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DEGLI ATTI AVENTI FORZA DI LEGGE
I vizi di legittimità costituzionale delle leggi possono essere distinti in vizi formali e
vizi materiali.
Un vizio formale si verifica quando una legge è approvata dal Parlamento violando
una delle norme sul procedimento di formazione delle leggi stabilite dalla
Costituzione, o quando viene adottato un procedimento diverso da quello prescritto.
Ad esempio, se una Camera del Parlamento approva una legge senza sottoporla
preventivamente all'esame della commissione legislativa competente o senza votarla
articolo per articolo, ciò costituirebbe un vizio formale. La Corte costituzionale ha
confermato la sua competenza nel controllare la legittimità formale delle leggi che
violano le norme costituzionali sul procedimento.
Un altro esempio di vizio formale sarebbe se una legge venisse approvata con un
procedimento diverso da quello richiesto dalla Costituzione, come nel caso delle
leggi elettorali o di delega. Tuttavia, la Corte non può estendere questo controllo alle
norme procedurali contenute nei regolamenti parlamentari.
Per quanto riguarda i vizi materiali, si verificano quando una norma contenuta in una
legge è in contrasto con una norma costituzionale o con un principio costituzionale, 3
oppure quando l'organo legislativo che ha emanato la legge non era competente
secondo quanto stabilito dalla Costituzione.
Un esempio di vizio materiale potrebbe essere una legge che autorizza la limitazione
della libertà di corrispondenza senza il preventivo intervento dell'autorità giudiziaria,
contravvenendo quindi alla Costituzione che richiede tale intervento. Un altro caso
sarebbe una legge che esclude dall'accesso ai pubblici uffici i membri di una
minoranza linguistica, violando così il principio di uguaglianza.
Inoltre, un vizio materiale può verificarsi quando una legge statuale invade la sfera di
competenza riservata alle Regioni o viceversa. Ad esempio, se una legge regionale
disciplina una materia che non rientra tra le sue competenze, o se una legge
statuale invade la competenza di una Regione.
C'è poi il vizio di eccesso di potere legislativo, che consiste nel fatto che un atto
legislativo sia emanato per un fine diverso da quello previsto dalla normativa o non
sia idoneo a perseguire tale fine, o ancora non sia coerente internamente. La Corte
costituzionale può valutare la ragionevolezza degli atti legislativi rispetto ai loro fini e
la congruenza dei mezzi con i fini che intendono raggiungere.
Infine, sia le leggi che gli atti aventi forza di legge possono essere sottoposti al
controllo della Corte costituzionale sia per vizi formali che per vizi materiali. La Corte
può esercitare questo controllo attraverso due procedimenti distinti: uno in via
d'eccezione e uno in via d'azione.
Gli atti soggetti al sindacato di legittimità costituzionale sono definiti dall'articolo 134
della Costituzione italiana. Questo articolo stabilisce che la Corte costituzionale
giudica sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti
aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni.
Questa disposizione limita il sindacato di legittimità a due tipi di atti: le leggi e gli atti
aventi forza di legge. In base a questa interpretazione restrittiva, i regolamenti, gli atti
materialmente amministrativi e le sentenze non sono soggetti al sindacato di
legittimità costituzionale.
Tuttavia, alcuni autori, come Mortati, hanno sostenuto un'interpretazione più
estensiva che includerebbe anche i regolamenti soggetti a sindacato, soprattutto se
derogano alla legge e assumono efficacia sostanziale. Tuttavia, questa
interpretazione restrittiva è prevalsa, anche nella giurisprudenza della Corte
costituzionale.
Per quanto riguarda gli atti aventi forza di legge, si è preferito utilizzare un criterio
formale piuttosto che sostanziale per identificarli. Questo significa che sono soggetti
al sindacato di legittimità costituzionale non solo gli atti che sono fonti del diritto, ma
anche quelli che sono fonti primarie, escludendo i regolamenti. 4
La Corte costituzionale ha escluso che gli atti normativi dell'Unione europea siano
soggetti al suo sindacato di legittimità costituzionale, poiché pur avendo forza di
legge nei singoli Stati membri, non sono atti aventi forza di legge dello Stato italiano.
Inoltre, la Corte ha escluso che possano essere soggetti al suo sindacato gli atti
normativi delle Regioni e delle Province autonome, poiché la delegazione legislativa
e la decretazione d'urgenza sono riservate alla competenza dello Stato. Anche i
decreti-legge non convertiti possono essere impugnati solo in via di azione da una
Regione che lamenti la lesione della sua sfera di competenza.
Infine, c'è un dibattito su se i regolamenti parlamentari siano soggetti al sindacato di
legittimità costituzionale, ma la Corte costituzionale non ha ancora espresso una
posizione definitiva su questo punto.
Il procedimento in via incidentale per sollevare la questione di legittimità
costituzionale si basa sui principi stabiliti dall'articolo 137 della Costituzione italiana.
Questo articolo ha rinviato ad una legge costituzionale per stabilire le condizioni, le
forme e i termini di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale. Inoltre, la
legge costituzionale n. 1 del 1948 ha escluso un ricorso diretto alla Corte
costituzionale da parte di chi lamenti la lesione di una situazione giuridica soggettiva
dovuta ad una legge ritenuta costituzionalmente illegittima.
