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I TIMORI: la tecnologia creerà disoccupazione?
Quali saranno le trasformazioni nel mercato del lavoro? Le macchine sostituiranno i lavoratori? Quali mansioni saranno ancora svolte dagli esseri umani? Quali occupazioni saranno oggetto di automazione? Solo alcune delle domande e dei timori che infiammano il dibattito odierno. I dati ricavati negli ultimi anni da alcuni studi, sembrano confermare questi timori: Nel periodo 2015-2020 saranno 7,1 milioni le persone che perderanno il posto di lavoro perché sostituite dalla tecnologia - molte delle attività svolte in passato da persone, possono oggi essere automatizzate. Bisogna dire che questo tema deve essere affrontato attraverso una molteplicità di prospettive in modo da restituire un'immagine complessiva del fenomeno. Nel nostro piccolo possiamo concentrarci sul ruolo delle tecnologie partendo da considerazioni che attingono dall'esperienza del passato. Già dalla prima
Rivoluzione industriale: si erano generati fenomeni simili. Visto che il tema non è affatto nuovo, è bene andare in fondo alla questione.
Sicuramente le tecnologie descritte in precedenza automatizzano le operazioni ed il lavoro blue-collar worker: dei cosiddetti un lavoro perlopiù ripetitivo che, una volta automatizzato, appare molto più efficiente rispetto a quello fatto dall'essere umano.
Le tecnologie tuttavia non minacciano oggi solo i blue-collar worker, ma anche, in particolare le A.I., minacciano il lavoro dei white-collar worker, i cosiddetti knowledge worker: professionisti che sfruttano la propria conoscenza ed esperienza acquisita negli anni per svolgere la loro attività professionale.
Le tecnologie possono davvero sostituire queste persone? Stiamo parlando dell'ambito legale, medicina(...). Le A.I non sanno fare:
Per rispondere a questa domanda, vediamo che cosa- Replicare l'intelligenza generale tipica degli esseri umani.
restando di fatto delle "intelligenze limitate" (artificial)
Catastrophic forgetting (il dimenticare catastrofico) - quando vengono allenati a svolgere azioni, capita che si dimentichino il compito svolto prima di questo
Mancanza di consapevolezza - le macchine fanno bene quello che fanno, ma non sanno quello che fanno
Non sono in grado di apprendere in modo efficace utilizzando pochi esempi, più di quello che necessita un uomo - da qui ancora di più si capisce il legame fra A.I. e big data
Black box - sono caratterizzati da bassa interpretabilità dei risultati che hanno generato
Non sono in grado di replicare attività tipicamente umane - effettuare ragionamenti basati sul buon senso, avere consapevolezza di ciò che stanno facendo, capire le porre nuove domande, sfumature del linguaggio, esprimere volontà, replicare l'intelligenza socio-emotiva
essere creativi (…)Risulta quindi difficile che una A.I. possa sostituire un knowledge worker, al limite fungerglida supporto. Basti vedere il campo medico.Il progresso tecnologico può cancellare alcuni tipi di lavoro, ma nel lungo periodo si èdimostrato un creatore di lavori. Dovremmo spostare il focus da “race against the machine”a “race on the machine” —> alle persone devono essere lasciate le attività a valoreaggiunto, alle macchine devono essere lasciate le mansioni ordinarie perché in grado difarle meglio.5 venerdì 15 maggio 2020SISTEMI INFORMATIVI E TREND DIGITALI( prof. ? )LEZIONE 18La lezione è iniziata con un video che mostra il progresso attuale della tecnologia A.I.APPROFONDIMENTO SULLA A.I.Considerazioni di Luciano Floridi in un paper del 2017: il minimo comun denominatore dellecleaving power: “il digitale taglia e incolla la realtà, nel senso cheA.I. è, secondo lui, illorodivide e riunisce aspetti del mondo (…). Sgancia, scolla e fonde gli atomi della nostraesperienza e la nostra cultura”.Queste stesse tecnologie, in virtù della loro straordinaria specificità, hanno la capacità di“tagliare e incollare, dividere e riunire, sganciare e scollare” i concetti e le categorie piùgenerali sulla base delle quali noi facciamo esperienza della realtà che ci circonda e di noistessi come pare di questa stessa realtà.
Esempi per capire:Localizzazione ≠ presenza: “in un mondo digitale, è ovvio che un individuoscrive Floridi:possa essere fisicamente localizzato in un luogo, diciamo un bar, e presente interattivamentein un altro, diciamo una pagina su Facebook; ora, tutte le germinazioni passata che hannovissuto in un mondo esclusivamente analogico, hanno concepito e fatto esperienza deiconcetti di localizzazione e presenza, come due lati inseparabili della stessa condizioneumana:
essere situati nello spazio e nel tempo “qui ed ora”; oggi, questa separazione, riflette semplicemente una esperienza ordinaria in ogni società dell’informazione”.
