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Il giudice delegato ha competenza generalizzata in materia di direzione
dell’amministrazione dei beni dell’imprenditore e dell’esercizio dell’impresa, in particolare:
risolve le controversie insorte nel corso di esso; presenzia l’adunanza dei creditori e ne
dirige lo svolgimento; autorizza le attività eccedenti l’ordinaria amministrazione; fa le
funzioni di giudice istruttore nel giudizio di omologazione; promuove l’eventuale
dichiarazione di fallimento.
Il commissario giudiziale, rispetto al curatore fallimentare, ha poteri più limitati. Esso:
verifica l’elenco dei creditori e dei debitori presentato dall’imprenditore; vigila
sull’amministrazione dei beni del debitore e sull’esercizio dell’impresa; redige relazione
particolareggiata sulle cause del dissesto e sulla condotta del debitore; convoca i creditori
e provvede ai vari avvisi agli stessi; valuta le garanzie offerte; esprime parere motivato
sull’omologazione; sorveglia sull’adempimento del concordato dopo la sua omologazione.
L’assemblea dei creditori vota sulla proposta di concordato, ma il suo voto è vincolante per
il tribunale solo in caso di esito negativo.
È poi presente anche il pubblico ministero. Viene disposto che il commissario giudiziale
comunica senza ritardo al pubblico ministero i fatti che possono interessare ai fini delle
indagini preliminari in sede penale e dei quali viene a conoscenza nello svolgimento delle
sue funzioni.
La procedura di concordato inizia con la domanda di ammissione, che consiste in un
ricorso sottoscritto dall’imprenditore diretto al tribunale del luogo in cui si trova la sede
principale dell’impresa.
Oltre alla documentazione da presentare con il ricorso, è previsto che il debitore presenti
una relazione, redatta da un professionista (revisore contabile e requisiti curatore)
designato dal debitore stesso, che attesti la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del
piano. La stessa relazione deve essere presentata in caso di modifiche sostanziali
successive del piano o della proposta.
La domanda di concordato viene comunicata al pubblico ministero e pubblicata nel
registro delle imprese entro il giorno dopo il deposito in cancelleria.
Per anticipare gli effetti protettivi del concordato preventivo, è prevista la possibilità del
concordato in bianco.
L’imprenditore può quindi depositare solo la domanda di concordato preventivo, senza gli
altri documenti integrativi. Questa deve contenere almeno le informazioni dettagliate
relative ai creditori e gli ultimi tre bilanci.
Il tribunale assegna dunque un termine, compreso tra 60 e 120 giorni, per presentare i
documenti integrativi. Con lo stesso decreto può nominare subito il commissario giudiziale.
Quest’ultimo verifica la situazione dell’imprenditore e, nel caso in cui accerti
comportamenti di frode, deve riferire immediatamente al tribunale, il quale verificata la
situazione, provvederà a dichiarare improcedibile la domanda di concordato.
Successivamente, su istanza del creditore o del pubblico ministero, se viene accerta la
presenza dei requisiti, il tribunale pronuncia il fallimento dell’imprenditore.
La domanda di concordato preventivo è revocabile in qualunque momento prima del
passaggio in giudicato del decreto di omologazione. Tuttavia, essa è da ritenere priva di
effetti qualora intervenga dopo che i creditori abbiano votato e non siano state raggiunte le
maggioranze prescritte dalla legge. In tal caso, il giudice delegato deve comunicarlo al
tribunale che provvede a dichiarare il fallimento.
La proposta di concordato non è più modificabile dopo l’inizio delle operazioni di voto
Il tribunale, qualora accerti qualche problema nella redazione del piano in ordine alla
sussistenza dei requisiti di ammissibilità, ha la facoltà di concedere al debitore un termine,
non superiore a 15 giorni, per apportare integrazioni al piano e produrre nuovi documenti.
Se all’esito di tale procedimento verifica che non ricorrono i presupposti, sentito il debitore,
dichiara inammissibile la proposta di concordato con decreto non soggetto a reclamo.
