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La prassi incostituzionale della reiterazione dei decreti legge

Una prassi assolutamente incostituzionale è quella della reiterazione dei decreti legge, permezzo della quale il governo emana diversi atti che contengono, tuttavia, lo stesso contenuto. Il problema nasce dal fatto che mantenendo nel tempo l'effetto dei decreti si vanifica il carattere eccezionale e provvisorio dell'atto, non permettendo alla Corte costituzionale di intervenire in quanto ogni decreto è diverso dall'altro in maniera formale, ma nella sostanza mantiene il medesimo contenuto; è ammesso il trasferimento del giudizio di incostituzionalità dal decreto impugnato a quello successivo con contenuto normativo uguale. La reiterazione è stata dichiarata incostituzionale dalla Corte nel 1996 in quanto altera la natura provvisoria dell'atto e toglie valore al carattere straordinario dei requisiti della necessità e dell'urgenza. In un solo caso la reiterazione non è illegittima: quando il

nuovodecreto ha contenuti normativi sostanzialmente diversi e ci sono nuovi presupposti giustificativi di natura straordinaria. La Corte costituzionale controlla i presupposti di validità del decreto. Il controllo sui regolamenti governativi non è esercitato dalla Corte costituzionale in quanto atti privi della forza di legge, l'unico modo per arrivare al giudizio di costituzionalità è quello indiretto: deve essere impugnata la legge sulla quale il regolamento si fonda, che potrebbe avere dei vizi. I regolamenti parlamentari sono fonti dell'ordinamento generale della Repubblica ma non hanno forza di legge, benché si collochino allo stesso piano delle leggi e siano subordinati solo alla Costituzione. In realtà, nel nostro ordinamento esistono due concetti di forza di legge: la nozione tradizionale prevede una forza di legge attiva (capacità di abrogare atti inferiori o precedenti) ed una forza di legge passiva (capacità di

resistere all'abrogazione da parte di fonti minori), l'altra nozione prevede una diversa competenza dei regolamenti parlamentari e della legge.

La Corte non può sindacare i regolamenti parlamentari a causa dell'autonomia delle due Camere, la Corte controlla il regolamento parlamentare nei conflitti di attribuzione.

Il processo e le tecniche di giudizio della Corte costituzionale

Il parametro di giudizio della legittimità delle norme rispetto alla Costituzione è dato dal confronto con una disposizione che il giudice deve indicare nell'ordinanza di rimessione.

I parametri di giudizio possono essere rappresentati da:

  • disposizioni costituzionali;
  • norme interposte → legge ordinaria che la Costituzione rende vincolante per un altro atto avente forza di legge (esempio: legge delegante per i decreti legislativi);
  • trattati internazionali;
  • legge nei giudizi di uguaglianza.

Le norme interposte sono norme che se violate provocano una violazione

Indiretta della Costituzione, come le leggi delega. I trattati dovrebbero essere considerati come norme interposte in quanto la loro violazione implica indirettamente la violazione dell'art. 117 Cost. che impone alle leggi di rispettare gli obblighi internazionali. La CEDU rappresenta un caso particolare, infatti la disapplicazione delle norme contrastanti con essa è stata respinta dalla Corte costituzionale, in quanto la Convenzione non produce effetti diretti nell'ordinamento giuridico italiano tali da poter affermare la competenza dei giudici nazionali ad applicare le disposizioni della CEDU per la risoluzione delle dispute.

In merito alla questione la Corte costituzionale ha emesso le c.d. "sentenze gemelle", ovvero le sentenze n. 348 e 349 del 2007, con le quali si esplicita il carattere di norme interposte delle norme CEDU. Una legge ordinaria integra il parametro anche dei giudizi di eguaglianza quando si considera violato l'art. 3 Cost.

Perché la legge crea una differenza di trattamento ingiustificata tra due situazioni simili o uguali. In questo tipo di giudizio entra in gioco anche una terza norma (giudizio ternario) rispetto alla quale la legge impugnata è diseguale e quindi appare illegittima, questa terza norma prende il nome di tertium comparationis. Quando una legge viene sottoposta al controllo della Corte costituzionale, il primo controllo riguarda l'ammissibilità della questione. In questo caso si parla di decisioni in senso processuale perché la Corte non esamina la legittimità della norma ma solo la correttezza del procedimento di presentazione della questione. Se la questione è ammissibile, la Corte procederà al giudizio ed emetterà una sentenza in cui dichiara la legge illegittima o conforme alla Costituzione, invece nel caso in cui la questione non fosse ammissibile non la esaminerà nemmeno ed emanerà una decisione in cui dichiara

inammissibile la questione.

La questione è inammissibile nei seguenti casi:

  1. inidoneità dell'atto → viene sottoposto a giudizio un atto diverso da quelli che la Corte può giudicare, come un regolamento del governo;
  2. inidoneità dell'organo remittente → quando la questione proviene da un organo che non è qualificabile come giudice;
  3. inidoneità del parametro → la norma che si presume violata non ha carattere costituzionale;
  4. mancanza dei requisiti → la norma non è rilevante nel caso concreto;
  5. difetti dell'ordinanza di rimessione → errori formali del giudice a quo, in questo caso il giudice la corregge e la invia nuovamente alla Corte.

