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PROBLEMI DI SINTESI

Noi possiamo considerare un sistema dinamico nel quale alcune delle variabili di ingresso sono manipolabili

(possiamo decidere noi come devono essere fatti); il problema è capire come possiamo manipolare il segnale

di ingresso in maniera tale da ottenere da questo impianto comportamenti che ci vanno bene.

Ci sono tre elementi fondamentali che costituiscono un problema di sintesi: il primo è come è fatto l’impianto

che vogliamo controllare (processo), un altro elemento fondamentale sono le specifiche, vogliamo ottenere

dei comportamenti ammissibili. Da questi due elementi posso procedere a costruire il terzo componente che

collegato al processo mi faccia ottenere il soddisfacimento delle specifiche. Un esempio di specifica in campo

automobilistico potrebbe essere la normativa emissioni (euro1, euro2, euro3, ecc…). Le specifiche si dividono

in due caratteristiche:

- a soglia: quando nelle specifiche non bisogna superare un certo valore di soglia, non ci sono quindi

gradi di libertà;

- specifiche di performance: massimizzare o minimizzare, ottimizzare, specifiche di ottimizzazione.

SPECIFICHE

Definisco come dev’essere il segnale di uscita e progetto un segnale di ingresso che mi dia quella uscita.

Definisco il massimo errore accettabile sul segnale di uscita, tenendo presente la presenza di disturbi e di

incertezze sui parametri nominali.

ESEMPIO: SOSPENSIONE ATTIVA (con controllo)

Rispetto alla sospensione vista in precedenza, in questa sospensione è presente un attuatore grazie al quale

possiamo stabilire istante per istante quali forze vengono scambiate fra suolo e massa sospesa. Grazie a

questi dispositivi di controllo possiamo decidere che valore deve avere il parametro che andiamo a

controllare.

Ci sono fondamentalmente due filosofie per progettare leggi di controllo: controllo all’avanti (o ad anello

aperto) e controllo in retroazione (o ad anello chiuso).

CONTROLLO ALL’AVANTI (ad anello aperto)

La variabile manipolabile la vado a calcolare guardando solamente qual è il valore di riferimento in

quell’istante (ovvero cosa vorrei ottenere). Ad esempio, l’impianto che voglio controllare è una resistenza

elettrica, posso decidere quale tensione applicare alla mia resistenza e la variabile che voglio ottenere è la

corrente. La specifica è il valore che io voglio che assuma la corrente in quell’istante, quindi i(t)=i,rif. Il mio

processo stabilisce che i(t)=V(t)/R. Decido come dev’essere la tensione per ottenere quella corrente di

riferimento. La tensione sarà uguale a v(t)=R,nom*i,rif (con R,nom quello che io penso sia il valore della mia

resistenza). Il mio controllore ha in ingresso la corrente di riferimento e in uscita la tensione v(t). Nel caso

ideale se R=R,nom allora i(t)=i,rif e ottengo err=0 in ogni istante di tempo. Se però la mia resistenza è diversa

dal valore nominale, la mia corrente non sarà più uguale al valore di riferimento. A questo punto posso

valutare l’errore sulla corrente:

e= (i,rif – i)/i,rif = (R – R,nom)/R

CONTROLLO IN RETROAZIONE (ad anello chiuso)

Nel calcolare la variabile manipolare non tengo conto solo di qual è il valore di riferimento, ma tengo conto

anche del valore effettivo e dell’errore che posso commettere. Sulla base dell’errore cerco di aggiustare il

valore della variabile di riferimento.

Esempio:

v(t) = k ʃ(i,rif-i)dt

Ri(t) - k ʃ(i,rif-i)dt = 0

Derivando quest’ultima espressione ottengo l’equazione differenziale:

R*di(t)/dt + k*i(t) = k*i,rif

La condizione al contorno iniziale è i(0)=0

Ricavo la soluzione: i(t)=i,rif*[1-exp(-(k/R)t)]

Dall’espressione concludiamo che per t che tende ad infinito l’errore tende a zero. Per questo dopo un tempo

sufficiente si ha i(t)=i,rif.

Il controllore quindi, sulla base dell’errore, ci dirà come è fatta la variabile manipolabile, ad esempio la coppia

erogata dal motore, ma potrebbe essere che la misura sia affetta da errori, per cui la variabile applicata

all’impianto sarà uguale al valore che noi vogliamo più il segnale di disturbo. Per fare un controllo in

retroazione è necessario l’utilizzo di un sensore, su cui vi saranno altri errori di misura.

SEGNALI E TRASFORMATE

I segnali sono funzioni reali a variabili reali; un segnale è una funzione della variabile tempo, descrive

l’andamento temporale di alcune variabili. Vogliamo caratterizzare le proprietà del segnale, non ci interessa

tanto cosa succede al singolo valore temporale, ma ci interessano le proprietà globali. Ci sono alcuni segnali

standard, chiamati segnali canonici:

 gradino unitario: = 0 per t< 0; = 1 per t ≥ 0

 rampa: = 0 per t< 0; = t per t≥ 0

 parabola: = 0 per t< 0; = t^2/2 per t≥ 0

Questi segnali sono fatti in modo che uno sia la derivata dell’altro (la derivata della parabola è la rampa, la

derivata della rampa è il gradino per t≥ 0)

Altri segnali canonici sono i segnali periodici, quelli che si ripetono dopo un certo intervallo di tempo e fra

tutti i segnali periodici, i segnali più comuni sono quelli cosinusoidali (o sinusoidali); sono caratterizzati da tre

parametri: l’ampiezza, la pulsazione e la fase.

