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PATROCLO:
destino.
A ricordare dovrebbe essere Achille, in quanto è il destino di Patroclo quello di precederlo nella morte.
L’oblio e l’ebbrezza del vino anticipano lo status di ombra vagante come nel caso delle lacrime del testo,
Patroclo si abbandona all’oblio e quindi al destino senza fornire quindi un contributo alla sua
per esempio.
realizzazione. È importante ricordare che la morte come destino ultimo dell’uomo è certo, ma non si
conosce il modo alla quale giungerà l’uomo che può comunque effettuare delle scelte importanti,
nonostante sia schiacciato dal destino.
ACHILLE: Per questo, la notte, si beve (alla fine del giorno). Hai mai pensato che un bambino non
beve, perché per lui non esiste la morte? Tu, Patroclo, hai bevuto da ragazzo?
Emerge ora la contrapposizione tra infanzia e l’essere adulto che chiaramente sono connesse alle
contrapposizione tra tempo mitico e tempo storico, mythos e logos, ecc. Il bambino non beve perché non
ha bisogno di dimenticare il timore della morte che incombe in quanto l’infanzia, miticizzata da Pavese, è
il periodo delle illusioni, della felicità destinata a essere infranta dal confronto con la realtà, e chiaramente
questa è una tematica tipicamente leopardiana che Pavese assorbe e ripropone.
PATROCLO: Non ho mai fatto nulla che non fosse con te o come te.
Il titolo licenziato da Pavese per il dialogo è “I due” rispetto al titolo iniziale “La morte” che ne
denunciava direttamente la tematica principale. Achille e Patroclo sono uomini accomunati dallo stesso
destino, la morte, e dalla comune esperienza. Tuttavia sono sostenitori nel dialogo di Pavese di due
atteggiamento antitetici e speculari rispetto alla morte.
ACHILLE: Voglio dire, quando stavamo sempre insieme e giocavamo e cacciavamo (attività della
non passavano mai, tu sapevi cos’era
giovinezza), e la giornata era breve ma gli anni la morte, la tua
la morte. Poi viene il giorno che d’un tratto
morte? Perché da ragazzi si uccide, ma non si sa cos’è si
capisce, si è dentro la morte, e da allora si è uomini fatti. Si combatte e si gioca, si beve, si passa la notte
impazienti. Ma hai mai veduto un ragazzo ubriaco? mai: non c’era la sera, simbolo della fine della vita, a
La giornata era breve ma gli anni non passavano
concludere il giorno. Il bambino crede di vivere per sempre e prima o poi la consapevolezza della morte fa
piombare l’oscurità e si cerca di dimenticare. Questa battuta di Achille riguarda il raggiungimento della
consapevolezza del vero significato della morte nella vita dell’individuo che segna il passaggio dall’età
delle illusioni, dall’infanzia, all’età adulta. È il momento in cui si comprende che la vita dell’uomo è
segnata dallo scorrere di una linea temporale non infinita e non dal tempo ciclico o dalla sospensione del
fluire temporale tipico degli dèi. Ed è a questo punto che il lasciare un ricordo dietro di sé attraverso azioni
memorabili acquista significato nell’epica omerica.
PATROCLO: Mi chiedo quando fu la prima volta. Non lo so. Non ricordo. Mi pare di aver sempre
bevuto, e ignorato la morte.
Bere garantisce una sorta di sollievo dal pensiero della morte. L’ebbrezza del vino forse impedisce a
alle domande di Achilleo forse non ricorda perché l’infanzia finisce
Patroclo di rispondere con puntualità
così presto che è tutto avvolto nei fumi dell’oblio.
ACHILLE: Tu sei come un ragazzo, Patroclo. 8
Riferimento all’atteggiamento di Patroclo che tenta tramite il vino e l’ebbrezza di ritornare al momento
delle illusioni, alla fase adolescenziale, al momento in cui era, insieme ad Achille un ragazzo, e non aveva
bisogno del vino per dimenticare. Invece Achille vuole conoscere il passato una seconda volta e giungere
la parola, il linguaggio, gli attimi dell’esperienza umana. 16
a rendere eterni tramite
PATROCLO: Chiedilo ai tuoi nemici, Achille.
ACHILLE: Lo farò. Ma la morte per te non esiste. E non è buon guerriero chi non teme la morte.
La morte non esiste per Patroclo, che è “come un ragazzo” e dunque non pensa e non teme la morte. Il
guerriero che non teme la morte è l’eroe che non dà il giusto peso alla sua vita. L’esistenza dell’uomo non
è eterna come gli dèi ma è fatta di attimi irripetibili destinati a svanire dopo la morte se non sono perpetrati
a differenza di Achille che cerca l’immortalità nel
tramite il ricordo, la parola, il linguaggio, la poesia.
ricordo, Patroclo la cerca nell’oblio. La ninfa Calipso, il “L’isola” proporrà a Odisseo di dimenticare il suo
e ottenere così l’immortalità.
passato, i suoi ricordi
PATROCLO: Pure bevo con te, questa notte.
ACHILLE: E non hai ricordi, Patroclo? Non dici mai: “Quest’ho fatto. Quest’ho veduto” chiedendoti
che cos’hai fatto veramente, che cos’è stata la tua vita, cos’è che hai lasciato di te sulla terra e nel mare? A
che serve passare dei giorni se non si ricordano?
La terra e il mare sono gli elementi che nel passo dell’Iliade erano legati ai genitori di Achille. Il padre
è legato alla roccia, al monte Pelio, e Teti è una ninfa marina. Sono i due elementi, terra e acqua, dai quali
e sono gli elementi che l’uomo attraversa e tocca durante la sua vita.
genera la vita La domanda di Achille
è: a cosa serve aver vissuto se non si ricorda e quindi non si può raccontare?
