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LA COMUNICAZIONE INTERSPECIFICA E GLI INDICATORI DEL MIELE

Quando due specie diverse sviluppano un comportamento complesso di comunicazione significa

che c’è stato un adattamento reciproco delle rispettive ritualizzazione cosi che si è potuti entrare in

un contesto biocomunicativo di cooperazione dando adito ad un comportamento nuovo

specificamente adattato con una sua storia naturale che coinvolge due specie diverse. Queste due

specie devono avere un rapporto costi/benefici positivo: difficile che si possa formare un rapporto

in cui c’è un perdente e un vincente, o in cui uno abbia uno svantaggio e l’altro un vantaggio. La

via evolutiva invece è quella convergente in cui in un’azione apparentemente svantaggiosa da

parte di un sender, poi si sviluppa un rapporto che soddisfa, per interessi diversi, di entrambe le

specie. Questo è il cuore della comunicazione interspecifica: stabilire un rapporto, stabilire un

comportamento nuovo ed estraneo almeno in primis alle due specie singole, che lo fanno nascere

insieme e, in questo caso, il rapporto di coevoluzione è un rapporto di carattere positivo.

Normalmente quando si parla di coevoluzione si casca in una battaglia vera e propria, il che vuol

dire andare contro: il cuculo fa di tutto per rendersi poco visibile alla coppia che dovrà allevargli

l’uovo e il piccolo e nello stesso tempo la coppia parassitata farà di tutto per riconoscere il piccolo

di cuculo e quindi difendersi in qualche modo.

Un esempio è quello del cuculo dal ciuffo, parente del cuculo, che tende a mettere le proprie uova

nel nido delle gazze: se tra la gazza e il cuculo dal ciuffo c’è un rapporto di vecchia simpatia, i

successi del cuculo sono bassi, quando invece la simpatia tra l’uno e l’altra è recente allora i

successi del cuculo sono più alti. Questo è proprio un esempio che ci fa capire come si

riconoscono e si difendono. L’aspetto evolutivo, in questo caso, è negativo: si cerca di offendere da

una parte e ci si difende dall’altra.

Nel caso invece della comunicazione c’è una coevoluzione verso una finalità, che non è quella del

parassitismo, ma è quella tipica della simbiosi mutualistica.

Per illustrare questo fenomeno possiamo utilizzare gli indicatori del miele, che sono degli uccelli

che hanno la particolarità di essere molto legati alle colonie di imenotteri, quindi si cibano delle

larve, della cera e, per questo, hanno sviluppato anche un olfatto abbastanza fine, nel senso che

gli uccelli sono degli animali che hanno un grado di possibilità di utilizzare l’olfatto abbastanza

differente lungo quella che può essere considerata una scala, anche di tipo sistematico.

I kiwi, ad esempio, hanno una sensibilità olfattiva che è tipicamente rettiliana, come le berte, che

hanno delle componenti rinoencefaliche molto robuste. I passeriformi, invece, che sono gli uccelli

più evoluti, hanno un rapporto tra le dimensioni del cervello e le dimensioni dei bulbi olfattivi che

tendono a diminuire. Effettivamente i passeriformi hanno delle ratio molto basse (sotto lo zero) e

questo indica una potenzialità olfattiva molto povera.

Se ad un kiwi gli si mettono delle scatole Petri con le pareti colorate in modo che non possano

vedere dentro, e in alcune ci si mette un verme e in altre niente, lui al buio va dritto alla scatola

Petri col verme, e ci va quindi ad olfatto.

Questi indicatori hanno un rapporto anatomico sfavorevole, ma evidentemente la quità olfattiva è

un altro elemento che non dipende da un rapporto dimensionale ma dall’efficacia delle connessioni

a livello centrale, tra cellule olfattive e il resto dell’encefalo. Si spiega come mai gli indicatori sono

una vera peste per i pastori della zona africana, dove si trovano questi indicatori, che, appunto,

accendono un cero per far sparire gli indicatori e invece grazie al vento, che porta l’odore della

cera lontano, gli indicatori arrivano per mangiarsi la cera.

Gli indicatori del miele sono degli uccelli piccoli che hanno poche armi per entrare negli alveari,

quindi morirebbero di fame se non avessero un consistente aiuto. Un mammifero abbastanza

grosso come il tasso sa ben entrare nel nido di api e vespe e distruggerlo per cibarsi del miele poi,

una volta che il nido è distrutto, lo lascia disponibile agli indicatori del miele che si trovano davanti

una ricca fonte di cibo e si mangiano le cere, le larve e le pupe.

Questo tipo di comportamento mutualistico tra i tassi e gli indicatori, è stato ritrovato anche tra gli

indicatori del miele africani, gli Indicator indicator e le tribù indigene keniote dei Boran.

Sono stati fatti, dunque, dei buoni esperimenti e si è potuto mettere in evidenza quali sono gli

elementi di comunicazione tra le tribù keniota dei Boran e gli Indicator indicator, gli indicatori del

miele. Questa relazione simbiotica non ha molto tempo perché effettivamente i Boran dicono che

hanno imparato dai loro padri ed è una simbiosi che c’è sempre stata ma si data forse di 10-30mila

anni. È, quindi, un rapporto abbastanza recente che si dev’essere sviluppato sulla base, all’inizio,

di un duetto sonoro.

Il substrato è che effettivamente si è creato un certo tipo di legame e gli indicatori si pongono

intorno ai villaggi di queste tribù ed emettono un certo tipo di canto. I nativi si mettono in contatto

con l’indicatore attraverso un fischio modulato, e l’emissione del fischio modulato da parte

dell’uomo determina un cambiamento nel tempo di emissione del canto dell’indicatore.