SEGNALI PERIODICI

intervallo ∆T, ovvero f(t+T) = f(t), per ogni valore di

Un segnale è periodico di periodo T se si ripete ad ogni

t. T dicasi periodo se è il più piccolo numero reale per cui è valida la proprietà precedente. Un segnale costante

è periodico con periodo nullo. In ambito ingegneristico, in ogni macchina che funziona su base ciclo ci sono

delle funzioni periodiche. Tutti i segnali periodici possono essere espressi come somma di seni e coseni, ma

grazie alla trasformata di Fourier è possibile trasformare anche segnali non periodici in somma di segnali

periodici.

Se ho un segnale periodico di periodo T posso definire alcuni parametri del segnale:

pulsazione caratteristica: ω = 2ℼ/T

Quando ho una somma di segnali periodici, il risultato è sempre un segnale periodico? No, se ho due funzioni

periodiche, una di periodo T1 e una di periodo T2, allora la loro somma è nuovamente una funzione periodica

se i due periodi sono commensurabili, ovvero che esistono due numeri interni, n1 e n2, tali che n1T1=n2T2,

un periodo T2=ℼ, allora la loro

ovvero esiste un multiplo in comune. Ad esempio se ho un periodo T1=1 e

somma NON sarà un segnale periodico. LA SERIE DI FOURIER

Se prendo un segnale periodico qualunque allora lo posso sempre scrivere come somma di segnali di tipo

seno/coseno, e questo è il risultato che sta alla base della serie di Fourier. In realtà risulta più comodo, anziché

dire che un segnale periodico è somma di seni e coseni, dire che un segnale periodico è somma di segnali

complessi (forma esponenziale con esponente immaginario).

Data una funzione di variabile reale f(t) di periodo T, allora questo f(t) può essere scritto come sottoforma di

una serie:

Σ Fn*exp(jnωt) ; Fn = 1/T*ʃf(t)exp(-jnωt)dt

f(t) =

Esempio: quando n=0 scompare la dipendenza dal tempo e quindi è una costante, infatti il termine zero

rappresenta il valore medio di un segnale periodico.

E’ chiaro che se conosco il periodo di un segnale e tutti i coefficienti Fn sono in grado di ricostruire il segnale

originale, quindi per me la conoscenza del segnale originale o dei suoi coefficienti è equivalente, posso passare

da uno all’altro. Come se avessi per lo stesso oggetto due viste diverse, una nel dominio temporale, una nel

dominio delle frequenze dove sono riportati i coefficienti Fn, L’insieme dei coefficienti viene chiamato spettro

del segnale. I coefficienti Fn in genere presentano numeri complessi, e come tali sono caratterizzati da un

modulo e un argomento; la successione dei moduli è lo spettro di ampiezza, la successione degli argomenti è

lo spettro di fase.

Se un segnale periodico ha infiniti punti di discontinuità allora non è trasformabile con la serie di Fourier.

La conoscenza dello spettro di ampiezza e fase ci permette di ricostruire il segnale originale.

Se il segnale è reale, si ha: F(-n)=Fn

Ogni segnale periodico è scomponibile nella somma di una costante, detta componente continua, e di una

infinità numerabile (una per ogni valore di n) di cosinusoidi, chiamate armoniche, tutte con pulsazioni multiple

dell’armonica fondamentale. Lo spettro di ampiezza mi dice qual è il contributo che ogni armonica da al

segnale complessivo. Lo spettro di fase invece ci dice come vanno allineate prima di sommarle fra di loro.

Se la funzione è pari (quindi f(t)=f(-t)) allora nella somma compariranno solo funzioni pari, ovvero i coseni

(Fsn=0)

Se la funzione è dispari (quindi f(t)=-f(t)) allora nella somma compariranno solo funzioni dispari, ovvero i seni

(Fcn=0)

Teorema di Parseval

Dice che andando a fare il valor medio del segnale al quadrato, allora questo numero è uguale alla somma dei

quadrati di tutte le componenti.

= F0^2 + 2Σ|Fn|^2

1/Tʃ|f(t)|^2dt

L’integrale del segnale al quadrato è l’energia associata al segnale, quindi in questo caso abbiamo il valor

medio dell’energia, ovvero la potenza media del segnale. Quindi il teorema di Parseval dice che la potenza

media associata al segnale, se esiste, è definita dallo spettro delle frequenze.

Per analisi armonica si intende lo studio dello spettro del segnale nel dominio della frequenza e non nel dominio

temporale. Esistono segnali il cui sviluppo in serie di Fourier è fatto da un numero finito di termini diversi da

zero. Si definisce banda del segnale l’intervallo di pulsazioni comprese fra il minimo e il massimo dei termini

non nulli. Ci sono invece segnali che hanno un numero infinito di termini non nulli, questi ultimi hanno una

banda illimitata. Se considero un segnale con una funzione nel dominio del tempo con spigoli, punti in cui la

funzione non è derivabile, il segnale avrà un numero infinito di componenti, poiché non può essere somma di

funzioni derivabili infinite volte (come seni e coseni), per cui avrà una banda illimitata.

Se la potenza del segnale è finita (ovvero l’integrale esiste e converge), quindi è sviluppabile in serie, allora è

vero che sarà somma di un numero infinito di componenti, ma l’ampiezza delle componenti tenderà a zero.

Anche se a rigore il segnale ha un numero infinito di componenti, da un punto di vista pratico molti termini

conteranno poco, avranno poco effetto sul segnale, per cui diventano talmente piccoli da essere trascurabili.

Ma quante componenti posso scartare? Utilizzo il teorema di Parseval. Considero tanti termini quanti bastano

il 99% dell’energia iniziale;

per raggiungere quindi non devo calco

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher leomicroice di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Controlli automatici e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Rossi Carlo.