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Svolgere efficacemente il ruolo di educatore del popolo
Significa servirsi di favole utili cioè di un apparato dottrinale che sia comprensibile alla maggioranza del volgo e che non sia contraddittorio con la verità trovata dai filosofi. Un esempio di favola utile è la dottrina cristiana del paradiso e dell'inferno perché trasmette in forma immaginativa e comprensibile l'idea filosofica dell'importanza del fare e dell'impegno attivo nella società. Favola inutile e nociva per la convivenza civile è la dottrina calvinista della predestinazione che induce all'ozio.
Dalla presenza di questi due requisiti: massima approssimazione possibile alla verità filosofica e massima efficacia educativa, discende il valore di una lex religiosa. È efficace quella lex che si fa trovare in pari con il requisito dei frutti ovvero con quello che per Bruno è il criterio oggettivo di valutazione di qualsiasi attività.
umano (sia che si tratti di filosofia, o religione). Nella Cena delle Ceneri si fa riferimento ai frutti e al confronto tra la filosofia contemporanea nociva e quella degli antichi. Sapere se si è nella luce o nelle tenebre dipende solo dall'esame oggettivo dei frutti, cioè di quanto una filosofia reca di vantaggioso per la convivenza civile.
La sezione della religione degli egizi contiene anche parole chiave della concezione bruniana, per esempio la parola natura. La natura come divinità che si esprime nelle singole cose e come rivelazione del Principio, in perfetta contrapposizione con la divinità cristiana che invece si rivela in un libro. La contrapposizione dunque tra il libro della natura e il libro della scrittura, tra una rivelazione nelle cose e una rivelazione morta (escremento di cosa morta) che si esprime in parole. Un'altra parola chiave è la conseguente concezione della natura come tramite tra Dio e uomo, in contrapposizione con la
religione cristiana che identifica il mediatore nel Cristo. Identificando Cristo, dio-uomo, come mediatore allontana l'essere umano dalla natura stessa. Lo allontana dal suo luogo e dalla sua destinazione reale che è il mondo. Altro concetto è l'idea che esiste una relazione armonica tra conoscere e fare, cioè l'idea che una corretta conoscenza del reale permette una efficace trasformazione del reale, che una corretta conoscenza della struttura fisica permette all'uomo di realizzare la sua destinazione di produttore di progresso. Questa idea è rappresentata nell'elogio della magia degli egizi. La magia degli egizi viene presentata come dimostrazione concreta della corretta ricostruzione teorica delle leggi di natura e efficace applicazione pratica di trasformazione del reale che è indirizzata al benessere del singolo uomo e al progresso di tutta la società. Infine altro importante concetto è lo svolgersi ciclico
Della storia e dell'alternarsi di luce e tenebre che caratterizzano fasi e momenti della storia umana e la consapevolezza che il secolo infelice, in cui vive Bruno, è giunto ormai al termine, al punto più basso della sua corruzione. Bruno stesso si sente portatore della luce.
La religione degli egizi rappresenta per Bruno non il modello, la perfetta incarnazione della lex, ma un esempio importante e la massima approssimazione possibile rintracciabile nella storia umana a quello che è il modello perfetto di lex. La religione degli egizi interessa a Bruno anche per altre ragioni.
Gli illuministi avevano individuato nel primo rinascimento l'alba del pensiero moderno e trovarono nel rinascimento l'anticipazione della propria operazione culturale. Gli storici della scienza moderna negano che l'universo qualitativo, l'universo carico di inflessioni misticheggianti proprio del rinascimento, abbia nulla a che fare con Galileo e con il nuovo paradigma scientifico.
Frances Yates individuò Bruno come un adepto della religione ermetica e un anticipatore di temi importanti della rivoluzione scientifica moderna. Yates presenta Bruno come un rappresentante dell'entusiasmo rinascimentale per l'ermetismo, cioè per una concezione religiosa piuttosto che filosofica, e come qualcuno che cercava di sostituire la religione cristiana con un'altra religione, come quella egizia. Bruno avrebbe voluto fondare, secondo Yates, una setta di giordanisti e farsi capitano di popoli. Queste sono le accuse che vengono rivolte dai compagni di cella a Bruno durante il processo. La testimonianza a carico di un imputato rappresentava per i perseguitati dall'inquisizione una possibilità di alleggerimento della propria pena. I compagni di cella raccontavano che Bruno si presentava come fondatore di una nuova religione e capo di una rivoluzione culturale e filosofica che lo avrebbe visto come iniziatore. L'elogio della religione degli egizi.
