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LE PROCEDURE CONCURSUALI
CAPITOLO 44: LA CRISI DELL’IMPRESA COMMERCIALE
Per il dissesto dell’imprenditore commerciale non piccolo sono previste procedure concorsuali, che
sono generali ( perché coinvolgono tutto il patrimonio dell’imprenditore) e collettive (perché
coinvolgono tutti i creditori e mirano ad assicurare la parità di trattamento-par condicio creditorum).
Il fallimento è per gli imprenditori commerciali insolventi. È una procedura giudiziaria che
mira a liquidare il patrimonio dell’imprenditore insolvente, opportunamente reintegrato, e a
ripartirne il ricavato fra i creditori. E’ i curatore che ha i massimi poteri e deve privilegiare la
cessione in blocco dell’azienda piuttosto che la vendita dei singoli beni.
Il concordato preventivo presuppone solo una situazione di crisi dell’impresa. Può portare o
a una liquidazione di tutto il patrimonio o il ritorno in bonis del debitore e la prosecuzione
dell’attività. Si prevede che gli atti compiuti in esecuzione del concordato preventivo non
sono soggetti a revocatoria, cioè chi concede un prestito all’imprenditore in difficoltà non
sarà costretto a restituire al fallimento ciò che ha ricevuto per pagamento.
La liquidazione coatta amministrativa è una procedura utilizzata nei confronti di imprese
che svolgono attività di particolare rilievo economico e sociale (come banche, e
assicurazioni) e perciò sono sottoposte a vigilanza governativa. Porta, come il fallimento,
all’eliminazione dell’impresa e alla disgregazione del complesso produttivo. Però è una
procedura amministrativa.
L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese è una procedura che cerca di
conciliare il soddisfacimento dei creditori con il salvataggio del complesso produttivo e la
conservazione dei posti di lavoro.
CAPITOLO 45: IL FALLIMENTO
I presupposti alla dichiarazione di fallimento sono:
a. Qualità di imprenditore commerciale
b. Stato di insolvenza
c. Superamento dei limiti dimensionali del piccolo imprenditore
d. Inadempimenti superiori a quelli fissati dalla legge.
L’imprenditore versa in stato di insolvenza quando non è più in grado di soddisfare regolarmente le
proprie obbligazioni, e si manifesta non solo con l’inadempimento di una o più obbligazioni ma
anche quando utilizza mezzi anomali di pagamento, fuga o latitanza dell’imprenditore, chiusura dei
locali d’impresa, trafugamento dell’attivo. Devono manifestarsi contemporaneamente insolvenza e
inadempienza.
L’ammontare dei debiti scaduti e non pagati, però, deve essere superiore a 30000€.
Il fallimento può essere dichiarato solo se non è trascorso non più di un anno dalla cancellazione
del registro delle imprese. È fatta salva la possibilità per gli imprenditori individuali e nel caso di
cancellazione di ufficio, per i creditori di dimostrare che l’attività d’impresa è cessata effettivamente
in un momento diverso.
La dichiarazione di fallimento.
Il fallimento può essere dichiarato:
a. Su ricorso di uno o più creditori
b. Su richiesta del debitore
c. Su istanza del pubblico ministero
La richiesta del proprio fallimento da parte del debitore diventa obbligatoria quando l’inerzia
provoca l’aggravamento del dissesto. L’imprenditore deve depositare presso la cancelleria del
tribunale una serie di documenti: scritture contabili e fiscali obbligatorie dei 3 esercizi precedenti,
elenco dei crediti e creditori ecc. il PM può agire con azione penale, anche prima della
dichiarazione di fallimento nei casi di fuga o latitanza, trafugamento dell’attivo. Competente alla
dichiarazione di fallimento è il tribunale del luogo in cui l’imprenditore ha la sede principale
dell’impresa. Se il tribunale non accoglie la domanda di fallimento, il creditore istante, il debitore o il
pubblico ministero possono fare un reclamo alla corte d’appello che potrà obbligare il tribunale ad
emettere l’istanza di fallimento. 1
Il fallimento è dichiarato per sentenza; viene nominato il giudice delegato ed il curatore, si ordina al
fallito il deposito del bilancio, scritture contabili e fiscali obbligatorie. La sentenza viene notificata
alle parti e iscritta nel registro delle imprese; è immediatamente esecutiva tra le parti.
Reclamo. La revoca del fallimento.
Possono proporre reclamo il fallito e qualsiasi interessato. Il ricorso deve essere depositato presso
la corte d’appello entro 30 giorni, che decorrono per il fallito dalla data di notificazione della
sentenza, e per tutti gli altri interessati dalla data di iscrizione della stessa nel registro delle
imprese. L’impugnazione non sospende gli effetti della dichiarazione di fallimento; si dibatte su
eventuali vizi nel procedimento camerale. Con la sentenza che accoglie la richiesta di reclamo il
fallimento è revocato nel momento in cui è pubblicata nel registro delle imprese. Tuttavia restano
salvi gli atti legalmente compiuti dagli organi fallimentari.
Gli organi del fallimento.
Il giudice delegato vigila sulle operazioni del fallimento e controlla la regolarità della procedura:
nomina e revoca i componenti del comitato dei creditori, forma lo stato passivo, decide sui reclami
proposti contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori.
