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IL COLLOQUIO CLINICO
“Un colloquio clinico è un incontro tra una persona che soffre e cerca aiuto e un’altra che si
suppone in grado di fornire aiuto e cui è richiesto qualcosa di più del semplice
ascolto” (MacKinnon e Tudosky, 1986). l’Interazione è finalizzata al conseguimento di
un obiettivo: la valutazione dello stato mentale del paziente. Il colloquio clinico è anche una tecnica
di osservazione e di studio del comportamento umano che ha lo scopo di comprendere, con la
ricerca e la valutazione diagnostica, e aiutare, con l’orientamento e la terapia, il paziente, quindi gli
scopi sono: raccogliere le informazioni, motivare ed informare il soggetto coinvolto, al fine di
attuare un determinato cambiamento. Possiamo considerare la diade intervistatore-intervistato,
caratterizzata da aspetti delle dinamiche interpersonali che stanno alla base della personalità. Il
colloquio come un momento di influenza reciproca di due soggetti coinvolti, si può infatti entrare in
contatto col mondo del paziente, sviluppare una comprensione empatica della situazione
affettiva dei suoi sentimenti ed emozioni. In psicologia clinica il colloquio non coincide con la
consultazione essendo solo uno degli strumenti oltre ai questionari e ai test
psicologici. La caratteristica principale del colloquio clinico è quella dello studio del
comportamento globale del paziente all’interno di una relazione. Il colloquio infatti, permette
una conoscenza diretta dello stile utilizzato dalla persona nel mettersi in contatto con un altro. Per
tale motivo il colloquio deve essere essenzialmente aperto, ovvero senza domande prestabilite che
impediscano all’esaminando di strutturare liberamente il colloquio a modo suo. Anche il clinico fa
parte del campo e inevitabilmente influenzerà in qualche misura i fenomeni che osserva. C’è
sempre, nel colloquio, una formulazione di ipotesi mentre si osserva e si conduce, che via via
vengono modificate o arricchite in funzione di rivelazioni successive da parte del paziente. Quindi il
clinico dovrebbe simultaneamente osservare, pensare e immaginare. Su tutto questo esercita una
forte influenza il paradigma di riferimento del clinico in quanto determina il tipo di informazione
che si ricerca e quella che si ottiene e influenza il grado di strutturazione del colloquio.
Presupposti teorici
La teoria del colloquio clinico moderno è sta influenzata da
Tradizione Medica : dalla medicina viene la concezione che vede l’uomo sofferente psichicamente
come un paziente che ha una malattia, le cui manifestazioni vengono chiamate sintomi. L’obiettivo
diventa quello di riconoscere la patologia attraverso una diagnosi e di curarla con una
adeguata terapia
La psicologia della Gestalt : ha messo in luce come l’osservatore sia elemento partecipe della
situazione e non separabile dall’insieme poiché , che è sempre influenzato dalla sua presenza.
Il Comportamentismo : ha dato valore all’osservazione e alla valutazione del comportamento
manifesto, sia verbale che nn verabale.
Gli studi sulla Comunicazione :hanno spostato l’accento sul mondo delle relazioni interpersonali,
sottolineando l’importanza del contesto.
La Psicoanalisi: il clinico e il paziente sono diventati due esseri umani che provano sentimenti
consci e inconsci e che stimolano reazioni emotive nell’altro, comunicando attraverso di esse.
Colloquio diagnosi e valutazione clinica
Limitarsi a catalogare i sintomi, affibbiando una etichetta psichiatrica significa ignorare che la
malattia del paziente si inscrive entro la complessità costituita da aspetti ereditari, fisici, psichici,
relazioni affettive, familiari e sociali che agiscono a vari livelli. È per questo che nel colloquio
parliamo di valutazione clinica o psicologica definita come il processo con cui si perviene
alla comprensione dal paziente nel senso non solo di descrivere i sintomi (DSM IV) di una
patologia, ma anche la struttura e la dinamica della personalità del paziente, le sue risorse, le
sue debolezze, il significato che ha la sua malattia per lui e per chi gli sta intorno, le
aspettative il sostegno e le difficoltà incontrate nell’ambiente familiare, sociale, lavorativo e
altro ancora. Il colloquio si delinea come il più importante e completo strumento della valutazione
clinica, l’unico che permetta di cogliere la complessità del paziente all’interno di una prospettiva
nuova e significativa: la relazione umana con il clinico. È quindi necessario che questo rapporto
sia sostenuto da un senso di fiducia e di collaborazione, perché conta non tanto cogliere dati
completi sulla malattia e la vita del paziente, conta cogliere i suoi comportamenti durante l’incontro
e che sono rivelatori di sé, è per questo che il clinico non si ferma al contenuto esplicito delle
risposte, ma fa appello alla sua capacità di ascolto e di osservazione oltre che alla consapevolezza
delle emozioni evocate in lui dall’incontro col paziente. Un elemento fondamentale durante il
colloquio clinico è la costruzione di un’Alleanza Diagnostica cioè un rapporto emotivo particolare
che si instaura tra clinico e paziente nel corso della consultazione e implica la capacità di trovare
uno o più oggetti comuni di lavoro. Il colloquio va al di là della semplice dimensione dell’ascolto, è
necessario che si giunga a vedere le cose dal punto di vista del paziente attraverso
un Atteggiamento Empatico . Nel corso del colloquio è fondamentale indagare oltre
il Funzionamento Emotivo del paziente (qualità e intensità degli affetti, meccanismi difensivi
predominanti, eventi stressanti che hanno provocato la crisi, il tipo di relazione e interazione
instaurata col clinico, le ansietà rispetto al futuro e al contesto sociofamiliare, il livello di tolleranza
della patologia, la difficoltà di dover chiedere aiuto/senso di impotenza), anche il Funzionamento
Mentale: livello di consapevolezza della patologia, orientamento, attenzione e concentrazione,
memoria, capacità di concettualizzazione e astrazione (pensare simbolicamente e generalizzare
spesso carenti negli psicotici) capacità di giudizio, processi di pensiero ed eventuali disturbi. Per
quel che riguarda l’Anamnesi secondo Shapiro,89 deve essere di tipo Associativa cioè si deve
organizzare da sé senza stabilire una direzione, essa per tale motivo è diversa da quella tradizionale
basata su domanda-risposta. Il colloquio è allora una co-costruzione di significato, basato su
identificazioni reciproche, attribuzioni di senso.
