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ABANDONING THE ILLUSION OF CONTROL
Con la diffusione dei nuovi mezzi di comunicazione digitali, tutti possono reperire facilmente una
moltitudine di informazioni e dare la propria opinione, ed è difficile controllare questi flussi di
messaggi. Grunig sostiene, e molte ricerche lo dimostrano, che anche in passato ci si illudeva di poterli
controllare.
Kim e Grunig (2006) hanno affermato che le persone possono controllare non solo la loro esposizione
alle informazioni, ma anche come costruiscono la loro opinione e comunicano i loro pensieri. È così che
si creano i pubblici attivi, condividendo situazioni e problemi, al contrario gli stakeholder
definiscono i loro interessi in un’organizzazione.
Le organizzazioni dovrebbero porsi l’obiettivo di coinvolgere nuovi pubblici disseminando messaggi, il
problema è però che i non-pubblici non sono facilmente raggiungibili, perché poco esposti, e i pubblici
passivi non ascoltano e comunque ricordano poco di essi.
Dalle ricerche svolte è emerso che i programmi di comunicazione simmetrica hanno un successo
maggiore rispetto a quelli di comunicazione asimmetrica nella creazione di relazioni tra organizzazioni
e pubblici; inoltre la reputazione, l’immagine e altri tipi di rappresentazione cognitiva dei pubblici
scaturiscono da ciò che pensano e si comunicano tra loro e non può essere creato forzatamente dalle
organizzazioni.
Il modello “Excellence model”, sviluppato da Grunig e dai suoi collaboratori che ha prodotto la teoria
dei principi generali, è stato un valido paradigma per la gestione delle relazioni pubbliche negli ultimi
20 anni. Secondo Phillips e Young (2009), questo modello è stato messo in crisi dall’avvento del mondo
digitale, opinione non condivisa da Grunig che considera l’organizzazione e i suoi pubblici come un
tutt’uno con il mondo della rete e dei social network. Sostiene infatti che le organizzazioni non hanno
bisogno di intessere relazioni con individui diversi dai propri pubblici, oltre a non averne neanche il
tempo, inoltre internet ha dato il potere ai pubblici di selezionare le informazioni di interesse e di
crearne di proprie, senza dover recepire passivamente i messaggi passati dai media.
USING NEW MEDIA IN THE OLD WAY
Come precedentemente accennato, ogni volta che nuove tecnologie o, nel nostro caso, nuovi media
prendono piede, gli utenti continuano ad usarli nello stesso modo in cui usavano i vecchi. Ad esempio i
siti web all’inizio venivano usati dai professionisti delle relazioni pubbliche per dare informazioni e
pubblicare aggiornamenti; le mail venivano usate per bombardare di messaggi pubblicitari, dando vita
allo “spam”; i social media sono stati usati per diffondere in modo virale messaggi di marketing.
L’uso dei media digitali come media tradizionali è stato definito “Web 1.0”. Oggi siamo nell’era del
“Web 2.0”, quindi è ormai chiaro quasi a tutti che il web può essere usato in maniera interattiva e
dialogica.
Nel 2009 Phillips nel suo blog “LeverWealth” ha delineato gli strumenti per un modello di
comunicazione digitale, che si avvicina al modello delle relazioni pubbliche di Grunig, e prevede 4
aree: propaganda (propaganda), informazione (information), comunicazione a senso unico
asimmetrica (one-way asymmetrical), comunicazione bidirezionale simmetrica (two-way
DDM – Articolo inglese tradotto sulle RP Pag. 2
symmetrical). Il modello, visibile nella Figura 1, evidenzia che gli strumenti digitali esistono per
ognuna delle quattro aree, e non solo per la comunicazione bidirezionale come erroneamente si pensa.
Anche nelle relazioni pubbliche online si devono rispettare principi eticamente corretti. Sono però
frequenti problemi etici come la creazione di fake blog (o flog), pubblicati da organizzazioni che si
spacciano da semplici utenti; oppure la pratica di Astroturfing, che si verifica quando i professionisti
delle relazioni pubbliche postano messaggi anonimi su blog o social media la propria organizzazione.
Sono pratiche che violano un principio etico in particolare: un comunicatore persuasivo ha il dovere di
divulgare la propria identità e qual è il suo interesse nel messaggio che sta promuovendo.
INTERPRETATIVE AND STRATEGIC MANAGEMENT PARADIGMS
Per comprendere perché molti professionisti della relazioni pubbliche continuano ad usare i nuovi
media come i tradizionali, bisogna prima di tutto analizzare due prospettive:
La prospettiva Modernista, basata sulla teoria classica di gestione del management, vede la realtà
come qualcosa di oggettivo ed il management con una serie di attività svolte per il raggiungimento
degli obiettivi organizzativi;
La prospettiva Postmodernista, che si basa sul paradigma interpretativo o simbolico, si
concentra sulle teorie linguistiche, semiotiche e letterarie, sull’interesse relativo al significato e
all’interpretazione.
Secondo Grunig è utile distinguere 2 paradigmi delle relazioni pubbliche:
Paradigma interpretativo o simbolico (interpretative or symbolic paradigm), visto da Grunig
come limitante nello sfruttamento dei nuovi mezzi digitali, riconosce alle relazioni pubbliche solo
un ruolo tattico in grado di influenzare i pensieri dei pubblici nei confronti dell’azienda. Questo
paradigma si addice a chi preferisce prendere decisioni sena coinvolgere i pubblici, però non porta
a nessun risultato né fornisce indicazioni su come praticare le relazioni pubbliche.
