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LE SANZIONI TRIBUTARIE

Le violazioni degli obblighi tributari comportano l'irrogazione di sanzioni fiscali tanto più numerose ed opportune quanto maggiore è il danno che il contribuente ha arrecato o intendeva arrecare alla collettività.

Le sanzioni fiscali hanno sia funzione repressiva sia funzione intimidatrice: non a caso, spesso colpiscono non già l'evasione di imposta ma il comportamento attivo o omissivo del soggetto.

La normativa fiscale prevede sanzioni di carattere amministrativo per le violazioni di minor gravità e sanzioni penali per le irregolarità più gravi e per le frodi.

L'ordinamento tributario contempla, inoltre, una vasta platea di sanzioni accessorie, che sono la diretta conseguenza dell'applicazione della sanzione principale: si pensi alla sospensione di licenze; sospensione dagli albi professionali; ritiro della patente di guida; chiusura degli esercizi; non eleggibilità a membro di

commissioni tributarie. Infine, per gli illeciti civili di natura moratoria la normativa fiscale dispone l'applicazione di sanzioni civili di natura restitutoria (interessi) che mirano a colpire l'omesso o il tardivo pagamento. Le sanzioni fiscali non penali sono state oggetto di una radicale riforma ad opera dei decreti legislativi 471, 472 e 473 del 18 dicembre 1997; tale riforma è in vigore dal 1° aprile 1998. L'innovazione di maggiore rilevanza è rappresentata dalla previsione di una sanzione pecuniaria unica, con conseguente eliminazione della previgente distinzione tra sanzione amministrativa e pena pecuniaria, per la quale sono stati stabiliti criteri di determinazione che ricalcano quelli delle sanzioni penali. Inoltre sono state introdotte nuove fattispecie di sanzioni accessorie. Il ravvedimento Attraverso l'istituto del ravvedimento, il contribuente può regolarizzare le omissioni o le irregolarità commesse sia nella compilazione enella presentazione della dichiarazione, sia nel pagamento delle somme dovute. Il ravvedimento comporta la riduzione delle sanzioni minime applicabili ed è ammesso entro il termine di presentazione della dichiarazione dell'anno successivo o, in mancanza della dichiarazione, entro un anno dalla violazione. Condizione essenziale per usufruire del beneficio è che le violazioni oggetto della regolarizzazione non siano state già constatate e comunque non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento (inviti di comparizione, questionari, richiesta di documenti, ecc). Possono essere regolarizzati eseguendo spontaneamente il pagamento dell'imposta o della differenza dell'imposta dovuta, degli interessi moratori (calcolati al tasso legale annuo dal giorno in cui il versamento avrebbe dovuto essere effettuato a quello in cui viene effettivamente eseguito) e della sanzione in misura ridotta:
  1. l'omesso o insufficiente

pagamento delle imposte dovute a titolo di acconto o disaldo in base alla dichiarazione;

l'omesso o insufficiente versamento delle ritenute alla fonte operate dal sostituto di imposta;

l'omesso o insufficiente pagamento dell'Iva, anche in acconto, risultante dalla dichiarazione annuale o dalle liquidazioni periodiche.

La prevista sanzione del 30% viene ridotta:

  • ad 1/8, ossia al 3,75% della somma da versare, se il pagamento è eseguito entro 30 giorni dalla scadenza prescritta o dalla data in cui l'infrazione è stata commessa;
  • ad 1/5, ossia al 6% della somma da versare, se il pagamento è effettuato con ritardo superiore ai 30 giorni, ma entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa all'anno in cui la violazione è stata commessa.

Per regolarizzare solo l'omesso versamento non occorre presentare una dichiarazione integrativa.

I reati tributari

La riforma del sistema sanzionatorio tributario già

iniziata con la revisione della disciplina delle sanzioni amministrative è culminata con il D.Lgs. 74/00 di attuazione della legge de-lega 205/99 (art. 9), che ha dettato la Nuova disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, abrogando le fattispecie di cui al Titolo I del D.L. 429/82. I reati vengono così suddivisi in due raggruppamenti: delitti in materia di dichiarazione e delitti in materia di documenti e pagamento di imposte. I reati in materia di imposte dirette e IVA non esauriscono l'universo dei reati tributari. Nelle leggi istitutive dei diversi tributi sono infatti previste distinte ipotesi di reato: si pensi alle violazioni in materia di bollo (D.P.R. 642/72), in tema di bolle di accompagnamento (D.P.R. 627/72) e ricevute fiscali (L. 249/76), in campo doganale. Volendo elencare i più importanti reati tributari possiamo ricordare: - Omessa dichiarazione [Reato di] (d. pen.) art. 5, D.Lgs. 10-3-2000, n. 74: commette tale

reato chi omette di presentare una delle dichiarazioni che è obbligato a produrre ai fini delle imposte sui redditi o dell'imposta sul valore aggiunto. Non costituisce il reato penale la mancata presentazione della dichiarazione nel termine prescritto dalla legge tributaria, qualora il contribuente vi provveda poi entro i successivi 90 giorni. Ugualmente non si considera omessa la dichiarazione non redatta su uno stampato conforme al modello prescritto.