La caratterizzazione conoscitiva del colloquio avvia un processo di Assessments’intende
un’ampia valutazione iniziale che uno psicologo clinico svolge in rapporto alla possibile presa in
carico di un paziente, al fine di decidere un aiuto psicologico o una psicoterapia o un reindirizzo del
paziente verso interventi che paiono più appropriati alle esigenze del caso. Ci sono però
degli elementi e delle fasi senza la quale un colloquio non potrebbe esistere.
I presupposti: cioè il colloquio è reso possibile da uno specifico contesto motivazionale, nel
quale esiste una richiesta di aiuto, esiste un professionista con una competenza tecnica, esistono
delle aspettative circa la possibilità di ricevere aiuto.
Fase dei preliminari: il colloquio prende avvio con alcuni convenevoli come ad esempio la
presentazione, qualche parola di circostanza ecc..
Apertura: il colloquio si apre sempre con una domanda di rito che è: “qual è il problema?
Per quale motivo è qui?”
Specificazione del problema: si tratta di ottenere un’ampia e precisa descrizione del
problema lamentato attualmente dal soggetto.
Analisi delle variabili: i comportamenti problematici del paziente sono seguiti da
conseguenze di ordine interno, familiare, sociale, lavorativo.
Allargamento: si tratta di indirizzare le domande ai problemi attuali che vanno oltre il
motivo della richiesta di un
Storia dei problemi: cioè ricostruzione puntigliosa del primo insorgere dei problemi.
L’obiettivo è formulare ipotesi che spieghino perché e come si sia sviluppato ciascun disturbo e
perché si sia mantenuto fino al momento presente.
Storia personale: questa parte del colloquio mette tra parentesi gli elementi problematici e
patologici che caratterizzano la storia clinica e cerca di ripercorrere la storia personale del
paziente.
Aspettative di trattamento: cioè ciò che il paziente si aspetta da questo percorso; ma bisogna
analizzare bene anche le sue resistenze al cambiamento.
Ipotesi di trattamento: questa parte finale è volta alla precisazione di obiettivi di trattamento
possibili e realistici sia per il breve sia per il lungo periodo.
formulazione conclusiva e chiusura: lo psicologo richiama il filo logico dei colloqui svolti e
dà ampie informazioni sui risultati principali di tutte le analisi effettuate. Prospetta poi la propria
“formulazione” del caso, esponendo una ricostruzione molto generale dei principali meccanismi
che possono aver dato origine ai problemi in esame. Infine, invita il paziente a considerare
vantaggi e svantaggi delle diverse opzioni di trattamento. Il momento del saluto è delicato, nella
testa del paziente si affollano idee, domande, sentimenti di colpa o di insufficienza (sua o nostra);
egli pensa di averci fornito un’immagine insoddisfacente, ma non è il momento per darne un’altra,
se cerca di farlo va interrotto. Gli ultimi minuti del colloquio sono importanti perché ci
permettono di osservare come il paziente vive le esperienze di separazione.
Il colloquio secondo Gabbard deve riguardare l’analisi di 3 aree:
1. L’Io : comprendere come sono integrate le funzioni, questo lo si può comprendere dal suo
linguaggio, il suo stile, dagli aspetti non verbali, dalle emozioni. Un indice importante è saggiare
la capacità di tollerare l’angosciae dunque la capacità di integrare le parti conflittuali di sé e della
realtà. Fondamentale è poi capire la capacità del soggetto di differenziare sé dal non sé (esame di
realtà), questo è rivelabile ad es. dalle operazioni difensive che il paziente utilizza. Si esplorano
anche le parti sane del paziente, cioè quelle risorse interiori positive orientate alla cooperazione e
all’aiuto Più forte è l’io tanto più in grado di convivere con le proprie pulsioni ed emozioni,
scoprire queste parti è importante per capire verso quali risorse il soggetto indirizza la propria
azione , per cui occorre indagare sulle capacità, gli interessi, i talenti e le potenzialità del sog.
2. Le Relazioni Oggettuali : l’analisi delle parti sane fornisce inf