Il curatore è l’organo preposto all’amministrazione del patrimonio fallimentare, e compie tutte le
operazioni della procedura nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite. Viene nominato dal
tribunale con la sentenza che attesta il fallimento; la maggioranza dei creditori ammessi può
richiederne la sostituzione. Può essere revocato in ogni tempo dal tribunale. Entro 60giorni dalla
dichiarazione di fallimento, il curatore deve presentare al giudice delegato una relazione
particolareggiata sulle cause del dissesto e sulle eventuali responsabilità del fallito. La sua
funzione centrale è quella di conservare, gestire e realizzare il patrimonio del fallito sotto la
vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori.
Il comitato dei creditori è composto da 3 o 5 membri scelti tra i creditori. È nominato dal giudice
delegato entro 30giorni dalla sentenza di fallimento. Vigila sull’operato del curatore, ne autorizza gli
atti ed esprime pareri. Il comitato autorizza il creditore al compimenti di atti di straordinaria
amministrazione. Ha il diritto di ispezionare tutti i documenti del fallimento, chiedere notizie e
chiarimenti. Può presentare istanza al tribunale per la revoca del curatore e può esercitare l’azione
di responsabilità contro il curatore revocato.
Effetti del fallimento per il fallito: effetti patrimoniali.
Con la dichiarazione del fallimento il fallito perde l’amministrazione e la disponibilità dei suoi beni
che passano al curatore. Vale per tutti i beni tranne i beni ed i diritti strettamente personali e gli
assegni di carattere alimentare, stipendi, pensioni; frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei
figli; le cose che non possono essere pignorate per legge. Inoltre se è proprietario dell’abitazione
in cui vive ha il diritto di viverci fino alla vendita nei limiti in cui è necessario a lui ed alla sua
famiglia. Lo spossessamento si estende anche ai beni che pervengono al fallito a titolo gratuito o
oneroso. Il fallito non perde la capacità di agire, né perde la proprietà dei beni oggetto di
spossessamento, fin quando non siano trasferiti a terzi con atti di disposizione dell’amministratore
fallimentare. Gli atti posti in essere dal fallito sono però inefficaci rispetto alla massa dei creditori se
hanno per oggetto beni e diritti ricompresi nello spossessamento, dato che degli stessi il fallito non
può disporre. Parimenti inefficaci sono i pagamenti effettuati e ricevuti dal fallito dopo la
dichiarazione di fallimento. Il fallito non può stare in giudizio nelle cause relative a rapporti
patrimoniali compresi nel fallimento.
Effetti personali e penali.
Il fallito vede limitati il diritto al segreto epistolare e il diritto alla libertà di movimento. Infatti la
corrispondenza inviata al fallito che non sia persona fisica viene consegnata direttamente al
curatore; nell’ipotesi in cui il fallito sia persona fisica, egli ha semplicemente l’obbligo di
consegnare al curatore la corrispondenza riguardante i rapporti compresi nel fallimento. Il fallito
inoltre è tenuto a comunicare ogni cambiamento della propria residenza o del proprio domicilio e
deve presentarsi agli organi della procedura ogni qual volta richiesto. Poi altre limitazioni
riguardano alcune capacità civili: il fallito non può essere amministratore, sindaco, revisore o
liquidatore, non può essere iscritto nell’albo degli avvocati o dei commercialisti, non può svolgere
funzione di arbitro, tutore, notaio. La dichiarazione del fallimento espone il fallito anche a sanzioni
penali per eventuali reati compiuti per recare pregiudizio ai creditori e sono:
a. Bancarotta fraudolenta: una serie di fatti caratterizzati da dolo dell’imprenditore
(occultamento di beni, distruzione o falsificazione delle scritture contabili) 2
b. Bancarotta semplice: fatti commessi dall’imprenditore con colpa (spese personali
eccessive rispetto alla condizione economica, omessa o irregolare tenuta delle scritture
contabili).
c. Il ricorso abusivo al credito: che è il reato di chi ricorre o continua a ricorrere al credito
dissimulando il proprio dissesto.
I reati, tra le pene, comportano l’impossibilità di esercitare nei futuri 10, 2 e 3 anni (rispettivamente)
attività d’impresa commerciale.
Effetti del fallimento per i creditori.
Il procedimento del fallimento mira a soddisfare tutti i creditori secondo la regola del par condicio
creditorum. Con la dichiarazione di fallimento, tutti i creditori diventano creditori concorsuali
(possono cioè realizzare i loro crediti solo attraverso procedura concorsuale, dopo che il loro
credito sia stato accertato giudizialmente diventando così creditori concorrenti.
I creditori privilegiati hanno il diritto di prelazione sul ricavato della vendita del bene oggetto della
loro garanzia, per il capitale, gli interessi e le spese.
I creditori chirografari partecipano alla ripartizione dell’attivo fallimentare non gravato da vincoli, in
proporzione del loro credito e sono quindi soddisfatti tutti nella stessa misura percentuale.
Dai creditori concorrenti (privilegiati e chirografari) vanno tenuti distinti i creditori della massa i cui
crediti devono essere soddisfatti in prededuzione: vale a dire prima dei creditori concorrenti, per
intero. Per questi non opera la par condicio crediturm. Inoltre, i crediti prededucibili non contestati
non d