Le parole di Floridi riflettono una esperienza sempre più comune a quasi tutti noi. Siamo in una società in cui le tecnologie digitali consentono alle informazioni di essere trasmesse e di circolare in modo sempre più fluido, noi abbiamo a che fare quotidianamente con la radicale separazione fra i concetti di separazione e presenza (anche in modo inconsapevole);
Identità ≠ dati personali: saldatura, esempio che ritrae un fenomeno di quella fra le nostre “è unicamente il digitale, con il suo straordinario potere identità e i nostri dati. Floridi scrive: di memorizzazione e di processamento di sconfinate quantità di dati che riguardano un qualsiasi individuo, che qui chiamiamo Alice, che ha saldato assieme l’identità di Alice con le
informazioni personali che la riguardano: la privacy è diventata un problema così urgente, anche e soprattutto per questa e oggi, almeno per quanto riguarda la legislazione europea, la protezione dei dati viene discussa in termini di dignità umana e di identità personale".
In un mondo sempre più innervato dalle tecnologie digitali, noi ci identifichiamo con l'aggregato dei nostri dati personali. Da qui avremo a che fare con l'argomento dell'etica.
IN CHE MODO IL CLEAVING POWER SI ESPRIME NELLE TECNOLOGIE ASSOCIATE ALLA A.I.?
Nel dibattito pubblico la A.I. è stata venduta come la sintesi della potenza di calcolo delle macchine e l'intelligenza inafferrabile dell'essere umano - oggi capiamo perché non è affatto così:
Artificial Agency ≠ Intelligent Behaviour: la A.I. è un caso emblematico di divorzio, scollamento, scissione dalla Agency = la capacità di agire con
successo per raggiungere uno scopo, dall'altro lato il bisogno di attribuire un significato e un senso complessivo a ciò che si sta facendo per raggiungere questi obiettivi. Alla domanda: quale potrebbe essere il futuro delle intelligenze artificiali? Il già citato Floridi "la AI viene intesa al meglio come un serbatoio di azione risponde (in un paper del 2019): efficiente, che può essere usata per risolvere problemi. La AI raggiunge i suoi obiettivi nella risoluzione dei problemi, separando l'abilità di compiere una determinata operazione con successo da ogni bisogno di essere intelligenti nel farlo." Osserviamo come le azioni delle A.I. possono riassumersi in una sofisticata ed efficientissima elaborazione di dati di cui queste macchine non hanno la possibilità di fornire alcuna interpretazione. AI è Semanticisation of Reality: Menti, Cervelli e Programmi, un paper del 1980 dal titolo Searle J. R.altro importantissimo esponente della filosofia contemporanea, "il computer ha la sintassi" scrive: "è in grado di svolgere operazioni codificate in una serie di istruzioni ma non ha alcuna semantica. Perciò, se digiti in un computer '2 + 2 = ?', questo ti risponderà 4. Ma non ha idea che '4' significa 4 o che questo significhi qualcosa in generale". Le parole di Searle non devono essere sottovalutate. Per mettere a fuoco il concetto: assumiamo di fornire ad una AI milioni di input dello stesso tipo, come milioni di immagini di gatti e assumiamo di programmare questa AI, affinché dato l'input 'immagine di gatto', fornisca uno specifico output, in questo caso la parola 'gatto'. Dopo milioni di esempi l'AI diventerà straordinariamente efficiente nell'associare questo input a questo output. Tuttavia questa, pur non fallendo praticamente mai in questa associazione, non sviluppa la minima idea di.Cosa sia un gatto. La AI si rivela del tutto incapace di andare oltre la semplice correlazione statistica tra una certa tipologia di input e un determinato output. Si dimostra priva della capacità semantica di riempire di significato questa stessa correlazione (correlazione che è il frutto della abilità di elaborare dati sulla base di istruzioni).
Allora da dove nascono le narrazioni deviate e fuorvianti dell'opinione pubblica che attanagliano il nome delle AI? -> a matter of language and metaphors
Molti di questi fraintendimenti nascono in primo luogo da un uso irresponsabile del linguaggio. Troppo spesso ci si dimentica e si trascura il fatto che noi esseri umani attribuiamo alcune capacità semantiche e agli agenti artificiali in maniera soltanto metaforica, a causa del più delle volte dell'insufficienza e dell'antropomorfismo del nostro vocabolario. "il problema è sempre lo stesso, e riguarda tutti i programmi software.
Come scrive Floridi: "nei nostri tempi le AI sembrano esibire una sorta di intenzionalità: le loro capacità semantiche sono occhi non nei loro codici".
Allora come interfacciarsi con le AI, come interagire con loro? La logica delle AI si può riassumere nel processo di "enveloping".
Per avvicinarci a questo concetto leggiamo alcune parole di Floridi scritte nel 2015: "il successo delle nostre tecnologie dipende in larga parte dal fatto che noi inscriviamo sempre più il mondo in una enorme quantità di device, applicazioni e dati tale che questo mondo si trasformi in un ambiente estremamente 'IT-friendly', luogo in cui le tecnologie possono fare molte più cose di noi senza che queste abbiano bisogno di avere alcuna comprensione o abilità semantica".
Con l'enveloping i sistemi e gli spazi in cui inseriamo le AI vengono riorganizzati e ripensati affinché possa essere sfruttata a pieno.