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Queste tavolette erano unite attraverso dei fili che scorrevano in dei
fori appositamente creati. Anch’esse si voltavano come pagine di un
libro. Diversa è invece la struttura delle tavolette recuperate nel
forte romano di Vindolanda. Queste sono sottilissime lamine
ricavate dal legno giovane di alberi di ontano o betulla, di forma
rettangolare con testi (liste di approvvigionamenti, conti, documenti
militari) scritti con inchiostro lungo il lato breve, che si sfogliavano a
fisarmonica. E’ al pubblico cristiano che si deve l’adozione
massiccia della nuova forma del libro, non subito sicuramente
perché all’inizio il cattolicesimo fu una religione della parola. Con
l’istituzionalizzazione della chiesa il codice divenne strumento di
diffusione della parola divina. Il perché è facile da spiegare: piccola
gente di scarse possibilità economiche comprava i codici che
costavano molto meno del papiro. Il papiro era infatti considerato il
simbolo della cultura alta, della classe dominante. Ragioni pratiche,
economiche ed ideologiche contribuirono alla transizione dal rotolo
al codice. Il codice viene definito come un libro costituito da fogli
piegati e riuniti a formare fascicoli, poi cuciti lungo la linea di
piegatura. Le ragioni del successo: maneggevolezza, dimensioni,
capacità di contenere una quantità maggiore di testo perché si
scrive su tutte e due le facce delle pagine, che significava non solo
guadagno economico quanto la possibilità di riunire in un codice
tutte le opere di un autore. Le ragioni della preferenza della
pergamena invece del papiro invece sono: facilità del reperimento
del materiale, risparmio sui costi, più intensa sfruttabilità ed inoltre
il continuum del papiro mal si prestava all’allestimento del codice
mentre invece le pelli presentavano una predisposizione naturale ad
essere piegate e trasformate in fascicoli. Il procedimento per
trasformare le pelli in supporto scrittorio inizia con l’immersione
delle stesse in un bagno di calce spenta diluita in acqua, che
permetteva di liberarle con facilità dai peli e dal grasso superficiale.
Una volta depilate venivano scarnificate per mezzo di una lama a
forma di mezzaluna che rimuoveva la carne e lo strato grasso della
faccia interna, quindi venivano sfregate con un materiale abrasivo
per levigarne la superficie ed infine venivano tese e seccate al sole.
Quest’ultima operazione è fondamentale perché consente alle fibre
di collagene di disporsi in modo tale da non far fluire l’inchiostro da
una parte all’altra. Allo stesso tempo richiedeva grande attenzione
perché un’eccessiva tensione poteva provocare strappi, lacerazioni
e striature. Staccate dal telaio, squadrata e sagomata, la
pergamena era pronta a diventare fascicolo. Nella stagione dei
monasteri è facile trovare pergamene di bassa qualità perché erano
tutte autoprodotte, con il basso medioevo, il ritorno alla città e il
riprendersi dei commerci furono disponibili pergamene di scarsa e
di ottima qualità per tutti coloro che si potevano permettere o l’una,
o l’altra. L’elemento fondamentale del codice è il fascicolo. Nei
codici pergamenacei c’era però un problema: ogni foglio aveva un
lato pelo (più scuro) e un lato carne (più chiaro). Bisognava trovare
quindi un metodo secondo la quale tutte le pagine potessero avere
due pagine di volta a volta dello stesso colore. Questa viene
chiamata regola di Gregory. Delle volte veniva rispettata o
attraverso una precisa e macchinosa composizione delle carte del
fascicolo o attraverso la ripiegatura delle carte in fogli più piccoli. Il
fascicolo per essere pronto doveva subire ancora altri due
procedimenti: la foratura e la rigatura:
Foratura: creazione di fori nella trasparenza della pergamena, nei
margini o nel testo, destinati a trasformare in pagina la superficie
guidando il tracciato del reticolo di linee che doveva delimitare e
sorreggere la scrittura. A seconda dello strumento, potevano essere
di diverse forme ed eseguiti attraverso diversi procedimenti, quello
più usato era la foratura a secco a foglio singolo o a fogli
sovrapposti, soluzione economica e vantaggiosa.
Rigatura: il più diffuso metodo di rigatura fu la così detta “a secco”,
eseguita con uno strumento appuntito che non lasciava alcuna
traccia sulla superficie se non un leggero solco sul lato a contatto
con lo strumento e un rilievo sull’altro. Economicamente
vantaggioso perché permetteva non soltanto di rigare
simultaneamente le due facce di un foglio, ma anche di trasmettere
il tracciato ai fogli non toccati dalla punta. Tra la fine del XI secolo e
l’inizio del XII secolo, alla rigatura a secco si affianca la rigatura a
colore, eseguita con l’aiuto di una sostanza tracciante (mina di
piombo o inchiostro): ciò diminuì lo spazio tra le righe e aumentò il
rapporto nero su bianco (quantità di testo scritto e il suo ingombro
sulla superficie).
Carta
La sostituzione del supporto animale con quello di origine vegetale
costituito dalla carta non avvenne ovunque in Europa con uguale
celerità, più precocemente e rapidamente nei paesi germanici meno
altrove. La storia della carta parte dalla Cina di Cai Lun che
perfezionò un materiale già esistente ma inadatto a contenere la
scrittura. Attraverso il Medio Oriente e il mondo musulmano la carta
viene conosciuta dagli arabi per mezzo di alcuni soldati cinesi fatti
prigionieri. Arriva in Spagna, governata dagli arabi, dove un
documento del 1056 attesta una cartiera a Xativa vicino Valencia e
da qui si espande a tutta l’Europa occidentale. In questa fase è
fondamentale l’attività di Fabriano destinata a divenire, grazie
all'introduzione di importanti innovazioni nella lavorazione come
l'uso di segnare i fogli con una specie di marchio di fabbrica
chiamata filigrana o l'Impiego di una colla speciale che evitava il
deterioramento dei fogli (carniccio). A Fabriano si contano cartiere
da cui partono maestri cartai che diffondono la loro tecnica al di là
delle Alpi, ovunque i tempi e le condizioni fossero maturi ad
accogliere questo materiale più economico. Materia primaria per la
produzione della carta erano gli stracci dalla quale si ricava la polpa
di cellulosa attraverso il lungo processo di macerazione e
decomposizione ottenuto per mezzo di pesanti magli chiodati mossi
da un mulino ad acqua. La polpa veniva versata in un recipiente e
veniva mantenuta calda da un fuoco sottostante; l'operaio
immergeva poi un telaio ligneo costituito da una cornice
rettangolare e da bacchette di legno a sezione triangolare su cui
vengono tesi una serie di fili di rame e ottone separati da pochissimi
mm e paralleli al lato lungo del telaio. Qui, tra i millimetri si
depositerà la polpa e nascerà il foglio. Adesso questo verrà
sollevato dal recipiente, sgrondato dell'acqua in eccesso, scosso per
provocare la stratificazione omogenea della polpa e quindi
trasformare le fibre cellulosiche in supporto grafico. Questa forma
poi verrà rovesciata su un feltro, così da lasciare le impronte della
trama. L'operazione ripetuta più volte dà origine ad una pila di
fogli. Seccati all'ombra i fogli erano infine levigati e collati così da
rendere la superficie liscia ed impermeabile all’inchiostro.
Manoscritto
S’intende per manoscritto un complesso di materiale scrittorio
generalmente composto in forma di libro e più o meno
integralmente ricoperto di scrittura a mano, di solito conservato
intero o in frammenti in un'istituzione pubblica o privata a ciò
addetta.
Descrizione