non ha nulla a che vedere con un'operazione di propaganda ma è il tentativo di dimostrare l'efficacia pratica e politica dell'intero culto pagano, perché l'intero culto pagano con i suoi miti e cerimonie riuscì a costituirsi come la più grande ed efficace garanzia della convivenza civile. È il mezzo più persuasivo per rendere accessibile a livello metaforico la consapevolezza filosofica dei rapporti uomo-dio e rendere accessibile in modalità metaforica questa consapevolezza che il filosofo autonomamente trovava. Ma perché proprio gli egizi? Per due motivi: Per stabilire una relazione cronologica e assiologica (di precedenza temporale e di valori) tra il paganesimo e il cristianesimo. Bruno si pone tre domande. Il cristianesimo è una visione religiosa del tutto eterogenea rispetto a quella pagana? Il cristianesimo ha come proprio antecedente la religione del popolo ebraico? È vero che gli ebrei sono ilpopolo eletto e hanno quindi un'autonomia culturale rispetto ai pagani e sono i depositari della vera religione? Si tratta di domande che erano state oggetto di approfondimento da parte dei primi apologisti cristiani. I primi apologisti avevano cercato di dimostrare che la religione vera, quella che ha un'origine divina, è quella ebraica. Che la religione ebraica si era mantenuta anche dopo la dispersione del genere umano dopo il diluvio universale e che questa religione originaria era giunta a compimento con la rivelazione cristiana. Quindi il paganesimo nei primi apologeti rappresentava una deviazione successiva di quel fondamento comune, rappresentava una deviazione istituita da uomini che ignoravano ormai la verità. Così i sostenitori del cristianesimo affermavano che i non ebrei erano stati intellettualmente ciechi e avevano cominciato a coltivare l'idolatria e la filosofia, intesa come una sapienza opposta alla vera religione. C'è quindiil vero significato della religione. Secondo Lattanzio, il cristianesimo rappresentava il ritorno all'età dell'oro, in cui il vero dio veniva adorato e la vera conoscenza era accessibile. Questo concetto di unità tra sapienza e religione è stato sostenuto anche da altri apologeti cristiani, come Clemente di Alessandria e Agostino d'Ippona. Essi credevano che la fede cristiana non fosse in contrasto con la ragione e la filosofia, ma che anzi le completasse e le elevasse. Tuttavia, nel corso dei secoli, si sono verificate delle divisioni all'interno della Chiesa stessa e tra la Chiesa e il mondo laico. La scienza e la filosofia hanno spesso messo in discussione le credenze religiose, portando a un allontanamento tra sapere e religione. Oggi, molti cercano ancora di trovare un equilibrio tra queste due dimensioni, riconoscendo l'importanza sia della ragione e della conoscenza, sia della fede e della spiritualità. La sfida è quella di integrare queste due prospettive in modo armonioso, senza cadere in estremismi o in conflitti irrisolvibili.L'età in cui l'uomo immerso nelle tenebre dell'errore aveva rivendicato per sé il titolo di sapiente e in quel momento, per fondare la sua sapienza, non si era rivolto al popolo ebraico che ancora manteneva viva la verità, ma era andato a cercare la sapienza dove era impossibile trovarla, ovvero verso le religioni ancora più primitive degli egiziani. L'apologetica cristiana di Lattanzio aveva individuato una divaricazione netta tra due culture: da una parte quella giudaica sfociata poi nel cristianesimo, dall'altra quella pagana. C'era un problema però: la sacra scrittura racconta che Mosè aveva vissuto presso gli egizi e imparato presso di loro. Se n'era accorto Agostino che aveva limitato la portata di questa dipendenza sia a livello contenutistico sia a livello cronologico. Per Agostino Mosè aveva imparato dagli egizi solo la scienza astronomica e soprattutto gli egizi erano anteriori a Mosè.
ma gli egizi erano posteriori a Abramo, venivano dopo la fase di prima rivelazione del vero dio agli ebrei. La questione cronologica è importante perché diventava la premessa di un giudizio di valore: chi è venuto prima, gli ebrei o gli egizi? E quindi chi è il primo detentore della verità e colui che l'ha tradita? Questo è il problema che Bruno si trova ad affrontare. Anche Bruno segue queste due direttrici, la direttrice cronologica sulla precedenza di una cultura sull'altra, e la direttrice contenutistica, ovvero il valore che i contenuti delle due tradizioni opposte avevano sostenuto, ma l'intenzione di Bruno è di ribaltare il giudizio tradizionale degli apologetici cristiani. Bruno vuole stabilire due cose: vuole stabilire che la cultura ebraica dipende da quella pagana che a sua volta dipende da quella egiziana e vuole indicare nella cultura egiziana l'espressione storica più efficace della concezione.filosofica vera e legittima della divinità, una concezione che si è diffusa dagli egiziani nella cultura antica e che si è mantenuta per secoli come strumento della vita culturale e che poi è stata alterata nella cultura ebraica e poi cristiana che ha sovvertito la legge morale. Dunque per Bruno l'ebraismo e il cristianesimo sono corruzione di una tradizione unitaria originaria che con i suoi miti e culti che in apparenza erano primitivi, aveva perfettamente adempiuto al compito di ogni religione ovvero quello di essere deposito di insegnamenti morali utili alla società.
Per Bruno la religione non è fonte di apprendimento della verità però il suo apparato dottrinario in qualche misura deve adombrare la verità che invece il filosofo coglie autonomamente. Vuole dimostrare che le favole della religione degli egizi furono rivestimenti metaforici efficaci che meglio di ogni altro rimandavano al contenuto filosofico che le sorreggeva.
Per Bruno, elementi tipici del popolo ebraico accreditano l'ipotesi della derivazione dell'ebraismo dal paganesimo, però le caratteristiche del culto ebraico per lui sono un consapevole rovesciamento.