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CAPITOLO 9: APPROCCIO ANTROPO-SOCIOLOGICO ALLA CRIMINOLOGIA E

VITTIMOLOGIA APPLICATA:INSICUREZZA E PAURA DEL CRIMINE

(Rosaria Romano)

La criminologia per spiegare le cause del crimine utilizza due approcci:

·antropologico: è rivolto all’uomo e mira a ricercare i fattori organici, psicologici, motivazionali e

psicosociali che possono aver determinato la condotta;

·sociologico: rivolge l’interesse ai fattori macro sociali che influenzano il crimine.

Alla nozione di disordine sociale  è connesso il problema del controllo sociale ed il problema della

marginalità.

Molte ricerche sulla criminalità mostrano una correlazione tra declino della comunità ed

allentamento dei legami sociali che condurrebbe all’indebolimento della sicurezza collettiva.

Molti studi mettono in risalto la relazione tra paura del crimine, fragilità ed insicurezza, che indica

una diminuzione dell’integrazione sociale.

La paura della criminalità e la preoccupazione di diventare vittima rappresentano un fenomeno che

caratterizza sempre più al società contemporanea con una serie di gravi conseguenze.

I dati di una recente ricerca sui comportamenti illeciti (definiti come ‘‘micro criminalità’’)

sottolineano che anche in Italia il senso di insicurezza è diventato un fenomeno sociale.

Anche il tema del sentimento di insicurezza è stato oggetto di numerosi studi, rilevando come

questo sia sempre più diffuso.

I ricercatori hanno evidenziato due dimensioni del senso di insicurezza:

·fear of crime: risposta fisiologica ed emotiva ad una intimidazione concreta o probabile;

·concern about crime: senso di inquietudine per una possibile diffusione della criminalità

nell’ambiente in cui si vive.

La paura della criminalità varia a seconda del genere, dell’età, del tipo di comune di residenza o

della zona geografica in cui si vive. La paura è più diffusa fra la popolazione femminile e tra le

persone anziane, seguite dai giovanissimi. Gli adulti di mezza età si sentono più sicuri.

I risultati delle ricerche condotte mostrano comunque come la paura della criminalità sia molto più

diffusa della vittimizzazione ed i gruppi demografici più insicuri in realtà sono quelli meno

vittimizzati.

Fra le varie teorie riguardo alla differente ripartizione del pericolo di vittimizzazione è interessante

quella denominata Life style model che concentra l’attenzione sullo stile di vita dei soggetti cui

sarebbero da ricondurre le variazioni fra i vari strati della popolazione in ordine al rischio di subire

un reato violento. I risultati hanno evidenziato che più lo stile di vita mette a contatto l’individuo

con potenziali autori di reato, maggiore sarà il rischio di vittimizzazione.

Secondo l’approccio delle attività routinarie la dinamica criminale è messa in relazione a fattori

ecologici ed affinché si realizzi è necessario la presenza di tre fattori:

·un soggetto disponibile e capace di compiere un crimine;

·un obiettivo agevolmente raggiungibile e aggredibile;

·carenza di adeguati mezzi atti a bloccare l’atto criminoso.

[Prossimità, remunerattività, accessibilità]

E’ sufficiente l’assenza di una sola di queste condizioni per far si che il crimine non venga portato a

termine.

Diversi autori sostengono che la criminalità sia un sentimento irrazionale secondo due accezioni

diverse:

·da un lato che la paura è sproporzionata rispetto al reale pericolo di subire un crimine;

·dall’altro che può bloccare ed agire sfavorevolmente sulla condotta delle persone.

Diverse ricerche condotte in Gran Bretagna e Stati Uniti hanno evidenziato che i gruppi in cui è più

presente la paura, sono anche coloro meno esposti ai pericoli, mostrando un più basso tasso di

vittimizzazione. Gli studiosi spiegano ciò attribuendo la colpa alla cattiva informazione diffusa dai

mass media riguardo i rischi concreti di subire un danno.

Diversi studi compiuti in paesi occidentali hanno sottolineato come il timore della criminalità

scaturisca, si propaghi e fiorisca anche a causa del reiterarsi di avvenimenti al limite dell’illegalità

che vengono percepiti dai cittadini come segni che l’ordine morale e della collettività è crollato.

Tutti gli studi documentano che una elevata manifestazione di insicurezza dipende dal disordine,

cioè da una molteplicità di segnali di inciviltà in una zona che possono essere sociali (collegati a

fatti o a determinate dinamiche) o fisici (sono legati a configurazioni persistenti dell’ambiente in cui

si vive).

Le inciviltà possono essere attive o deliberate, passive e involontarie.

Queste situazioni e comportamenti diversi tra di loro hanno in comune l’aspetto di costituire una

violazione delle norme condivise dalla popolazione riguardo alla gestione/utilizzo degli spazi

pubblici.

La forte correlazione esistente tra inciviltà e senso di insicurezza è stata dimostrata dall’esperimento

foot patron experiment condotto a Newark a metà anni ’70 tramite pattugliamento appiedato

piuttosto che motorizzato. Conseguenza: esiti positivi prodotti dal fatto che le pattuglie affrontano

in modo diverso ed efficace i problemi del disordine sociale.

