso in tanti segmenti immaginari in ognuno dei quali abbia luogo

istantaneamente il processo di equilibrazione dei soluti fra la fase stazionaria e quella mobile

sulla base dei rispettivi coefficienti di ripartizione (costanti di distribuzione). Ciascuno di questi

segmenti ideali viene denominato piatto teorico, in analogia con quanto avviene nei processi di

distillazione. Sulla base di questa approssimazione, il processo cromatografico di separazione

può essere visto come una sommatoria di molti processi successivi di distribuzione in

controcorrente. Data una colonna di lunghezza totale L, si definisce una grandezza ideale

chiamata altezza equivalente di un piatto teorico HETP (oppure più semplicemente H) come

HETP = L/N dove N è il numero dei piatti teorici della colonna in questione. Questo grandezza

cromatografica rappresenta il numero di processi di separazione che avviene all’interno della

colonna. Come si vedrà successivamente, il numero dei piatti teorici può essere ottenuto

sperimentalmente misurando la larghezza della banda cromatografica e il suo tempio di

ritenzione medio. Ovviamente all’aumentare del numero dei piatti teorici aumenterà l’efficienza

della colonna nel separare due o più soluti, analogamente a quanto già visto nella distribuzione

in controcorrente. A parità di lunghezza quindi una colonna avente una HETP minore sarà più

efficiente nella separazione di due o più soluti.

Sfortunatamente questo modello, ricavato come già detto in analogia con il processo di

distillazione, fallisce nello spiegare il comportamento di due colonne con efficienza diversa poste

in serie. Secondo questo modello infatti l’efficienza totale del sistema dovrebbe essere data dalla

somma del numero dei piatti mentre invece sperimentalmente si osserva che il numero dei piatti

teorici è inferiore alla somma dei due. Si potrebbe più correttamente descrivere H in termini di

2 2

dispersività della colonna come H = σ /L ; dove σ è la varianza della distribuzione, ad un dato

istante nella colonna di lunghezza L, delle particelle di soluto attorno ad un valore medio ed è

2

definita come σ = Σ /n; d è la distanza di ogni particella dal centro della distribuzione e n è

= i 2 2 2

il numero di particelle di soluto. Ricordando che H = L/N, sostituendovi H = σ /L, si ha N = L /σ .

2

Poiché, come abbiamo appena visto, H = σ /L, se riportassimo in grafico il numero di

particelle in funzione della distanza percorsa (o della posizione lungo la colonna)

avremmo:

Come correlare la distribuzione dell’analita nella colonna a quella del cromatogramma?

Nel caso di una separazione ideale il picco cromatografico assume la forma di una gaussiana

caratterizzata da una deviazione standard σ . Riportando il cromatogramma in funzione del

c

tempo di ritenzione t , σ avrebbe allora le dimensioni di un tempo. Essendo le dimensioni di σ

r c

all’interno della colonna quelle di una misura lineare potremo scrivere l’identità σ/L = σ /t da cui

c r

σ = L·σ /t ; poiché σ = w/4 sostituendo si ottiene σ = L·w/4t ; sostituendo quest’ultima

c r c r

2 2 r2 r2 2

relazione nella espressione H = σ /L si ha H = L·w /16t ; da cui si ricava L/H = 16t /w .

r2 2 2

Essendo L/H = N, si ottiene N = 16t /w e poiché σ = w/4 si ha infine N = (t /σ ) . Come detto

c r c

precedentemente, N si può quindi ricavare sperimentalmente dal picco cromatografico.

Termine di Termine di Termine di

selettività capacità efficienza

L’ampiezza del picco dipende dall’efficienza della colonna, cioè dal numero di piatti teorici ed è

una quantità cinetica. L’efficienza può essere aumentata cambiando la colonna, usand

Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
87 pagine
SSD Scienze chimiche CHIM/01 Chimica analitica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chiarafin97 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Chimica analitica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Torrisi Alberto.