Su istanza del creditore o del pubblico ministero, deve accertare l’esistenza dei
presupposti per la dichiarazione di fallimento e, solo se ne determina la sussistenza, può
procedere alla dichiarazione di fallimento.
Se al contrario l’indagine ha esito positivo, il tribunale con decreto:
• ammette il debitore alla procedura di concordato;
• nomina il giudice delegato;
• ordina la convocazione dei creditori entro 120 giorni;
• nomina il commissario giudiziale;
• stabilisce il termine (non oltre 15 giorni) entro cui il debitore deve depositare in
cancelleria la somma che deve essere almeno pari al 50% delle spese che si
presumono necessarie per l’intera procedura, o alla minor somma, non inferiore al
20% di esse, determinata dal giudice delegato;
• ordina al ricorrente di consegnare la giudice delegato le scritture contabili e fiscali
obbligatorie.
E’ fatta possibilità ai creditori di fare proposte di concordato preventivo alternative rispetto
a quella formulata dal debitore. Questa possibilità è riconosciuta solo quando la proposta
di concordato del debitore non contenga l’impegno al pagamento di almeno il 40%
dell’ammontare dei crediti chirografari (o del 30% nel caso di concordato preventivo con
continuità aziendale).
La proposta di concordato in questo caso deve essere presentata da uno o più creditori
che rappresentino almeno il 10% dei crediti. Sarà poi il voto della massa dei creditori a
stabilire quale ipotesi verrà attuata.
Il commissario giudiziale, nel caso gli fosse richiesto, dovrà comunicare le informazioni utili
di cui necessitano i creditori.
Nel caso in cui si preveda un concordato con vendita dell’azienda, o di un suo ramo, è
previsto che venga aperto un procedimento competitivo, allo scopo di ottenere un ricavo
maggiore. Sulle offerte concorrenti in questione si esprimerà il tribunale.
Effetti del concordato preventivo
Il debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo conserva l’amministrazione
dei suoi beni e continua l’esercizio d’impresa, salvo i limiti previsti dalla legge per gli atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione. Tuttavia, la sua attività è svolta sotto la vigilanza del
commissario giudiziale.
Per gli atti di straordinaria amministrazione è previsto che siano autorizzati dal giudice
delegato. Al tribunale è invece riconosciuta la possibilità di fissare un valore al di sotto del
quale non è richiesta l’autorizzazione del giudice delegato.
Il compimento senza l’autorizzazione del giudice delegato comporta l’inefficacia dell’atto
rispetto ai creditori, la revoca del concordato e la dichiarazione di fallimento se sussistono i
requisiti.
Contro le decisioni del giudice delegato è ammesso reclamo al tribunale da parte del
commissario giudiziale, dell’imprenditore e di qualunque interessato.
Contro le decisioni del commissario giudiziale è ammesso reclamo al giudice delegato, e
successivamente in tribunale.
Gli effetti del concordato nei confronti dei creditori sono:
• i creditori per titolo anteriore al decreto di ammissione alla procedura non possono
iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari contro il debitore (decorre dalla
pubblicazione del ricorso);
• sono consentite le azioni dirette ad accertare l’esistenza e l’ammontare di un
credito, nonché quelle dirette ad ottenere la condanna del debitore;
• restano sospese le prescrizioni e non si verificano le decadenze che sarebbero
state interrotte e sospese da eventuali azioni esecutive;
• i creditori chirografari possono acquistare diritti di prelazione, ma solo con
l’autorizzazione del giudice delegato;
• le formalità per rendere opponibili gli atti ai terzi compiute dopo la presentazione del
ricorso non hanno efficacia rispetto ai creditori;
• trovano applicazione le norme dettate in materia di fallimento per i debiti pecuniari,
per la compensazione, per i crediti infruttiferi, per le obbligazioni, per i crediti non
pecuniari;