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Un evento diventa storico quando cambia il corso della storia stessa. L’inscrizione di un evento nella storia
ha conseguenze importanti perché da un lato è un atto di delimitazione e di cautela mentre dall’altro è un
atto di enfatizzazione ed inclusione. In questo contesto, il Rapporto della Commissione sull’11 settembre è
stato strutturato come un documento storico.
Nato dalla volontà degli americani di avere un’inchiesta ufficiale sugli eventi dell’11 settembre 2001, il
Rapporto è stato pubblicato dopo due anni di indagini, interrogatori e udienze ed è subito diventato un best
sellers. È stato scritto sotto forma di una narrazione storica e include anche la storia di Al Qaeda, il
fenomeno del “nuovo terrorismo”, del contro-terrorismo, delle Agenzie di Intelligence americane, delle
azioni dell’Amministrazione Clinton e Bush e si chiude con una serie di proposte per la riorganizzazione del
sistema USA di intelligence. Nel rapporto non sono presenti foto di funzionari americani, ma solo del
nemico: questo perché si vuole rappresentare il nemico come un agente attivo, visibile, mentre lo
Stato-nazione americano è rappresentato come la vittima in modo da non concentrare la responsabilità
dell’accaduto sugli americani o sulle loro politiche estere. Per quanto riguarda la struttura narrativa del
Rapporto, questo si ripropone di raccontare il dirottamento dei quattro aerei contemporaneamente cercando
sempre di sottolineare l’impotenza dell’equipaggio che in alcuni casi (ad esempio nella vicenda riguardante
l’aereo schiantatosi in Pennsylvania) ha lottato contro i terroristi fino alla morte, pur di salvare la propria
nazione. Una particolarità di questo Rapporto è il modo in cui ne escono descritti gli Stati Uniti: sono una
nazione incredibilmente potente ma allo stesso tempo totalmente inerte, con una tecnologia avanzato che
effettua comunque una miriade di errori di calcolo spesso fatali.
Capitolo 3: commemorazione e politiche di riconoscimento. Il Memoriale dei veterani della guerra di
Corea. (Barry Schwartz, Todd Bayma)
Il Memoriale dei veterani della guerra di Corea è il monumento più elaborato tra quelli del secondo
dopoguerra sul Washington Mall, promuove la solidarietà ed è il riconoscimento ufficiale di tutti i sacrifici
fatti in nome di uno Stato. Da quanto la società americana è diventata più diversificata, le domande di
riconoscimento, compreso il riconoscimento commemorativo del sacrificio militare sono cresciute in volume
ed intensità emotiva. Hegel sosteneva che l’individuo è per natura desideroso di essere riconosciuto e
stimato dagli altri, ma riluttante a concedere il riconoscimento a sua volta. Le comunità si sentono
riconosciute nel momento in cui i loro membri sono inclusi in ruoli istituzionali visibili. Il Memoriale dei
veterani della guerra di Corea struttura le idee e i sentimenti che hanno caratterizzato una guerra ambigua
della storia americana, una guerra che è scoppiata per contenere il nemico, più che distruggerlo; è stato
ideato a seguito del cambiamento avvenuto in America da società industriale a società post-industriale che
ha fatto si ci fosse una maggiore inclusione ed uguaglianza, con conseguente maggiore critica del passato.
Fu concepito alla fine degli anni ’70 ma la sua ideazione è avvenuta solo nel decennio successivo: onora tutti
coloro che contribuirono al successo della missione, sia vivi che morti. La costruzione del Memoriale fa
parte di una tendenza democratizzante che influisce sul modo in cui si concepiscono i sacrifici di guerra,
perché gli individui sono riconosciuti dallo Stato e non più solo dai famigliari.
Capitolo 4. Il passato nel presente: cultura e trasmissione della memoria. (Ron Eyerman)
Il trauma culturale si riferisce ad una perdita drammatica di identità e di significato, uno strappo nel tessuto
sociale, che colpisce un gruppo di persone che hanno raggiunto un certo livello di coesione. La memoria
fornisce agli individui e alle collettività una mappa cognitiva che li aiuta ad orientarsi su chi sono, perché
sono qui e dove stanno andando, è alla base dell’identità individuale e collettiva. La memoria collettiva è
quindi l’insieme dei ricordi di un passato condiviso, mentre la memoria individuale è concepita come un
derivato della memoria collettiva. Il questa prospettiva il passato è un punto di riferimento temporale
modellato collettivamente che è formativo di una collettività e serve ad orientare gli individui al suo interno.
Il passato diventa presente grazie alle interazioni simboliche, alla narrazione e al discorso e la memoria
stessa è un prodotto di entrambi. Per costruire una memoria sono necessari:
- Il distacco psicologico che richiede l’evocazione di un evento traumatico collettivo o individuale;
- L’accumulazione di risorse sociali necessarie a sviluppare le attività di commemorazione;
- Il progressivo invecchiamento e il ricordo/oblio selettivo di chi è coinvolto;
- Gli effetti di questo invecchiamento sulla repressione socio-politica.