Paradigma della gestione strategica o comportamentale (strategic management or behavioural
paradigm), punta sul coinvolgimento dei dirigenti delle relazioni pubbliche nel processo
decisionale per la corretta gestione del comportamento e dell’immagine aziendale nelle relazioni
con gli stakeholder. Questo paradigma influenza la comunicazione bidirezionale facilitando il
dialogo tra i dirigenti dell’azienda e i pubblici, senza escludere le attività tradizionali come curare
le relazioni con i media e diffondere i messaggi. Infatti non fa altro che accrescere il numero ed i
tipi di media e delle attività di comunicazione per inserirli in un contesto di ricerca ed ascolto.
Questa teoria contiene sia elementi moderni che postmoderni.
Grunig afferma che classificare i pensieri relativi alle relazioni pubbliche in due specifiche categorie,
anche se da una parte è un’eccessiva semplificazione, aiuta a capire perché non si sfruttano a pieno le
potenzialità dei media digitali. Probabilmente sarebbe utile reistituzionalizzare le relazioni pubbliche
come una disciplina di management strategico affinché possa essere di aiuto sia alla società che alle
aziende.
DIGITAL MEDIA IN THE STRATEGIC MANAGEMENT OF PUBLIC RELATIONS
Come visto parlando dell’Excellency study, i Dipartimenti eccellenti nelle Relazioni Pubbliche sono
quelli che partecipano attivamente al management aziendale, perché sono in grado di identificare,
attraverso ricerche volte ad individuare possibili problemi per il raggiungimento degli obiettivi, gli
stakeholder che saranno influenzati o influenzeranno le decisioni dell’organizzazione.
Al contrario i Dipartimenti meno efficienti si occupano solo di diffondere i messaggi relativi alle
decisioni prese dai manager dell’azienda e non conducono ricerche.
DDM – Articolo inglese tradotto sulle RP Pag. 3
La Figura 2 raffigura il ruolo di un eccellente Dipartimento di relazioni pubbliche, fermandosi al solo
aspetto teorico. Il concetto più importante è quello sulle “decisioni gestionali” (management decision)
in alto, poi a destra troviamo gli “stakeholder e pubblici” e a sinistra i “risultati delle relazioni”
(relationship outcomes). Le decisioni gestionali e i pubblici sono collegati tra loro dalle “conseguenze”
(consequences) comportamentali che ognuno ha sull’altro. La doppia freccia tra decisioni gestionali e
stakeholder in alto a destra, sta a significare che un’organizzazione nel prendere le decisioni deve
sempre coinvolgere gli stakeholder.
Un manager strategico delle relazioni pubbliche deve sapere quali sono i pubblici attivi, perché sono
questi che in genere evidenziano le conseguenze delle decisioni prese dall’azienda. Possono infatti
organizzarsi in gruppi di attivisti, avere reazioni negative (come nei casi di inquinamento o di
discriminazione) o positive in merito ai comportamenti aziendali. È da sottolineare che una
collaborazione tra impresa e pubblici può portare benefici per entrambe le parti.
Dalla Figura 2 emerge inoltre che i pubblici non possono fermare i problemi che però, se non vengono
trattati con cura, possono diventare crisi. Allo stesso tempo, affrontare i problemi con i pubblici porta
a rafforzare i rapporti tra organizzazione e pubblici.
Al centro dei processi strategici rappresentati nella Figura 2 vi è un ovale che rappresenta i
“programmi di comunicazione” (communication programs) che, con i potenziali pubblici è necessaria
sia prima di prendere decisioni che durante le fasi critiche e/o problematiche. Anche se tra i
programmi di comunicazione troviamo “gestione dei problemi” (issue management) e
“comunicazione in tempo di crisi” (crisis communication), se ci si limita a comunicare con i pubblici
solo in momenti di crisi, diminuiscono le possibilità di risoluzione.
I programmi di comunicazione dovrebbero basarsi su ricerche, definire obiettivi raggiungibili e
misurabili, applicare il programma e infine verificare il raggiungimento degli obiettivi.
Il percorso finale previsto dalla Figura 2 descrive l’approccio di chi segue il paradigma interpretativo e
crede che i messaggi positivi possono creare una reputazione positiva per l’azienda, è rappresentato
da due linee tratteggiate che partono dalle “decisioni gestionali” (management decision) e vanno alla
“reputazione organizzativa” (organisational reputation) ed ai “risultati delle relazioni”
(relationship outcomes). Questo percorso viene definito da Grunig “no conseguenze” (no
consequences), in quanto ritiene che le organizzazioni hanno relazioni di tipo reputazionale con
l’audience, che non sono veri e propri pubblici, quindi le relazioni con loro non sono fondamentali.
DIGITAL TOOLS FOR PUBLIC RELATIONS AND STRATEGY
Communication programmes
Uno studio del 2009 condotto dalla IABC Research Foundation e Buck Consultants ha evidenziato
quanto i media digitali fossero diffusi nei programmi di comunicazione: social media (80%), e-mail
(75%), intranet (88%), siti web (76%), conferenze virtuali (55%) e podcast (20%).
Phillips (2009) ha sottolineato (vedi Figura 1) che i media digitali sono diffusi maggiormente nei
programmi di comunicazione unidirezionali e asimmetrici, nella realtà anche i programmi
comunicativi bidirezionali li sfruttano molto. Prendiamo ad esempio la compa