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IL CONTENZIOSO TRIBUTARIO
L’attività di controllo si traduce nell’accertamento tributario, inteso come atto finale che modifica la
situazione del soggetto. L’esito del controllo può dare due effetti: il contribuente ha dichiarato il vero
e quindi il tributo che deve pagare corrisponde esattamente a quello che si è autoliquidato; o nella
dichiarazione del contribuente ci sono degli errori involontari (errori di calcolo) o voluti (il
contribuente cerca di risparmiare attuando manovre elusive o evasive).
EVASIONE FISCALE Nel concetto di evasione fiscale rientrano tutti quei metodi volti a ridurre o
eliminare il prelievo fiscale attraverso la violazione di specifiche norme fiscali. Quindi l'evasione fiscale
è un comportamento contra legem che consiste nel sottrarsi all'obbligo di pagare i tributi.
Tipicamente avviene attraverso operazioni di vendita effettuate senza emissione di fattura o di
ricevuta o scontrino fiscale (le cosiddette vendite "in nero"), con conseguente mancata dichiarazione
fiscale e versamento d'imposta. Esiste anche una variante molto più grave dell'evasione, la frode
fiscale, che avviene con sofisticati meccanismi che creano un'apparenza di regolarità, al di sotto della
quale si cela però l'evasione, rendendo così più difficoltosa l'opera di accertamento
dell'amministrazione finanziaria. Tipico strumento di frode fiscale è l'inserimento in contabilità di
fatture di acquisto false per ridurre l'imponibile fiscale. Dunque l’evasione consente di nascondere
al fisco la vera capacità contributiva del soggetto passivo.
ELUSIONE FISCALE L'elusione consiste nel falsificare la natura dell'operazione con lo scopo di
beneficiare di minori imposte. A differenza dell'evasione, l'elusione non si presenta come illegale;
essa infatti formalmente rispetta le leggi vigenti, ma le aggira nel loro aspetto sostanziale frustrando
il motivo per il quale sono state approvate (es. se le imposte sulla vendita di un immobile sono del
35% e quelle sulla vendita di azioni del 20%, il possessore dell'immobile può conferirlo in una società
per azioni al solo scopo di vendere poi le azioni della società proprietaria dell'immobile con fortissimo
risparmio fiscale. Qui l'elusione sta nell'utilizzazione dello strumento società per azioni non per
svolgere un'attività d'impresa, ma solo per trasferire la proprietà sostanziale dell'immobile, infatti in
questo caso l'acquirente delle azioni in realtà ha acquistato l'immobile, ma in questo modo il
venditore ha beneficiato di un'aliquota impositiva fortemente ridotta). Consiste dunque in un
comportamento del contribuente che, approfittando della complessità delle norme fiscali, riesce a
sottrarsi alla tassazione senza cadere nell'illegalità.
CONTENZIOSO Nasce quando il soggetto passivo si rivolge all’autorità giudiziaria per ottenere un
accertamento sulla regolarità delle somme che gli vengono richieste perché ritiene che le pretese
impositive dell’Amministrazione Finanziaria sono ingiuste o inesistenti. Le controversie nascono
quindi con attenzione all’esistenza del presupposto con cui l’ordinamento collega il sorgere
dell’obbligazione tributaria o in relazione all’osservanza o meno degli obblighi strumentali (come la
dichiarazione dei redditi che è una dichiarazione di scienza in relazione alla quale c’è una serie di
obblighi da osservare strumentali alla verifica). Quando si presenta la dichiarazione l’Amministrazione
Finanziaria effettua verifiche e se risulta tutto a posto allora vuol dire che questa è riconosciuta fedele
della situazione patrimoniale. Se l’Amministrazione Finanziaria rileva delle incongruenze si
potrebbero verificare due situazioni: ha sbagliato l’Amministrazione Finanziaria o ha sbagliato il
soggetto passivo. Se ha sbagliato l’Amministrazione Finanziaria e questa non si convince dell’errore,
il soggetto passivo deve rivolgersi ad un soggetto esterno (giudice). Inoltre si potrebbe verificare che
l’Amministrazione Finanziaria rileva non solo errori di calcolo, ma effettui anche un sindacato
sostanziale es. richiedendo la documentazione relativa. Alla luce della rilevata infedeltà,
l’Amministrazione Finanziaria richiede le maggiori somme. La richiesta viene formalizzata attraverso
un atto denominato avviso di accertamento (provvedimento amministrativo) con cui
l’Amministrazione Finanziaria accerta che i dati indicati in dichiarazione non corrispondono alla realtà
e al tempo stesso accerta l’effettiva capacità contributiva cioè l’effettiva ricchezza del soggetto
passivo. In tale provvedimento dirà perché ha ritenuto che tali dati non corrispondono alla realtà
attraverso la motivazione. Compresi tali elementi, si hanno due possibilità: si decide che il
ragionamento è corretto consequenziale e quindi si paga (acquiescenza); o se si ritiene che
l’Amministrazione Finanziaria abbia valutato solo una parte degli elementi o li ha mal valutati si può
decidere di contestare l’accertamento davanti al giudice tributario costringendo l’Amministrazione
Finanziaria a riconoscere tale errore. Nel nostro ordinamento giuridico, il giudice tributario è un
giudice particolare. La giurisdizione tributaria è affidata alle commissioni tributarie provinciali o
regionali che svolgono il giudizio di merito: cioè verificano sulla base dei documenti presentati se la
realtà concreta sia quella rappresentata dal contribuente oppure sia quella rappresentata dalla
pubblica amministrazione; successivamente, sulla base di questa ricostruzione di fatto e delle prove
prodotte un giudizio, stabilisce qual è la disposizione di legge applicabile. Le commissioni tributarie
esercitano un’attività di giurisdizione in materia tributaria su qualsiasi tributo perché la nuova
disciplina ha ampliato la giurisdizione delle commissioni estendendole a tutti i tributi di ogni genere
e specie, anche locali, però l’ampliamento della giurisdizione delle commissioni si è esteso a tal punto
da coinvolgere problemi che non sono strettamente tributari. Le sanzioni, comunque erogate dagli
uffici finanziari, in quanto emesse dagli uffici funzionali, rientrano sempre nella giurisdizione delle
commissioni tributarie. Ad es. l’emersione del lavoro nero richiede l’applicazione di norme che non
sono solo di diritto tributario, ma le sanzioni sono comunque erogate dall’Agenzia delle Entrate e
quindi è stato individuato un collegamento soggettivo, peraltro avvallato dalla corte di cassazione.