Le norme della Costituzione che si occupano delle decisioni della Corte costituzionale sono l'art. 137, che stabilisce la non impugnabilità delle decisioni della Corte, e l'art. 136, che descrive in maniera esplicita la sentenza di accoglimento.

ed in maniera implicita quella dirigetto. Le sentenze della Corte costituzionale possono essere:

sentenza di rigetto → la Corte giudica infondata la questione e vincola il giudice- rimettente ad applicare la norma, ma solo quel giudice è vincolato, gli altri possono ancora riproporre la questione e potrebbe succedere che più avanti nel tempo, con nuove condizioni, questa venga accolta.

La Corte, nella sentenza di rigetto, a erma che la questione non è fondata in riferimento a quel preciso parametro costituzionale, non che la legge è costituzionalmente legittima.

sentenza di accoglimento → la Corte giudica illegittima la disposizione impugnata con e etto erga omnes e retroattivo, quindi anche sui casi precedenti a meno che non siano già definitivi, ovvero che non sia intervenuta la prescrizione, la decadenza o che il caso non sia già passata in giudicato (bilanciamento tra l’applicazione di leggi).

Costituzionalecostituzionalmente legittime e la certezza del diritto). L'unica eccezione riguarda icasi in cui vi è una condanna penale, che cessa.

- sentenza interpretativa di rigetto → sono sentenze di rigetto che dichiarano laquestione infondata: la Corte attribuisce un significato alla disposizione che siacompatibile con la Costituzione, per questo ritiene che la disposizione sia legittima.Quindi, il giudice a quo invia alla Corte una disposizione A con la norma B derivantedalla sua interpretazione che potrebbe essere incostituzionale, la Corte alloradichiara infondata la questione ed indica una norma C basata sull'interpretazioneconforme a Costituzione. L'effetto è solo per il giudice a quo;

sentenza interpretativa di accoglimento → la Corte dichiara illegittimo uno dei- significati normativi della disposizione impugnata che però continua ad esistere:l'illegittimità è nei confronti di uno dei significati, non

Del testo. Questa sentenza è erga omnes e retroattiva. Si parla di diritto vivente quando una disposizione è applicata dalla maggioranza dei giudici con la stessa interpretazione che si è ormai consolidata nel tempo; se l'interpretazione applicata è illegittima, la Corte non emette sentenze interpretative di rigetto ma quella interpretativa di accoglimento, in quanto la prima è vincolante solo per quel dato giudice e gli altri continueranno ad applicare la norma illegittima.

La Corte costituzionale pretende la collaborazione dei giudici, che sono tenuti a verificare se sia possibile dare alla disposizione un'interpretazione conforme a Costituzione prima di sollevare la questione di costituzionalità. Questo perché l'orientamento della Corte è quello di non dichiarare una disposizione illegittima perché potrebbe avere interpretazioni incostituzionali ma solo perché è impossibile darne una conforme a Costituzione.

Nel caso in cui il giudice non abbia cercato di individuare una possibile interpretazione conforme, la Corte dichiara inammissibile la questione; le leggi infatti, si dichiarano incostituzionali solo quando non è possibile darne interpretazioni costituzionali. La Corte costituzionale può operare una manipolazione del testo delle disposizioni con lo scopo di farle leggere in modo diverso: queste tipologie di sentenze si dividono in additive e sostitutive. Sentenze di accoglimento parziale → la Corte dichiara incostituzionale solo alcuni aspetti della disposizione impugnata, eliminando così una parte di essa per renderla conforme. Sentenze additive → la Corte aggiunge alla disposizione impugnata qualcosa che mancava, in questo caso la violazione della Costituzione è rappresentata dall'omissione, ovvero da qualcosa che manca nel testo. L'incostituzionalità dell'omissione può riguardare l'esclusione dalla disciplina di.alcune situazioni o soggetti. Per esempio la non menzione dei figli naturali in una disposizione del codice civile sulla successione ereditaria comportava la loro esclusione, tuttavia non poteva essere eliminata l'intera norma che era legittima, perciò la Corte decise di dichiarare incostituzionale l'omissione dei figli naturali. Diritto Costituzionale La Corte in questo modo non si sostituisce al legislatore in quanto individua la norma da integrare dalle stesse norme costituzionali o per analogia da altre norme e principi del sistema. Questo tipo di sentenza è tipico dei giudizi di uguaglianza. Nella stessa categoria rientrano le sentenze additive con effetto riduttivo che, invece di aggiungere qualcosa alla disposizione, la eliminano. - sentenze sostitutive → la Corte sostituisce una parte o un elemento della disposizione, di solito nella sentenza utilizza la formula "anziché". Un tipo di sentenza n
Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
12 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher CostaMarco di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Ferrara o del prof Brunelli Giuditta.