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CAPITOLO TERZO – LA PERSONA NELL’EPISTEMOLOGIA ANTIPERSONALISTA DI GASTON BACHELARD
Gaston Bachelard (1884-1962): Gaston Bachelard ha avuto una carriera fuori dal comune (“Giano bifronte”: si occupa di due cose, ma
non contemporaneamente, cioè di epistemologia e di critica letteraria). Le sue due occupazioni hanno sempre rappresentato, a suo avviso, due
diverse alternative: quando si studia epistemologia non si può, contemporaneamente, occuparsi di critica letteraria e viceversa, perché c’è
sempre il pericolo che fra queste due dimensioni si rompa la divisione. All'inizio impiegato alle poste, prende la laurea e diventa professore di
fisica e chimica. Riesce nel 1922 a laurearsi anche in filosofia e insegna questa materia alla Facoltà di Digione prima di diventare professore
alla Sorbona fino al 1954. Nel 1928 pubblica la sua tesi di dottorato, (Essai
Saggio sulla conoscenza approssimata sur la connaissance approchée),
nel 1934 nel 1938 nel 1941 (La
Il nuovo spirito scientifico, La formazione dello spirito scientifico, La filosofia del non Philosophie du non);
improvvisamente, in quell’anno, smette di occuparsi di epistemologia e, fino al 1951, pubblica alcune opere dedicate alla letteratura degli
elementi. Dal 1953, fino al 1957, ritorna a scrivere di epistemologia, pubblicando due opere fondamentali: (1949) e
Il razionalismo applicato
(1951). Nel 1961 pubblica in quanto era tornato ad occuparsi di
L’attività razionalistica della fisica contemporanea La fiamma di una candela,
critica letteraria. A suo avviso, i regimi della conoscenza scientifica e letteraria sono completamente opposti: il primo fa riferimento alla
razionalità discorsiva e matematica, il secondo all’immaginazione creativa (mentre Polanyi sottolineava l’unità essenziale fra ragione scientifica
ed immaginazione, inseparabili poiché uno è necessario all’altro), da lui considerata l’«anti-scienza».
Epistemologia antipersonalista: Dentro l’antipersonalismo bachelardiano vi sono tre luoghi dove egli è soltanto in apparenza
antipersonalista, ma è profondamente personalista. Bachelard presenta l’uomo di scienza come «soggetto qualunque»: egli non è un qualunque
soggetto, l’uomo di tutti i giorni (mentre per Polanyi il soggetto personale della conoscenza scientifica è anche l’uomo di tutti i giorni, perché fare
scienza è organizzare una conoscenza, paragonabile al piantare un chiodo o all’andare in bicicletta, in quanto c’è una continuità fra le nostre
operazioni quotidiane); per Bachelard c’è una netta separazione tra il soggetto empirico e il soggetto qualunque, che è un soggetto «scelto»,
preciso: «allora il soggetto individuale verrà cancellato […] questo soggetto qualunque non potrebbe essere il soggetto empirico consegnato
all’empirismo della conoscenza […] è il soggetto che ha le garanzie di essere il soggetto di un razionalismo insegnante, di una facoltà di
trasmettere una conoscenza razionale, in breve, è il soggetto della comunità scientifica» (L’attività razionalistica della fisica contemporanea).
Bachelard chiama comunità la città scientifica, che non coincide assolutamente con la città generale: i laboratori stanno a parte dalla vita
quotidiana, ai margini della città scientifica.
Soggetto qualunque: Bachelard si propone la cancellazione di ogni dimensione psicologica della soggettività, empirica della conoscenza e,
soprattutto, della soggettività «succube delle voci dell’inconscio». Con «voci dell’inconscio» egli intende l’immaginazione, per questo, nella
soggettività qualunque della scienza vi è una cancellazione delle funzioni dell’immaginazione; da un punto di vista epistemologico, il primo
Bachelard considera l’immaginazione anzitutto come l’espressione delle nostre pulsioni inconsce, che si trasmettono attraverso la corporeità. Su
queste basi egli definisce l’immaginazione come l’«anti-scienza» per eccellenza; ne egli sottolinea come i
La formazione dello spirito scientifico
principali ostacoli epistemologici, alla conoscenza scientifica, siano dovuti all’immaginazione. In un secondo momento, negli anni in cui insegna
all’università di Digione (1930-1940), prima di trasferirsi alla Sorbona (1940-1957), comincia ad interessarsi alla natura dell’immaginazione, dal
momento che la definizione di anti-scienza gli sembra riduttiva (certamente la considera superiore alla pre-scienza degli alchimisti); egli progetta
una fenomenologia dell’immaginazione letteraria e, su questa direzione, costruisce i suoi libri di critica letteraria (oggi è più studiato il Bachelard
teorico dell’immaginazione letteraria). Giunge così ad affermare, ne di aver riconosciuto troppo tardi che l’uomo è un
Il razionalismo applicato,
«equilibrio» tra ragione ed immaginazione: la vita dell’uomo è, per il secondo Bachelard, passare dall’una all’altra, che sono due poli opposti ma
complementari; tuttavia, da un punto di vista epistemologico, egli non deflette mai dal considerare l’immaginazione come la risultante delle voci
dell’inconscio, che si esprime attraverso la corporeità (elemento anch’esso negativo per fare scienza): il soggetto qualunque è pura razionalità,
senza corporeità, discorsiva e matematica. Per liberarsi dalla dimensione psicologica, empirica, inconscia e corporea Bachelard considera
necessario un processo psicanalitico: dobbiamo psicanalizzarci, lo scienziato è uno psicanalizzato della città scientifica (cité ma
scientifique),
anche uno psicanalista; la chiave di questa operazione viene appunto definita psicanalisi della coscienza oggettiva (psychanalyse de la
quella operazione, radicale e dolorosa, atta a sospendere le nostre dimensioni psicologiche, immaginative ed empiriche,
connaissance objective):
che ci apre all’intersoggettività ed alla comunicazione intersoggettiva, come aspetto fondamentale. Se il soggetto della scienza è il soggetto
qualunque, allora la soggettività scientifica dev’essere necessariamente riduttiva, astratta, proprio in quanto razionale e matematica (Bachelard
elogia il sapere matematico come altamente educativo); perciò, egli è stato visto come un esponente dell’anti-umanesimo contemporaneo,
molto vicino agli strutturalisti: Michael Foucault allude a Bachelard come ad un antecedente, come colui che ha decretato la morte dell’uomo
(l’uomo normale nella città scientifica non ha più senso).