Prima della sentenza della Corte però molte commissioni tributarie affermavano che in tal modo
travalicavano i limiti della loro giurisdizione. Le commissioni tributarie sono certamente organi
giurisdizionali in quanto organi imparziali rispetto alle parti. La Corte Costituzionale ha risolto anche
un problema riguardante la compatibilità di giudici tributari con le norme previste dalla costituzione
in relazione all’ordinamento giudiziario: qui si individua infatti, come organi speciali, la Corte dei Conti
e il Consiglio di Stato, ma non il giudice tributario. Nella Costituzione poi è sempre presente la
soppressione dei giudici speciali e il divieto di crearne di nuovi perciò si pensava ad un problema di
legittimità dei giudici tributari (che di fatto sono giudici speciali perché esercitano le loro funzioni solo
in materia tributaria). La giustificazione addotta è stata che il diritto tributario presenta un elevato
tecnicismo e molte difficoltà nell’attuazione pratica, per questo la materia è stata sottratta al giudice
ordinario. La Corte Costituzionale ha ritenuto che fosse legittima la presenza di giudici tributari nel
nostro ordinamento, perché non sono giudici speciali in senso stretto, ma la naturale evoluzione di
un apparato amministrativo. Il processo tributario prevede oggi due gradi di giudizio: le commissioni
provinciali e regionali. Infatti le commissioni tributarie hanno la caratteristica di essere articolate su
base territoriale: la commissione provinciale giudica in primo grado, quella regionale in appello
mediante impugnazione della sentenza di primo grado (se non viene impugnata la sentenza si dice
che si presta acquiescenza) e infine, per l’impugnazione della sentenza di secondo grado si ricorre in
cassazione che si trova a Roma. La CORTE DI CASSAZIONE è il vertice della giurisdizione ordinaria,
essendo il tribunale di ultima istanza nel sistema giurisdizionale ordinario (penale e civile) italiano.
Assicura l'uniforme applicazione ed interpretazione delle norme giuridiche (c.d funzione
nomofilattica) e coordina i rapporti tra le varie giurisdizioni. Non giudica sul fatto, ma sul diritto, è
giudice di legittimità: ciò significa che non può occuparsi di riesaminare le prove, bensì può solo
verificare che sia stata applicata correttamente la legge e che il processo nei gradi precedenti si sia
svolto secondo le regole.
La fonte primaria del diritto tributario - in tema di contenzioso- è data da:
- D.lgs. 545 del 31/12/1992 sull’organizzazione della giustizia tributaria; tratta dell’organizzazione e
prevede che l’articolazione delle commissioni tributarie in commissioni tributarie provinciali, aventi
sede nel capoluogo di ogni provincia, ed in commissioni tributarie regionali, aventi sede nel
capoluogo di ogni regione. Ad ogni commissione provinciale e regionale viene preposto un
presidente che presiede anche la prima sezione. In caso di inadempimento il presidente è sostituito
dal presidente di sezione in carica da più tempo e in caso di parità di anzianità di carica, dal soggetto
anagraficamente più vecchio. Infatti in base alla popolazione residente, le commissioni sono divise in
più sezioni. Ogni sezione è composta da un presidente (nominato tra i magistrati ordinari), da un vice
e da almeno 4 giudici tributari che sono detti componenti, ma giudica con numero invariabile di tre
votanti. Il giudizio tributario è caratterizzato dal fatto di provenire da un collegio formato da almeno
3 persone (5 in cassazione). Il presidente del collegio deve essere un magistrato togato ovvero un
soggetto che si occupa esclusivamente dell’attività di magistrato in modo da avere garanzie anche
sul piano formale in quanto gli appartenenti alla commissione possono fare anche altro. Per diventare
un giudice tributario non si partecipa ad un concorso pubblico, ma si viene sottoposti ad una
valutazione per titoli sulla base dei quali viene stipulata una graduatoria. Gli incarichi sono conferiti
temporaneamente e si parla di giudici onorari perché non vi è alcun rapporto di lavoro tra il giudice
e la pubbl