Occultamento o distruzione di documenti contabili [Reato di] art. 10, D.Lgs. 10-3-2000, n. 74: il reato consiste nell'occultamento o distruzione in tutto o in parte di scritture contabili o documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o il volume degli affari.

Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti [Reato di] art. 8 D.Lgs. 10-3-2000, n. 74: commette tale reato chi al fine di consentire a terzi l'evasione delle

operazioni inesistenti.

operazioni inesistenti.

L'ELUSIONE FISCALE

La ricerca del risparmio d'imposta è un comportamento legittimo e il fisco non può sostituirsi all'imprenditore per censurare le scelte relative alla sua attività. Tuttavia il radicarsi del fenomeno dell'elusione, impone allo Stato lo studio di precisi e determinati strumenti antielusivi che, nel limite del possibile, rendano l'elusione una pratica difficile e rischiosa così da dissuadere i contribuenti dal ricorrervi.

L'elusione può essere definita come quel meccanismo attraverso il quale il contribuente mira ad evitare, ricorrendo ad opportune scappatoie al limite della legalità, il prelievo tributario a suo carico.

L'elusione consiste, cioè, nello sfruttamento delle smagliature delle norme tributarie al fine di realizzare un consistente risparmio d'imposta. Ad esempio, per conseguire un certo risultato economico, un soggetto può adottare, in

luogo della prevista forma contrattuale tipica, una forma contrattuale anomala che raggiunga gli stessi effetti con un minore carico fiscale (in luogo di una compravendita stipula un mandato a vendere con procurairrevocabile).

I comportamenti elusivi possono essere neutralizzati ricorrendo a tre diversi meccanismi difensivi: introdurre un'ampia casistica di presunzioni legali, volte ad individuare il fatto tassabile; abrogare o modificare norme tributarie eccessivamente permissive; applicare sanzioni amministrative o penali ai fenomeni elusivi.

L'art. 37-bis/600 pone in rilievo gli elementi distintivi del comportamento elusivo, che, essendo intimamente connessi tra loro, devono coesistere per la sua configurabilità:

  1. l'assenza di valide ragioni economiche;
  2. l'aggiramento di obblighi o divieti previsti dall'ordinamento tributario;
  3. l'ottenimento di una indebita riduzione o di un indebito rimborso di imposta;
  4. la presenza di una serie, o anche di

Uno solo, degli atti, fatti, negozi, anche collegati tra loro, elencati tassativamente al c. 3 (trasformazioni, fusioni, scissioni, conferimenti, liquidazioni, cessioni di crediti, ecc.). In presenza di elusione (accertata, o meglio, presunta in base ai criteri suddetti) è consentito all'Amministrazione Finanziaria disconoscere i vantaggi tributari ottenuti, ferma restando la validità dell'atto sul piano civilistico. Per tutelarsi dall'applicazione della presente normativa al contribuente è consentito presentare un'apposita istanza di disapplicazione o richiedere un parere preventivo alla Direzione generale delle Entrate o ad un apposito Comitato consultivo.

L'interpello (detto anche "ruling") è un istituto di derivazione anglosassone in virtù del quale ciascun contribuente ha diritto di conoscere in modo certo gli effetti e le conseguenze delle proprie azioni sul piano fiscale. Più

Specificamente ogni interessato può chiedere all'amministrazione finanziaria il parere o un'interpretazione vincolante in ordine alle conseguenze di specifici atti o operazioni posti in essere. L'art. 21 della L. 413/91 ha introdotto il diritto d'interpello anche in Italia, sia pure per casi limitati: è stata, infatti, accordata la possibilità, ai cittadini che ne abbiano la necessità, di richiedere un parere in merito all'applicazione delle norme antielusive a specifici casi concreti. Ciascun contribuente, anche prima della conclusione di contratti, atti o convenzioni, può preventivamente interpellare la competente Direzione del Ministero delle Finanze. In caso di mancata risposta della Direzione contattata o in caso di risposta non condivisa dall'interessato, questi può rivolgersi al "Comitato consultivo per l'applicazione delle norme antielusive", istituito presso il Ministero delle Finanze.

È composto da alti funzionari, dal Comandante della Guardia

Dettagli
A.A. 2012-2013
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SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeriadeltreste di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Lupi Raffaello.