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quotidianamente vanno e vengono per fare ciò che sono stanchi di fare e che tuttavia non possono
non fare, invecchiando così con la speranza di mutamenti esistenziali affidati all'inaffidabilità del
caso. E il crepuscolarismo è l'elemento di partenza culturale e letteraria del movimento
crepuscolare; la domenica triste che non trascorre mai, la fotografia del collegio vuoto.
La critica ha più volte affermato che il crepuscolarismo è provinciale e dà a questa
affermazione un'accezione riduttiva. A parte i collegamenti diretti dei singoli crepuscolari con autori
francesi, la materia provinciale è invece una diligente elezione di poetica con cui il movimento in
esame si aggancia ad alcuni settori della lirica europea.
Il crepuscolarismo esorcizza la solitudine esistenziale, edificando una efficace difesa contro gli
attacchi della nevrosi attraverso la contemplazione di cose e personaggi di un ambiente domestico
che il poeta possiede o che potrebbe possedere e con il quale lo stesso articola l'esistenza di nessun
giorno o di tutti i giorni. Se c'è in ciò qualcosa di statico,e c'è, significa che il crepuscolarismo
nell'ambito più vasto del decadentismo non ha più fiducia nel positivistico progetto di progresso,
mentre individua tra la molteplicità dei percorsi della speculazione decadente quello di una
dialettica tra soggetto e oggetto, basata sull'analisi del modo d'essere di un uomo che non sa più chi
è né perché esiste né quale posizione occupa nell'universo. Alla vulnerabilità di un tale stato, se il
futurismo prepara e sollecita una violenta spinta di ardire nello sforza di dare un significato al
presento già in se stesso futuro, il crepuscolarismo si ripiega in un angolo di protezione dell'umana
sofferenza, in cui sono rimasti come ibernati nel tempo e da tempo certe cose e certi personaggi.
Ciò che si è detto abbozza qualcosa del “movimento”. Passando ai poeti che lo hanno
interpretato si scoprono notevoli differenze.
Quella dei crepuscolari fu una generazione che si era idealmente incontrata. Giovani sui vent'anni
con preferenze culturali rivolte ad autori d'oltralpe, mediati a volte da Pascoli e da D'Annunzio, si
mossero senza iniziale regolamento in tre sedi e tra gli anni 1903-1910. Roma fu indubbiamente la
più importante per l'attività di Corazzini. Egli dimostrò di aver profonde notizie sulla letteratura
contemporanea e di saper schierarsi dalla parte di un rinnovamento che decisamente rifiutava forme
di dilettantismo estetico. Corazzini assunse nell'esercizio della sua poesia forme neospiritualistiche.
Adotttò nelle pieghe del suo misticismo figurazioni sacre e insistenti richiami all'anima e al silenzio
che non erano affatto nuovi e che anzi si rintracciarono facilmente nel dizionario del simbolismo;
ma li adottò come allegoria del suo minuscolo e appartato “paradiso artificiale” in cui, lo spleen si
sollevava e dissolveva nel conforto della poesia. Figura comunque di grande fascino, emanato
dall'affabilità dell'indole, dall'eleganza del comportamento, e la passione per la sua poesia. Nacque
intorno a lui un gruppo che si dava appuntamento al caffè Sartoris.
Se Corazzini fu il ragioniere del gruppo romano, Gozzano lo fu del gruppo torinese. Lui e i suoi
amici cominciarono la sua avventura poetica praticamente quando Corazzini la finiva.
I due gruppi erano avvicinati dalla stessa ragione delle loro convinzioni poetiche che la naturale
dialettica corale interna spingeva alla diffusione. Si ebbe così un piano di collaborazione congiunta,
lirica e recensoria, a riviste e quotidiani: collaborazione che contribui a saldare i legami tra le varie
città. C'è insomma nei due gruppi una progressiva intensificazione di una percettività poetica
collettivamente indirizzata verso analoghe manifestazioni di rinnovamento culturale e di gusto
letterario. Corazzini e Gozzano, minati dalla malattia, accentuarono un inadattamento al ritmo
normale della vita che condizionò la poesia e complicò il rapporto tra essa e il fantasma della morte.
Il futuro si chiuse psicologicamente su di essi e la loro riflessione si spostò sul passato o, se si fermò
al presente, ne soffrì la noia e l'angoscia.
I due furono universalmente ritenuti i punti da cui a cerchi concentrici le onde arrivarono a
confondersi (senza comunque eliminare le specificità di ognuno).
3
Il crepuscolarismo, sebbene limitato nel tempo, ha inciso sulla temperie culturale dei primi anni del
900. In bilico sul nascere tra la sottomissione e la reazione al grigiore, alla noia e al peso della
quotidianità, esso ha certamente favorito lo sviluppo di una tematica che simboleggia la diffusa
condizione di chi, non potendo appagare le sue frustrazioni con l'esaltazione della bellezza e della