Le ricerche italiane affrontano la questione del disordine sociale e della paura del crimine secondo

prospettive sociologiche e antropologiche. Durante anni ’90 comincia ad emergere un interesse nei

confronti della sicurezza urbana, (le ragioni del ritardo sono dovute a vari fattori tra cui la maggiore

attenzione dell’opinione pubblica e dello stato rivolta alla macro criminalità), quando il deteriorarsi

della partecipazione politica e l’indignazione per le vicende di Tangentopoli spostano l’attenzione

della collettività verso la necessità di una maggiore attenzione ai problemi della sicurezza interna.

Vengono effettuate le prime ricerche statistiche relative alla percezione della sicurezza da parte della

popolazione e sulla criminalità: i dati testimoniano sempre una maggiore preoccupazione da parte

dell’opinione pubblica verso la micro criminalità, con conseguente percezione di insicurezza da

parte della collettività che richiede sempre più allo stato di farsi carico del problema: purtroppo

questi si trova davanti ad un problema nuovo e non preparato per affrontarlo.

Nasce la ‘’nuova prevenzione’’ intesa come il prodotto di una crisi del sistema penale.

Ha due obiettivi:

·riduzione dei fenomeni criminali

·maggiore rassicurazione sociale

La prevenzione consiste nell’attuare strategie che limitino condotte criminali, intervenendo su

queste prima ancora che si verifichino. La conseguenza è che il diritto penale viene a trovarsi al di

fuori di tali strategie preventive e la risposta al pericolo deviante è fornita da nuove agenzie a ciò

preposte.

La necessità di fare qualcosa ha portato ad attribuire nuove competenze in materia di sicurezza a

soggetti che in precedenza ne erano privi, come il sindaco ed il comune. Diventano oggetto di

studio non solo i rei ma anche le vittime reali o potenziali e la comunità intesa nella sua generalità.

La prevenzione comunitaria è una delle forme della nuova prevenzione. Consiste nella

sensibilizzazione dei cittadini nei confronti del problema della criminalità, cercando di sviluppare

modelli associativi e forme di nuova solidarietà per cercare di creare una società che sappia

difendersi. Un esempio di questi modelli è il comitato di cittadini.

Il degrado viene visto come fonte di insicurezza, terreno fertile per i comportamenti devianti. La

‘’teoria delle finestre rotte’’ è un esempio di ciò: il disordine e le inciviltà aumentano in quelle zone

in cui il controllo formale ed informale è carente. Robert Sampson nel corso dei suoi studi sui

comportamenti devianti come causa del degrado urbano e sociale, si esprime in termini mancanza di

efficacia collettiva. Secondo Sampson, la teoria delle finestre rotte di Wilson e Kelling parte da un

presupposto sbagliato: il degrado in determinate zone non aumenta perché il controllo è carente ma

perché la collettività in quei luoghi non è fortemente radicata ed omogenea ed è composta da

individui che non agiscono insieme e non provano alcun senso di appartenenza nei confronti di quei

territori.

L’aumento del senso di insicurezza e quindi la conseguente diminuzione del senso di solidarietà e

coesione fra i cittadini fanno decrescere il controllo sociale informale.

Il fenomeno della paura del crimine è inserito in un ambito sociale che contribuisce alla diffusione o

alla riduzione dell’insicurezza.

Il senso di insicurezza e paura sono considerati aspetti derivanti dalla sensazione da parte

dell’individuo di concreti ‘’indizi di incivility’’ che sono calcolati rigorosamente dalla singola

persona. Disordine ed inciviltà suscitano l’indignazione nei residenti che si sentono ingiustamente

penalizzati dai costi di quella situazione incrementando la paura della criminalità e la sensazione

che nessuno sappia far rispettare le norme più importanti riguardanti la convivenza.

E’ importante segnalare la nozione di territorialità delimitabile come una area geografica in qualche

modo personalizzata o caratterizzata dall’intrusione altrui attraverso segni di confine sia fisici che

sociali. Una buona territorialità comporta una maggiore interazione sociale ed un più alto senso di

comunità con conseguente diminuzione della paura della criminalità e minori violazioni di

proprietà. Il concetto di setting comportamentale definisce uno specifico luogo/situazione le cui

caratteristiche fisiche o sociali stimolano particolari schemi di comportamento.

Pertanto studiare questi luoghi e le loro caratteristiche può rivelarsi più utile per predire i

comportamenti delle persone che lo studio delle loro caratteristiche personali, in quanto le strade e

gli isolati costituiscono spazi definiti che possono essere visti come luoghi che sviluppano

comportamenti e programmi di relazioni stabili.

L’impressione del disordine sociale in certi quartieri urbani e l’incapacità mostrata dalle autorità

pubbliche nel farvi fronte rivela una sua chiara manifestazione nella paura della criminalità. Si deve

utilizzare quindi la nozione di ‘’vulnerabilità sociale’’ che ripresenta in termini più complessi il

concetto della qualità della vita.

CAPITOLO 10: INSEGNARE LA CRIMINOLOGIA E LE TECNICHE DI

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
70 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher zelizeli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Criminologia applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Bisi Roberta.