Capitolo 5: memorie e luoghi di Eretz Israel e di Filastyyna (Aide Esu)
In Israele e Palestina la prepotenza narrativa dei luoghi sacri delle tre religioni monoteiste attribuisce alla
dimensione spaziale forti connotazioni idealistico-religiose e per questa ragione qui, più che in altri paesi, lo
spazio e la memoria sono indissolubilmente legati. Lo spazio funge non solo da catalizzatore per la
sopravvivenza della memoria ma produce senso di appartenenza e di continuità nel tempo dell’identità. A
questo proposito è stato introdotto da Bell il concetto di “mythscape”, una dimensione spazio-temporale
campo di lotta per il controllo della memoria e la formazione dei miti. Lo spazio immaginato/sognato nelle
diaspore si nutre di narrazione della memoria edificate su costruzioni solide, capaci di suscitare pathos
identificativo e di rafforzare il senso di appartenenza. Per gli ebrei della diaspora il sionismo politico porta a
compimento il sogno del popolo senza terra, la creazione dello Stato di Israele mentre per l’identità del
popolo palestinese è lo sradicamento territoriale il problema centrale, la terra è il focus su cui è fondata
l’identità nazionale. I luoghi sono costantemente ricordati e diventano parte integrante delle cerimonie. La
memoria culturale dei palestinesi e degli israeliani si nutre di rappresentazioni simboliche celebrate nella
poesia e nell’arte figurativa.
Nella memoria collettiva israeliana Kfar Etzion rappresenta l’esempio fondante del mito nazionalista: è un
evento fondante di eroismo e martirio. La coincidenza temporale che lega la battaglia di Kfar Etzion con la
proclamazione dello Stato di Israele rendono questo evento un perfetto mito originario sul quale edificare
l’idea di nazione e gli orfani di questa battaglia sono divenuti il medium della memoria che hanno addirittura
fondato una Comunità della Memoria incaricata di mantenere vivo il ricordo attraverso conferenze,
programmi radio, giornali, commemorazioni pubbliche.
Per i Palestinesi la guerra del 1948 segna la Al-Nakba, la catastrofe, identificata con l’esilio e la perdita della
terra, con la conseguente trasformazione della sua società, la scomparsa della vita urbana, l’azzeramento
della società dirigente. Privati della loro nazione, ogni matriarca e patriarca diventa un agente della
costruzione della memoria, mostra le chiavi della casa perduta in Palestina, narra il paese perduto ed inculca
nelle giovani generazioni la determinazione a tornare. Nella memoria collettiva dei Palestinesi la perdita e
l’esilio sono la trama che tesse la narrazione dell’identità.
Gli studiosi palestinesi hanno dato una grande attenzione alle memorie del villaggio attribuendo alla
fotografia un ruolo rilevante perché testimonia il passato, rievoca il dolore della perdita, consolita l’identità e
l’appartenenza del popolo espulso.
Capitolo 6: la memoria negata in Europa (Marita Rampazi)
La negazione cui allude il titolo del saggio fa riferimento alle rimozioni e alle forzature che hanno
caratterizzato la costruzione delle memorie poste a fondamento delle identità nazionali in Europa; sono
dimenticanze funzionali alla realizzazione della più importante invenzione politico-istituzionale dell’età
moderna: la convergenza fra stato, nazione e società. Questo nuovo modello di statualità ha implicato la
negazione delle molteplici tradizioni culturali pre-esistenti per fare in modo che tutti i cittadini si sentissero
legati alla condivisione di “sangue, radici, lingua” e spesso religione.
La memoria muore con ciascun individuo, quindi si è fatto ricorso alla memoria collettiva come memoria di
gruppo, che si tramanda di generazione in generazione finché sussistono le condizioni che giustificano
l’esistenza del gruppo stesso:
- Ciò che viene chiamato memoria collettiva non concerne il ricordare ma lo stipulare un accordo;
- Questo accordo si tramanda tramite la “narrazione”.
La narrazione ricostruisce la durata di un soggetto individuale e collettivo nonostante il cambiamento
provocato dal passare del tempo ed è tramite la narrazione stessa che ciò che è individuale diventa collettivo,
condiviso.
La riflessione sui fondamenti e le forme di cittadinanza in Europa ha conosciuto una forte accelerazione,
dovuta ad una serie di eventi: in primo luogo l’allargamento dell’Unione Europea ha posto il problema sulle
radici cristiane dell’Europa; in secondo luogo c’è il problema rappresentato dai flussi migratori che rischiano
di stravolgere la fisionomia di interi quartieri e in terzo luogo bisogna rendersi conto che la transnazionalità
di molti fenomeni della vita quotidiana rende sempre più difficile garantire la tutela dei cittadini entro il
raggio d’azione territoriale dello stato nazione. Secondo Cella l’effetto principale della globalizzazione
consiste nell’allentamento progressivo del rapporto che lega lo spazio fisico alle forme dell’esperienza ed in
particolar le nuove forme di comunicazione stanno contribuendo a provocare l’erosione dei confini tra gli
stati, rendendoli evanescenti. Cella afferma che un’identità ha sempre bisogno di un confine perché permette
di valutare gli aspetti che la rendono diversa dalle altre, e se non si può usufruire di confini fisici si ricorre a
confini simbolici. La memoria del cittadino europeo inizia col 1991, con il Trattato di Maastricht, in cui
nasce formalmente l’Europa: a seguito di questo Trattato si è approfondita l’integrazione economica e
sociale sostenuta dagli sviluppi del mercato unico, in particolare dalla liberalizzazio