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DI INDAGINE
rapporti con la famiglia di origine: presenza o assenza dei genitori, rapporti familiari, luogo
• di vita, figure educative importanti, valutazione dell’educazione ricevuta, rapporti attuali
area scolastica: profitto scolastico, rapporto con insegnanti e compagni, difficoltà,
• bocciature o abbandono
area affettivo-sessuale: qualità delle relazioni, complessità della vita affettiva, informazioni
• ed eventuali problemi sessuali, eventuali aborti
eventi stressanti e traumi: cambiamenti in diverse aree di vita ed eventuali lutti; eventuali
• esperienze traumatiche
giustizia: eventuali problemi/ condanne/ detenzioni
• abitudini di vita: consumo di tabacco e di alcool, abitudini alimentari, problemi di sonno,
• tics, episodi di enuresi od encopresi
dolore clinico: qualità, quantità, frequenza del dolore e limitazioni
• uso di droghe leggere o pesanti
• suicidio: pensieri e/o tentativi
• attività fisica e tempo libero
• descrizione e storia del problema: valutazione della gravità, limitazioni nella vita quotidiana
• trattamenti: visite psicologiche e/o psichiatriche, eventuali ospedalizzazioni,
• trattamenti psicoterapeutici e/o farmacologici
motivazione all’esame e al trattamento
•
Il colloquio condotto male
Il colloquio è stato condotto male
• Il clinico ha condotto un “buon colloquio”, ma non sa come ordinare i dati in suo possesso
• Il clinico chiede al paziente informazioni che esso non possiede
• ATTEGGIAMENTO E STILI DI RISPOSTA
RUOLO DEI FATTORI RELAZIONALI IN PSICOLOGIA CLINICA (APA DIV. 29)
Sono fattori relazionali che hanno un sicuro effetto sulla validità del colloquio clinico diagnostico e
sull’efficacia del trattamento:
il saper costruire un buon rapporto e un’alleanza col paziente
– l’empatia
– la condivisione degli obiettivi e delle modalità di trattamento
– nelle terapie di gruppo, la coesione del gruppo stesso.
–
Sono fattori di probabile efficacia:
l’accettazione positiva e il rispetto verso il paziente e le sue esperienze
• la congruenza e la genuinità dell’agire terapeutico
• il fornire puntualmente feedback al paziente sul suo comportamento e sugli effetti
• la capacità del terapeuta di recuperare nei momenti di difficoltà del trattamento e in cui il
• rapporto rischia di rompersi
le auto-aperture
• la gestione del controtransfert
• la qualità delle interpretazioni relazionali e la capacità del terapeuta di migliorare la
• consapevolezza del paziente circa le sue modalità relazionali.
Relativamente alla personalizzazione del trattamento e alla possibilità che il trattamento risponda
effettivamente ai bisogni del paziente e si adatti alle sue caratteristiche.
Sono fattori di sicura efficacia: il regolare la direttività in base alla capacità di accettazione e alle
resistenze del paziente e la durata del trattamento in relazione alla gravità dei disturbi e delle
limitazioni nel funzionamento.
ATTEGGIAMENTI E STILI DI RISPOSTA DELLO PSICOLOGO
1. Atteggiamento valutativo e risposta di valutazione: Implica una posizione rigorosa e
rigida dello psicologo rispetto a quanto esprime il soggetto, sulla base di un sistema
valoriale, di norme morali, di schemi mentali e di idee precostituite. La risposta valutativa,
sia essa di approvazione o di disapprovazione, induce un sentimento di inferiorità nel
soggetto e favorisce sentimenti ambivalenti, come conformismo o rifiuto.
Indicatori verbali: “si deve... non si deve... è giusto... è sbagliato... è una buona cosa... va
bene... non va bene...”
2. Atteggiamento interpretativo e risposta di interpretazione: Lo psicologo tende a cogliere
in quanto esprime il soggetto ciò che è essenziale, che gli interessa e ritiene utile per una
spiegazione causale, basata sulle sue conoscenze e griglie professionali. La risposta
interpretativa può determinare nel soggetto la sensazione di non essere stato compreso e
comporta spesso tentativi di rettifica a quanto affermato dallo psicologo.
Indicatori verbali: “fa così perché... alla base di questo c'è... la causa è...”
3. Atteggiamento di sostegno-consolazione e risposta di supporto: Consiste in una
benevolenza tesa ad incoraggiare, a sostenere e a consolare il soggetto, rassicurandolo sulla
sua situazione e sdrammatizzando gli aspetti per lui più preoccupanti. Pur dimostrando
interesse ed empatia, implica che il problema portato dal soggetto abbia una configurazione
diversa o sia sopravvalutato. Se usata spesso la risposta di sostegno induce nel soggetto
passività e dipendenza dallo psicologo.
Indicatori verbali: “non si preoccupi, può succedere... è naturale che... vedrà che tutto si
sistemerà... non ho dubbi che riuscirà a...”
4. Atteggiamento investigativo e risposta inquisitoria: Sollecita il soggetto con domande
precise su aspetti che lo psicologo ritiene importanti e non sufficientemente chiariti; può
allontanare il soggetto dal suo percorso espositivo e dalla comunicazione dei temi per lui
salienti. Può mettere il soggetto in una posizione difensiva e indurre reazioni di ostilità, se la
curiosità viene percepita come intrusiva.
Indicatori verbali: “mi chiedo... non mi ha detto... perché ha pensato questo... ha considerato
il fatto che... mi dice se... mi spiega meglio...”
