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5. DEFINIZIONI DI CORPORATE GOVERNANCE!
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Le definizioni di corporate governance sono tante, non ne esiste una giusta e una sbagliata, riguardano punti di vista diversi e hanno come
riferimento le società di capitali. I diversi punti di vista sono l’aspetto giuridico, l’aspetto istituzionale, l’aspetto del fondo attivista e anche la
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sensibilità dei diversi contesti. La finalità di tutti è quella di creare valore per gli azionisti nel rispetto complessivo delle regole esistenti.!
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1. Adam Smith (1776)!
La prospettiva che esista un costo di agenzia del capitale proprio e quindi un problema di questo tipo parte da Adam Smith che nel 1776 nel
libro “La ricchezza delle nazioni” scrive: “Dagli amministratori delle società per azioni, tuttavia, essendo i gestori del denaro di qualcun altro
piuttosto che del proprio, non ci si può aspettare che se ne prendano cura con la stessa ansiosa vigilanza con la quale i soci di una società
di persone frequentemente si prendono cura del loro” cioè la diligenza dell’amministratore, che è consigliere di una società per azioni, che
magari è una public company, nel prendersi cura dei fatti sociali non ha quell’ansiosa vigilanza che ha l’imprenditore singolo che possiede
tutto. “Come gli intendenti del patrimonio di un uomo ricco, essi sono adatti a prestare attenzione alle piccole cose piuttosto che all’onore del
loro padrone. Negligenza e sperpero quindi più o meno sempre prevarranno nella gestione degli affari di una tale società” dove negligenza e
sperpero nel linguaggio di 250 anni fa sono i benefici privati del capitale proprio, i costi di agenzia. L’idea dei benefici privati e del problema
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di incentivazione che ha il proprietario azionista rispetto al manager, che può avere altre finalità, è esattamente questo problema. !
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2. Alfred Marshall (1890)!
Circa un secolo dopo, nel 1890, Alfred Marshall dice: “Strette fra le attese degli azionisti e quelle dei managers, le società ad azionariato
diffuso non sembrano avere quella coesione di intenti che caratterizza le società in cui esiste un solo proprietario.” Siamo nel mezzo della IIª
rivoluzione industriale. Qui emerge l’idea dei costi di agenzia, il fatto che la società sia un nesso di contratti, anche che nella public company
americana questo problema dell’incentivazione manageriale sia particolarmente sentito. Questa idea, che nasce dal capitalismo americano
di inizio 900, trova diverse riflessioni, una di queste è che il capitalismo non nasce necessariamente negli Stati Uniti a proprietà diffusa, ma
la questione è che ci sono diverse dimensioni successive di finanziamento degli investimenti, che, a seconda di come è fatto il mercato,
portano allo sviluppo per esempio di un sistema di borsa rispetto ad un sistema di banca. Se il nuovo progetto viene finanziato dalle banche
è ragionevole ritenere che la proprietà rimanga concentrata, se lo finanzia la borsa devo fare un’IPO e questo significa una progressiva
frantumazione della proprietà. Quindi la public company nasce per sostenere le grandi imprese americane della metà dell’800, per esempio
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le ferrovie, in un sistema finanziario storicamente orientato al mercato e non al credito, cioè l’esatto contrario dell’Europa Continentale.!
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3. Adolf Berle e Gardiner Means (1932)!
Adolf Berle e Gardiner Means nel 1932, per la prima volta, in uno studio, definiscono che cos’è la cosiddetta “impresa manageriale”, cioè
un’impresa dove comandano i manager perché l’azionariato è diffuso. Siamo di fronte ad un’effettiva separazione tra proprietà e controllo,
nel senso che la sproporzione dei rapporti tra azionista e manager volge a favore del manager. Roe in un suo libro mette in luce il fatto che
nell’impresa manageriale la funzione obiettivo del manager sia quella di massimizzare non tanto il valore dell’impresa, quanto un qualche
fattore dimensionale, per esempio la dimensione corrente delle vendite, a cui può essere collegato un proprio beneficio. Se l’incentivazione
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è fatta male, nell’impresa manageriale il costo prospettico del beneficio privato del manager è massimo.!
4. Jean Tirole (2005)!
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Jean Tirole nel 2005 scrive, rifacendosi a Berle e Means, che la public company crea una discrezionalità manageriale e quindi un beneficio
privato che può essere abusato. Quest’aspetto diventa il punto di inizio per il pensiero accademico sui temi di corporate finance e corporate
governance. Come dice Tirole l’idea è che: “a number of corporate problems around the world have reinforced the perception that managers
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are unwatched” cioè i problemi aziendali in giro per in mondo hanno rafforzato l’idea che nessuno controlla cosa fanno i manager.!
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5. Smith e Walter!
Smith e Walter dicono che nel lungo periodo il potere corporate, giusto o sbagliato che sia, può essere misleading nei confronti della società.
Questo discorso si collega al sospetto presente nei confronti della grande corporation, perché dev’essere regolata, perché fa cose che non
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dovrebbe fare esercitando un potere politico di vario tipo.!
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6. Schumpeter (1942)!
