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LO SVILUPPO DEL PENSIERO CRIMINOLOGICO 2.0 – Ideologie e criminologia

La criminologia nasce come scienza solamente nel 1800 quando, per la prima volta, viene affrontato in modo empirico e sistematico lo studio dei fenomeni delittuosi, che in precedenza, venivano considerati secondo una prospettiva essenzialmente morale e solo secondariamente giuridica.

E' interessante perciò rendersi conto in quale modo i delitti e i loro autori siano stati percepiti nel tempo, e secondo quali intenti si è mirato a combattere, prevenire e punire la criminalità.

In questa prospettiva storica, è comunque da sottolineare il fatto che riandando fino ai tempi più remoti della nostra evoluzione culturale, si constata che da sempre la norma (sia essa legale o morale) rappresenta il fondamentale parametro regolatore della condotta degli uomini: il definire quindi taluni comportamenti come "autorizzati" ed altri "proibiti" è dunque una esclusiva.

Caratteristica dell'uomo, dalla quale deriva anche l'altra sua specifica prerogativa di potere e di voler cioè scegliere le condotte proibite anziché quelle lecite e perciò di potere e di volere compiere anche delitti. La netta differenziazione fra illecito morale e illecito giuridico avverrà solo in tempi a noi vicini e sarà frutto del pensiero illuministico. In precedenza, in ogni delitto era implicito anche un contenuto di infrazione morale e i due concetti, di fatto, coincidevano. Questo approccio storico può essere affrontato secondo una triplice prospettiva:

  1. Una prospettiva esplicativa (perché si delinque?)
  2. Una prospettiva finalistica (a qual fine punire?)
  3. Una prospettiva operativa (come punire?).

Vediamole in particolare.

  1. Prospettiva esplicativa – secondo questa prospettiva, oggi si risponde alla domanda "perché si delinque?"; per lunghi secoli, invece, questa domanda era "perché si pecca?".
Le risposte in proposito sono state molte: per ribellione al comando divino, per acquiescenza alle lusinghe del demonio, cioè, in altri termini, al mai risolto conflitto tra Bene e Male. Un simile approccio pone subito la questione mai risolta della predeterminazione, ovvero della libertà di peccare: questo dibattito ancora oggi è aperto tra le correnti di pensiero deterministiche, che ritengono l’uomo totalmente condizionato nell’azione da forze a lui esterne (cultura, società, pressioni ambientali di ogni tipo, fattori psicologici, ecc.) e quelle che ritengono invece l’uomo comunque libero, cioè dotato della capacità di scegliere il male (i comportamenti proibiti dalle norme) ovvero il bene (i comportamenti autorizzati). Solo in tempi a noi più vicini, con il rafforzarsi dell’autorità dello stato, si sono andati lentamente differenziando il delitto – inteso come infrazione ai divieti terreni – dal

peccato – quale inosservanza della morale (cioè dei precetti divini) anche se etica e delitto si sono pur sempre, ed anche oggi, in parte sovrapposti.

Prospettiva operativa – se ci chiediamo, invece, “come punire”, è ben nota la predilezione, nei tempi passati, per la pena capitale quale sanzione elettiva, applicata per infrazioni ai nostri occhi anche di ben modesta gravità anche se le pene corporali, le fustigazioni, la lapidazione, i tormenti, le mutilazioni, ed altre atrocità non erano disdegnate. Solo ai nostri giorni la pena fondamentale è diventata la perdita della libertà mediante la carcerazione che, comunque, è una sofferenza irrogata come pena sia pure con sempre maggior limitazione della sofferenza del corpo. La pena capitale è oggi prevista in un numero ancora considerevole di Paesi anche se l’ONU ne ha raccomandato la proscrizione.

Prospettiva finalistica – se vogliamo invece mettere

al Medioevo) la pena è stata considerata principalmente come un mezzo di vendetta e di compensazione per il male subito. Tuttavia, nel corso del tempo, si è sviluppata una diversa concezione della pena, che ha portato a considerarla come uno strumento di controllo sociale e di prevenzione del crimine. Oggi, lo scopo della pena non è solo quello di infliggere sofferenza al colpevole, ma anche di proteggere la società e di favorire la rieducazione e la reintegrazione del condannato nella comunità. La pena deve essere proporzionata al reato commesso e deve tener conto delle circostanze personali del colpevole. Inoltre, la pena deve essere finalizzata alla prevenzione del crimine, sia attraverso la dissuasione generale che attraverso la rieducazione del condannato. La dissuasione generale consiste nel far sì che la minaccia della pena scoraggi potenziali criminali dal commettere reati. La rieducazione, invece, mira a fornire al condannato gli strumenti necessari per evitare di commettere nuovi reati una volta scontata la pena. In conclusione, lo scopo della pena è quello di garantire la giustizia, proteggere la società e favorire la rieducazione del condannato. La pena deve essere proporzionata al reato commesso e deve tener conto delle circostanze personali del colpevole.ancora nel IV, Vsecolo d.C. per il diritto germanico), infatti, la vendetta non fu solo la motivazione principale della pena ma un preciso diritto della vittima o dei suoi familiari. Le origini del diritto penale si possono far risalire allora proprio nel momento in cui lo stato limita e regolamenta la vendetta, ponendo delle norme legali per stabilire come e in quali casi essa poteva essere legittimamente esercitata. Solo più tardi, l'autorità dello stato ha avocato esclusivamente a sé l'amministrazione della giustizia togliendola alla disponibilità del privato. La moderna finalità retributiva era, all'epoca illuministica, ancora da venire mentre la finalità intimidativa fu sempre insita nella pena ed essa costituiva nel passato anche l'unica modalità di prevenzione che veniva per lo più attuata con la pubblicità della punizione da eseguirsi sulle pubbliche piazze dinanzi a tutto il popolo. La segretezza del giudizio,