5. Atteggiamento risolutivo e risposta di soluzione al problema: Tende a proporre al
soggetto, anche in modo incalzante e senza adeguato approfondimento, soluzioni
precostituite, valide dal punto di vista dello psicologo e precise. Può determinare nel
soggetto la sensazione che lo psicologo voglia liberarsi di lui o, al contrario, che sappia
trovare in modo rapido e semplice soluzione a tutti i problemi; nel primo caso si può
sviluppare oppositività, nel secondo dipendenza.
Indicatori verbali: “basta che... se farà così... al suo posto io farei così... la soluzione è...
prenda in considerazione di...”
6. Atteggiamento e risposta di facilitazione-comprensione: E' l'opposto dell'atteggiamento
valutativo; si basa sull'empatia, la congruenza, l'accettazione positiva incondizionata e la
comunicazione di questi sentimenti; è poco efficiente e non può essere utilizzato da solo nel
colloquio clinico-diagnostico. Tecniche fondamentali sono l'ascolto attivo e la
riformulazione.
Indicatori verbali: “ah... ehm... sì, certo... capisco... lei mi ha detto che... mi sembra di
capire... a suo modo di vedere... se ho capito bene... dal suo punto di vista...”
TECNICHE DI CONDUZIONE DEL COLLOQUIO CLINICO-DIAGNOSTICO
STRUTTURA DEL COLLOQUIO CLINICO
Accoglienza: accoglienza, saluti, fare accomodare; iniziare a costruire un rapporto di fiducia;
– iniziare a raccogliere i dati
Problema presentato: facilitare l'autoapertura e il dialogo; esplorazione dei problemi
– presentati, sostenendo le spiegazioni e i racconti
Esplorazione: strutturare; facilitare l'autoapertura e il dialogo; esplorare in modo più ampio
– lo stile di vita della persona, la storia personale, gli elementi stressanti attuali, il concetto di
sé, le abilità di coping, le aspettative, la motivazione ecc.; sostenere l'esplorazione e la
spiegazione
Contrattazione: riassumere; formulare e discutere gli obiettivi; presentare la metodologia di
– trattamento; rispondere alle domande; creare un contratto terapeutico
Conclusione: chiarire i dettagli gestionali e pratici; fissare i prossimi appuntamenti
–
OBIETTIVI DEL COLLOQUIO CLINICO-DIAGNOSTICO (dallo Stress Inoculation
Training, Meichenbaum, 1990)
Stabilire una relazione collaborativa con la persona; Discutere i problemi e i sintomi, in relazione
alle specifiche situazioni interne ed esterne; Raccogliere informazioni da varie fonti e con diversi
strumenti; Valutare le aspettative della persona riguardo all’efficacia delle possibili terapie,
formulare gli obiettivi e un piano di trattamento; Educare la persona alla natura transazionale dello
stress e dei processi di coping, al ruolo che svolgono emozioni e cognizioni nel generare lo stress;
Offrire un modello per comprendere e riconcettualizzare le reazioni allo stress della persona;
Anticipare e gestire le possibili resistenze e la non aderenza al trattamento.
OBIETTIVI FONDAMENTALI DI UN APPROCCIO SCIENTIFICO
Descrizione precisa del fenomeno, con identificazione delle sue componenti e dei rispettivi
• gradi di importanza
Misurazione del fenomeno, che si esprime in rapporto ad una grandezza che
• convenzionalmente ne costituisce la misura campione
Spiegazione del manifestarsi del fenomeno, determinandone la causa/ le cause, cioè la
• condizione/ le condizioni necessarie per la sua comparsa
Necessità di conferma da più fonti e tipologie di strumenti dei dati osservati
• Necessità di limitare al massimo il coinvolgimento dell’osservatore
•
DEFINIZIONE DEL PROBLEMA
Individuare il problema/ i problemi che sono fonte di disagio e interferiscono con le attività
quotidiane/ il funzionamento;
Approfondire le più recenti occorrenze o le situazioni in cui si è verificato con maggiore intensità;
Trovare lo schema di situazione in cui la probabilità di verificarsi è massima;
Rilevare i comportamenti di evitamento;
Analizzare il comportamento e le caratteristiche delle persone vicine al paziente;
Esaminare gli elementi modulatori, che migliorano o peggiorano la situazione;
Indagare le convinzioni e i valori del paziente relativi al problema;
Individuare le “caratteristiche di risposta”, cioè le tipologie e l’ampiezza del repertorio di possibili
risposte comportamentali ed emozionali all’interno dell’area in esame;
Definire le caratteristiche di risposta in una linea di base ricavata da fonti di informazioni
cognitivo-verbali, motorio-comportamentali, psicofisiologiche e dall’influenza degli stili di coping;
Individuare le situazioni stimolo che evocano e che controllano le caratteristiche di risposta;
DEFINIZIONE DEGLI OBIETTIVI
Caratteristiche di un buon obiettivo: Specifico, ben definito, concreto; Verificabile; Preciso e
misurabile; Positivo; Appropriato e adeguato; Dipendente dalla persona; In accordo con altri scopi;
Realistico, possibile, raggiungibile; Semplice e limitato; Gratificante; Tale da arricchire il repertorio
comportamentale;
FASI E AREE DI INDAGINE DEL COLLOQUIO DI ASSESSMENT
COMPORTAMENTALE
TECNICHE DEL COLLOQUIO
Non esiste una tecnica migliore delle altre; l'efficacia di ciascuna di