Persona: Per valutare l’idea se sia possibile un’epistemologia personalista in Bachelard, si deve anzitutto chiarire che questi parla del concetto
di persona secondo due accezioni differenti: anzitutto, può essere intesa come soggettività, cioè come soggettività individuale, più
immediatamente psicologica; questa idea indica una soggettività da neutralizzare, con un radicale e poderoso sforzo di desoggettivazione, di
epochezzazione, di psicanalisi (se questa fosse stata l’unica idea di persona presa in considerazione da Bachelard, allora la sua sarebbe stata
certamente un’epistemologia antipersonalista); in secondo luogo, egli distingue da questa accezione le conoscenze oggettive e sociali (realizzate
nella comunità scientifica), le uniche che contano da un punto di vista epistemologico (se parte dalle sue convinzioni personali, l’epistemologo
deve sforzarsi a socializzarle, mettendole al vaglio della comunità scientifica→Einstein: ebbe un’intuizione della sua teoria della relatività in una
notte di grande influenza; tuttavia, di essa se ne parla soltanto dal 1905, quando diede una prima versione scritta di tale teoria, ovvero, quando
la “protocollò”, mettendola al giudizio della comunità scientifica→la teoria non nacque in quella noCe, ma nel momento della sua pubblica
definizione). Lo scienziato, quando entra nella comunità scientifica, deve sforzarsi di spersonalizzare la propria conoscenza (dépersonnaliser sa
deve rifiutarsi di personalizzare la conoscenza, lottare contro i suoi errori personali (→Popper: primato dell’errore): quando
connaissance),
facciamo scienza dobbiamo liberarci del nostro personaggio storico, della nostra storicità personale (→view dobbiamo lottare
from nowhere),
contro le nostre convinzioni personali. Il soggetto qualunque deve «proibire» una visione personale del mondo; la scrittura bachelardiana trova
accenti originali, quasi di una “epistemologia socratica”: a suo avviso, il soggetto della scienza deve ironizzare, ridere di se stesso (delle proprie
attitudini, soggettività) e, se vuole acquisire una conoscenza scientifica, deve «prendersi gioco» della sua persona. Secondo questo punto di
vista, Bachelard individua tre categorie di persone che si sono lasciati andare alla propria storicità personale, alle proprie erudizioni personali:
anzitutto, egli critica alcuni presunti scienziati, quindi gli alchimisti, da lui considerati come «soggetti prescientifici», che non dividevano il
laboratorio dalla propria vita quotidiana (sebbene riconosca, sotto l’impulso di Jung e anticipando certe sue tesi, che è riduttivo analizzare
l’alchimia con le mere lenti epistemiche→Posi3vismo, proprio perché essa è qualcosa di molto più complesso, è una testimonianza morale: gli
alchimisti rovesciavano su se stessi, sulla loro indegnità morale, gl’insuccessi della loro scienza; Jung→alchimis3=sogge4 psicologici per
eccellenza, alchimia=luogo in cui la psicologia ha una ricchezza sfrenata); in terzo luogo, l’ubriacatura di soggettività alla base del sartrismo e
della filosofia esistenzialistica, che non è altro se non un’«alchimia», un «bergsonismo rovesciato»; poi allarga la critica fatta alla soggettività
esistenzialistica a tutta la filosofia moderna ed alla filosofia stessa in quanto tale. La filosofia moderna ci ha consegnato delle soggettività (cogito
cartesiano, soggetto trascendentale kantiano, soggetto husserliano) che sono lontane dalla soggettività qualunque, ma egli è anche un critico
radicale nei confronti della filosofia, perché essa è sempre e costantemente incapace di stare al passo delle scienze, fatica a comprenderne la
novità. Infine, accusa i teorici bergsoniani, che sulla scia di Bergson davano enorme importanza all’intuizione, mentre per Bachelard la razionalità
è soltanto matematica e discorsiva, non intuitiva (criticare i bergsoniani negli anni ’20-’30 in Francia era molto coraggioso, in quanto Bergson era
un filosofo di primo piano, così come i sartriani: queste due correnti anda