Come scrive Pavese in “Le Streghe”:
<< CIRCE: L’uomo mortale, Leucò, non ha che questo di immortale. Il ricordo che porta e il ricordo
che lascia. Nomi e parole sono questo.>> (p. 116).
Oppure nel dialogo “Il mistero”:
<< DIONISO: La loro vita [degli uomini] deve pure morire. Tutta la loro ricchezza è la morte, che li
costringe a industriarsi, a ricordare, a prevedere.>> (152)
L’esperienza umana ha bisogno di essere raccontata per vincere la morte e chiaramente l’immortalità
sta nel linguaggio e soprattutto nella sua espressione più alta che è la poesia.
PATROCLO: Quand’eravamo due ragazzi, Achille, niente ricordavamo. Ci bastava essere insieme
tutto il tempo.
Di nuovo Patroclo ribadisce il punto di vista di cui è portatore e la condivisione di un passato,
un’origine e un’esperienza comuni con Achille relativi a quella stagione della vita legata all’illusione di un
tempo senza fine.
ACHILLE: Io mi chiedo se ancora qualcuno in Tessaglia si ricorda d’allora. E quando da questa guerra –
torneranno i compagni laggiù, chi passerà su quelle strade, chi saprà che una volta ci fummo anche noi
ed eravamo due ragazzi come adesso ce n’è certo degli altri. Lo sapranno i ragazzi che crescono adesso,
che cosa li attende?
La Tessaglia è la regione in cui si trova Ftia, città di provenienza di Achille e della quale era sovrano. È
la terra legata al mito di Peleo e della madre Teti. È la regione della Grecia arcaica dove era nato e
cresciuto Achille, quindi la terra della sua infanzia oltreché la terra del mito. Questa terra è Troia dalla
16 F. Pierangeli, Pavese e i suoi miti toccato dal destino, Tirrenia Stampatori, Torino 1995 p. 26. 9
quale i compagni d’arme torneranno senza Achille e Patroclo e una volta morti moriranno una seconda
volta se nessuno li ricorderà in patria. L’ultima domanda è riferita alla condizione dei fanciulli che ancora
non sanno qual è il loro destino, la morte. È attraverso il mito inteso come ricordo che quegli archetipi
della vita umana anche angosciosi come la morte che vengono trasmessi e riproposti.
PATROCLO: Non ci si pensa da ragazzi.
ACHILLE: Ci sono giorni che dovranno nascere e noi non vedremo.
PATROCLO: Non ne abbiamo veduti già molti?
ACHILLE: No, Patroclo, non molti. Verrà il giorno che saremo cadaveri. Che avremo tappata la bocca
con un pugno di terra. E nemmeno sapremo quel che abbiamo veduto.
È tipico dello stile di Pavese il tono colloquiale dei dialoghi e anche la ripetizione di alcune espressioni
che veicolano i motivi fondanti del testo. In una breve sequenza di frasi Achille ripropone i punti
destino ultimo, il nulla dopo la morte e l’oblio di se
fondamentali della sua posizione: la morte come
stessi.
PATROCLO: Non serve pensarci.
L’effetto inebriante del vino ha lo scopo di sortire questo effetto, rendere più sopportabile l’angoscia di
un’esistenza segnata dal timore della morte.
ACHILLE: Non si può non pensarci. Da ragazzi si è come immortali, si guarda e si ride. Non si sa quello
che costa. Non si sa la fatica e il rimpianto. Si combatte per gioco e ci si butta a terra morti. Poi si ride e si
torna a giocare. fase in cui l’individuo si crede immortale e guarda al mondo come fanno gli dèi e
La fanciullezza è la
sorridendo, nella sicurezza della propria imperturbabilità. La morte ha come unica valenza quella del
gioco e nel gioco si può sopravvivere alla morte, allo stesso modo che nella letteratura, in poesia. Nel
passaggio dall’età infantile a quella adulta l’illusione svanisce e lascia il posto a un’amara sofferenza
espressa nel dialogo di Pavese con un tono di pessimismo spiccatamente leopardiano. La fase adulta della
dal tempo lineare mentre l’infanzia è caratterizzata dalla ripetizione e dall’eterno ritorno di
vita è segnata
attimi sempre uguali.
PATROCLO: Noi abbiamo altri giochi. Il letto e il bottino. I nemici. E questo bere di stanotte. Achille,
quando torneremo in campo?
Per Patroclo e Achille, il gioco della guerra diventa poi reale e la morte diventa presenza quotidiana.
Affrontare il nemico in battaglia e vincerlo significa annullare la morte dopo averla fronteggiata. Poi si
può tornare a dimenticarne l’angoscio grazie ai piaceri che l’esistenza offre, il letto (probabile riferimento
alle relazioni affettive), i beni materiali che caratterizzano il prestigio dell’eroe epico. Infine Patroclo si
rivolge a quanto torneranno sul campo di battaglia di nuovo.
sta’ certo. Un destino ci aspetta. Quando vedrai le navi in fiamme, sarà l’ora.
ACHILLE: Torneremo,
Il destino è ovviamente la morte che in un modo o nell’altro è sempre incalzante. Le navi in fiamme
erano un elemento presente nei brani dell’Iliade dove costituivano un pericolo per i Greci che, giunti a
Troia via mare, non avrebbero potuto far ritorno in patria se i troiani vi avessero appiccato il fuoco. Le
navi in fiamme preannunciano il fuoco della pira che attende Patroclo e Achille ed è un elemento che