Il procedimento prevede che la questione di legittimità costituzionale di una legge o
di un atto avente forza di legge possa essere sollevata, mediante apposita istanza,
nel corso di un giudizio innanzi ad un'autorità giurisdizionale. Questa istanza può
essere presentata da una delle parti coinvolte nel giudizio o d'ufficio dall'autorità
giurisdizionale stessa.
La Corte costituzionale ha adottato un'interpretazione estensiva del concetto di
"autorità giurisdizionale", ammettendo che la questione possa essere sollevata
anche davanti ad altre autorità che svolgono funzioni giudiziali, anche se solo
formalmente e proceduralmente. Questo include, ad esempio, la Corte dei Conti, la
sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura e altre commissioni
con funzioni giurisdizionali.
La questione di legittimità costituzionale può essere sollevata quando si ritiene che
una legge o un atto avente forza di legge violi la Costituzione o le leggi costituzionali.
La Corte è chiamata a decidere se vi sia stata una violazione formale o materiale
della Costituzione. Nel secondo caso, la Corte deve valutare se la norma contenuta
nell'atto legislativo sia in contrasto con una norma costituzionale o con un principio
desumibile dalla Costituzione.
L'istanza di sollevamento della questione può essere respinta dal giudice a quo, ma
può essere riproposta all'inizio di ogni grado ulteriore del processo. 5
Il giudice a quo, ossia il giudice davanti al quale viene sollevata una questione di
legittimità costituzionale, ha il compito di valutarne la fondatezza e la rilevanza prima
di procedere. Questo potere è stabilito dall'articolo 1 della legge costituzionale n. 1
del 1948 e dall'articolo 23, comma II, della legge n. 87 del 1953.
Prima di tutto, il giudice deve verificare se la questione sollevata sia manifestamente
infondata. Questo significa che non deve decidere se la questione è giusta o
sbagliata, ma solo se essa appare evidentemente priva di fondamento giuridico. In
caso affermativo, il giudice respinge la questione.
In secondo luogo, il giudice deve accertare se la risoluzione della questione sia
necessaria per definire il giudizio principale. Questo si traduce nell'esaminare se la
questione riguarda una legge o un atto che il giudice ritiene fondamentale per
decidere sul caso in questione. Se la questione non è rilevante per il giudizio
principale, il giudice la respinge.
La Corte costituzionale, tuttavia, può intervenire sostituendosi al giudice a quo per
valutare la rilevanza della questione. In alcuni casi, la Corte può dichiarare la
questione inammissibile per mancanza di rilevanza o rimandare la decisione al
giudice a quo se ritiene che i motivi addotti non siano sufficienti. Tuttavia, c'è anche
una tesi restrittiva secondo cui solo il giudice a quo può decidere sulla rilevanza della
questione.
Infine, se nel corso del giudizio interviene una nuova legge che disciplina la materia,
il giudice a quo deve verificare se la questione sollevata rimanga rilevante alla luce
della nuova legislazione. In tal caso, può essere necessario il rinvio degli atti al
giudice a quo per una nuova valutazione della questione.
Una volta che il giudice ha determinato che la questione sollevata è rilevante, deve
procedere a valutare se essa sia manifestamente infondata. Qui, la legge è chiara: il
giudice non deve decidere se la questione è giusta o sbagliata, ma solo se appare
palesemente priva di fondamento giuridico. In pratica, il giudice respinge la
questione se, a una prima occhiata, sembra evidente che non abbia alcun
fondamento legale. Al contrario, se sorgono dubbi sulla legittimità costituzionale
della legge, il giudice potrebbe accogliere la questione per consentire alla Corte
costituzionale di decidere. Se il giudice è tenuto a sollevare la questione davanti alla
Corte quando ha dubbi sulla legge, è ancor più giustificato farlo se ritiene che la
questione sia fondata. In entrambi i casi, poiché il giudice non ha il potere di
decidere sulla legittimità costituzionale delle leggi, deve sospendere il processo e far
intervenire la Corte costituzionale per la decisione finale.Secondo l'orientamento
prevalente della giurisprudenza della Corte costituzionale, il giudice a quo dovrebbe
sollevare la questione di costituzionalità solo se non è possibile interpretare la legge
in modo conforme alla Costituzione. In altre parole, il ricorso alla Corte è ammesso
solo se non c'è alcuna interpretazione ragionevole che possa salvare la norma 6
sospettata di incostituzionalità. Questo approccio tende a distribuire il controllo di
costituzionalità in modo più diffuso anziché concentrarlo in un'unica istituzione, come
la Corte costituzionale. Tuttavia, c'è il rischio che questa diffusione possa portare a
un accentramento eccessivo della giustizia costituzionale nella Corte di cassazione.
Negli ultimi anni, c'è stata una certa attenuazione di questo rigore, con la Corte
costituzionale che ha chiarito che la possibilità di un'interpretazione alternativa non
incide sull'ammissibilità della