A questo punto se avviene questo scambio vuol dire che l’indicatore ha una notizia buona per

l’uomo e che ha scoperto nell’ambito della foresta un nido di api. Quindi si sono fatti tutta una serie

di rilevamenti che hanno dimostrato come non ci sia niente di casuale ma ci sia invece una forte

causalità nel comportamento, tanto che l’indicatore tende a rimanere, attraverso il richiamo, in

contatto col nativo, ma si muove verso il punto dove ha trovato il nido delle api. Questo significa

che ha ottime capacità di orientamento e quindi potrebbe avere anche capacità di navigazione,

quindi conoscere la rotta diretta verso una meta lontana e non visibile al momento.

Questa affermazione si basa sul fatto che i punti di svanimento dell’indicatore nel momento che ha

stabilito il contatto sono spesso centrati sulla retta, o in ogni caso, da un’analisi statistica, si vede

che si tratta di un orientamento estremamente orientato e significativo.

Possiamo anche vedere qual è il pattern di avvicinamento di un indicatore verso il nido delle api: è

un percorso fatto di tanti segmenti in cui l’animale vola, si ferma, aspetta l’arrivo del nativo, con cui

si tiene in contatto grazie al fischio (è un fischio che si tramanda di padre in figlio quindi si suppone

che gli indicatori, nell’arco del tempo, lo abbiano imparato), poi rivola, poi si riferma, ecc. Si vede,

poi, che i segmenti di volo tendono a diminuire di lunghezza. La distanza tra i diversi stop

diminuisce, quindi i pezzetti di volo diventano sempre più corti.

L’altezza a cui l’animale si posa diventa sempre minore, quindi è come l’animale descrivesse una

sorta di grande freccia che tende proprio ad indicare l’approssimarsi del nido: si posa inizialmente

su alberi alti fino a posarsi su alberi sempre più bassi.

C’è allora una forte intenzionalità in cui l’indicatore è venuto incontro al nativo dandogli

informazioni molto chiare: quando si arriva al nido l’indicatore se ne sta buono su un ramo, i nativi

accendono un fuoco e le api scappano, e a quel punto possono depredare il nido dal miele,

lasciando i favi, le larve e le pupe disponibili per l’indicatore.

Vediamo quindi svilupparsi un tipo di connessione molto stretta tra i nativi e gli indicatori.

Nella storia naturale il rapporto era coi tassi, poi si è collegata all’uomo e si sono potuti studiare

meglio i meccanismi del rapporto.

Gli indicatori del miele sono anche parassiti di cova e senz’altro questo pesa la sua

specializzazione alimentare, perché la rende estremamente episodica, ma questo, tra l’altro, lo

rende poco adatto ad essere un genitore. Il fatto che lui abbia questa specializzazione alimentare

un giorno va bene ma tanti altri vanno male, infatti quando trova un nido rotto se lo fa durare per

giorni.

Questo fatto non è proprio degli indicatori ma quando si parla di parassitismo di cova, negli uccelli,

ci si imbatte sempre in un alimentazione specializzata che può non andare bene per i piccoli. Il

cuculo stesso vive di grosse larve di lepidotteri, che non è un cibo adatto per i piccoli, in quanto

pericolosi per lo strozzamento. L’avere, quindi, un’alimentazione specializzata ha senz’altro

favorito il parassitismo di cova.

LA COMUNICAZIONE ELETTRICA

La comunicazione elettrica è tipica dei pesci in particolare dei pesci Gymnotidi di acqua dolce, che

sono la principale famiglia di acqua dolce con questo tipo di comunicazione.

Nell’ambito della possibilità di creare dei campi elettrici intorno al proprio corpo, possiamo vedere

una casistica molto vasta che tuttavia si lascia facilmente dividere in specie che possono creare

campi elettrici di alto voltaggio (anche superiore a 300 volt) e specie che invece hanno campi

elettrici di bassissimo voltaggio (1 o meno di 1 volt).

C’è una separazione geografica molto forte: le specie africane sono tutte a forte campo elettrico,

poi c’è il genere Torpedo, che però è marino; e nell’ambito delle specie marine troviamo anche il

genere Astroscopus, una specie di scorfano con gli occhi posti in alto sulla testa (il suo nome

deriva dal fatto che guarda sempre verso l’alto e quindi verso le stelle). Il suo potere di

generazione è basso (5-8 volt) ed è un caso unico perché la potenzialità di generare un campo

elettrico significa uno sviluppo della muscolatura, in cui i campi elettrici, che in genere governano

le placche muscolari e quindi gli impulsi elettrici che vengono dati per far contrarre dal nervo le

placche muscolari, hanno una potenzialità di distribuirsi verso l’esterno. Quindi è un arrangiamento

particolare delle fasce e della muscolatura striata.

L’organi elettrico è un muscolo modificato nella possibilità di far trasparire verso l’esterno i

potenziali elettrici di cui è capace.

Astroscopus, a questo scopo, ha modificato gli estrinseci oculari. Negli altri pesci invece sono le

placche di muscolatura elettrica che sono molto sviluppate e sono poste in varie parti del corpo.

Una Torpedo invece dà intorno ad una cinquantina di volt e invece, molto importanti, sono le

scariche dell’

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A.A. 2014-2015
12 pagine
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SSD Scienze biologiche BIO/05 Zoologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher malesia89 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Etologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Baldaccini Emilio.