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LA COMUNICAZIONE

Parlando di comunicazione parliamo anche di socialità, perché se la socialità è lo stare insieme la

comunicazione è la base per la formazione dei gruppi sociali.

La comunicazione è l’evento fondamentale per l’evoluzione della socialità e delle interazioni tra gli

individui della stessa specie o di specie diversa, quindi la comunicazione può essere inter o

intraspecifica.

La comunicazione è l’evento che mette in relazione un individuo con un altro e naturalmente i modi

con cui si possono mettere in relazione individui diversi possono essere dovuti a diversi motivi: se

per esempio sentiamo un pettirosso che canta nel suo territorio, la motivazione può essere molto

differente, ad esempio tiene lontano un maschio rivale, corteggia una femmina matura ed è

indifferente per un passero. Un'altra specie non viene quindi interessata dal canto del pettirosso.

Diviene importante allora considerare il contesto e la motivazione degli individui coinvolti nel

fenomeno comunicativo.

La comunicazione può essere fondamentalmente distinta in verbale e non verbale. La verbale è

esclusivo appannaggio della specie umana, quindi ci distingue dalle altre specie, ma come il resto

del mondo animale abbiamo anche una comunicazione non verbale, quindi è quella che ci riporta

all’interno di una continuità di stampo strettamente evolutivo.

L’evento evolutivo che ha permesso l’apparire della comunicazione verbale è connesso allo

sviluppo del sistema nervoso centrale proprio della nostra specie: il dispiegamento della corteccia

telencefalica con l’individuazione di centri telencefalici sono determinati a determinare, appunto,

questo comportamento di poter dare un valore simbolico e un nome alle cose e quindi a

comunicare.

Se scortico un gorilla la forma e il numero e i muscoli mimici sono del tutto simili a quella del nostro

cervello, ma quello che gli manca è quello di comandarli nel modo giusto.

La comunicazione non verbale è un evento che ci lega al resto degli animali e le nostre gestualità

rappresentano un elemento di continuità con quelle da essi usate. La proiezione del bisogno di

socialità e comunione che rechiamo non unici, entro la nostra matrice biologica.

LA comunicazione non verbale è un elemento che ha una profondità insita nell’innatività: abbiamo

due fotografie, una di una donna dell’età preistorica e nell’altra c’è raffigurata la moglie di Prust.

Probabilmente in quel tempo farsi fotografare dava un po’ d’ansia alle due donne e anche a

distanza di secoli si nota, dalla stessa posizione delle loro mani, la comunicazione non verbale che

vuol, forse, denotare stress.

La comunicazione nel regno animale ha molte vie: i segnali possono essere tattili, ottici, acustici,

chimici ed elettrici, come succede nei pesci.

Cos’è la comunicazione e perché si comunica?

Una definizione semplice scritta da Hein è “qualsiasi trasferimento di informazione”, una

definizione che dal punto di vista biologico è un po’ poco valida.

Certamente c’è un qualcosa di più in un sistema biologico: c’è l’intenzione di comunicare qualcosa

e quindi bisogna essere all’interno della stessa specie o in qualche modo bisogna essere due

specie coadattate, perché in ogni caso hanno avuto una storia filetica di adattamento comune.

È più lecito farsi delle domande per dare una definizione, e le domande sono 3:

- Come rilevare se c’è comunicazione?

- Come i segnali sociali si sono adattati alla loro funzione?

- Cosa si comunica?

Come rilevare se c’è comunicazione?

Non stiamo a vedere se la comunicazione è arrivata o se c’era un mezzo se la porta ecc., ma

siamo in un contesto biologico quindi la definizione biologica di comunicazione e per capire

quando c’è stata comunicazione è:

Tutte le volte che il comportamento di un individuo modifica il comportamento di un altro (o

di un gruppo) è intervenuta comunicazione.

Non definiamo la comunicazione ma diciamo solo che è avvenuta.

Tuttavia qualcuno l’ha voluta dare lo stesso e Martin Lindauer ha coniato la definizione della

comunicazione biologica, la biocomunicazione:

Porta all’interno di un concetto darwiniano la comunicazione.

La cooperazione è un invito a fare qualcosa insieme, addirittura nella cooperazione abbiamo

sistemi di natura altruistica, nel senso che dà un certo tipo di avvertimento ad un altro si espone e

quindi va contro il proprio interesse. È interessante capire come la ricerca di cooperazione sia

quella di stabilire contatti reciproci in modo che anche il sistema altruistico sia da entrambe le parti.

Ma nonostante questo anche nella comunicazione, il primo che parla è un altruista:

siamo in un bosco, c’è un gruppo di fringuelli, uno vede uno sparviero e lancia un

grido d’allarme, in quel momento diventa più evidente per lo sparviero e quindi si

sacrifica per gli altri.

Come i segnali sociali si sono adattati alla loro funzione?

Si ricade nel concetto di RITUALIZZAZIONE, che è la modificazione adattativa di un elemento

morfologico o fisiologico in funzione di segnale attraverso una sua esagerazione, stereotipia,

ripetizione o cristallizzazione.

Nella ritualizzazione sta l’origine della comunicazione non verbale.