Quale vigeva un tempo, è stata sostituita dalla attuale pubblicità del processo e, per contro, è divenuta nascosta nel chiuso del carcere l'esecuzione della pena. La funzione pedagogica e di emenda morale, caratteristica del 1800, e la funzione risocializzativa/riabilitativa del '900, non erano presenti nella cultura preilluministica ma può intravedersene una anticipazione nei teologi della Scolastica per i quali la pena aveva un carattere medicinale per il reo, che espiava la sua colpa davanti a Dio, guarendo così dal male. Analogamente accadeva all'epoca dell'Inquisizione (la riconciliazione, in virtù della quale l'inquisitore operava affinché il reo condannato morisse chiedendo perdono per il peccato commesso e perdonando chi lo giustiziava) quando si voleva ottenere il pentimento e il ravvedimento dell'eretico al quale si chiedeva per poterlo assolvere di fare pubblica abiura onde favorire il ravvedimento.

Di coloro che egli, con parole e fatti, aveva traviato. E' da mettereben in evidenza, ancora oggi, fra le finalità della pena, il suo contenuto soddisfacente: la necessità di dare soddisfazione al bisogno di giustizia, vedendo unito il colpevole, anche se oggi misconosciuto o sottaciuto, è un contenuto sempre vissuto da tutti gli uomini come irrinunciabile. La pena risponde ad una precisa necessità psicologica che nasce nel momento stesso in cui nasce l'etica, vale a dire da quando l'uomo è divenuto tale. Ovviamente l'etica (cioè il significato del bene e del male) muta nel tempo così come incessantemente muta la cultura.

L'Illuminismo e l'ideologia penale liberale

Il pensiero penalistico moderno nasce con l'Illuminismo. Nell'ancien regime, infatti, tanto il diritto che la procedura quanto l'esecuzione delle pene, erano incentrati sull'autoritarismo dispotico della monarchia.

assoluta esui privilegi dell'aristocrazia nobiliare ed ecclesiastica. Anche l'esercizio della giustizia era arbitrario tanto quanto la struttura sociale: il diritto penale si estendeva ad aree che ora consideriamo come di competenza della coscienza privata (i delitti di opinione erano anche infrazione di norme religiose); non vi era diritto di critica nei confronti dell'autorità ed era prevista un'ampia discrezionalità che molto spesso scadeva nell'arbitrio. Il delinquente era percepito alla stregua di un malvagio attentatore dell'autorità del sovrano, la cui persona si identificava con lo stato; il reo, inoltre, era ancora gravato da una colpevolezza di significato anche religiose, posto che la potestà reale era considerata come promanante e garantita dalla divinità: egli doveva dunque essere severamente punito e, spesso, materialmente soppresso. L'esecuzione della punizione era dunque pubblica affinché

tuttipotessero vedere ciò che comportava l'aver sfidato l'autorità. È in questa situazione che le idee dell'Illuminismo cominciano a farsi strada con l'obiettivo di dichiarare la mente degli uomini dalle tenebre del dispotismo, dell'ignoranza, della superstizione religiosa, attraverso la scienza e la conoscenza. Esso era dunque un movimento rivoluzionario che proponeva valori alternativi: la ragione come sostituto della tradizione; la libertà per tutti i cittadini (e non più sudditi), la loro uguaglianza come "fatto e legge naturale" a fronte di privilegi di casta. Uno degli elementi che avrebbe realizzato il pensiero illuminista doveva essere appunto la giustizia: il principio dell'uguaglianza degli uomini di fronte alla legge risale a Voltaire e Montesquieu anche se, per gli illuministi, l'idea di uguaglianza si riferiva specificamente all'abolizione dei privilegi di nascita e di classe ed.essenzialmente alla parità di tutti i cittadini di fronte all'autorità dello stato che veniva a sostituirsi all'autorità del monarca e delle caste potenti. Nella prospettiva politica, l'Illuminismo fu anche il pensiero che assicurò l'affermarsi della borghesia mercantile, finanziaria e imprenditoriale e che le fornì il supporto ideologico per sostituirsi alla nobiltà e al clero che, fino ad allora, avevano detenuto il potere politico ed economico. La necessità di una nuova struttura giuridico-normativa del diritto pubblico, che desse corpo ai principi dell'Illuminismo e che ponesse le basi di un nuovo diritto, trovò in Cesare Beccarla (1738-1794) il suo più famoso sostenitore e divulgatore. "Dei delitti e delle pene", pubblicato anonimo per timore della censura nel 1764, rappresenta la più nota, lucida e sintetica esposizione della nuova concezione liberale del diritto penale, che

segna l'inizio di una nuova filosofia dell'

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
106 pagine
8 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flaviael di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Criminologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Bettini Romano.