Schumpeter porta avanti un filone di ricerca che rimane un po’ laterale, nel suo libro “Capitalismo, socialismo e democrazia” preconizza, in
mancanza di innovazione, una deriva socialista della grande corporation, dove socialista vuol dire per lui burocratica. Questo effettivamente
è vero perché vedete che anche le grandi imprese, se non assumono una chiara spinta nei confronti dell’innovazione, diventano più che un
soggetto di mercato, un soggetto burocratico. Nel filmato di Tronchetti si parlava molto di innovazione.! Pagina 5 di 22
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7. Jaeger e Marchetti (1997)!
Esistono poi altri punti di vista sulla corporate governance, che sono complementari, per esempio quello di carattere giuridico. Un giurista vi
direbbe che la corporate governance è un intero set di regole che determina quello che le società quotate possono o non possono fare. La
cosa importante è che non sono le regole che fanno la governance ma le regole sono risposte alle domande che vengono dal mercato e che
cambiano nel tempo. Jaeger e Marchetti dicono “Si intende la definizione di un sistema di gestione delle imprese risultante da un complesso
di regole di natura diversa: norme legislative, statutarie, decisioni giurisprudenziali, precetti, consuetudini ed anche di etica degli affari”. Delle
regole che vanno a rispondere a dei problemi concreti che nascono dal funzionamento del mercato, dall’esistenza di una separazione tra
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proprietà e controllo o da un problema di incentivi e benefici tra azionisti di maggioranza ed azionisti di minoranza e così via.!
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8. Shleifer e Vishny (1997)!
Una visione ancora più radicale è quella di Shleifer e Vishny: “The way in which supplies of finance assume themeselves of getting a return
on their investment” cioè come fa uno che ha prestato i soldi all’impresa a sapere che li avrà indietro (non solo l’azionista, ma anche banche
e obbligazionisti). É un punto di vista diverso, molto più di mercato. Questo concetto viene ripreso da Monks e Minow che si domandano
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come mettere insieme le azioni tra i diversi soggetti che fanno capo all’impresa per indirizzare obiettivi, strategie, performance della società.!
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9. Macey (2010)!
Infine Macey nel 2010 scrive un libro in cui dice che i provvedimenti volti ad una corporate governance politicamente corretta non servono a
niente, mentre tutti gli interventi di corporate governance che servono sono quelli politicamente scorretti. Per esempio un fondo hedge che
interviene ed aggredisce il management di un’impresa che non performa adeguatamente, è una modalità di creazione di valore (OPA ostile).!
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Ulteriori finalità e definizioni della corporate governance!
1. L’OCSE nel 2015 definisce la governance in questo modo, definizione simile a quella di Jaeger e Marchetti: «coinvolge un insieme di
relazioni fra i dirigenti di una società, il suo consiglio di amministrazione, i suoi azionisti, e le altre parti interessate. Il governo societario
definisce la struttura attraverso cui vengono fissati gli obiettivi delle società, vengono determinati i mezzi per raggiungere tali obiettivi e
! vengono controllati i risultati»!
2. Il codice di autodisciplina tedesco nel 2000 parla di gestione e controllo orientato alla creazione di valore, e anche di responsabilità, cioè
di attenzione a tutti gli stakeholder. Quindi azionisti ma anche creditori e lavoratori che sono quel capitale e lavoro che siede ad esempio
nel consiglio di sorveglianza delle società tedesche. La definizione: «consente una gestione ed un controllo delle società responsabili,
orientate alla creazione di valore. Le regole di corporate governance promuovono e rinforzano la fiducia degli attuali e futuri azionisti,
! creditori e lavoratori, clienti e il pubblico in generale nel mercato nazionale ed internazionale»!
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3. Secondo gli investitori istituzionali:!
a) Blackrock nel 2016 dice che «è una questione della qualità della leadership fornita dal consiglio di amministrazione e della qualità della
gestione operata dagli esecutivi» è un altro punto interessante perché il consiglio di amministrazione in realtà è un organo di gestione di
carattere collegiale, non è un organo manageriale, è un organo che può assumere un atteggiamento di advisory, nel senso che consiglia
ed indirizza il management, oppure può assumere un indirizzo diverso che è quello di tribunale del lavoro manageriale. Qui dipende un
! po’ dalla storia della società, da quali sono i valori etc.!
b) Calpers, il celebre fondo pensione per i dipendenti pubblici della California, nel 2015 dice che «una buona corporate governance è la
differenza tra l’arrendersi per lunghi periodi all’andamento del ciclo economico e l’agire rapidamente per correggere il corso aziendale».
L’arrendersi per lunghi periodi all’andamento del ciclo economico significa che sono un investitore passivo, investo nell’indice e vedo
! cosa succede. Oppure sono un fondo attivista ed agisco per correggere il corso aziendale.!
6. STORIA E CONTESTO GIURIDICO!
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Secondo la scuola di Harvard, le tipologie di governance ed i rimedi che sono stati adottati nel corso del tempo per riuscire a minimizzare i
costi d’agenzia, dipenderebbero in gran parte da una natura di carattere giuridico dei diversi ordinamenti. Verso la fine del 900, questi studi
iniziano a mettere in luce come esisterebbe un lega