Questo è un concetto che possiamo esemplificare con la danza del pinguino, in cui ci sono

momenti (momenti chiave) in cui gli animali, maschio e femmina, che sono entrambi in un contatto

di corteggiamento eseguono certi movimenti specie specifici (FAP). Tre momenti sono: l’alzare e

l’abbassare della testa, tuffarsi per strappare un po’ d’alghe e la reciproca presentazione del dono.

Tutte queste FAP erano dei movimenti finalizzati alla raccolta del nido, ma sono stati traslati dal

contesto deposizione del nido al contesto corteggiamento, e nell’ambito di questo sono stati

stereotipizzati dalla selezione e ora li ritroviamo all’interno dei movimenti di questa specie.

Quindi i segnali che hanno un significato, che vengono condivisi ed entrano nella specie attraverso

meccanismi evolutivi, possono essere selezionati dal processo adattativo ed inseriti all’interno

dell’etogramma, un vocabolario dei segnali.

Cosa si comunica?

Possono esistere 2 ipotesi: la prima sta dietro il concetto di condivisione quindi scambiarsi delle

informazioni in modo reciproco, la seconda è quella di comunicare con un segnale, che invece di

essere onesto, è disonesto, quindi emette una comunicazione falsa. In questo caso non voglio

collaborare ma voglio manipolare gli altri.

Nell’ambito di cos’è che ci si scambia ci si possono scambiare due tipi di segnali: SEGNALI

ONESTI, che vogliono dire quello che effettivamente si intende, oppure SEGNALI DISONESTI,

che invece inducono in errore il ricevente.

Quindi la domanda che ci si è fatti è se i segnali indicano effettivamente il comportamento futuro

dell’emittente, e la risposta che ci si è dati è: non sempre!

Da una serie di esempi possiamo vedere i due tipi di segnali:

i segnali onesti sono per esempio, quelli che ritroviamo nella sua storia evolutiva del ghiozzo, che

è andato incontro alla ritualizzazione della sua pinna dorsale. C’è stato un ingigantimento del primo

raggio osseo della pinna che fa da asta e la pinna fa da vela, per cui l’animale sta tutto ripiegato e

quando viene fuori per un’interazione aggressiva o riproduttiva alza la sua vela. In questo caso lui

segnala una stretta correlazione tra le sue dimensioni e il segnale che emette, quindi è un segnale

onesto, perché è come se dicesse “state attenti perché sono grande cosi!”. E se c’è una femmina,

mostra comunque la sua vela per far vedere che è un animale prestante. Quindi lo possiamo

definire un segnale onesto.

Una pinna di questo genere ha un costo per l’animale perché i segnali onesti sono sempre costosi:

il canto può essere non costoso ma un elemento morfologico è senz’altro costoso. Infatti vediamo

che laddove ci sono strutture in qualche modo correlate alle dimensioni sono sempre un segnale di

tipo onesto.

Un altro esempio sono le subchele degli stomatopodi, le cicale, e in questo caso la subchela è un

elemento di comunicazione. Quando l’animale la fa vedere non è una cosa buona e le subchele lo

fanno capire molto onestamente.

Ma esistono anche segnali disonesti e l’argomento di base è il mimetismo, ovvero mandare

segnali che ricordano quelli della propria specie ma non lo sono con un fine che può essere

predatorio.

Per esempio una lucciola femme fatale, ovvero una lucciola predatrice, emette un segnale falso e

viene recepito da un’altra specie che poi verrà mangiata.

Ci possono anche essere delle situazioni molto particolari che fanno riferimento anche all’ambito

dei segnali sovranormali: ad esempio un coleottero buprestide che si mette a copulare con una

bottiglia di birra bronzea perché luccica e quindi il maschio riceve un segnale disonesto.

Un altro esempio è quello del , un ciclide africano in cui la femmina pratica l’incubazione orale, nel

senso che emette le uova poi si china verso il substrato e le inala. I maschi hanno punteggiature

simili a uova sulla pinna anale. Le uova appena deposte vengono tenute in bocca dalla femmina e

fecondate non appena cerca di raccogliere anche le uova fittizie sulla coda del maschio, perché

come la femmina si china per prendere le uova fittizie il maschio emette gli spermi che fecondano

le uova.

È una strategia moto furba che ha avuto un adattamento estremamente importante.

MIMETISMO:

Esistono varie forme di mimetismo, che hanno nomi a seconda di chi le ha descritte, ad esempio,

ci sono il bateriano e il mulleriano.

Nel batesiano due specie che si somigliano strettamente magari pur appartenendo a famiglie o

ordini diversi. Il mimetismo batesiano vien fuori quando c’è un animale armato (speroni, ecc.) e

un’altra specie che non ha queste armi che si veste uguale. Siccome gli animali armati sono

predati molto meno degli animali non armati, è chiaro che il mimo sfrutta questo effetto.

Ad esempio, una vespa che ha un pungiglione e un altro insetto che assomiglia strettamente che

però non ha pungiglione. Un altro esempio sono delle farfalle velenose con i loro mimi che non

sono velenosi, ma sfruttano la velenosità dei loro simili.

Nel mulleriano invece, c’è una convergenza evolutiva con specie armate che si assomigliano e

quindi danno un effetto maggiore di protezione e sono soprattutto nelle farfalle.

Un altro esempio è il mimetismo me

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
4 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/05 Zoologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher malesia89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Baldaccini Emilio.